Phileas Fogg - ALLESMUSSSEINENDEFINDEN
Una polvere di vita si getta in una pillola microscopica, per uno sgretolamento della materia che sconfina nei flussi malsani del nostro porci domande. E, quando la musica raffigura e rappresenta questa situazione, uno spiacevole sgomento ci attanaglia, ci impone dei doveri e ci narra la tensione di una famelica vita in decadenza
Tutto ciò è l’ultimo lavoro di questa band di Stoccarda che è nuovamente cresciuta, implosa ed esplosa nella sua straordinaria maniacalità nell’essere un gretto atomo che racconta la storia e la fissazione per l’esercizio della disciplina meticolosa. Ogni cosa è calcolata e chiara (sono tedeschi, non dimentichiamolo, le cose sono abituati a farle benissimo), e l’ascolto di queste dieci scosse conduce a una nevrotica passeggiata dentro noi stessi, in luoghi ormai disabitati dalla coscienza. I tre, inoltre, ondeggiando tra le bave schiumose di un Post-Punk antico ma con lo storytelling moderno, riescono a divenire uno scomodo specchio, dove tutto si fa scheggia triste, distruggendo saggiamente la finta sicurezza che procura l’esperienza di musica inoffensiva.
Loro no, loro picchiano duro, con deliziosa propensione a fare di queste composizioni rovi tra le rovine di tossine che non possono che voler fuggire dentro questi watt che, insieme a minimali traiettorie musicali, definiscono, seminano, diventando una impronta su cui mettere in fila i nostri pensieri, totalmente sfiniti e pieni di sconfitta e morte.
I testi di Andreas sono un breve ma intenso marcamento a zona: al suo sguardo nulla sfugge e la sua penna (mitraglia con pallottole piene di mefistofelico ardore) si accoppia con il suo canto, cigno nero in un pomeriggio oscuro su territori urbani e suburbani, dove l’amore, la vita sociale, i fatti segreti, i sogni e illusioni sono colla su cui cadere senza possibilità di svincolarsi. Soste, impeti, raffinati tratteggi dentro un tempo in cui viene anche tratteggiata la paura di una Germania che vacilla (Kometengift), per concludersi in un raffinato racconto in cui la nostalgia e la speranza sono deliberatamente lasciate fuori.
Con la sua chitarra e i suoi due compagni (Fabian sempre alla chitarra e Nicholas al basso) tutto è finalizzato alla specificazione, a un volume controllato nell’eretica densità. La conoscenza dei trattati strutturali del Post-Punk qui trovano la possibilità di rifiutare lo sperpero, le divagazioni e le imitazioni: il terzetto conserva le guide, gli insegnamenti di band storiche e rilevanti, ma non perde di mira il dovere di essere implacabile e serio.
Gli inserti elettronici e i synth sono punture inevitabili, per trasportare le linee magnetiche e robotiche dei due strumenti in un parcheggio nel quale le idee si sviluppano per entrare nelle cantine delle possibilità, dove il buio conta più della luce: ci sono verità scomode da nascondere e proteggere…
La drum machine, in questo contesto, appare nella sua magnificenza, consentendo ulteriori possibilità immaginifiche e agganci soprattutto con la synthwave e la coldwave.
Un’opera densa, paralizzante (nella zona nevralgica di un tempo in cui questo genere musicale sta perdendo valore e capacità), che risulta essere un inaspettato regalo, un beneficio insperato, uno sciame di ronzii poderosi di cui si sentiva la necessità, creando tumulti, crateri e una splendida rassegnazione, quella magnificamente definita nelle ultime parole di questo incredibile album: “Ci lasciamo tutto alle spalle”, per un niente da conservare e forse ben poco da costruire…
Song by Song
1 - Salz
Una gittata di sale sulla ferita di un rapporto apre questo lavoro sublime: è uno scatto iperbolico, una geometria vocale che condensa e dà alle chitarre e al synth un mulinello di vento su cui spiccare il volo. Rapido, compatto, sgretolante, il brano è l’anticamera di un inferno interiore che sfugge allo sguardo.
