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sabato 14 settembre 2024

La mia Recensione: St. Jimi Sebastian Cricket Club - Into Your Heartbeat


 

St. Jimi Sebastian Cricket Club - Into Your Heartbeat


Una tempesta, quando sa essere gentile, accomodante, pacifica, pare non credibile e viene definita in altri modi. Capita lo stesso nella musica, più raramente, per il fatto di essere considerato un evento che perlomeno attira attenzioni.

La band svedese, di cui il Vecchio Scriba in aprile vi aveva parlato di un singolo, ritorna per specificare le incredibili scie, morali, fisiche, attitudinali di un lavoro che conduce all’intima propensione a un raccoglimento, uno svago culturale, per una serie di ritrovi archeologici che vivono tra questi solchi, in una oscillazione tra dolcezza, malinconia, ricerche, gusto nella sottile critica sociale, nelle storie che mostrano il range di una scrittura in grado di visitare realtà. 

La dimensione dello stile e dei generi musicali presenti è chiara, ma quanta capacità di far sembrare il tutto una serata tra amici tra lacrime, bottiglie, risate, pianti e tante domande forse lo è meno, per chi non scende nelle zolle profumate della loro classe.

Il battito del cuore presente nel titolo di questo gioiello non è nient’altro che la vita che si presenta, con la sua limpida volontà di presenziare a una possibilità irrinunciabile.

Abbiamo così composizioni che costruiscono un emisfero, con l’eleganza di una partitura abile nell’incrociare un senso e uno spirito antico con la modernità, in costante pellegrinaggio nella moderazione dei toni e delle parole. Nessun grido, insulto e tantomeno accuse: la band è educata, paziente, lavora duramente per arrivare a presenziare al l’acuta volontà di fare un disco che insegni a documentarsi, ad assentarsi dal giudizio.

I richiami e le vicinanze a una lunga fila di gruppi attivi specialmente negli anni Novanta sono numerosi, ma si ha sempre la piacevole sensazione che St. Jimi Sebastian Cricket Club venga proprio da quel periodo, avendo avuto l’accortezza di nascondersi.

Ci sono unicità, aperture che le formazioni di quegli anni non avevano, una sacralità che arriva anche al cabaret, al teatro, al cinema, con una incredibile voracità sulla minuziosità del fraseggio, sulla successione degli arrangiamenti, sulle pulsioni come propulsori di una energia che va inglobata in un progetto.

Dieci brani come una passeggiata nel parco naturale dell’esistenza, con i volti e le vicissitudini che trovano l’olio della saggezza a rendere tutto morbido e funzionale.

Notevole il fatto che, seppur l’ascolto permetta di portare queste passeggiate facilmente dentro di sé, si abbia l’impressione di piccoli tormenti, qualche fatica, la ricerca di una perfezione che è stato possibile raggiungere proprio per mezzo di tutto questo. Ogni cosa funziona, si muove e arriva nei confini di una tensione che sa come trovare alberi poetici tra i viali di una scrittura che, attraverso l’indie rock, il lato elegante del pop rock, gli stantuffi del cabaret che inghiotte in una risata il folk, svincola la band di Stoccolma dall’ansia di dover cercare la musica perfetta.

A loro appartiene l’abilità di una espressività artistica che sia gradevole da portare sui palchi, nelle camere di quelle persone che decidono di tenere sotto braccio, come una pergamena sconosciuta, questi cinque menestrelli nordici, imbevuti di tratti quasi medievali nei momenti in cui rendono tutti edotti (attraverso testi profondi e le musiche come compassi per portarle adeguatamente a raggiungere i cuori) di ciò che accade.

Praterie, palazzi, fabbriche, strade, voli, uccelli, ombre, suoni, diamanti, spari, treni, incursioni alcoliche nella gioia come nella tristezza, fanno di questo lavoro un meraviglioso portafoglio pieno di monete emozionali…

