Leech - Live 06.06.2020
Spesso il desiderio è figlio di un’ipnosi inconscia, il territorio sospeso tra ciò che vorrebbe nascere e la sua inconsapevolezza. Lì e solo lì nasce ogni cosa. Ci risiedi senza conoscere ancora nulla e può durare un attimo come un’eternità.
Nella musica può capitare tutto questo e quando lo scopri esci da una trance che ti fa uscire le note dalla pelle e te le ritrovi sparse, mentre ti osservano e reclamano il tuo sguardo. Anche i sogni sanno ballare…
Partecipare a un concerto degli Svizzeri Leech conduce proprio a vivere questo marasma emozionale, senza attrito, con la materia di sconvolgimenti che generano purificazione continua. Uno shock gentile che regala elettricità nei circuiti di desideri sconosciuti: nel bel mezzo del tuo ascoltare sei immerso nella loro profonda ricerca di trame melodiche e ritmiche per una danza degli occhi e dei pensieri dal vestito più lucido che esista nei tuoi battiti sbigottiti. Definiti Post-Rock per il genere musicale che suonano, lo scriba non ci casca e va oltre, si riduce e si rifugia a un silenzio che non disturbi la loro messa limpida di voli angelici, terrificanti per profondità e suggestioni. Perché con loro si sogna, si freme, si precipita nella bellezza di un incanto, tra le nuvole e la polvere.
Sì, chiamatelo Post-Rock, Instrumental, perdetevi pure nelle certezze che possano far stare insieme tutte le vostre fameliche esercitazioni di bravure raggiunte, io sono altrove, completamente, beatamente perso nei loro valori sonici, nei circuiti onirici di storie che non necessitano di parole. Tutta la storia musicale di un genere trova il suo momento più alto (non mi pare possibile che ciò non esista), la sua perfezione indiscutibile, ma il fatto più eclatante sono le anime poco attrezzate alla intelligenza che debbono affannarsi nella ricerca, per vivere pacificamente questa condizione. Se volete per forza limitarvi a definire quello che fanno questi angeli delle montagne svizzere allora avete già trovato tutto. Questo Live è assolutamente l’esaltazione che trova il palco del cielo perché certa musica la si ascolta, la si vive guardando all’interno di nubi gonfie di miracoli irresistibili e irripetibili. Si viaggia per strade mentali piene di ricette per l’estasi, con le loro atmosfere imbevute di sfumature desolate e melanconiche, fiumi di delicata propensione alla ricerca di quella vibrazione che annetta e faccia dimenticare tutto. Musica che fa sospendere i pensieri e diventa immagini, film continui per sceneggiature mutanti, attori che si scambiano sguardi e ruoli, per divenire la colonna sonora di brividi multipli. Trame mai sfocate, tantomeno frammentate, vi sedurranno conferendo a queste undici pillole di trasportare il nucleo originale lontano, trasformandosi in liquidi bollenti, colmi di fascino, ci si perde, come conseguenza non programmata, nella accattivante storia di un percorso dove tutto rimbalza continuamente nello stupore, nel buio che accende i fari di deliri che conoscono la ripetizione. Le chitarre, la tastiera, il basso e la batteria sono corpi creati per dare all’azzurro un colpo di tosse, facendo uscire molecole contagiose di quella parte del rock che non puoi controllare. La sfrenata collezione di fantasie divaricate, generose, si materializza nella magia: chiudete gli occhi, il loro magnetico esercizio di sublimazione cancellerà la noia producendo respiri e sospiri imprigionati dalla intensità e dalla bellezza, nel giardino della profondità. Conoscerete filastrocche, pastiche sensuali, morbosità antiche con la forza del fragore moderno. Sperimentatori audaci dell’impossibile, disegnano la perfezione in trame lunghe e continuamente aperte alla manipolazione, ricordando a tutti che non esiste solo il Prog a fare questo. Miscugli di surreali percorsi ipotetici qui trovano concretezza: vibrazioni ammalianti che fanno sentire le loro canzoni come se fossero lo starnuto perfetto di un angelo in cerca del sonno eterno. Ogni composizione tesse trame che non conoscono sosta, con loop che convincono a divenire ubbidienza implacabile perché siamo pure noi musicisti ascoltandole, non paresi ma pennelli a nostra volta. Raggiunta l’epicità, la riflessione, il vibrato interiore che fortifica l’età adulta, si può trovare agio nella loro identità selvaggia ma ragionevole: solo il nomade cambia la pelle, così facciamo noi ascoltando questo concerto, il loro primo dopo il disastro pandemico. Sapendo spaziare nei decenni, negli stili, mettono la benda ai cliché per respirare la libertà espressiva maturando continui sconvolgimenti. Ecco arrivare le condizioni attraenti del surreale a favorire la curiosità e gli estremi che si danno appuntamento in questi minuti benedetti dal Dio della musica, della ricerca interiore e della gioia più spavalda. Pennellate liquide, languide, nervose ed erotiche per un disegno di legge che stabilisce completo abbandono, per incontrare la violenza di emozioni fortissime. Tutto si fa marziale, abrasivo, lancinante e piacevolmente insostenibile: regalatevi cento minuti di follia totale, farete la più bella doccia emotiva degli ultimi anni…
Struggenti, nervosi, pacifici con interezza sublime, un concentrato di contraddizioni ribelli ma educativi, i Leech sono il guanto perfetto per toccare ogni instabilità uscendone intonsi, senza possibilità di infezioni bensì guariti da ogni male interiore, perché capaci di spazzare l’inutile.
Il migliore Live degli ultimi vent’anni per il vostro scriba: sono talmente sicuro che la vostra intelligenza coglierà questi fiori meravigliosi da potermi congedare felicemente…
Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
27 Novembre 2022
https://leechofficial.bandcamp.com/album/live-06062020
https://open.spotify.com/album/3cc8yjj31E6toviqZsLoo4?si=djpFQAgpR7eN30-hbdA8eA