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domenica 30 novembre 2025

La mia Recensione: Black Swan Lane - the messenger



Black Swan Lane - the messenger

Scritto da Alex Dematteis


Il ritorno.

Il coraggio, il bisogno di determinare una nuova presenza andrebbe analizzato con il massimo scrupolo quando a farlo è una rete di cavi metallici con la seta nell’anima, come quella di un messaggero temporale che non conosce sosta.

Ci ritroviamo, due anni dopo Dead Souls Collide, a coniugare l’estasi e la tensione, la gioia con il dovere di inglobare masse di ricerche e riflessioni, senza dover scartare nulla.


Il contatto, la necessità di chiarire, gli sforzi da sostenere, una qualsiasi forma di Dio da considerare, i messaggi della mente da stabilire, le fughe, la rabbia, il cielo in caduta libera, i fantasmi, gli schianti, i giochi del cuore, il panico, l’odio e le armi. Questo e molto altro entra nel mondo reale e artistico di un uomo che cammina nel tempo seminando petali di resistenza, di approcci propositivi, immergendo il tutto nel suo serbatoio dove i colori cupi non sono pessimismo, bensì una forma congeniale per conservare l'autenticità e l'onestà e poter sviluppare soluzioni, utilizzando la scrittura dei testi e la musica non come sfogo ma, piuttosto, un approfondimento al fine di rendere limpida l’immagine nello specchio della sua coscienza.

Le composizioni per Jack Richard Sobel sortiscono diversi effetti nel cuore e nella mente e il dodicesimo appuntamento discografico del generoso artista di Atlanta lo conferma bene, con nuove soluzioni, sperimentazioni, con la dote innata di non perdersi in fronzoli, nel cercare il successo e altre malsane forme di espressione. Lui concretizza il percorso in un insieme di canzoni e lascia che la sua voce unica e le sue tracce ci portino nel suo emisfero, per celebrare in silenzio questo nuovo contatto.

Un album con argomenti ancora una volta non semplici da accettare per chi si pone distrattamente nei confronti della musica e della vita. Jack i concetti li ribadisce, tuttavia ha imparato a mettere nuove ali alle sue dita, stupendo per soluzioni stilistiche e scelte balistiche fenomenali come il cantato in falsetto. Privilegia da sempre una mano di vernice malinconica ma, come per gli ultimi tre dischi, riesce ad alzare la voce, a gridare, a scuotere. A vincere è la gentilezza, accompagnata da una morale limpida e robusta, con gli adorati anni Ottanta e Novanta che proteggono, sebbene solo in parte, il suo amore per la scrittura musicale. 

Sempre attentissimo alla produzione, le canzoni, rispetto ad altri suoi lavori, paiono più mature, riflessive, quasi come ipnosi che dalla mente arrivano agli altri. Nulla da celebrare nella vita se non una sana rabbia volta a voler rendere il mondo un luogo diverso. Allora lui crea personaggi simbolo, frasi non ad affetto per conquistare, illuminando, piuttosto, la verità con la saggezza.


La sensazione che si ha è quella di un’opera che rende l’esperienza umana un campanello di allarme, un usare i suoni, il ritmo, la melodia come missive in cerca di un’attenzione che comporti responsabilità e non solo benessere, distrazioni e svago.

Impegna l’anima The Messenger, portandoci nella profonda sensibilità di una scheggia vestita di musica.

Ci ritroviamo nel mood di un uomo che, attraverso il duo alternative e rock, si concede escursioni nello Shoegaze così come nel post-punk, prendendosi cura di ribadire il proprio stile che è riconoscibile sin dagli albori. Vi sono dilatazioni, approfondimenti e variazioni soprattutto per quanto concerne la forma canzone, che trova in questo lavoro una maggiore volontà di ricerca.


Come siamo abituati a sentire, sono le chitarre a creare compassi, depositi di emozioni, a illuminare il suono, a fare del rumore una poesia e a tradurre i battiti pensierosi dell’uomo di Atlanta, che ancora una volta migliora il suo cantato interpretando ogni brano con la giusta modalità, rendendo perfetto il connubio tra le diverse possibilità  espressive.