Una partenza continua, dalla inconsapevolezza sul treno melodico sino all’arrivo a una forza enorme, che consente a questi agglomerati di note di divenire esperienze condivisibili, generando petali di curiosità ed ebbrezza. Nell’alternare andamenti lenti a quelli veloci si capisce come l’impatto, l’irruenza e la ponderazione siano decisamente presenti nelle loro menti brillanti e capaci, per spingere la musica in campi immaginari, vicino ai nostri pianeti, alle nostre stelle, ai nostri giorni pieni di confusione. Con la stessa azione diretta dei Pogues nel fare di questa scelta di vita un’autostrada, l’alcol che si beve è un liquido pieno di fermenti stagionati, con il tempo che consolida la validità delle scelte, dei suoni, di queste strofe così coscienti che permettono ai ritornelli di essere una doverosa conseguenza, dove la scrittura in minore talvolta sembra in maggiore. Volteggi cari agli Housemartins come ai Belle & Sebastien, intuizioni melodiche vicine ai Blueboy di Reading come ai The Sea Urchins di Birmingham, e strascichi malinconici molto simili ai norvegesi Saybia, denotano una complessità notevole, itinerante, lucida e ben attrezzata. Ma su tutto vince un ponte che collega la Svezia all’Inghilterra, composta di studi, perlustrazioni e la volontà di fare della scorrevolezza emotiva e mentale il pretesto per canzoni che sappiano unire le fantasie, i racconti e le effervescenti ambasciate come uno shangai (Mikado) al contrario, in cui vince chi cade e non chi rimane in piedi: un’altra mastodontica magia di questo combo…. 

E un fatto incredibilmente piacevole e straziante è sentirsi avvolti da lacrime che paiono renderci consapevoli del tutto che ci circonda.

Sì, senza dubbio, questo disco va conosciuto, adoperato e trasportato in ogni dove, senza esitazioni…


Song by Song


1 - Stockholm Central Station

“She’s always been a rover, a panda scarred by the tides
hooked on a glistening dream, with one foot in the truth
if you do not like the silence, you know nothing at all”


La libertà è una trave che cade, quando all’interno di una relazione si cercano spazi personali. Ecco che ciò che apre l’ascolto di questo album rivela un ottimo equilibrio tra il riconoscere il valore dell’altro e le proprie esigenze. Il tutto dentro un'atmosfera scanzonata, leggera, solare, un frutto caduto dalla California degli anni Sessanta con deliziosi cori e controcanti che si connettono perfettamente tra chitarre docili e più robuste.




2 - Soothing Nights

“And our days, pass by like streams and waterfalls tranquil madness, and soothing nights
but some hours, they last forever, carved in stone, with your smile”


Dalla mia recensione pubblicata in Aprile:

C’è una poesia che vola nell’aria, non ha tracce di inchiostro sulla pelle ma note vibranti sulla schiena, in una contorsione che aspira il cielo abbellendo, in modo sorprendente, la scia luminosa di una notte insonne. Un brano che nella sua struggente monotonia rivela ruscelli di splendidi comitati di tristezza, con l’intenzione di esplorare lo spazio celeste contemplante una stella morente. Non ha bisogno di variare, se non nel ritmo che aumenta, con l’ingresso della batteria e un'atmosfera sempre più avvolgente, per coniugare il testo a un insieme di grappoli sonori che, come una voragine liquida, compattano l’universo dei sentimenti.”




3 - Until We Meet Again

“So hold me, forever I can still hear the sound
the sound of laughter on a quiet night, I’ll never
until we meet on your side, let it go”


Dal Messico agli States, per poi tornare in Svezia, una puntura indie rock con l’idea di abbracciare dei mariachi per poi lasciare il tutto in una corsa piena di energie nella quale il testo affronta temi importanti, dolenti, fastidiosi, con grande maturità, dove alla fine una caduta viene fermata da un abbraccio, per un inizio ripetuto, again and again…




4 - When you Tremble

“You might be scared, you might lose control
when you tremble, but from tonight you’re not alone”


Il tempo visto da una finestra porta all’incrocio tra i raggi del sole e la notte, così come fanno queste note che affrontano la paura con un nerbo melodico efficace, permettendo alla dolcezza di fare la sua parte, con il cantato che adopera giustamente una rabbia con il guinzaglio, e le distorsioni di accordi che, passando a setaccio l’indie alternative degli anni Novanta, gioca con le luci e le ombre, per un brano davvero intenso…




5 - Lemonhead Cabaret

“I’m standing in a hole, and have the longest road to walk”


Come gli Smiths, la band si trova a proprio agio tra note leggere e divertenti e parole piene di dinamite. Ne viene fuori una canzone che sembra arrivare da Galway, in discesa libera verso le ballads inglesi, per tornare in Svezia con una teatralità che fa aprire il cielo…




