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mercoledì 4 ottobre 2023

La mia Recensione: Andrew Cushin - Waiting For The Rain

 Andrew  Cushin - Waiting For The Rain


Heaton è un sobborgo di Newcastle, un quartiere di questa splendida città del nord dell’Inghilterra, da dove proviene Andrew, un talento cosciente, audace, capace di portare il Pop nella zona dell’Alternative, comprimendo il Blues e il Country. Dopo una gavetta voluta e che l’ha portato ad aprire per diverse band importanti, firma un contratto con uno dei due protagonisti dei Libertines, Pete Doherty, e registra canzoni con le ali aperte, capaci di far arrivare le sue melodie nel centro del cuore, attraverso parole davvero profonde e mature data la sua giovane età. Profumi di Paul Weller, Noel Gallagher e la scia del Northern Soul sono i primi evidenti segni della sua rotta di provenienza. Poi: il duro lavoro di lasciare l’appartenenza delle sue emozioni e del suo viale dialettico, consentono una portentosa valanga di pensieri mentre le bocche sorridono e la pelle prende il sole. 

Visto di supporto ai The Slow Readers Club, da solo sul palco a imbracciare una chitarra che sembrava l’eco primordiale di un bambino che afferma la gioia di essere al mondo, pare essere un lontano parente di se stesso: entrambe le identità sono autentiche ed è indubbio che il disco suoni come frutto di un lavoro collettivo, con una vibrante tensione che viene addomesticata dalle linee romantiche ma che non riescono a nascondere la tensione perché non esiste un modo migliore per non scontentare nessuno. 


All’interno del suo vagabondaggio, per perlustrare personaggi intinti di olio e sale, trova anche l’occasione per scrivere un toccante testo sull’alcolismo e in cui i due protagonisti sono Padre e Figlio. È proprio in questo brano che tutto evapora, sciolto nella sua maturità che presenta la canzone successiva, nella quale la malinconia e la preoccupazione trovano slancio verso aspetti pieni di raggi di luce.

Colpisce, stordisce, accarezza la storia degli ultimi trent'anni della musica inglese sapendo anestetizzare il tempo, tenendo lucida la pelle della gioia, senza abrasioni. La sua magia è quella di avere la capacità di dare spazio a modalità diverse di espressione: non solo la sua chitarra semiacustica, bensì il desiderio di attraversare binari diversi che portino il treno del suo talento all’interno di zone disabitate.

La solitudine, le scelte, gli affanni, i sogni e gli entusiasmi sono i suoi cavalli, liberati nella prateria della sua scrittura sempre mirata a non concedere interpretazioni sbagliate. Con un uso sapiente dell’elettronica riesce a visitare il cielo, con la chitarra elettrica trova arpeggi semplici ma che provocano brividi, ma, soprattutto, con la sua voce ci possiede, incanta, seminando dolcezza anche quando la sua gola e la sua anima bruciano. Spesso parrebbe usare alcuni trucchi, nel cantato, del fratello più grande dei Gallagher: dare, cioè, l’impressione che i cambi di registro possano sembrare prevedibili, ma arriva il guitto, l’invenzione per spostare il paragone dentro il fango.

Prima semplici episodi (con i suoi singoli) e poi una collettività sonora per rendere il tutto una grande nave con brani che, grazie a una effervescente produzione, rendono evidente che il concept è più nei suoni che non nei testi, in quanto le sue parole sono onde che non possono essere comandate. 

Un insieme musicale che non vive di momenti che spiccano: questo giovane musicista ha la colla nel talento e non è in grado di fare di quell’onda, di cui prima, un sali e scendi, evidente è il suo polso, la sua fermezza per rendere l’ascolto un’esperienza compatta, il tempo necessario per sognare mentre la vita chiede di fare lo stesso, tra il fuoco e il vento della sua penna, capace di una scrittura precisa e libera. 


Il Vecchio Scriba invita ad ascoltare l’album facendo attenzione al titolo: una metafora pericolosa, se non colta: inutile nascondere il fatto che la pioggia non è in attesa, ma operativa, perché in realtà non è altro che un fiume denso di gocce di vita che vogliono essere viste e accolte, raccolte, per spargersi poi all’interno dei nostri bisogni. Un disco veloce, senza velleità di trovare la canzone indimenticabile, tantomeno l’hit della vita.

Piuttosto: ascolti la prima e avanzi, senza tentennamenti, poiché hai subito coscienza che sentire queste composizioni è un regalo che giunge dall’estremo nord dell'isola che necessitava di questo entusiasmante artista. Notevole è la sensazione di calore e freschezza al contempo: le orchestrazioni, gli arrangiamenti brevi ma di grande impatto, conferiscono al fascio sonoro una presa che non costa fatica: riascoltarlo tutto è un desiderio necessario e non una impresa…

Saper portare le canzoni nel cuore degli anni Novanta (boyband comprese) è un pregio sottile, in quanto poi, non temete, ci si rende conto dello spessore artistico, dell’impegno e delle sue qualità.

