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martedì 19 marzo 2024

My Review: Swirlpool - Distant Echoes

 



Swirlpool - Distant Echoes


The time has come for conjugation, for memory to activate its channels full of intelligence and respect in order to probe the past and give it new possibilities for a more conscious future. 

This is done through a German band, its passion for shoegaze, magically delving into the river of reverberations, of feelings that shake the listener's soul, who finds himself immersed in candelabra, shadows, winds, suspended magic, between black and white and shaded, between sonic thickenings and poignant melodies, where melancholy stamps its passport to bring these songs onto the stage of the most complex and robust emotion one could wish for. 


In the meticulous sifting that sees this genre of music concentrated in its (at least here) thirty-four years of life, everything appears synthesised to perfection and then given a tailspin and loaded with new pulsations, new attitudes, new inclinations, in order to give this nursery of controlled incandescence a throne: it would be important for it to be recognised, as Distant Echoes is one of those works that make history. Within it, clichés are exalted, through the methodology of study, and then a necessary motion of new stars is developed. An attitude that explores, almost secretly, the hunting grounds of lesser-known post-rock, injecting seeds of subtle, almost mystical indie-rock. The whole produces a set of poems that give guitars like magnets, a soft but capable bass that supports the entire sound apparatus, and drumming that traces full-bodied melodies, a vigilant that launches sound and rhythm in the right directions. 




You run, you fly, you chase the centre of gravity of a desire that knows no calculation: the professionalism of Thomas A. Fischer, Markus Kraus and Christian Atzinger produces spells, daisy petals full of ardour and the ability to explore light. They favour the song form, but it is as if each part of their compositions had individual projects, for a puzzle of absolute beauty. Each moment is a bubble that plunges into the rainbow of electric waves that know how to skilfully combine reality and dream, making us touch the notes like an unexpected miracle. An album that seems to be written to be listened to in an attic, with a few glasses of wine, some sweets and a psychology book: there is life to be touched in these rivers, each track becomes a stick that slips into the water of a concept made of vibrations, tensions and caresses, to trigger reflections and emotions. It leads us to crisply perceive a protean layer, causing adoration and disbelief, against the backdrop of the subliminal chaos of shoegaze painted and not shouted, through modes predominantly set to the right rhythm, with a predilection for rhythm changes. Arpeggios with a burning heart, directions that are never random towards a melody that is never found in solitude, with a teamwork that compacts the voice full of reverberation with music swollen with inventiveness, for a global creation that engages the listener in deep attention. 


The production by Mark Gardener (Ride) comforts, amazes, giving the further certainty that this debut was born to be protected with wisdom and intelligence. It flows, and does so well, this magnetic flow of brushes and silks, to envelop the heart in unquestionable ecstasy. 

Right from the start, with the album's title song, we have majesty and shyness, for a combo that hands over the sceptre to the guitars and drumming, and in which post-rock embraces the easiest shoegaze to listen to, in a blaze of intensity and warmth. In Caught In A Dream the band shows how melody and power can be an invincible duo, with the vocals sounding like a rainy day without smiles, while the keyboard paints possible rainbows and the guitars alternate between Dream Pop and shoegaze patterns. When Paranoia arrives, we realise where the style brought to the sky stage by Slowdive is placed: is a sombre procession that does not forgo sweetness with guitars that watch The Cure's Wish album show wrinkles. Immense. The concluding Drowned Voices is an almost mystical farewell, immersed in its slowness that hypnotises, fascinates and shows the future of this musical genre: it is a grazing of the intensity of a sound that is shown with modesty, as if nothing should be ostentatious, and it is at this juncture that the band unleashes solutions with patience and research.             

The whole soundstage deserves a precise study: it will not be the best-loved album of 2024, but certainly among those that will prove that it is the students who teach the world that there is still so much to know...

Prodigiously, while the vibrant artistic forms exhibit their structure, everything seems to become evanescent: one cannot control the beauty of this pelvic carousel of balances, one can only 'suffer' its fascination, in an ever-rising merry-go-round of sounds. And the dirt of guitars trained to contortions produces an unsuspected sense of cleanliness: when sound slides wash the soul and you feel lighter...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

20 March 2024


Album out on 22 March 2024


https://swirlpoolmusic.bandcamp.com/album/distant-echoes

La mia Recensione: Swirlpool - Distant Echoes

 




Swirlpool - Distant Echoes


È giunto il tempo della coniugazione, della memoria che attiva i suoi canali pregni di intelligenza e rispetto per poter sondare il passato e dargli nuove possibilità per un futuro più consapevole. 

Lo si fa attraverso una band tedesca, la sua passione per lo Shoegaze, addentrandosi magicamente nel fiume dei riverberi, dei sentimenti che scuotono l’anima dell’ascoltatore, che si ritrova immerso tra candelabri, ombre, venti, magie sospese, tra il bianco e nero e lo sfumato, tra addensamenti sonici e struggenti melodie, dove la malinconia timbra il passaporto per portare queste canzoni sul palco dell’emozione più complessa e robusta che si possa desiderare. 