6 - Golden Parachuter

“Can still hear the sound of my heartbeat and a drum
in the smell of mint where my promises are dead”


Con l’inizio che ci porta a casa degli Arcade Fire, tutto sfuma e si allontana dal Canada per arrivare nel cielo svedese, con melodie e canti effervescenti, per poter salvare un’anima e giocare con il basso dinamitardo e sensuale e le chitarre che sanno utilizzare i trucchi del glam rock in un contesto però scevro da esagerazioni…




7 -  Westbourne Terrace

“There’s a million regrets and something holding up the door for me
there’s a fly drifting away towards the crown of a maple tree”


Le lacrime possono volare come camminare e riescono a farlo perfettamente in questa ballad che include pillole psichedeliche, facendoci trasportare negli anni Settanta, e in cui il cantato gioca con la fierezza del suono delle parole, in una forma che paralizza: una nuvola che copre la luce serve a tutti…




8 - Penguins of the Ghetto

“I have something on my mind not yet a corpse, I’ll come round it’s a fine day, for a speech”


Nel momento in cui l’alcol recapita verità nelle menti opacizzate tutto può accadere: ecco una incursione rock con petali irlandesi degli scoppiettanti Sultans of Ping F.C. del periodo di Veronica.

 Al cantato è conferito il ruolo centrale nella strofa.

 Troviamo poi chitarre aperte come canyon, stop and go della batteria, con una donna e i suoi figli attori nella storia di questo uomo che scava nella sua debolezza…




9 - The 9.15 Train Departs at 9.15

“There’s not much space on postcards so I better keep it brief
and make sure to leave it clear”


L’ironia gioiosa della band svedese è impressionante: basta questa canzone per vedere la prodezza di un connubio molteplice con epoche e modalità diverse, mentre tutto scorre con scioltezza…




10 - Sailor Girl

12 months and a prayer, I fought all the shadows and doubt
never strayed from our doorstep, but we hold for another day”


Continuano le sorprese anche all'ultima stazione: una malinconica fontana folk con vitaminiche sferzate da parte di parole che catturano la forza di un cattivo sogno portano il tutto a un ritornello epico, come uno stadio che dà coraggio al singolo. Ed è una gioia abbinata alla tristezza che si infila in un fischiettio nostalgico e davvero incisivo a descrivere un’armonica propensione a uno storytelling molto europeo, per poi chiudere il tutto in un separé che ci fa intendere come lo spazio temporale di questo album sia una favola senza la parola fine…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

15 Settembre 2024


https://open.spotify.com/album/2gfcDx5zj89C21EhC4EMa9?si=TwQCXficRXeJ3T4_6rsqTg


sabato 20 aprile 2024

La mia Recensione: St. Jimi Sebastian Cricket Club - Soothing Nights


 St. Jimi Sebastian Cricket Club - Soothing Nights


C’è una poesia che vola nell’aria, non ha tracce di inchiostro sulla pelle ma note vibranti sulla schiena, in una contorsione che aspira il cielo abbellendo, in modo sorprendente, la scia luminosa di una notte insonne. Un brano che nella sua struggente monotonia rivela ruscelli di splendidi comitati di tristezza, con l’intenzione di esplorare lo spazio celeste contemplante una stella morente. Non ha bisogno di variare, se non nel ritmo che aumenta, con l’ingresso della batteria e un'atmosfera sempre più avvolgente, per coniugare il testo a un insieme di grappoli sonori che, come una voragine liquida, compattano l’universo dei sentimenti.

Come si può fare dell’addio una festa con gocce di roccia di montagna che scivolano in mare? Si scrive Soothing Nights mentre il dolore governa ogni spinta che vorrebbe fare della vita un semplice e impotente ricordo. C’è nell’ascesa del ritmo una modalità che abbiamo saputo ammirare con i Belle and Sebastian, ma in questo caso tutto sembra andare incontro a un destino in cui l’assenza del fiato della canzone ci lascerà nella commozione più totale…