Da sempre la bellezza indossa fiamme, stridori, ortiche melanconiche per suggellare i canti, le catarsi e le tensioni emotive, raccolte con l’intenzione di offrire all’ascoltatore il rispetto per un’attività artistica più difficile da praticare e sostenere ai giorni nostri. Il lato oscuro e quello meno greve finalmente trovano un armistizio attraverso una massa di melodie che sembrano suggerire il sole come obiettivo, mentre nel suo fulcro non mancano di essere presenti la lava e i maremoti…


Non è niente altro che un romanzo fatto di note, di splendidi appigli, di grovigli, di salti e di sogni, non mancando mai la volontà di un confronto con la concretezza.

Jack ancora una volta si prende carico di tutti gli strumenti, con la chiarezza nel dare a ognuno di loro una funzione che sia individuale che collettiva, portando la sua abilità nel suonare il basso a livelli davvero molto alti. Il pianoforte e la tastiera sono pittori in grande spolvero, e la batteria, il suo primo mezzo artistico preferito, pare percorrere con dodici tracce l’intera carriera. Ed è una cucitura di diciotto anni che permea il tempo di costante valore.


Ci sono richiami a lavori come A Moment of Happiness o a The Last Time in Your Light, non come assenza di impegno o ispirazione, ma per un sano utilizzo di certe strutture che consentono alle nuove composizioni un'impalcatura solida. Ma mai come in The Messenger assistiamo a smussature, nuove direzioni, diramazioni, repentini cambi di ritmo.

La voce è un plico spedito dalla sua testa al mondo, una scintilla di dinamite che contempla la tenerezza imbevuta di una sana processione composta dal nerbo fluttuante della malinconia, fedele compagna di viaggio, generando come conseguenza lacrime all’ascolto, secondo dopo secondo. Ma è un'amica sensuale, vera, senza filtri: rotonda, piena, magica e infinita…


Un’opera che prende decisamente la strada della stratificazione americana, abbandonando (forse inconsapevolmente) la linea diretta con alchemie europee. Ne consegue una freschezza notevole, idee che rendono il tutto fresco e intenso, dimostrando di aver conquistato l’indipendenza con la sua indiscutibile capacità di lavorare su se stesso.


Sono le immagini e la scelta oculata delle parole a costituire un incantevole tormento, una piacevole passeggiata nell’animo di un uomo che decide di confidarsi, di rivelare preoccupazioni, di essere una stella intima nel mare della violenza quotidiana. Certi passaggi sono imponenti, rilevanti, mentre altri sono, appunto, messaggeri di ciò che tendenzialmente si nasconde. Il suo disco più vero, attento, profondo, confezionato con scrupolosità.


Da notare la notevole diminuzione dei loop, concedendo agli strumenti di avere maggiore libertà di movimento, di creare masse intense di aggregazioni, dimostrando il desiderio di lavorare sulle dinamiche, dando alla produzione di manifestare obiettivi diversi. E così ci troviamo innanzi a un lavoro fine, delicato, con temi importanti che vengono sviluppati come se le note musicali fossero anch’esse argomentazioni, consentendo un’agglomerazione proficua.


È rock, è poesia, un’autocertificazione di assoluta autonomia, in cui la libertà è poter lavorare duramente, in cui tutto fa la differenza, in cui l’insieme dei dettagli migliora il senso e lo specifica. In queste tracce abbiamo temporali, pioggia, il deserto umano che evidenzia l'aridità, umili implorazioni al rispetto e al dialogo, dove la guerra viene espulsa e nelle quali la saggezza musicale consta dell’equilibrio delle singoli parti. Jack ancora una volta affida al lessico musicale l'aspetto primario, come se la sua voce e le sue parole potessero riposarsi. 