Nel meticoloso setaccio che vede concentrato questo genere musicale nei suoi (almeno qui) trentaquattro anni di vita, tutto appare sintetizzato alla perfezione per poi dare un colpo di coda e caricare a bordo nuove pulsazioni, nuovi atteggiamenti, nuove inclinazioni, al fine di conferire a questo vivaio di incandescenze controllate un trono: sarebbe importante che gli venisse riconosciuto, in quanto Distant Echoes è uno di quei lavori che fanno la storia. Al suo interno i cliché vengono esaltati, attraverso la metodica dello studio, per poi sviluppare un moto necessario di nuove stelle. Un atteggiamento che esplora, quasi segretamente, i territori di caccia del post-rock meno conosciuto, iniettando semi di indie-rock sottile, quasi mistico. Il tutto produce un insieme di poesie che regalano chitarre come magneti, il basso morbido ma in grado di sostenere l’intero apparato sonoro, e un drumming che traccia melodie corpose, un vigile che lancia il suono e il ritmo nelle giuste direzioni. Si corre, si vola, si insegue il baricentro di un desiderio che non conosce calcoli: la professionalità di Thomas A. Fischer, Markus Kraus e di Christian Atzinger produce incantesimi, petali di margherite piene di ardore e capacità di esplorare la luce. Prediligono la forma canzone, ma è come se ogni parte delle loro composizioni avesse singoli progetti, per un puzzle di assoluta bellezza. Ogni momento è una bolla che si tuffa nell’arcobaleno di onde elettriche che sanno, sapientemente, coniugare la realtà e il sogno, facendoci toccare le note come un miracolo inatteso. Un album che sembra scritto per essere ascoltato in una mansarda, con qualche bicchiere di vino, dei dolci e un libro di psicologia: c’è vita da toccare in questi fiumi, ogni brano diventa un bastoncino che scivola nell’acqua di un concetto fatto di vibrazioni, tensioni e carezze, per scatenare riflessioni ed emozioni. Ci conduce a percepire con nitidezza uno strato proteiforme, causando adorazione e incredulità, nello scenario del caos subliminale dello shoegaze dipinto e non urlato, attraverso modalità prevalentemente preposte al giusto ritmo, con la predilezione dei cambi ritmo. Arpeggi dal cuore acceso, direzioni mai casuali verso una melodia che non si ritrova mai in solitudine, con un gioco di squadra che compatta la voce piena di riverbero con musiche gonfie di inventiva, per una creazione globale che impegna l’ascolto in una profonda attenzione. La produzione di Mark Gardener (Ride) conforta, stupisce, regalando l’ulteriore certezza che questo esordio sia nato per essere protetto con sapienza e intelligenza. Scorre, e lo fa benissimo, questo flusso magnetico di pennelli e seta, per avviluppare il cuore in un’estasi indiscutibile. 

Sin dall’inizio, con la canzone che dà il titolo all’album, abbiamo la maestosità e la timidezza, per un combo che consegna alle chitarre e al drumming lo scettro e in cui il post-rock abbraccia lo shoegaze più semplice da ascoltare, in un tripudio di intensità e calore. In Caught In A Dream la band dimostra come melodia e potenza possano essere un duo invincibile, con il cantato che pare una giornata di pioggia senza sorrisi, mentre la tastiera dipinge possibili arcobaleni e le chitarre si alternano tra schemi Dream Pop e Shoegaze. Quando arriva Paranoia realizziamo dove sia collocato lo stile portato sul palco del cielo dagli Slowdive: è una processione cupa che non rinuncia alla dolcezza con chitarre che guardano i Cure di Wish mostrare le rughe. Immensa. La conclusiva Drowned Voices è un addio quasi mistico, immersa nella sua lentezza che ipnotizza, affascina e mostra il futuro di questo genere musicale: è uno sfiorare l’intensità di un suono che viene mostrato con pudore, come se nulla dovesse essere ostentato ed è in questo frangente che il gruppo sfodera soluzioni con pazienza e ricerca. L’intero palcoscenico sonoro merita uno studio preciso: non sarà l’album più amato del 2024, ma sicuramente tra quelli che sapranno dimostrare che sono gli studenti a insegnare al mondo che c’è ancora tanto da conoscere…

Prodigioso il fatto che, mentre le vibranti forme artistiche esibiscono la loro struttura, tutto sembra farsi evanescente: non si può controllare la bellezza di questa carrellata pelvica di equilibri, si può solo “subirne” il fascino, in una giostra di suoni in continua ascesa. E lo sporco di chitarre ammaestrate alle contorsioni produce un insospettabile senso di pulizia: quando le diapositive sonore lavano l’anima e ci si sente più leggeri…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

20 Marzo 2024


L'album uscirà il 22 Marzo 2024


https://swirlpoolmusic.bandcamp.com/album/distant-echoes


La mia Recensione: Midas Fall - Cold Waves Divide Us

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