Il quintetto svedese esplora una piuma, gli accadimenti del passaggio del tempo, osservando da una prospettiva che sembra essere quella di una nuvola autunnale: tutto è incline a equilibrare la vena nervosa di un malessere per renderla viva sotto il nostro sguardo, che non può essere niente altro che un applauso con gli occhi lucidi. Markus Hahn con la sua chitarra pennella bollicine, quella di Jimi Sebastian (che è anche la voce della band) è la gemella che ribadisce questa vertiginosa alchemia, e sono coadiuvati dalla nostalgica tastiera di David Lindberg, il basso quasi muto ma essenziale di Mats Skoglund e la batteria semplice ma perfetta di Fabian Ris Lundblad, che è una carezza che mette vivacità e ordine, per fare di questa slavina emotiva un miracolo: se avesse posto nel vostro cuore sorriderebbe di certo…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

20 April 2024

https://open.spotify.com/track/3eky1P2ngoFfbBrmtUBmY9?si=_FeTg6NIRC2Uu_mLqUND9g

mercoledì 6 marzo 2024

La mia Recensione: Loom - Eternal Aphelium E.P.

 


Loom - Eternal Aphelium E.P.


Il frastuono del silenzio rende mobili le anime desiderose di calore, modificando la direzione e la permanenza dei propri bisogni, non permettendo a se stesse di tergiversare, di non adoperare il tempo nel modo migliore.

Gli svedesi Loom prendono la slitta e vanno a nord, nello spazio che rende la loro mente un bagliore che abbraccia i sogni, portando la valigia della realtà ben stretta tra le braccia e le ugole.

In tutto questo il nuovo E.P. mostra alcuni cambiamenti, sorprese che stordiscono e rendono l’ascolto una traversata celeste gonfia di visioni e percezioni che scaldano il cuore, combattendo il freddo e la rabbia del vivere odierno.

Torna Monika Axelsson come voce principale della band, mentre Evelina Nicklasson ha deciso di prendersi una pausa. In più, in un brano, ci capita anche di sentire il cantato di Roland Klein, insieme al chitarrista Fredrik Axelsson.

Assistiamo a una mutazione, a una elaborata premura volta a dare alle composizioni e al suono la possibilità di divenire materia celeste, parente stretta dei sogni, in un abbraccio che consente alla formazione nordica di esprimere un talento seducente, ammaliante, generoso soprattutto nel fare dei ritmi più lenti un attracco stilistico prossimo a meteore Post-Rock.

Ma rimane essenziale, per dovere di cronaca, riconoscere che lo Shoegaze è qui approcciato con grande esigenza esplorativa, quasi come se i quattro avessero studiato possibili assestamenti e graziosi, ma efficaci, miglioramenti.

Riuscendoci.

Quattro nuovi dipinti e quell’Aphelium III uscito a Gennaio di questo anno. Il territorio su cui si posano la scrittura e le capacità espressive che coniano un abbraccio uscito da una sedia a dondolo in vimini, con una fiasca piccola di whiskey, è una duna piena di neve che fa da trampolino verso il cielo. Le chitarre, in questo gioiello invernale, trovano il modo per spaziare in incroci possenti e rarefatti con gli altri strumenti, agganciando, concretamente, la possibilità di compattare le varie individualità espressive. Per quanto concerne i cantati, emerge una solidarietà, un sostegno, un ammiccamento, una dolcissima intimità che veste l’ascolto di vibranti emozioni, mostrando, rispetto al resto della discografia del gruppo, una maggiore e spiccata propensione a concedere loro il palco, su cui la luce del gradimento stabilisce un contatto generoso, benevolo di premure e sostentamento.

Capaci di riprodurre la struttura evidente del genere musicale che ha trovato negli Slowdive e nei Low (perché, davvero, assistiamo alla miscela di un lavoro che comprende Shoegaze, Post-Rock e Slowcore) il maggior punto di riferimento in queste cinque canzoni, questi artisti, attraverso l’accurata produzione di Henrik Viberg e anche la propria, dipingono i giochi di luce con una cornice che rende etereo il tutto, come se la sensazione di entrare direttamente nel loro processo compositivo divenisse reale. Si giunge ad attraversare spazi mentali, sentimenti, in una festa dove i suoni trattengono sia la gioia che il dolore, rendendo il respiro muto ma colmo di grandi vibrazioni.

Eternal Aphelium diventa, così, un E.P. di concessioni, uno spettacolare vascello tra solide qualità del passato che non scompaiono, ma sono desiderose di ospitare una mescolanza che rende il quartetto gravido, per fare dell’arte dei Loom la possibilità di acquisire brividi e riflessioni.

