Art Block - Stones and Fire
Un volo sulla città che sta a sud di questo sogno, un cammino nelle scarpe di un bisogno svelto, una carezza da parte di un ragazzo al suo esordio discografico, una storia in mezzo all’acqua corrente di fragilità in disuso continuo, nella Londra sconfitta da giovani vite senza più ambizioni.
Art, bella creatura dalla voce con il vetro appiccicato, ci porta sulle rive di un fiume intossicato da cadaveri, da anime perse nel circondario del pensiero di una lotta continua. Ha scelto il chitarrista di Amy Winehouse, l’ha messo dietro il banco della saggezza e l’ha lasciato libero di ascoltare con le orecchie piene di sogni.
Perché questo fa il giovane Londinese: canta dentro la fascia onirica, semina sospiri e arpeggi infiniti, sussurra e lascia andare il suo dolore, senza sosta. Frammenti vari della sua infanzia, piccoli vascelli di viaggi, entrano come formiche, abitano la frenesia che riesce a educare, per far divenire il tutto un suono, una canzone, un respiro sonoro che, seducendo lui per primo, gli consente di estraniare l’infinito senso di smarrimento.
Come una terapia, come una gita dei sensi, queste composizioni sostengono la responsabilità di un passatempo con le mani sui fianchi. Struggente, ammaliante, con il sudore continuo sui brividi, tutto in queste dieci farfalle color nostalgia, dal profumo di inchino: si celebra l’esistenza e il suo dannato finire…
Sceglie l’art folk come guida, l’istinto di un uomo che matura con le ballate, la lentezza, l’identità di un Paese che ha inventato questo genere per non dimenticare i cantastorie. Cosa fa Art se non essere una mano su una piuma, intinta nell’inchiostro?
Lacrime calde, salgono su al nord, nel nostro cuore, poi più su, sino al nostro cervello, per definire il contatto che ammalia e abbatte al contempo: se esiste una via di fuga, se mai vorreste scappare da questo album, darete ragione al suo istinto, alla sua amarezza, in quanto certi silenzi sono figli di note con la calamita.
Trovare un luogo, un senso, dirigersi verso il futuro per Art non è una scommessa o tantomeno un bisogno: è un precipitare senza freni, perché il cielo lo spinge verso quella conoscenza che gli consente di afferrare il respiro di ogni granello di tristezza che gli abita il cuore.
Accostarsi.
Accogliersi.
Raggomitolare ogni paura.
Questo fa Art e non c’è lacrima più bella di una autenticità che non rinuncia a se stessa.
Il momento della visita è giunto, saremo con ognuna di queste scintille, a luce spenta, con la voglia, accesa, di essere un sogno dentro l’ascolto…
Song by Song
1 The Basement
Dita che pizzicano, la voce che stimola il pianto, il fuoco dell’ignoranza che accende ogni banalità: Art parte per il suo viaggio, con frammenti Trip Hop, l’atmosfera di un synth accordato alla tenerezza e un arpeggio assassino di chitarra che ci porta nei confini di Tom McRae. Si perde un pezzo di sé sul terreno, e si riceve, gratuitamente, la prima poesia. Il brano ha una chiosa psichedelica, un sussurrare mentre la sua anima combatte…
2 Infinity
Ali di un sorriso planano su un piano e ci riportano alla città del blues morbido, Houston, in quanto si è all’interno del nero di una America fratricida, e la chitarra sembra accompagnare quei tasti verso un pomeriggio di lacrime. Il ritmo si piega, si ferma, Art chiede un abbandono, la casa diventa la tragedia che può rasserenare, e il coraggio di quegli archi fa sì che la melodia muti la pelle, come il protagonista…
3 Saviour
Arriva l’inverno del cuore, la pioggia entra nei fiocchi di neve, e la vita diviene un albero coi rami rotti, senza opposizione. La voce, qui un esercito graffiato dal tritolo, prende la chitarra acustica e va a scambiare due chiacchiere con un artista che è stato il suo Everest…
La depressione può avere un sorriso, e ogni fallimento, se raccontato da Art, può divenire una sequenza di abbracci.
4 Brother
Un brano come rabdomante, in cerca di angeli notturni che spengano la luce della paura: c’era una volta il New Acoustic Movement, e un sacco di confusione. Il Londinese no, non si perde, e guarda molto indietro nel tempo per questa sberla con gli archi: è la Parigi dei primi anni Cinquanta quella che prende in affitto, per capirlo basta sentire l’arrangiamento degli archi e il gioco di prestigio continuo della chitarra e del piano. Se esiste un fremito, esce di sicuro da questi minuti per morire sulle vostre spalle…
5 Seagulls
Per la prima e unica volta, Art racconta la storia d’amore di due anime alla ricerca di un piano visivo, da cui ammirare i gabbiani e gli animali del mare cercare un sorriso. Bacharach sarebbe orgoglioso delle soluzioni adottate, il ritmo che con la slide guitar si concede del romanticismo è un capolavoro, l’intimità che diventa uno stormo lento.
6 White Horses (Alt version)
Metti una sera a cena con Joseph Arthur, una scena che si prospetta intrigante. E via, parole che abbandonano la tavola e cavalcano una musica che proviene dal palco di un concerto degli Stones dei primi anni Settanta. Ma in queste note esiste una quota di consapevolezza, un vivere l’ambiguità del tempo che Jagger e soci non hanno mai sperimentato. Ed è l’arcobaleno che prende la voce di Art, lo spinge al registro più alto, convincendolo a depositare ogni contrarietà dentro una melodia barocca nelle intenzioni e pop nella realtà.
7 Pilgrim
Dio aiutaci: se c'è un vuoto che abbiamo creato, di sicuro lo capiremo in queste parole e in queste note, non si può sfuggire alla verità. La voce lavora come se avesse paura di disturbare il quartetto d’archi, forse scesi improvvisamente da un film muto degli anni Venti del secolo scorso. Quando essa si assenta, la musica pare avere l’intenzione di aprire le tende del cielo ed è pura commozione, una lezione continua di come certe dinamiche Art le conosca molto bene, riuscendo a colorare il suo respiro. Vortice, vertice, questa canzone è complice della magnificenza…
8 The Sea
C’era una volta Jeff Buckley. Bastano i primi secondi e non vi sono dubbi: la mente accenderà l’amore per quel fiore americano non ancora pronto ad appassire. Ci pensa il Londinese a tenere la sua luce accesa, sul comodino parole piene di sogni e di oscurità, dita veloci pizzicano la melodia e tutto si fa luce, mentre Jeff sorride dal suo fiume…
9 Hollow
Cambia lo scenario, le prime note ci avvisano che il talento di questo ragazzo può condurlo a sperimentare un Art Folk che si fa un tuffo nell’Alternative americano, per essere una danza senza tempo. Rumori registrati per strada e poi campionati fanno sì che l’arte e la realtà vivano un compromesso, sino a far scomparire la voce in un cammino fatto di foglie in volo.
10 Stones and Fire
Questo magnifico viaggio non poteva non concludersi con un racconto, sistemando le cose con una storia che raccogliesse gli amici caduti in disuso, le stelle dei giorni che hanno perso brillantezza, perché Art non scherza. Tutto parte come un soffio a tre, voce, piano e violino, poi il dramma di parole consapevoli gonfiano il brano e il tutto si distende.
Il piano racconta la voce, la voce stende il violino, il violino accoglie parole che andrebbero uccise, mentre questo album ci concede la magia di un sospiro, e la certezza che abbiamo conosciuto un talento che siederà a lungo sulla schiena del vento…