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domenica 19 marzo 2023

La mia Recensione: Caradoc - Scrolls of Arrkadia

 Caradoc - Scrolls of Arrkadia


Sia benedetta la Polonia: questo 2023 è così pieno di meraviglie che arrivano da quella nazione che non si può che rimanere basiti e contenti. 

Siamo davanti a un’opera intensa, pregna di sacralità e di lunghe peregrinazioni dentro il tempo che fu, quello poco abitato dagli uomini e soprattutto dal senso di paura e disagio che fertilizza ogni impeto verso un burrone dal quale guardare la propria esistenza in proiezione futura.

La band crea un mosaico, un cubo, dove il respiro si fa lento ma rovente, le suggestioni imprigionano e la fantasia nasce per farci morire, nel gioco di damigelle dalla bella faccia e dalle unghie affilate. È musica del ventre, con synth che escono dall’intestino per visitare il cuore, con stratagemmi illuminati da movimenti lenti che conferiscono al tutto il sapore di un giudizio inevitabile. Un Folk che si veste con un abito scuro, con in mano lo scettro di pietre gotiche per creare un ambiente in uno stato di scombussolamento continuo, dove ogni nota è un'orchestra accordata con l’occulto che si nasconde in questi brani, ma che non può nascondere il suo ghigno. Si vaga, ci si perde, i confini muoiono e il tempo è una lastra piena di sterpaglie grigie che prendendo in mano il pennello hanno un colore solo nella testa…

Se esiste una drammaticità che sul palco della vita può avere atomi senza fretta, quella la trovate in questo magnifico album…


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
19 Marzo 2023




My Review: Caradoc - Scrolls of Arrkadia

 Caradoc - Scrolls of Arrkadia


Blessed be Poland: this 2023 is so full of wonders coming from that nation that one cannot but be astonished and delighted. 

We are in front of an intense work, full of sacredness and long wanderings inside the time that once was, the time scarcely inhabited by men and above all by the sense of fear and unease that fertilises every rush towards a ravine from which to look at one's existence in a future projection.

The band creates a mosaic, a cube, where breathing becomes slow but hot, suggestions imprison and fantasy is born to make us die, in the game of pretty-faced damsels with sharp nails. It is music of the belly, with synths coming out of the gut to visit the heart, with stratagems illuminated by slow movements that give it all the flavour of inevitable judgement. A Folk that dresses in a dark suit, holding a sceptre of gothic stones to create an ambience in a state of continuous disarray, where every note is an orchestra tuned to the occult that hides in these songs, but cannot hide its sneer. One wanders, one gets lost, boundaries die, and time is a slab full of grey undergrowth that when taking up the brush has only one colour in the head...

If there is a drama which on the stage of life can have unhurried atoms, then it’s found in this magnificent album...


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
19 Marzo 2023






martedì 14 marzo 2023

My Review: David Galas - A Dark Place To Hide

 David Galas - A Dark Place To Hide


We know David well: Lycia is a band you hold in your heart, immovable and precious.

But here he is the builder of a hypnotic, seductive palace, in a spectacular stage for a play of sensual sadness, manipulated and voluminous, to carry messages and make us taste, in a different way, the quality of his writing. Like a grandfather clock, he stands in the centre of a wall and marks the passing of time with a blanket full of gothic movements, on hardened but slow-moving slabs, with guitars that are frothy and delicate, but also capable of claws that flay the skin with every second. One travels with him in the mental hemisphere of great awareness, with his singing that takes everyday life and makes it blush, vomit, between the alternation of slow and fast tracks, where the rhythm that stands out the most is that of the images that his genial soul establishes that can be seen.

His uvula is a steam train, guiding silence and access, and taking the listener into the mystical zone, into Siamese twins that are the double-faced thoughts. He adopts continuous solutions of rhythm changes, of atmospheres, of musical references, in order to map immensity. The voice is yes baritone, but never heavy: it often seems to be less dramatic than his music, but, as only happens to great artists, he does not position himself on preferences and investigates modalities, ending up varying and, in doing so, astonishment is the first feeling we take possession of. The production, perfect, is the further element that governs this enchanting row of feathers that twirl in the lungs of nascent grey breaths, where crying is a gift and not a problem. An album that, at first nocturnal, ends up making us breathe in the nascent rays of daytime, with those hands that have bewitched us...