Nuvole come chitarre in fase di atterraggio, un drumming come un tuono in uno stato ormonale ed esplorativo e il basso come distributore di saggezza e sostegno, e per finire una tastiera che chiude il percorso di espressione per consolidare la potenza evocativa.


Song by Song


1 - Slowmotion


L’emozione, più rapida a manifestarsi, giunge proprio dalla opener track, un masso di roccia che si alza in volo, con le chitarre shoegaze che troneggiano, per consentire poi alla soave voce di Monika di accarezzare i nostri occhi e giungere al ritornello, che condensa il tutto, trasportando i corpi nella casa del sogno. Come una giostra circolare, il perimetro del suono afferra più di trent’anni di questo genere musicale, lucidando le medaglie al valore conquistate…


2 - My Melancholy Girl 


Un arpeggio di chitarra e una tastiera sottile obbligano il ritmo a rallentare, ma il battito diventa tachicardico: la voce di Fredrik prima e di Monika poi, sono il terreno dove nascono lacrime dolcissime. Un caos ragionato, tenuto a bada con classe, in una ninnananna solare che esprime il talento di una canzone come sonda, per camminare nel cielo, con la nudità del suono a scaldare le orme di una musica poetica come non mai…


3 - Trapdor


Potente, come in numerosi episodi degli Adorable e dei Catherine Wheel di Ferment, il terzo brano vede Fredrik e Roland cantare insieme, in mezzo a schegge psichedeliche e un drumming che sfida la pazienza del cielo che vorrebbe dormire. Giunge, nel ritornello, anche il controcanto di Monika, in un combo compatto, lunare, dolcemente nevrotico, facendoci danzare, con il basso che spinge il suo pulsare a fare di tutto ciò un complesso amplesso di colori e vibrazioni.


4 - Aphelium III


Il singolo che ha anticipato l’E.P. è una droga che riempie la mente di visioni, con la chitarra graffiante ma in grado anche di costruire una melodia quasi feroce, mentre le due voci passeggiano all’unisono per creare una struggente linea melodica. Scintillii che generano richiami, fascinazioni, con il risultato di una dipendenza che fa compiere ripetuti e goduriosi ascolti…


5 - Proximity


Il congedo è spettacolare: Monika lascia la sua voce angelica sulle corsie di un arpeggio semplice ma generoso di approcci, con il basso che scivola verso il petto, per poi condurci nel vento, un’ascesa spirituale in prossimità di una eternità che potrebbe proprio avere questo gioiello come colonna sonora. La tastiera qui è più incisiva per quanto mantenga il suo minimalismo, ma quelle poche note ci fanno immergere nella grande luce che l’insieme produce, conferendo all’insieme bellezza e coccole, per far divenire il tutto un perfetto fade-out, una lenta processione con l’abito della generosità a fasciare un lavoro maestoso…


In uscita l'8 Marzo  2024


Fredrik Axelsson - Guitars, keyboards, vocals

Roland Klein - Basses, programming and backing vocals 

Eddie Wilmin - Keyboard

Monika Axelsson - Vocals


Recorded by Loom

Produced by Henrik Viberg and Loom

Mixed and Mastered by Henrik Viberg



Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

7th March 2024

lunedì 5 giugno 2023

My Review: Memoria - From The Bones

 Memoria - From The Bones


It's been four years since the astonishing debut Cravings, and it seems impossible to believe: the second album From The Bones is superior to it, finding in the complicity of producer Rikard Lindh a new energy to give Memoria a greater range of possibilities, to deepen the sound and widen the musical boundaries.

One dreams in the dark from the electronic epidermis, placed on the wings of a Synthwave that is both romantic and decadent, because it is undeniable that there are shadows (never excessive, let's be clear) in these castles of notes that cross time. Songs that emphasise her voice, a bubble feather in the night wind, as it soars, dragging a delightful music that thrives on its contemporaneity, but has a glorious past in its internal circuits. One dances, elegantly, with a refined propensity for dreaming that drags one's legs towards imaginative spaces (Girl), to then have a cup of tea with Along The Sea, a mantra that seems to have come out of the second album by The Human League  compared to which it presents a greater vocal theatricality, then touching on territories dear to Björk.