Dà del tu agli interlocutori, spiazza per l'apertura al contatto umano e adopera nuove modalità per fare della sua musica il giardino di casa. Lo stile rimane riconoscibile, regalandoci un porto sicuro, ma in questo dodicesimo album ci mette su un velodrome e ci conduce nelle onde del cielo. Qui si spiega l'immancabile presenza Shoegaze, quella che concede alle scie maggiore velocità di penetrazione. L’aspetto sognante continua a circondare il suo perimetro, ma la maturazione umana influisce, splendidamente, sulle sue capacità. Ed ecco la nuova magia rendere l'ascolto un  privilegio, in quanto mai come in questa favola dalle ali tristi si avverte il bisogno di accoglienza. Canzoni come inviti a cena, come risate che aspettano la tensione dei nervi a divenire, come un isolamento che arriverà di conseguenza perché The Messenger non è niente altro che un tappeto di perle, camminando sul quale si riesce a capire la pelle della nostra anima…


Saper trasformare frustrazione e preoccupazione nella volontà di un impegno che avvicini il buon senso dimostra quanta intensità sia stata adoperata, quanta meticolosità sia scesa nei solchi per ritrovarsi con canzoni come pianeti, come stelle, come orizzonti che cambiano il nostro sguardo,  per elevare alla massima potenza il valore artistico e per fare delle tracce musicali uno specifico spazio umano.


Non ci si può esimere dal congratularsi per la scelta della copertina dell'album, un’istantanea spettacolare di Jarek Kubicki, in grado di unire la pittura e la grafica digitale, consentendo all’artista multidisciplinare di connettersi con Jack, suggerendo, evocando, palesando la straordinaria forza immaginifica che riassume il concept dell’album e al contempo permette all’ascoltatore di approcciarsi con curiosità, dando alla fascinazione il via per un incontro sublime tra due arti.


Song by Song 


1  Promise

Tutto comincia con chitarre e il basso in un mulinare continuo, un pugno rock con la voce roca, a portata di urlo. Un Dio preso per le orecchie, un dialogo che conduce all'assenza della preghiera, mentre il suono, aspro e rovente, spiazza subito l'ascoltatore  introducendolo perfettamente nel mondo dell'uomo di Atlanta. 



2 Crash

L'amore spesso diventa richiesta, attenzioni, precedendo lo schianto. Lo shoegaze si unisce con maestria a una malinconia rumorosa, imbevuto di una poetica rassegnazione che permette alla musica di descrivere l'umore, l'inclinazione. Ci si ritrova, in questo modo, in un cielo sospeso tra richiami degli anni Novanta e la freschezza di un dolore eterno…



3 Drawning In Your Heart

Il falsetto, potente, magnetico, delicato, struggente di Jack stupisce immediatamente, rafforzato nel ritornello da una seconda voce. La struttura musicale consta di una progressione sonora che si appiccica all'anima, con la paura della solitudine che consente di resistere e restare insieme. Brano potente, anche se la delicatezza potrebbe fuorviare l'interpretazione. La novità della modalità del canto non risulta la sola sorpresa, in quanto il testo e il raggio di azione musicale  sono la perfetta evoluzione di un corpo celeste che ingloba il tutto…




4 Shockwave

Con un inizio che ci riporta allo splendido Under My Fallen Sky del 2017, tutto si illumina di ferro e lampi nel primo verso, che ritorna poi più avanti. L'insieme diventa coscienza che accoglie il cielo in caduta libera, con lacerazioni Alternative, petali di Dreampop e un rock acerbo a tenere alto il livello di adrenalina. E, mentre un corpo soffre e il mondo trema, Jack rispolvera il suo antico amore per una modalità che gli consente di miscelare piani armonici e ritmici in contatto perenne, in una seducente alternanza…



5 When I Sleep

Uno dei momenti più coinvolgenti e sconvolgenti di questo album, che vede chitarre sopraffine, un drumming meticoloso nell’essere complice di un testo amaro, la voce piena, calda, graffiante, come un carillon moderno che sospende il tutto in una coccola sonora ed emotiva…



6 The Devil’s Hand

Vittorie, chiamate, la morte, giorni finiti: un ritmo frenetico, appropriato, ci conduce nell'epicentro rock, tra il ritmo effervescente (in grado di fermarsi e di riprendere la sua corsa), arpeggi sinuosi e la sensazione di una gravità in piena, in caduta libera, con il lato oscuro che domina e assorbe le anime terrestri.