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
14th March 2023





La mia Recensione: David Galas - A Dark Place To Hide

 David Galas - A Dark Place To Hide


David lo conosciamo bene: Lycia è una band che si ha nel cuore, inamovibile e preziosa.

Però qui lui è il costruttore di un palazzo ipnotico, seducente, in uno spettacolare palco per una recita di sensuali tristezze, manipolate e voluminose, per portare messaggi e farci assaggiare, in modo diverso, la qualità della sua scrittura. Come un orologio a pendolo, si mette nel centro di un muro e scandisce il passare del tempo con una coperta pregna di movimenti gotici, su lastre indurite ma lente, con chitarre spumose e delicate, ma anche capaci di artigli che scorticano la pelle in ogni secondo. Si viaggia con lui nell’emisfero mentale di grandi consapevolezze, con il suo cantato che prende la quotidianità e la fa arrossire, vomitare, tra l'alternarsi di brani lenti e veloci, dove il ritmo che spicca maggiormente è quello delle immagini che la sua anima geniale stabilisce che possono essere viste.

La sua ugola è un treno a vapore, guida il silenzio e gli accessi, e porta l’ascolto nella zona mistica, dentro gemelli siamesi che sono i pensieri dalla faccia doppia. Adopera soluzioni continue all’insegna di cambi ritmo, di atmosfere, di riferimenti musicali, per poter mappare l’immensità. La voce è sì baritonale, ma mai pesante: sembra essere spesso meno drammatica rispetto alla sua musica però, come capita solo ai grandi artisti, non si posiziona sulle preferenze e indaga sulle modalità finendo per variare e, così facendo, lo stupore è il primo sentimento di cui ci appropriamo. La produzione, perfetta, è l’ulteriore elemento che governa questa incantevole fila di piume che volteggiano nei polmoni di nascenti respiri grigi, dove piangere è un dono e non un problema. Album che, dapprima notturno, finisce per farci respirare i nascenti raggi diurni, con quelle lancette che ci hanno stregato…


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
14 Marzo 2023




venerdì 10 marzo 2023

La mia Recensione: Dark Sanctuary - Cernunnos

 Dark Sanctuary - Cernunnos


Esistono visioni estetiche che sono involucri, a volte con la faccia sorridente, a volte con grandi metastasi, e vanno a spasso dentro pensieri con il mantello pieno di raggi lunari, come contatto divino.

Vediamo l’essere umano con il naso all’insù, a contemplare, prendere appunti, sezionare la natura per poterla consegnare a un Dio complicato, Cernunnos, che per i Galli rasentava la perfezione e il timore al contempo. Nei giorni dell’assenza della saggezza, con la tecnologia che la sostituisce, ecco un manipolo di guerrieri dalla faccia giusta e dai pensieri ottimizzati che scrivono un trattato di contatto continuo con la densità. Depongono ricchezza nei sentieri mentali e ci avvolgono con la speranza di poter essere un cammino. Tornano i Dark Sanctuary, il villaggio senza tempo, con la loro musica come arcobaleno dentro tuoni e sospiri, a mettere la storia dalla loro parte: non potevano rimanere inermi, sospesi tanto meno inclini alla resa e allora ecco undici invocazioni a scuotere il vecchio scriba con questo omaggio alla divinità Gallica. Un flusso cinematico, in un formato che avvicina una ipotetica cellula che tenta di descrivere il potere della natura e il commento di un Dio che ascolta e rivela la sua presenza: su questo contatto le canzoni posano il loro pensiero per far respirare l’incanto e far assentare l’inutile trambusto che vive fuori di noi. Un album conclamante attenzione, talento, necessità di essere mani che manipolano il pensiero verso l’assenza della fragilità, con la forza evocativa di spirali lente dai polmoni ghiacciati. Ma il battito resiste, insiste, attraversa la foresta e accarezza le rocce. Per volontà divina.

