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mercoledì 16 marzo 2022

 La mia Recensione 


Puressence - Puressence 


1996

Manchester, Inghilterra 

Produttore: Cliff Martin

Label: Island Records Ltd


Nella metà degli anni 90 a Manchester esistevano due schieramenti musicali dirompenti: quello post-punk e quello legato all’elettronica con brutti ceffi dediti alle droghe e comportamenti spesso violenti.

Il Brit-pop stava già scemando come interesse forse proprio perché non definiva un preciso genere musicale bensì un agglomerato confuso che era destinato, proprio per questo motivo, a cedere e a morire.

Le realtà più interessanti arrivavano spesso dalla periferia della città, da dei borghi, da piccoli paesi dove esistevano motivazioni diverse.

Ma esisteva un controllo da quei pochi che avevano il potere di decretare il successo delle band. L’abbondante offerta ricca di qualità era sinonimo di un parziale problema, che veniva risolto in fretta supportando quelle formazioni che avevano contatti “importanti”.

Da qui inizia la lunga lista di gruppi sconosciuti o semi-sconosciuti che, pur avendo quasi sempre uno stuolo di fedeli ammiratori, non aveva accesso ad una dimensione di conoscibilità: a Manchester la meritocrazia, la gavetta non sono mai stati il motivo del successo. Poche eccezioni, questo bisogna considerarlo: The Smiths e James su tutti.

Ecco allora che da Failsworth, cittadina a sei chilometri dal centro di Manchester, Anthony Szuminski, Neil Mc Donald, Kevin Matthews e James Mudriczki, quattro ragazzi vispi, profondi, tutt’altro che spensierati, decidono di tentare il percorso musicale. Sin dal primo singolo (Siamese, 1992), tutto era chiaro: la qualità era immensa e bisognava farle posto, nel momento in cui la città viveva già del delirio dei meno abili e interessanti, dal punto di vista musicale, Oasis.

E prima dell’album di esordio, omonimo (29 aprile 1996), avevano già pubblicato 5 singoli. Ma niente da fare, per loro non c’era posto.

Lo spazio toccava ad altri.

Ma è proprio la capacità dei Mancuniani di capire la loro qualità che non ha impedito di innamorarsene e di creare una appassionata devozione nei loro confronti.

Non hanno colpe: avrebbero voluto che la band di Failsworth mettesse le ali e volasse per tutto il mondo.

Non è andata così e questi ragazzi sono rimasti, ahimè, un segreto che non ha potuto abbandonare lo scrigno nel quale erano stati relegati da persone non legate alla propagazione di una classe indiscutibile.

L’album di esordio è una adunata che partendo dal Post-punk circumnaviga l’elettronica minimalista, convogliando spruzzi Shoegaze con quella psichedelia leggera che non disturba chi non la ama ma che rende felici i puristi, sino a inserire nelle composizioni semi di quella Soul music che li ha ispirati parecchio in alcuni passaggi.

Il tutto sempre con una maschera per rendere il tutto una tela opaca, comunque splendente. 

E poi lei: la malinconia che come sorella siamese vive nella voce unica, riconoscibile e pazza di James.

Tutto ruota intorno a questo miracolo: per alcune band avere una voce simile è sinonimo di successo, per altre invece ne decreta l’impossibilità di dare spazio alla musica.

Quanto alcuni limiti nell’ascolto siano stupidi e dannosi lo si può comprendere ascoltando le 10 canzoni di questo esordio scoppiettante.

Un delirio infinito di esplorazioni, con testi cupi e descrittivi delle condizioni di disagio esistenziale e della solitudine, dei desideri, messi sempre di più in discussione.

Ascoltando questo lavoro si ha la percezione della fatica, dei nervi che graffiano le mani, di occhi sempre più vicini al desiderio di conoscere la fine. Le chitarre sono carezze, come pugni devastanti, alla ricerca di quella zona che possa condurre James a trovare una linea melodica spesso spiazzante e dolorosa. 

Il momento per scrutare come spie affamate dentro allo scrigno è arrivato: le dieci canzoni che sto per descrivere potrebbero trovare posto dentro la vostra sensibilità regalando, postuma, una notorietà che meritano ancora…



Song by Song


Near Distance


Con un inizio che ricorda i migliori The Chameleons e gli ombrosi U2 di October, si arriva presto a sentire James cantare e l’emozione esplode ben prima che le cupe chitarre salgano di intensità.

Un lento rintocco di chitarre come campane funeree con echi calibrati creano un’atmosfera quasi drammatica. Poi è un crescendo Post-punk che giunge alla completa esaltazione senza necessitare delle deflagrazioni.


I Suppose


Sono i The Sound ad apparire nei primi secondi, poi una cupa rasoiata di chitarra e la grancassa creano la possibilità di un suono cresciuto dove lo struggente cantato ci commuove. Le chitarre si fanno più grevi ed il cantato sale di intensità. Ed è un delirio di voci raddoppiate, un drumming intenso e ci si concede uno stordente mutamento dell’umore.