7 Laces 

Ed è la bontà, la richiesta di un cambiamento costruttivo e positivo a illuminare questa traccia, che consente al percorso musicale dei Black Swan Lane di mostrarsi interamente in questi dolcissimi minuti. L'aspetto semiacustico serve per principiare, affidando alle chitarre e a un synth il compito  di padroneggiare la scena. Poi arrivano dei colpi di basso, sino al drumming che aumenta la sensazione di un volo nell'universo. Ma lo stupore non finisce qui: prima una chitarra elettrica lacerante (seguita da uno dei rarissimi assoli di Jack) ci conduce a versare calde lacrime, presentandoci una modalità espressiva nuova per JRS, che gli permette di inebriarci ancora una volta. Ci ritroviamo nel secondo lato di quest'opera consapevoli del fatto che altre sorprese arriveranno…



8 Waves Whisper Stay

La natura che conduce al binomio con il genere umano trova la sua cornice, in questa sognante espressione, in cui il ritmo sincopato e il cantato breve di Jack consentono di arrivare al ritornello accattivante ma mai troppo pop, in quanto non è nella natura di questo fertile e potente artista ammiccare alla banalità. Un profumo di nostalgia percorre la musica mentre il testo mostra l'assenza del dolore, come se l’apatia fosse un'arma efficace, mentre le onde, musicali e quelle marine, creano perfetti mulinelli che ci danno la sensazione di un volo mnemonico e sensoriale…



9 The Messenger 

Possente, amaro, energetico, riflessivo: il brano che dà il titolo al lavoro offre l'ennesimo lato diverso della scrittura, con le sue soste, le graffianti esposizioni del suono, la meravigliosa alternanza dei movimenti della chitarra. La voce mostra la sua naturale propensione a essere incanto, mentre le ali tagliate dell'angelo messaggero rivelano la centralità del concept album. Semplicemente perfetta nella sua catartica capacità di farci sentire e vedere i movimenti dell'anima… 


10 Look At Me The Same 

Il pianeta dei bisogni e la chiarezza degli intenti seducono e inglobano la naturale propensione a creare musica sognante ritmata, tra chitarre shoegaze e un rock raffinato, con arpeggi di chitarra semiacustica e il piano che si guardano, trascinandoci in una tenera danza…





11 Flower Girl

Il tempo, la luna, il panico, un vortice nerastro qui abilmente sospeso, con il drumming che ci riporta ad antiche rimembranze della band, completano la mappatura musicale, per offrirci raggi neri e gialli, manifestando il bisogno di amore, che conduce una coppia alla possibilità di un atterraggio lunare…



12 Empty Desks

Per concludere il tutto Jack ci presenta l'apoteosi, il senso amaro di un'esistenza crudele che cerca la guerra e genera vittime, disperazione e dolore. Per farlo sospende l'atmosfera, crea mulinelli di vento lenti, usa gli strumenti centellinando gli sforzi per far risultare il tutto come una carezza nella coscienza dei potenti che decidono malamente il destino di molte anime. Arriva poi un vortice di eleganti atomi shoegaze su cui la sua voce si appoggia, alimentando una delicata processione di incantevoli lacrime a dondolare nel cielo. La chiusura, come sempre, per l'autore americano, deve essere suggestiva e lasciare un ricordo, e anche la voglia di ricominciare l’ascolto. E ancora una volta ha fatto centro…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

1-12-2025


Black Swan Lane - Jack Richard Sobel / Music, Lyrics and all Instruments


Executive Producer / Frédéric Detrézien


Assistant Producer/

Steve Clare

Marco Oldenbuettel

J. Kevin Jewel

Alex Dematteis

David J. Griffith


In uscita il 12 Dicembre 2025




giovedì 13 novembre 2025

La mia Recensione: The Black Veils - Gaslight


 