La band francese chiude le porte dell’eccesso, prepara strumenti mentali per unirsi a quelli musicali e si incammina, lentamente, prendendo in prestito la storia e affittando (forse perennemente) il desiderio di evacuare il circostante elettrificato del mondo che crea luci ma non scintille. Quest’ultime le troverete all’interno di questi undici passi, undici preghiere, undici reti, undici barche e undici reti da pesca.

Come ambasciatori del tempo, i cinque componenti della band ci consegnano la trasformazione del territorio e della riflessione come l’affermazione di una necessità di sviluppo di cui il Mercato avrebbe poi rovesciato il contenuto e il senso. Pertanto quello che ascoltiamo è prezioso: chi testimonia una struttura diversa, messa da parte, non può che avere la massima attenzione e riconoscenza. Il tutto, poi, è bene dirlo, mediante flussi musicali che estendono il respiro in un'onda potente, che non vacilla mai, non perde la direzione e anzi guadagna intensità come un sorriso senza l’orologio.

La direzione musicale mostra come a loro niente possa essere precluso: musicisti eccelsi, grandi idee, metodo e un talento enorme nel rendere toccabili le immagini e le sensazioni che rovesciano, come colata tiepida, dentro le note.

Cernunnos è una palla di polvere che ingrossa e ingrassa le vene con riferimenti che annichiliscono la pigrizia e il disimpegno perché è un lavoro confezionato per condurci alla meditazione, a vivere un approccio con i sensi, un prendere atto del movimento continuo di creature che sono a pochi metri da noi, in questa circonferenza senza coscienza che è ormai il nostro pianeta. Capitani anacronistici, e proprio per questo motivo perfetti ed essenziali, i brani si posizionano nel ventre e ondeggiano, e ci portano negli occhi immagini potenti: impossibile fare finta perché questo scuote e rigenera le cellule.

Canzoni come congegni magnetici, roboanti, per costruire l’ingegno e le sue mille cose, per muovere alchemie e condurle in voli spirituali di grande spessore, con contenuti formati per essere un involucro senza possibilità di abbattimento. Tutto è all’insegna di una grande attenzione: stumenti, melodie, rumori, richiami spirituali attraverso invocazioni e spruzzi continui di macchie di luce, e la cadenza marziale di impronte sulla nostra anima. All’interno di un mulino di campagna la vita diventa espressione artigiana sopraffina ed elegante, con il suo libro sacro che si legge ascoltando questo frutto celestiale.

Ci sono ingressi continui, permanenze e la melodia, bocca aperta di ingredienti succulenti, è una autostrada di nascite e morti, con ventagli e folate di nebbia per fasciare la vistosa sacralità. Facile etichettare come Dark Ambient, oppure come Musica Eterea, ma sarebbe come guardare la montagna senza un inchino di rispetto, perché questo è un lavoro complesso fatto di strati, di odori, di piedi nel fango e gli strumenti sono operai di un disegno che non ha genere e non può, pertanto, essere definito in nessun modo: davanti alla perfezione si gode senza perdere tempo, senza elucubrazioni mentali che distolgono dal piacere. Ma ciò che è rilevante è la consequenzialità sonora, come se la vita di ogni secondo di questo album non potesse vivere senza gli altri. E la catena si scioglie per divenire un trattato di ispezione temporale, con flussi lenti e ondivaghi dentro cellule dalla memoria antica, per permettere l’uscita da ogni legame affettivo del proprio curriculum vitae. I Dark Sanctuary realizzano un intervento in una sala operatoria a cielo aperto, tra foglie malinconiche e terreni scoscesi che brillano di muschio, per celebrare lo studio del tempo nel quale la follia ha moti di calma sorprendenti. 

La voce di Dame Pandora è un acino di uva che scende sulla pelle di ogni vibrazione sonora, come una riflessione prima ancora di essere espressione,  essendo in grado di definire la mastodontica esibizione di colori e fumi antichi che escono dagli strumenti degli altri quattro componenti del gruppo. Lei capitalizza, segna il goal della vittoria, nel contesto di un gioco di squadra che la mette in condizione di farlo a ripetizione. Il suo fiato pare uscire da una ampolla magica, conservata dal Signore dei Segreti: non si può resisterle e ci si ritrova nella sua ugola che vibra per farci genuflettere. 