Mr. Brown


Eccole, addensate, infreddolite sul bordo del canale Irwell: sono le lacrime che si sono radunate dopo l’ascolto di questo flusso malinconico che genera fulmini, tuoni e laghi di gocce che nascono da occhi tristi. Tra Shoegaze e Post-punk, il brano riserva cambiamenti, sorprese, con una parte chitarristica, poco dopo la metà, a rivelare traiettorie di lacrime cupe che tentano la fuga.


Understanding


Arriva la tenerezza, un piano ed è subito incanto: il cuore trova un abbraccio nei saliscendi di una voce con le piume dense di poesia.

Si respira Manchester in questo brano: una certa lentezza, una fiacchezza che diventa un merito, un pregio, perché la storia del testo offre una intimità che fa aprire la testa ed il cuore, per una ballad moderna, intensa.



Fire


Una nuvola scende cambiando abito: diventa una pioggia di notte e arriva prima leggera e poi come tumulto del cielo desideroso di renderci fradici e senza forze. Una delle qualità più grandi dei Puressence è di creare tensione emotiva con i brani lenti. Ma arriva sempre il fragore che scuote!



Traffic Jam In Memory Lane


Una chitarra iniziale che ricorda Painted Black e poi via: è un treno il brano, viaggia spedito ed è un post-punk vellutato, si nasconde, ma il basso e la chitarra qui dimostrano di aver imparato la lezione. Soltanto il canto può separarsi da ogni condizionamento per generare un combo perfetto.



Casting Lazy Shadows


Anche quando si concedono a melodie e modi più abbordabili, come in questa sensuale canzone, i Puressence sanno stupire: gli 80’s sono qui, tra riferimenti afferrabili, verso quel pop su basi alternative che attira attenzioni.

 


You’re Only Trying to Twist My Arm


La chitarra iniziale inganna: parrebbe di trovarsi in una zona quasi glam ma poi il brano offre cristalli di cambiamento in divenire, come trappola che sa accattivarsi le simpatie. E gira su se stessa: è la chitarra che guida tutti verso la sua fame di potenza lenta.



Every House On Every Street


Quanto i Radiohead e i Puressence abbiano in comune lo rivela solo questo brano ma ci sono punti in contatto, minimi però ci sono. Da questa canzone negli anni 2000 molte band hanno tratto beneficio e spunto. Un elenco enorme.

Conquista per essere delicata senza cercare un ritornello semplice e banale. Come sommessa, nascosta, mostra la testa quel poco per farsi adorare.


India


Della serie: quando il capolavoro arriva con l’ultimo brano di un album.

Avevamo avuto già i The Psychedelic Furs con una canzone dallo stesso titolo che ci aveva stregato.

Qui, Dio volendo, è forse addirittura meglio.

La struttura è una piovra, nervosa, ficcante, contorta, che flirta con la stessa modalità dei serpenti: il fato ci strega e cadremo nella sua bocca.

Uno dei momenti di maggior classe della loro intera carriera, insegna cosa è Manchester al mondo: un cielo aperto a dare ad ogni secondo una intensità che accoglie e sviluppa modi e sensazioni per definire il tutto come un laboratorio di attriti e melodie che senza affanno conducono allo smarrimento. Un groviglio che stabilisce le loro capacità, scappando dai cliché per trovare nei loro impeti linfa e solitudine.


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

15 Marzo 2022


https://music.apple.com/gb/album/puressence/1444055244


https://open.spotify.com/album/1PaFjTRJkrxfviZ1TzRHpV?si=3aYhGITDTSqcyMM3d4-GgQ









 My Review 


Puressence - Puressence 


1996

Manchester, England

Producer: Cliff Martin

Label: Island Records Ltd


In the mid-1990s, Manchester had two disruptive musical fronts: post-punk and electronic music, with bad guys addicted to drugs and often violent behaviour.

The interest in Brit-pop was already diminishing, perhaps because it didn't define a specific musical genre, but rather a confused conglomeration that was destined, for this very reason, to give up and die.

The most interesting realities often came from the outskirts of the city, from villages, from small towns where there were different motivations.

But there was control by the few who had the power to decree the success of the bands. The abundant supply of quality was synonymous with a partial problem, which was quickly solved by supporting the ones that had 'important' contacts.

This is where the long list of unknown or little known bands began, bands that, even though they had almost always a crowd of loyal admirers, did not have access to a dimension of recognisability: in Manchester meritocracy and the apprenticeship were never the reason for success. There were a few exceptions, we have to keep in mind: The Smiths and James above all.

Here then that from Failsworth, a small town six kilometres from the centre of Manchester, Anthony Szuminski, Neil McDonald, Kevin Matthews and James Mudriczki, four lively, deep boys, anything but carefree, decided to try their hand at music. From their very first single (Siamese, 1992), everything was clear: the quality was immense and it was necessary to make room for it, at a time when the city was already living the frenzy of the less skilled and interesting, from a musical point of view, Oasis.

And before their debut album of the same name (29 April 1996), they had already released five singles. But there was no room for them.

The space went to others.