“A volte, la mattina, con il sole, si stenta perfino a credere che ci sia stata la notte”.

da Gaslight, film di George Cukor


I territori sembrano spesso una fionda in attesa, un vulcano discreto e lento in cerca del possesso eterno. In questo il cinema ha dato linfa, ali, catene, spilli e molto altro, finendo per creare un cordone ombelicale con la musica. In questa occasione, per il titolo del quarto album della band bolognese, è proprio la pellicola a stimolare e a proteggere queste dieci maestose composizioni.

Ci ritroviamo anche, però, nella Francoforte della discoteca Ratinger Hof, in mezzo ad anime danzanti, crocifisse dalla paranoia, come esistenze robotizzate e stantie, nel pieno degli anni Ottanta, per ossigenare un funerale e la sua festa. Perché in questo lavoro la morte diviene la benedizione di fortune non considerate, un lasciapassare obbligatorio, gentile e sicuramente accomodante.


Un’opera che dimostra una organizzazione del metodo e, seppur mantenga l’acidità delle traiettorie post-punk, in questo episodio l’alterazione, perfetta e sublime, viene offerta da un’indole elettronica nelle sue numerose forme e ostinazioni, un dark electro che si sposa ad affascinanti scintille synthwave e a grappoli di onde semantiche tipiche dello shoegaze più velato.

Un disco come marea mistica e dolorosa, con primitive purezze in gentili processioni, riportando i transistor e gli amplificatori sul palcoscenico della recitazione più antica. Timbriche squillanti, mantra e loop che si annusano, testi come carbone in procinto di trasformarsi in una sacra cenere.

Non è la vista ma l’udito a essere soggiogato da queste trame, lunghe lame ammaestrate, bensi l’immaginazione, che qui viene espansa e trasportata come un’altalena ballerina, avanti e indietro nel tempo.


Come dei gorgheggi, le canzoni fanno espatriare il senso ormai annoiato del consenso spirituale, creando improvvisi dibattiti dentro la nostra coscienza.

La danza diviene rito pagano autorizzato dall’odierna maleducazione, da storie antiche qui sintetizzate e gettate nei watt e nell’ugola, come una trasmissione dati ordinata.

Ci si ritrova spesso a rimembrare la Neue Deutsche Welle (NDW) e si incontra il piacere del sarcasmo, quello beatamente macabro, crudele ma sincero.

La gamma dei colori, dei suoni, le associazioni, le programmazioni sono parte di una profonda maturità mostrata da questi tre musicisti che sanno esplodere, esplorare, gettare il fango della mediocrità e farla diventare una percussione mentale continua.

Aperture e chiusure nei confronti del loro decennale passato mostrano l'ecletticità, la chiarezza di visioni teatranti, di prese di posizione atte a stordire, coscientemente, ogni certezza. Ed è qui che si manifesta pienamente il loro capolavoro.


Musiche che fanno correre la mente, che la elevano e che l’affossano senza pentimenti. Rischiano, scommettono e se ne fregano, come soldati ligi solo all’obbedienza artistica che non riconosce altri poteri.

Tutto ciò non è niente altro che un arcobaleno in bianco e nero da cui piovono chiodi e coriandoli, per correlare un insieme di cavi elettrici mentali in costante discesa.

Le tematiche dei testi di Gregor Samsa paiono sostenere la gramigna sonora, martellare l’aspetto del passaggio tra la notte e il giorno, tra i sogni e gli incubi quotidiani, facendo sì che Mario d’Anelli e le sue chitarre e i suoi synths siano la musa per il basso selvaggio e spietato di Filippo Scalzo.

L’ascolto di questo disco sembra una maratona in cui smembrarsi, perdere i liquidi e prosciugarsi di ogni banalità.


Severo, spietato, con notevoli richiami a quegli anni così fertili che i tre non hanno esitato a sondare, per poi aggiungere il proprio dolcissimo e tenebroso pessimismo.