Ci sono tensioni multiple, drammi resi palesi e spettri girovaghi che rendono l’ascolto un tremolio ma al contempo offrono eccitazioni sconosciute, estese e totalmente in grado di regalare una paralisi fisica, mentre la mente vola, tra le case di pietra e i ruscelli, in un tempo di cui non si sa nulla…

Ma non vi è incertezza alcuna, non una esitazione, ed è per questo motivo che il vecchio scriba ascolta con tre bicchieri di assenzio all’interno di un cerchio reso  magico da queste musiche divine.

Il consiglio migliore è quello di sedersi circondati da libri antichi, un vocabolario aperto a caso, la luce lasciata fuori dalla propria stanza, gli occhi appiccicati alla volontà di essere teletrasportati nel luogo del non so, nel tempo del non so. E di voler fare un’esperienza che sarà oltre che catartica soprattutto rivelatrice di mappature sensoriali che cambieranno il senso dei vostri battiti, perché Cernunnos alla fine si rivela una prodigiosa metamorfosi e non solo tutto sarà cambiato ma avremo dei grazie da rivolgere a loro ogni volta con grande emozione.

La storia ha deciso di mettere una mano sulla spalla di questi angeli francesi, con un passaggio di consegne, e queste note diventeranno il bacio di godimenti che si faranno promiscui: non vi saranno resistenze e la perfezione avrà il volto di queste undici fate…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

10 Marzo 2023

https://avantgardemusic.bandcamp.com/album/cernunnos

Esce il 17 di Marzo del 2023




My Review: Dark Sanctuary - Cernunnos

 Dark Sanctuary - Cernunnos


There are aesthetic visions that are wrappings, sometimes with a smiling face, sometimes with large metastases, and walk around inside thoughts with a cloak full of moonbeams, like divine contact.

We see the human being with his nose in the air, contemplating, taking notes, dissecting nature in order to deliver it to a complicated God, Cernunnos, who for the Gauls bordered on perfection and fear at the same time. In the days of wisdom's absence, with technology replacing it, here is a handful of fair-faced warriors with optimised thoughts who write a treatise of continuous contact with density. They deposit riches in the mental paths and envelop us with the hope that they can be a path. Dark Sanctuary return, the timeless village, with their music as a rainbow within thunder and sighs, to put history on their side: they could not remain defenceless, suspended much less prone to surrender, and so here are eleven invocations to shake the old scribe with this homage to the Gallic deity. A cinematic flow, in a format that approximates a hypothetical cell attempting to describe the power of nature and the commentary of a God who listens and reveals his presence: on this contact the songs place their thoughts to make the enchantment breathe and make the useless bustle that lives outside of us absent. An album proclaiming attention, talent, the need to be hands that manipulate thought towards the absence of fragility, with the evocative force of slow spirals from frozen lungs. But the beat resists, insists, crosses the forest and caresses the rocks. By divine will. The French band closes the doors of excess, prepares mental instruments to join the musical ones and sets off, slowly, borrowing history and renting (perhaps perpetually) the desire to evacuate the electrified surroundings of the world that creates lights but not sparks. The latter you will find within these eleven steps, eleven prayers, eleven nets, eleven boats and eleven fishing nets.

As ambassadors of time, the five members of the band deliver us the transformation of territory and reflection as the affirmation of a need for development, the content and meaning of which the market would later overturn. Therefore, what we hear is precious: those who witness a different structure, set aside, cannot but have the utmost attention and appreciation. All this, then, it must be said, through musical flows that extend the breath in a powerful wave, which never wavers, never loses direction and indeed gains intensity like a smile without a watch.

The musical direction shows how nothing can be precluded to them: excellent musicians, great ideas, method and an enormous talent for making the images and sensations that spill, like lukewarm dripping, into the notes touchable.

Cernunnos is a ball of dust that swells and fattens the veins with references that annihilate laziness and disengagement because it is a work packaged to lead us to meditation, to experience an approach with the senses, a taking note of the continuous movement of creatures that are just a few metres away from us, in this circumference without consciousness that is now our planet. Anachronistic captains, and for this very reason perfect and essential, the songs sit in the belly and sway, and bring powerful images into our eyes: impossible to pretend because this shakes and regenerates the cells.