However, it is precisely the Mancunians' ability to understand their quality that has not prevented these people from falling in love with their music and creating a passionate devotion to them.

They are not to blame: they would have liked the Failsworth band to put wings and fly all over the world.

That’s not what happened    and these guys remained, alas, a secret that couldn't leave the casket into which they had been relegated by people unconnected with the propagation of an unquestionable class.

Their debut album is a gathering that, starting from Post-punk, circumnavigates minimalist electronic music, conveying Shoegaze splashes with that light psychedelia that doesn't bother those who don't like it but that makes the purists happy, to the point of including in the compositions seeds of that Soul that has inspired them in some passages.

All this always with a mask in order to make the whole thing an opaque canvas, however shiny. 

And then the melancholy, that like a Siamese sister lives in the unique, recognisable and crazy voice of James.

Everything revolves around this miracle: for some bands having such a voice is synonymous with success, for others it decrees the impossibility of giving space to the music.

We can see how stupid and damaging some listening limits are by listening to the 10 songs on this crackling debut.

An infinite delirium of explorations, with dark and descriptive lyrics about existential discomfort and loneliness, about desires, which are increasingly questioned.

Listening to this work one has the perception of fatigue, of nerves scratching the hands, of eyes increasingly close to the desire to know the end. The guitars are caresses, like devastating fists, searching for that area that can lead James to find a melodic line, often disorienting and painful. 

The moment to peer like hungry spies into the treasure chest has arrived: the ten songs I'm about to describe could find a place in your sensibility, giving them, posthumously, a notoriety they still deserve...


Song by Song


Near Distance


With a start reminiscent of the best of The Chameleons and the shadowy U2 of October, you soon get to hear James sing and the emotion explodes well before the sombre guitars rise in intensity.

A slow chiming of guitars like funeral bells with calibrated echoes create an almost dramatic atmosphere. Then it's a Post-punk crescendo that reaches complete exaltation without the need for deflagrations.


The Suppose


It's The Sound who appear in the first few seconds, then a dark hit with the razor-sharp guitar and the bass drum create the possibility of a grown up sound where the poignant vocals move us. The guitars become heavier and the voice rises in intensity. And it's a delirium of doubled vocals, intense drumming and we allow ourselves a stunning change of  mood.


Mr Brown


Here they are, thickened, chilled on the edge of the Irwell canal: we mean the tears that gathered after listening to this melancholic flow that generates lightning, thunder and lakes of drops from sad eyes. Between Shoegaze and Postpunk, the song reserves changes, surprises, with a guitar part, just after the middle, that reveals trajectories of dark tears that try to escape.


Understanding


Tenderness arrives, a piano and it is immediately enchantment: the heart finds an embrace in the ups and downs of a voice with feathers full of poetry.

You can breathe Manchester in this song: a certain slowness, a lassitude that becomes a merit, a quality, because the story of the lyrics offers an intimacy that opens the head and the heart, for a modern, intense ballad.



Fire


A cloud comes down changing its dress: it becomes a night rain and arrives first lightly and then as a tumult of the sky eager to make us soaked and without strength. One of the greatest qualities of Puressence is to create emotional tension with slow songs. But there is always the roar that shakes!



Traffic Jam In Memory Lane


An opening guitar reminiscent of Painted Black and off you go: the song is a train, it travels fast and is a velvety post-punk, it hides, but the bass and guitar here show that they have learned their lesson. Only vocals can separate themselves from any conditioning to generate a perfect combo.



Casting Lazy Shadows


Even when they indulge in more approachable melodies and modes, as in this sensual song, Puressence know how to amaze: the 80's are here, among graspable references, towards that pop on alternative bases that attracts attention.

 


You're Only Trying to Twist My Arm


The initial guitar is deceptive: it seems to be in an almost glam zone but then the song offers crystals of change in the making, like a trap that knows how to captivate sympathies. And it turns on itself: it's the guitar that leads everyone towards its hunger for slow power.



Every House On Every Street


How much Radiohead and Puressence have in common is only revealed by this song, but there are points of contact, although minimal. Many bands in the 2000s have benefited and were inspired by this track. An enormous list.

It conquers by being delicate without looking for a simple and banal refrain. Subdued, hidden, it shows its head just enough to be adored.


India


This is the case where  the masterpiece comes with the last track of an album.

We already had The Psychedelic Furs with a song of the same title that had enchanted us.

Here, God willing, it is perhaps even better.

The structure is an octopus, nervous, sharp, twisted, flirting in the same way as snakes: fate bewitches us and we fall into its mouth.

One of the most classy moments of their entire career, it teaches what Manchester is to the world: an open sky that gives every second an intensity that welcomes and develops ways and sensations to define the whole as a laboratory of friction and melodies that without anxiety lead to bewilderment. A tangle that establishes their abilities, escaping from stereotypes to find sap and solitude in their enthusiasm.


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

March 15th, 2022




https://music.apple.com/gb/album/puressence/1444055244


https://open.spotify.com/album/1PaFjTRJkrxfviZ1TzRHpV?si=gmy_s-Z1SXqe-UdxeiSlpQ





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