Come se Poe diventasse una trinità musicale, senza oppositori…

La paura come risorsa, il dolore l’occasione per cambiare l’abito ai pensieri, in un energetico scambio di fluidi, per far appassionare le danze e portare le anime in un rifugio che non conosce serratura…

Sì, tutto entra e tutto esce da questo luogo marittimo, celeste, un condensato sublime di arricchimenti nebulosi e palesamente in ottima forma per conoscere la nostra sottomissione.

Canzoni come la Rhodolia rosea, per non sentire la fatica dei pensieri, per dare all’umore una illusione ventriloqua.

Si evidenziano iconicità antiche, movimenti oscillatori, una empatica propensione a usare i synth come spazzole vetrate riempiendole spesso di affascinanti movimenti armonici, tuttavia l’insieme si fa illusorio e quindi sublime.


Le note rendono l’aria un parcheggio ovattato da rumori bellicosi, quasi osceni, esuberanti di certo ma, soprattutto, sopraffini forme cristalline, in grado di riempire le parole, di svuotarle, per ripetere l'esercizio con le note, e tutto sembra andare davvero troppo in fretta, dando al nuovo ascolto la possibilità di conoscere infinite ripetizioni.

Oscena e stupefacente diventa la certezza che queste dieci tracce siano un faro del futuro immerso nel mare della musica che fu, come se lo sguardo, della madre leonessa, divenisse un tappeto dove far correre il futuro…

Un lavoro inadeguato per la maggioranza delle anime vuote: per loro l’invito è di passare oltre.

Per gli altri: una lunga trama orgasmatica attende la liturgia dell’approfondimento.

In quanto i tantissimi cambi di traiettoria, di ritmo, di innesto in ogni singolo brano esplicano perfettamente lo studio meticoloso di questi musicisti, artisti che attraverso quest’opera dimostrano come non esista una provenienza bensì una residenza.

Che è soprattutto mentale.


Immagini lunari, notturne, in cui i disturbanti raggi solari vengono mostrati come indizio, prova, riassunto ma mai come ipotesi, rendendo la perfezione cosa umana e praticabile.

Quando il dna post-punk spalanca le braccia all’elettronica, vediamo pillole ebm conficcarsi nei liquidi della sinuosa dark electro, per riempire gli argini e svuotare i dubbi.

Il cantato spesso cerca il riflesso, lo schianto, la forma metrica e la poesia decadente, passando da trame poetiche al registro alto in odore di urlo e vomito, creando un innegabile e immenso beneficio per il nostro ascolto.

Dolente, gravido di artigli, perlustratore dell’animo, questo approccio vocale sembra portare il cabaret dei Virgin Prunes nella pianura padana, come elettroshock desideroso.

Il duo che si prende la responsabilità di essere fionda di vetro respira tra le correnti balsamiche tedesche, come quelle dei Killing Joke, alitando brutalità e impeti, come obbedienza morale all'oscurità, qui portata alla luce con questi zig zag verticali, senza mai dare l’impressione che la stanchezza possa ingabbiarli.


Impressiona il Vecchio Scriba questa pressante forma nei confronti del lamento, mai espresso, mai nella forma dell'invettiva diretta dei testi ma veicolato dai paesaggi sonori. Le parole sono semi neri, aratri, pertiche, sberle di velluto nero: il dolore arriva solamente alla fine…

Concludendo: questo arcobaleno in bianco e nero non ha bisogno dei nostri occhi, gli basta il malumore della nostra ipocrita esistenza per sotterrarci con la sua angelica bellezza nera…


Song by Song


1 - Nyctalopia


La ferocia degli Abwärts, band tedesca purtroppo poco conosciuta, entra nel basso che stupra le orecchie, con la chitarra che diviene un eco del cuore e la voce un gesto nel quale il genocidio viene circondato dai terrifici e pulsanti bagliori della coscienza. Gravido di un tormento post-punk, il pezzo rende compatibile il ritmo e l’ossessione…



2 - Comedy of Menace


Ci si trasferisce al Markthalle di Amburgo: il ritmo e la poesia nevrotica del basso passano attraverso i tackle di una chitarra abrasiva e il cantato diventa la spugna di occhi enormi che sanno mentire in modo perfetto. Il solo di chitarra rende merito a Bill Duffy e il cerchio con gli anni Ottanta si spezza perfettamente.