Songs like magnetic devices, bombastic, to build ingenuity and its thousand things, to move alchemy and lead it into spiritual flights of great depth, with contents formed to be a wrapping without the possibility of abatement. Everything is under the banner of great attention: instruments, melodies, noises, spiritual calls through invocations and continuous sprays of light spots, and the martial cadence of footprints on our souls. Inside a country mill, life becomes a superfine and elegant craft expression, with its sacred book being read while listening to this heavenly fruit. There are continuous entrances, permanences, and the melody, open-mouthed with succulent ingredients, is a highway of births and deaths, with fans and gusts of fog to swathe the gaudy sacredness. It is easy to label as Dark Ambient, or as Ethereal Music, but it would be like looking at the mountain without a bow of respect, because this is a complex work made of layers, smells, feet in the mud, and the instruments are workers in a design that has no genre and cannot, therefore, be defined in any way: in front of perfection one enjoys it without wasting time, without mental lucubrations that distract from pleasure. But what is relevant is the sonic consequentiality, as if every second of this album could not live without the others. And the chain dissolves to become a treatise of temporal inspection, with slow, wandering streams within cells of ancient memory, to allow the exit from all emotional ties of one's curriculum vitae. Dark Sanctuary perform a surgery in an open-air operating theatre, amidst melancholic leaves and craggy terrain glowing with moss, to celebrate the study of time in which madness has surprising motions of calm. 

Dame Pandora's voice is a grape that descends on the skin of each sonic vibration, like a reflection before being an expression, being able to define the mastodontic display of colours and ancient fumes that come out of the instruments of the other four members of the group. She capitalises, scoring the winning goal, in the context of a team game that puts her in a position to do it again and again. Her breath seems to come out of a magic ampoule, preserved by the Lord of Secrets: one cannot resist her and one finds oneself in her uvula that vibrates to make us genuflect. 

There are multiple tensions, dramas made manifest and wandering spectres that make listening a trembling but at the same time offer unknown excitements, extended and totally capable of giving a physical paralysis, while the mind flies, between stone houses and streams, in a time of which nothing is known... But there is no uncertainty, not a hesitation, which is why the old scribe listens with three glasses of absinthe within a circle made magical by these divine musics.

The best advice is to sit surrounded by ancient books, a randomly opened vocabulary, the light left out of your room, your eyes clinging to the will to be teleported to the place of the unknown, to the time of the unknown. And of wanting to have an experience that will be not only cathartic but above all revealing of sensory mappings that will change the meaning of your beats, because Cernunnos will eventually reveal itself to be a prodigious metamorphosis and not only will everything be changed but we will have thanks to give them each time with great emotion.

History has decided to put a hand on the shoulder of these French angels, with a handover, and these notes will become the kiss of enjoyments that will become promiscuous: there will be no resistance and perfection will have the face of these eleven fairies...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

10th March 2023



Out on 17th March 2023




martedì 10 gennaio 2023

La mia Recensione: ⱯRINA - if u could die

 ⱯRINA - if u could die 


Estasi. Sprofondamento. Stupore. Eclissi di ragione. Estromesso. Sbattuto sul ghiaccio sospeso.

