Nero Kane - Of Knowledge and Revelation
Spesso immagino l’anima del piccolo Archimede guardare il suo mondo, cercare scintille per vedere la sua mente ingegnarsi, per inventare qualcosa. Credo che oggi avremmo tutti bisogno del suo moto inarrestabile e della sua qualità creativa, della volontà di scoprire, di darsi da fare.
In questa mancanza si muove la mia tristezza che cammina fino a lande lontane dal mio sguardo, dove molto si crea ma poco si inventa.
Chi è che può darmi questa visione in modo perfetto?
Un soffio di vento tra la nebbia: Nero Kane, un folletto italiano ma che vive nelle pieghe misteriose di luoghi a cui non è permesso l’ingresso.
Come fai a considerare musica ciò che ti spalanca la coscienza e ti fa sudare dalla gioia tremante che nuota sulla tua pelle?
Ascolto come rapito questi passi da giorni, li guardo e capisco come l’arte arrivi dallo sguardo di Archimede: abbiamo un erede.
Potete sbizzarrirvi quanto volete, e anche con precisione, per classificare i generi musicali del qui presunto, per voi certamente tale, nuovo album.
Ma rimango con il mio convincimento: siamo davanti all’invincibile presenza di uno spirito che si è preso la responsabilità di aprire il cielo delle nostre sicurezze e di aggiungere nuove meraviglie.
I luoghi non hanno il nostro linguaggio, difficilmente possiamo intenderli, Nero Kane ha generosamente concesso alla sua bontà di farlo per noi, ed eccoci travolti, scoperchiati, immersi in codici antichi rivelati dalla sua scelta: come un pittore del mistero, ha dipinto sulla sua tela i segreti più antichi, traducendo attraverso la moderna proprietà del linguaggio, che al confronto mostra la mancanza di stile.
E l’artista inventore milanese ne esce vincitore, in grado di fare tutto perfettamente, coniugando mondi ed epoche lontane per darci una visione di insieme di assurda bellezza.
Torna la lentezza antica, il vento che bacia la pioggia e cerca i nostri occhi, tra i fulmini che entrano dentro dita mentre cercano la chitarra, la regina parlante, la comunicante eletta dalla Dea della bellezza, Afrodite.
Ci troviamo in un ascolto che scova i tesori della terra, musica che non usa i muscoli ma gli occhi, in un dialogo fitto con le dita e l’ipotesi di un volo che testimonia, verifica, contempla le nudità e gli inganni del tempo. Tutto conosce lentezza e metodo, uno studio futurista ordinato e abile nell’ampiezza dell’accoglienza. Esistono vette drammatiche, edifici mentali in fase di analisi, con la cura che viene proposta, utilizzata e che risolve. Musica da infarto celeste, confezionata per spalancare lo stupore e l’attenzione verso un clima interiore ideale.
Gli spiriti si vestono eleganti davanti a questa esibizione di classe: non sono abituati e paiono smarriti. Il folk si fa cosciente delle proprie nuove necessità e viene spinto con determinazione verso la carezza psichedelica più buia.
Fanno male, malissimo, le zone di controllo delle tensioni evocate e mostrate con saggezza: anche il buio trema e il boato scalda la cognizione perché siamo davanti a un flusso immenso di peculiarità studiate a tavolino, come una scienza esatta senza balbettamenti né esitazioni.
Ma non perdiamo tempo e mostriamo subito il contenuto di questo diadema.
Song by Song
1 Lady of Sorrow
Una chitarra si muove sospetta su un tappeto tenebroso della tastiera che copre il respiro, trasmettendo sentimenti glaciali e mistero a un brano che comprende il crooning di Nero Kane, che presenta la vita sotto la luna. Incomincia il pianeta visionario, le suggestioni che aprono perfettamente l’album. Ed è dark-folk imbevuto di particelle gotiche, lente, con attitudine ambient che rende eterea la modalità di sviluppo del concetto espresso.
2 Burn the Faith
Inizio che lascia il sospetto che la synthwave si impossessi del male, con la voce di Samantha Stella a ipnotizzare, con maestosa qualità, nel ventre della fede, i desideri e le passioni. Una processione funerea che invita alla riflessione di chi uccide per amore. La monotonia musicale conferisce credibilità e tremore continuo.
3 The Vale of Rest
Echi di Dead Can Dance penetrano il sospetto, poi il cantato di Nero fa schiantare ogni dubbio o sicurezza, per portarci verso i Death in June. Il fuoco scalda la calma e la brucia sempre con estrema lentezza, senza bisogno alcuno di far correre il ritmo. Ed è una preghiera sinistra, l’incontro di una poesia ferita che conduce poi alle due voci che si uniscono per rendere tutto spettrale.
4 The Pale Kingdom
L’arpeggio barocco sospende il tempo, Samantha canta come strega attratta dai volti, dando all’interpretazione vocale un labirinto glaciale che produce sospiri tremanti. L’album trova un brano che già lo rappresenta perfettamente con le modalità musicali unite verso il delirio tenebroso.
5 The End, the Beginning, the Eternal
Come cercare di sterminare gli incubi legati alla morte, nella canzone che esperimenta l’unione del tempo arrivando all’infinito. La magia beve ogni paura e regala la miseria dell’intenzione di essere eterni, e tutto si fa massiccio malgrado una splendida linea melodica.
6 Lacrimi și Sfinți
È un pellegrinaggio nella natura alla ricerca della verità, con l’organo che con pochi accordi si fa beffe di noi. I sogni si rompono e si vive la nudità dell’anima con particelle deathrock proprio grazie a quello strumento. Ma la musica è sul piano folk pregno di buio e fascinazioni verso la massa eterea che spinge a seguire i pianeti dell’universo. Un recitato che stringe il nostro pomo d’Adamo per farlo singhiozzare.
7 The River of Light
Dante cammina in uno dei suoi gironi, l’acqua culla sino all’arrivo della chitarra che ci fa compiere passi di danza con gli occhi chiusi, ipnotizzati, per portare ogni buio interiore verso la catarsi, necessaria. Sopor Aeternus mette il suo sorriso ancestrale e il respiro melmoso sulle dita di Nero Kane, che sviluppa una tensione densa di attrazione, sino all’ipnosi. Una lunga attesa si impossessa del nostro ascolto come elevazione di una coscienza totale.
8 Sola Gratia
Il teatro sperimentale sposta la sedia dal palco per fare entrare lo spirito di voci dalle sembianze Gregoriane. Ed è il terrore della paura, di Lovecraft, si sente l’incedere di una ricerca impietosa che porta alla coralità delle due voci, spietate per semplicità e capacità evocative. Tutto si fa minuscolo, minimalista, definitivo, disarmante per cupezza, ossessivo, liturgico. Il fuoco ora scoppietta dentro ossa intimorite e si giunge alla conclusione dell’album avendo toccato con mano la profondità del dolore e della contemplazione.
Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
9 Novembre 2022
https://nerokane.bandcamp.com/album/of-knowledge-and-revelation
https://open.spotify.com/album/0YFJKXICbnnNkkklP93Let?si=p2Wpy-9MRfCkLzK3FXQfSg