3 - Gaslight


Moti Coldwave invadono la sala da ballo, il cinema abita le pupille e la salvezza dell’anima passa attraverso il peccato. La musica si presenta come una Bristol immersa nella nebbia, tra dipinti ebm e spazi allucinanti di dark electro in cerca di loop e catene…



4 - Buster Keaton


Si cade: nel testo, nel ritmo, nella esplosiva eleganza di frame nervosi, di paranoia in fila, e i bagliori dei Cabaret Voltaire tornano ad abitare il pianeta della band, con il ritornello che ci fa capire l’importanza degli Psychedelic Furs. Ma tutto è corda elettrica, eclettica, una poesia visiva che corre senza fiato…



5 - The Spectral Link


Non un pezzo cuscinetto, tantomeno un ponte, bensì l’insieme armonico di tre anime che sperimentano il fragore del cielo, mettendo in contatto Alan Parson e i Kraftwerk, ma non nel secolo scorso…

Il futuro non può che essere un disastro e questo brano ce lo rappresenta in anticipo, con colpi di frusta, attraverso un synth che si assume il ruolo di  raccontarlo, in modo spudorato, rendendo visibile (all’inizio) la paura, per poi creare mulinelli e colori che da rosa diventano neri. Tace l’ugola, per un silenzio solo apparente perché tutto diventa frastuono…


6 - Black Kittens Against Privilege


La commozione, la frenesia, l’entusiasmo della morte trovano il vestito perfetto, il giusto racconto, il fantasma che si palesa ridendo tra i solchi, guardando il mondo in bianco e nero. E così fa la musica: una marcia funebre che fa il resoconto della nostra modesta forma di arbitrio. I suoni e le corde vocali diventano una equazione e le chitarre si mescolano al synth per foderare il dubbio. Sconcertante bellezza a cui cedere…


7 - Tightrope Walker


Il vuoto umano, dell'esistenza, qui viene raccontato, come raggi x, come un’analisi del sangue di cui, di certo, non accetteremo il responso. Violenta, nera, psichedelica nell’umore, la  canzone è una frustata generosa al cuore, in quanto il cervello ha già mostrato la sua dipartita… Riportare in vita la Bat Cave con una sola fiamma ossidrica è davvero un miracolo, nero…



8 - Piggies


I D.A.F. prendono in affitto un sogno: tornare a vivere per pochi minuti e lo fanno in questo delirio, per accettare chitarre piene di liquidi shoegaze e benedire i graffi di una metrica vocale che si sposa alla spinta voluttuosa di incredibili e rabdomanti passi a perdifiato…




9 - Have You Seen Bunny Lake?


Si piangono cuori putrefatti, si visitano risate beffarde e si balla come robot senza più il peso dell’anima, nel vortice ebm che cerca il matrimonio con trame chitarristiche ascendenti…


10 - Seed of Revolt


Louis Wain, un gatto, un vestito nero, e l’elegante brano di chiusura ci mostrano probabilmente la resistenza sonora del terzetto bolognose: la ricerca melodica viene riservata all’ultimo brano, con voci raddoppiate, Stop and go e stratificazioni armoniche con il doppio petto, per uscire verso un funeral party che ci rende tutti felicemente depressi…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

14 November 2025


Gregor Samsa - Voce

Filippo Scalzo - Basso

Mario d’Anelli - Chitarre, Synth


Icy Cold Records

Metaversus


https://open.spotify.com/album/2yHLnynl3gYRrYn8gVuQNz?si=zY2YFc2CTWivf6FdAlSZvQ


https://theblackveils.bandcamp.com/album/gaslight-2





La mia Recensione: Black Swan Lane - the messenger

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