Questa è la storia vera del vecchio scriba alla fine dell’ascolto di questa canzone, raggio cosmico fuori rotta, fuori luogo, fuori tempo, indiscutibilmente veicolo di smarrimento e voglia di piangere tonnellate di liquidi. L’adolescenza muore ora, le finestre della coscienza cadono e lasciano le note qui presenti a fare danni: inutile contarli, non finiscono, continuano anche con il play in pausa. Non si può gridare quando le composizioni mettono pancia sulla mente, schiacciando il cranio giù, per terra, e poi si schiantano. La musica è una alabarda circolare, con il ritmo che avanza, si ferma, sempre percuote, allucinata e tenebrosa, spesso in grado di capire che l’ascoltatore vorrebbe fuggire da essa: il mistero può essere la morte con la sua trappola in anticipo. È una collana gotica di brillanti trip hop piena di una parure di diamanti che tintinnano sadicamente. Chitarra Darkwave bastarda, fintamente dolce, che aspetta la battaglia che verrà, e poi il grigiore di effetti elettronici e inevitabilmente la voce, la strega resuscitata che dal loculo intraprende il suo percorso  lastricato di vendetta: non poteva rimanere imprigionata. Poi accade che si finisce con il non essere più in grado di qualsiasi coscienza, si diventa chilogrammi di acido sulfureo tra le pareti di un soffocamento. Il cielo guarda questa voce disumana e scappa. Non si tratta di estensione, di modalità, bensì di quello che pulsa al suo interno, intenta a divenire una mossa strategica per il nostro destino: lei vivrà nella nostra memoria e ci dimenticherà, ci abbandonerà per andare a commettere altre stragi altrove. Sicuramente si sposta dal nostro apparato uditivo per emigrare, senza soste, nelle nostre vene che saranno contente di farle conoscere le nostre cavità. È certo che moriremo con lei: una volta che si è stregati, il soggetto in questione sarà una montagna continuamente in discesa, lo shock a cui non c’è rimedio. La musica, tuoni in marcia robotica, estende la sua chiesa sulla quale ARINA ride con il sangue nell’ugola.

Come in una ipnosi tribale, la canzone illumina i generi musicali, li ammassa, rovista tra essi e li conquista, in un turbinio emotivo che seduce. 

Qualcosa di straordinario accade in questo brano, a causa di un recital di suoni, una storia rimane piacevolmente confusa e riesce ad avvinghiare e a far gridare al miracolo: se anche questo potesse morire forse crollerebbe questo piacevole malessere….


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford 

11 Gennaio 2023

https://paynayloron.bandcamp.com/album/through-the-glass



My Review: ⱯRINA - if u could die

 ⱯRINA - if u could die 


Ecstasy. Sinking. Astonishment. Eclipse of reason. Ousted. Thrown onto suspended ice.

This is the true story of the old scribe at the end of listening to this song, a cosmic ray off its course, out of place, out of time, indisputably a vehicle of bewilderment and desire to cry tons of liquid. Adolescence dies now, the windows of consciousness fall and leave the notes present here to do damage: it is useless to count them, they do not end, they continue even with the play in pause. One cannot cry out when the compositions make the mind swell, crushing the skull down, on the ground, and then they crash. The music is a circular halberd, with rhythm that advances, pauses, always beating, hallucinated and gloomy, often able to understand that the listener would like to escape from it: the mystery may be death with its trap in advance. It is a gothic necklace of trip hop brilliance filled with a parure of sadistically clinking diamonds. A Darkwave bastard guitar, falsely sweet, waiting for the battle to come, and then the greyness of electronic effects and inevitably the voice, the resurrected witch who from the burial recess embarks on its path paved with vengeance: it could not remain imprisoned. Then it happens that one ends up no longer being capable of any consciousness, one becomes kilograms of sulphurous acid within the walls of a suffocation. The sky looks at this inhuman voice and runs away. It is not a question of extension, of mode, but rather of what pulses within it, intent on becoming a strategic move for our destiny: it will live in our memory and forget us, it will abandon us to go and commit more massacres elsewhere. It is certain that it will move from our auditory apparatus to migrate, without interruption, into our veins that will be happy to let it know our cavities. We will surely die with it: once bewitched, the subject in question will be a continually descending mountain, the shock for which there is no remedy. The music, thundering in a robotic march, extends its church over which ARINA laughs with blood in her uvula.

As in a tribal hypnosis, the song illuminates musical genres, piles them up, rummages among them and conquers them, in an emotional whirlwind that seduces us. 

Something extraordinary happens in this track, due to a recital of sounds, a story remains pleasantly confused and manages to captivate and make one hail as a miracle: if even the latter could die, perhaps this pleasant malaise would collapse....


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford 

11th January 2023


https://paynayloron.bandcamp.com/album/through-the-glass



La mia Recensione: Midas Fall - Cold Waves Divide Us

  Midas Fall - Cold Waves Divide Us La corsia dell’eleganza ha nei sogni uno spazio ragguardevole, un pullulare di frammenti integri che app...