Tallies - Una familiare brezza colorata dal Canada
Pomeriggio uggioso in ufficio, auricolari d’obbligo.
Mi alzo per un caffè, lascio la solita cloud radio basata sui miei ascolti.
Rientrato alla mia postazione vengo avvolto da una colorata brezza “manchesterina” intrisa di riverberi e chorus per chitarre melodiose accompagnati da una voce angelica, sembrava, di una ragazzina o una bimba, ma, per intenderci, non come Alison Shaw dei Cranes.
Ovviamente, cotanti colori sonori mi distraggono e smetto di lavorare, godendomi il caffè, ebbro del vapore prodotto da queste piacevoli e lattiginose vibrazioni, familiarmente malinconiche.
Mi accingo, dunque, a identificarne la provenienza.
Pensavo fosse una delle tante band inglesi anni 80 che mi sono sfuggite e che mi sfuggono tuttora.
No: niente Europa (avrei potuto pensare, al massimo, la Scandinavia).
Ragazzini da Toronto.
Si chiamano Tallies.
Sono in quattro: Voce (ogni tanto aiuta con la chitarra), Chitarra, Basso, Batteria.
Si sono conosciuti a scuola ed hanno sfornato un album nel 2019 e quattro Ep fra il 2021 e i giorni nostri.
Hanno appena rilasciato il nuovo singolo “Special”, completamente in linea con quanto sotto!.
Escono e sono distribuiti da: Hand Drawn Dracula in Canada, Kanine Records negli USA) e la nostra amata Bella Union (Spiritualized, Mercury Rev, Flaming Lips... per citare i più conosciuti e banali) in Europa.
Come accennavo, nuotiamo in un brodo i quali ingredienti sono: la schiettezza degli Smiths, le nebbie scozzesi dei Cocteau Twins e la “malincomelodia” dei Sundays (come loro stessi affermano nella loro bio, sul sito ufficiale).
Niente di avveniristico, dunque.. musica derivativa, OK, ma.. semplice, diretta e spontanea. Composta bene in sala prove e prodotta meglio in studio: bei suoni per tutti gli strumenti e la voce: ottimo mix, bel mastering per tutti i dischi che ho ascoltato.
Mi hanno colpito immediatamente, non solo per indiscutibili ancestrali affinità stilistiche, ma per l’evidente spontaneità con la quale sembrano aver appreso ed assimilato il messaggio di quei cari Robin Guthrie, Mike Joyce, Simon Raymonde, Morrissey o, chessò, Harriet Wheeler e compagnia sia suonante che cantante... giusto per fare qualche banale esempio di riferimento.
Melodie timidamente pop propagate con malinconica spontaneità inzuppata di interessanti riverberi, chorus e flanger (ripeto).
Testi mai pretenziosi, ma non troppo “shallow”, ecco.
Il primo pezzo che mi ha colpito (quello del caffè, appunto) è la assolutamente “CocteauTwinsiana” “No Dreams Of Fayres”, singolo del 2021.
Rimettendomi gli auricolari al momento del primo ritornello, sono stato colto dall’impulso di portare indietro la riproduzione fin dall’inizio.
Un bel riff di chitarra, con un bel suono e atmosfera, ripeto, marcatamente Sundays, Cocteau Twins.
Una batteria vera: di una consistenza decisa e non “vittimista, come le spallucce dei tennisti Italiani” (cit.), suonata con la giusta intenzione e misurata potenza, con tutte le frequenze al loro posto.. davvero un suono piacevole e poderoso, per il genere!
(sono un batterista: sono solito a storcere il naso sul suono delle batterie di molte produzioni shoegaze/dreampop, quando “vere”, in quanto, spesso, troppo eteree e con poca consistenza, ma.. oh, son di parte!).
L’incedere dell’accattivante linea melodica mi mette subito di buon umore, tant’è che mi aiuta a trovare il mood e le giuste parole per una difficile mail “diplomatica” ad un collega scomodo.
Questo per sottolineare che i nostri ragazzi hanno trovato la formula per farmi “vibrare” positivamente, perché, in questo caso, ma anche in genere come spigherò in seguito, dimostrano di suonare la musica di certi ambiti, come l’avrei suonata io.