Si fischia, si canta con la bocca aperta, e poi quando la musica prende piede ci si sente al sicuro, in quella prateria dove i suoi cavalli corrono non felici ma capaci: e anche in questo caso Andrew si rivela maturo e spiazzante…

Seal, George Michael, i Travis, gli Oasis, i James, i Clash: tutti loro entrano nei respiri espressivi del ragazzo, spesso con la maschera sulla pelle delle note e degli accordi, ma ben presenti, con la loro che lascia scie di suono del tutto riconoscibili, se solo le orecchie ragionano…

Ma poi, più di tutto, questo lavoro di esordio rivela come non sia l’età ma l'esperienza, lo studio e il desiderio a permettere a queste angeliche composizioni di spiccare il volo, accompagnando la corsa di quei cavalli che avranno biada per l’eternità.

Il debut album del 2023 per il Vecchio Scriba: i dubbi non possono esistere davanti a queste gemme…



Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
4 Ottobre 2023






My Review: Andrew Cushin - Waiting For The Rain

 Andrew Cushin - Waiting For The Rain


Heaton is a suburb of Newcastle, a neighborhood in this beautiful city in the north of England, where Andrew comes from, a conscious, bold talent, capable of bringing Pop into the Alternative zone, compressing the Blues and Country. After an intentional apprenticeship that led him to open for several important bands, he signed a contract with one of the Libertines' two main characters, Pete Doherty, and recorded songs with open wings, capable of getting his melodies to the center of the heart, through words that were really deep and mature given his young age. Scents of Paul Weller, Noel Gallagher and the wake of Northern Soul are the first obvious signs of where he came from. Then: the hard work of letting the membership of his emotions and dialectical avenue, allow for a portentous avalanche of thoughts as mouths smile and skin soaks up the sun. 

Seen in support of The Slow Readers Club, alone on stage harnessing a guitar that sounded like the primal echo of a child affirming the joy of being in the world, he seems to be a distant relative of himself: both identities are authentic and there is no doubt that the record sounds like the result of collective work, with a vibrant tension that is tamed by the romantic lines but who are unable to hide the tension because there is no better way to make everybody happy.


Within his wanderings, to scour characters dipped in oil and salt, he also finds an opportunity to write a touching lyric about alcoholism and in which the two protagonists are Father and Son. It is in this song that everything evaporates, loose in its maturity presenting the next song, in which melancholy and worry find momentum toward aspects filled with rays of light.

It strikes, it stuns, it caresses the history of the last thirty years of British music knowing how to anesthetize time, keeping the skin of joy polished, without abrasion. His magic is to have the ability to give space to different modes of expression: not only his semi-acoustic guitar, but the desire to cross different tracks that bring the train of his talent inside uninhabited areas.

Loneliness, choices, anxieties, dreams and enthusiasms are his horses, released into the prairie of his writing always aimed at not allowing misinterpretations. With skillful use of electronics he manages to visit the sky, with the electric guitar he finds simple but chill-inducing arpeggios, but, above all, with his voice he possesses us, enchanting, sowing sweetness even when his throat and soul burn.


Often he seems to use some tricks, in the singing, of Gallagher's older brother: that is, to give the impression that changes in register may seem predictable, but here comes the mummer, the invention to move the comparison inside the mud.

First simple episodes (with his singles) and then a sonic collectivity to make it all one big ship with songs that, thanks to effervescent production, make it clear that the concept is more in the sounds than in the lyrics, as his words are waves that cannot be commanded. 

A musical whole that does not live on moments that stand out: this young musician has glued in talent and is unable to make that wave, mentioned before, a rise and fall, evident is his pulse, his steadiness to make listening a compact experience, the time needed to dream while life asks to do the same, between the fire and wind of his pen, capable of precise and free writing.


The Old Scribe invites you to listen to the album by paying attention to the title: a dangerous metaphor, if not grasped: no point in hiding the fact that the rain is not waiting, but operative, because in reality it is nothing more than a dense river of drops of life that want to be seen and welcomed, picked up, to then spread within our needs. A quick record, with no ambitions to find the unforgettable song, much less the hit of a lifetime.

Rather: listen to the first one and move forward, without hesitation, since you are immediately aware that listening to these compositions is a gift coming from the far north of the island that needed this exciting artist. Remarkable is the feeling of warmth and freshness at the same time: the orchestrations, the short but impressive arrangements, give the sonic bundle a grip that does not cost effort: to listen to it all again is a necessary desire and not a feat...

Knowing how to take the songs into the heart of the 1990s (boybands included) is a subtle merit, as then, fear not, one realizes the artistic depth, commitment and qualities of it.

You whistle, you sing with your mouth open, and then when the music takes hold you feel safe, in that prairie where his horses run not happy but capable: and again Andrew proves mature and disorienting...  Seal, George Michael, Travis, Oasis, James, the Clash: all of them enter into the boy's expressive breaths, often with the mask on the skin of notes and chords, but well present, with theirs leaving trails of sound entirely recognizable, if only the ears reason...

But then, more than anything else, this debut work reveals how it is not age but experience, study and desire that allows these angelic compositions to take flight, accompanying the ride of those horses that will have fodder for eternity.

The 2023 debut album for Old Scribe: doubts cannot exist before these gems...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

4th October 2023


https://spotify.link/BKRobe7ACDb




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