As you advance in listening, everything leads you to open your imagination, in the absolute certainty that the suitcases of the mind are constantly filled with encounters that make the body float towards weightlessness, ending up leaving on the skin the sensation of a work that purifies the soul.

There is no doubt about it: you will listen to a record that will fuel your desire to take a holiday from torment and you will succeed...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

5 Giugno 2023


https://memoriasthlm.bandcamp.com/album/from-the-bones




La mia Recensione: Memoria - From The Bones

 Memoria - From The Bones


Sono passati quattro anni dallo stupefacente esordio di Cravings, e pare impossibile a credersi: il secondo album From The Bones gli è superiore, trovando nella complicità del produttore Rikard Lindh una nuova energia per dare ai Memoria una maggior gamma di possibilità, per approfondire il suono e allargare i confini musicali.

Si sogna nel buio dall’epidermide elettronica, posizionata sulle ali di una Synthwave romantica e decadente al tempo stesso, perché è innegabile che vi siano delle ombre (mai eccessive, sia chiaro), in  questi castelli di note che attraversano il tempo. Canzoni che mettono in risalto la sua voce, piuma di bolle di sapone nel vento notturno, mentre si eleva trascinando una musica deliziosa che vive della sua contemporaneità, ma ha nei suoi circuiti interni un passato glorioso. 

Si danza, elegantemente, con raffinata propensione al sogno che trascina le gambe verso spazi immaginifici (Girl), per poi prendere una tazza di tè con Along The Sea, mantra che pare essere uscito dai The Human League del secondo album rispetto ai quali presenta una maggiore teatralità vocale, sfiorando poi territori cari a Björk .

Avanzando nell’ascolto tutto conduce ad aprire la fantasia, nella assoluta certezza che le valigie della mente si riempiano costantemente di incontri che fanno fluttuare il corpo verso l’assenza di gravità, finendo per lasciare sulla pelle la sensazione di un lavoro che purifica l’anima.

Non vi è dubbio: ascolterete un disco che alimenterà il desiderio di prendervi una vacanza dai tormenti e ci riuscirete…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

5 Giugno 2023


https://memoriasthlm.bandcamp.com/album/from-the-bones






mercoledì 19 aprile 2023

La mia Recensione: Ond Cirkel - Barriärer

 Ond Cirkel - Barriärer


Due ragazze, due ragazzi, svedesi, hanno preso il cielo di Gothenburg e l’hanno incendiato: fanculo la gentilezza, è ora di sincerità, estrema, a cui il vecchio scriba dà il benvenuto. Gioiosamente! L’acciaio viene grattato con le chitarre e la batteria, il resto è un sottile dispiacere che si condensa in un tratto sonoro dalle dimensioni di un applauso pieno di spilli. Vertigine di idilliaca tensione nuotano nella voce di Sanna Lodin per completare il miracolo: il 1980 è risorto, è addirittura molto meglio di come ce lo ricordavamo e di sicuro i Killing Joke stanno celebrando questo brano in un abbraccio sincero alla band di questa Svezia in uno strepitoso stato di forma! 


Alex Dematteis

Musicshockworld

Supino

19 Aprile 2023


https://ondcirkel.bandcamp.com/album/barri-rer




martedì 11 aprile 2023

La mia Recensione: La Santé - Stratchy

 La Santé - Stratchy


Nuvole EBM grattano l’aria, li pilota un’anima svedese capace di fare delle sintesi perfette in un solo brano, un dettato della storia perfettamente riassunto: al suo interno musica e voce disegnano la tendenza di questo genere a non smettere di cercare il loop giusto, la modalità che inchioda e sviluppa memoria e necessità. Si deduce un grande lavoro di semplificazione, uno scorporamento che ha tenuto in vita cellule robotiche che conquistano, vanno all’interno delle ripetizioni che seducono e raccolgono l’ubbidienza di chi non pretende, bensì offre l’assenza del proprio pensiero per una danza assassina e pesante… Due brani che equilibrano pazzia e sensualità…


Alessandro Dematteis

Musicshockworld

Salford

11 Aprile 2023


https://lasante.bandcamp.com/album/strachy




La mia Recensione: Midas Fall - Cold Waves Divide Us

  Midas Fall - Cold Waves Divide Us La corsia dell’eleganza ha nei sogni uno spazio ragguardevole, un pullulare di frammenti integri che app...