2 - Vorbei
La fine della vita come un dovere: ecco che musica e parole diventano un triste Gatha, che aiuta a mantenere viva la consapevolezza. Si torna indietro nel tempo, in quel vascello che imbarcava acqua vitale regalando la gioia della disfatta… Un insieme di vibrazioni caotiche date dalla chitarra e un synth che ci ricorda l’importanza stilistica dei Killing Joke. Ci si ritrova con un congedo che Andreas canta con immensa forza e tristezza…
3 - Augen
Un amore osservato, contemplato, un invito e un falò ad attendere i protagonisti di questo diamante che azzanna il respiro con il suo incedere, le chitarre che sono un assedio e il basso che induce il respiro a morire. Feroce e incantevole, la canzone palesa le zone annesse a una modalità artistica che in questo momento solo i tre sanno mostrare a volto scoperto…
4 - Regen
Il brano racconta una strategia comportamentale che ingloba il presente e l’aldilà. Con questo presupposto si avverte una tensione palpabile, la drammaticità che il ritornello sa esaltare, consegnando l’apoteosi negativa delle nostre esistenze. Il cantato, insieme a inserti elettronici che atrofizzano gli arti, si tuffa nel fragore di un’ascesa che regala fulmini ubbidienti.
5 - Hafen
Apparentemente si calmano le acque, il basso disegna una linea che concede spazio a una melodia efficace e quasi gioiosa, ma poi… Poi la tristezza circonda la struttura musicale e si avverte una gabbia che esce dalle note e si inserisce adeguatamente nel nostro cervello, consentendo, però, l’illusione di un'atmosfera sognante…
6 - Kometengift
Un picco maestoso, uno sguardo impietoso sull’attualità della Germania consegna un gioiello musicale inaudito: è irruenza, un mulino in volo che rovescia chilometri di acqua sporca sul futuro di una nazione abituata al comando e alla fertilità. Dopo un inizio cupo, dato da un cantato apparentemente nascosto, si sviluppa una slavina di note raggomitolate tra sangue e voci che quasi urlano, a rendere il tutto un lieve respiro sotto un tappeto, nel quale la storia sembra terminare la sua gloria…
7 - Meinerfundenesland
L’amore raccontato qui vive di attese, di sogni corti, di continue discese, e il tappeto sonoro è denso di cupe strade, di tagli inevitabili, di scintille elettroniche celestiali, con un’apertura in tonalità maggiore che rivela una malinconia inevitabile ma clamorosamente piacevole…
8 - Belegt
Una finestra, personale, per visitare la psiche. Un corridoio, musicale, dove emerge la storia della Neue Deutsche Welle, dove punk, post-punk e onde di elettronica perfezionano lo spazio di un racconto che corre veloce, per sublimare questa veduta in una devastante processione di occhi chiusi e luci sfinite…
9 - Küssen
Sole, viaggio, luna, ombra, baci: in questo tsunami vive una tossina agrodolce musicale che sembra generare attese di esplosioni… Un cantato che pare essere la recita di dolorose poesie di Bertolt Brecht consegna una teatralità inaspettata, compattata da un synth ipnotico e da chitarre roventi, il tutto sempre all’insegna di una cometa che attraversa la vita e lo spazio per morire in perfetta inquietudine…
10 - Häutung
Bisogna mettersi alle spalle la vita, vissuta e raccontata. Per farlo, la band decide di chiudere quest’opera con un un pezzo di una potenza suggestiva e imbarazzante, la bellezza e la verità congelate e congedate, come assorbimento, consumo e detrito. L’ennesimo gioiello di una serie di cavi elettrici che creano luci per togliere energia, completando un magnifico lavoro. Ed è con una danza piena di lacrime che si conclude un'esperienza meravigliosamente triste e devastante…
Album dell’anno 2025 per quanto concerne il post-punk, senza nessun dubbio!
Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
9th April 2025
https://phileasfogg.bandcamp.com/album/allesmussseinendefinden