Black Rose Moves - Summer Of Sorrow
Si possono ballare sentimenti e pensieri che sono avvolti tra le nuvole, tra disagi, nella sabbia che rende la pelle una polveriera, tra la claustrofobia e i sogni pieni di ansia e la voglia di sciogliersi in una resa nascosta dai riflettori?
Se si ascolta Summer Of Sorrow, del duo di Birmingham, ci si rende conto di poterlo fare, con certezza e fermezza, e di ritrovarsi a contatto con la coscienza che suggerisce devozione e fedeltà. Un riverbero, un'eco evidente di un passato glorioso, la celebrazione di due generi musicali congiunti sembrano gli elementi per definire ciò che si ascolta, ma il brano è uno stupore che appare interamente solo dopo uno studio attento, in quanto al suo interno vivono particelle di novità, un atteggiamento che pare nascondersi, come una nebulosa in una tempesta spaziale, dove tutto può anche non essere notato. E le preghiere del testo diventano stalagmiti per raggiungere la volta celeste. Per quanto riguarda la struttura musicale ci troviamo con il Post-Punk vestito di mistero e con il vapore acqueo di una Dark-Wave vellutata mentre affoga i suoi petali nel disagio, per un risultato che galvanizza la tristezza e la rende lucida. Il synth e il basso, dritti e rigidi, bilanciano il vuoto con cui tutto si sviluppa, in una magnitudine evidente e trascendentale, mentre la voce asserisce verità e comanda le emozioni congiungendole alla danza che le ha precedute.
Nell’apparente semplicità della sua struttura, la canzone procede come imbalsamata da quei tocchi nevrotici acuti della chitarra e dalle poderose sferzate del basso, ma poi si libera di tutto questo con quel synth che sembra riassumere le parole e la metodica del cantato, per togliere ossigeno e immobilizzare i nostri arti. È una prigionia che ha le stigmate di una favola grigia, per adulti, in un giorno in cui lo tsunami dei pensieri invade i margini delle nostre difese.
Si ha l’impressione che il senso di perdita sia rilevato in queste note, che si distribuisca un sorriso tetro e non esistano svincoli, vie di fuga, che sia celebrata una verità che si cerca di negare, per sottolineare che la libertà assomiglia spesso a una forma stupida che nega la realtà delle nostre esistenze. Un esordio che sublima l’intelligenza, che abbraccia le menti che vivono con il senso di abbandono riportando in auge gli albori di un’arte (quella musicale) che non solo fotografa le cose, ma le rende percepibili al tatto…
Gli idioti, la maggioranza, noteranno solo ciò che paiono i rimasugli della gloria di alcune band note e usate spesso nel modo sbagliato: il Vecchio Scriba vi invita a non cadere nella trappola e ad acconsentire, invece, alla gioia di vibrazioni misteriose che non hanno petali che giungono dal passato. Il mondo è andato a peggiorare e questa canzone stabilisce il contatto con la coscienza e l’antica connessione al ballo, forse l’unico modo che abbiamo per non fustigare le nostre anime ripetutamente.
Le ombre, il buio, la pazzia data da una frustrazione evidente, vengono qui messe in comunicazione costante, con il loop della chitarra che guida verso i territori dove il nostro pensiero può trovare ristoro e benedizione, in una romantica e mefistofelica espressione che raggela il respiro. Tutto appare come un vestito pieno di ragnatele, di strappi, che scivolano nei minuti con la grazia moderna di due magneti che si preoccupano di generare un ritornello atipico, anomalo, seducente, incastonato nella strofa divinamente, in un paesaggio umorale che non è incline a mutare.
Mark Neat e Grant Leon catechizzano le nuove leve gotiche insegnando loro a prestare attenzione, distribuendo minuti solo apparentemente conformi con la storia di una costola musicale troppe volte esaltata dal suo popolo, fatto di seguaci quasi indemoniati. Il duo si rivolge, invece, agli individui, in una scena solitaria e per nulla propensa alla santificazione: c’è da lavorare su se stessi e i due riescono nell’intento. Che sia allora questo strepitoso singolo motivo di riflessione, con ceri spenti e zone buie finalmente acclamate con rispetto, per poter delineare una prospettiva diversa. La canzone merita tutto questo e anche di più: si dia all’estate un nuovo abito, possibilmente privo di stupide fluorescenze e si consegni l’equilibrio della realtà alla danza che unisce…
Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
9 Giugno 2024
https://www.youtube.com/watch?v=DbLAm61ep38