Il testo, che si esprime come da manuale, nel ritornello, è semplicissimo e delicatamente introspettivo: malinconicamente disilluso.
Niente arcane e complicate figure retoriche simboliche.
Niente artefatti o tecnicismi metrici.
Facile da cantare e non troppo imbarazzante per farlo!
Amo cantare la musica che ascolto.
Buona anche la struttura armonica: accordi leggibili, linea di basso pulita e coinvolgente.
Una canzone simpaticamente suonabile con la chitarra in due minuti, ma non per questo banale.
Ripeto e sottolineo che li avevo scambiati per una band “antica” in tutto e per tutto.
Non so se sono chiaro in questo punto, ma ritengo questa caratteristica come un merito da attribuire tranquillamente a questa giovane band.
Seppur in ambito inequivocabilmente derivativo, dimostrano di “essere nati nell’era sbagliata” (nel senso buono) e questo conferisce loro una consistente credibilità d’ascolto.
Naturalmente mi è subito partita la “scimmia” da novità, che non si è ancora minimamente dissipata due mesi dopo e, per uno che si stanca facilmente come me, è già molto!
Compro immediatamente tutta la loro sparuta discografia liquida (abitando a Malta, trovare i loro vinili è piuttosto difficile.. stendo un velo pietoso sui costi di spedizione - NDR).
Sorridente, speranzoso ed impaziente, mi metto in ascolto del loro, per ora, unico album: “Tallies”, uscito nel 2019.
Lo ascolto tutto d’un fiato per due/tre volte, senza che sopraggiunga mai l’istinto dello “skip track”.
L’essenza sonora della band conferma le impressioni del singolo che avevo ascoltato.
I suoni della sezione ritmica su questo primo lavoro sono più marcati ed incisivi e coccolano maggiormente il mio orecchio batteristicamente interessato, riportandomi a certe produzioni dei Ride o dei Teenage Fanclub (quelli iInglesi).
Lo stesso si può dire delle chitarre (una, ma suonata su più tracce) che si confermano importanti, sempre molto gentili, melodiose e assai penetranti sul mix e nella mente.
Potrei dilungarmi in un’analisi di ogni canzone, perché, davvero, tutte meriterebbero un commento, ma per questioni di logorrea, scelgo, con difficoltà, di commentarne solo una oltre alla simpatica “Mother”, dal bel ritmo un po’ motown, da considerare il “singolo” dell’album, basandosi sulla differenza del numero di ascolti rispetto alle altre.
La mia scelta cade su “Easy Enough”, che chiude il disco ed è anche la più lunga: l’unica che supera i 5 minuti e del quale è stato realizzato un videoclip molto 4AD style.
La più nebbiosa e “potente”, con un bel ritornello e, soprattutto, un bel post-ritornello: elemento strutturale che i ragazzi utilizzano spesso e che apprezzo molto, devo dire.
Il talento del chitarrista (Dylan Frankland), anche produttore artistico e sound engineer della band, si conferma nella linea melodica che qui è particolarmente efficace, alternandosi piacevolmente alla bella voce di Sarah Cogan, che, personalmente trovo piuttosto ammaliante e mai virtuosa.
Melodie colorate, “bagnate” da un utilizzo magistrale dei riverberi, mai troppo esagerato, rendendo l’ascolto piacevole e sempre leggibile.
La loro musica è assai in linea coi layout delle loro produzioni che occhieggia, nemmeno tropo velatamente, a certa familiari 4AD, MUTE o Beggars Banquet dei tempi migliori.
Non potendoli vedere dal vivo, mi sono prodigato a cercare qualche loro live (del quale potrò fornire i links volentieri).
Sempre piuttosto composti, ma soprattutto sinceri e appassionati.
Specialmente batterista e bassista (quest’ultimo credo sia cambiato nel tempo): ognuno dei quali è sempre completamente calato nel turbinio proprie emozioni.. persone evidentemente molto, molto timide!
Tutti quattro globalmente molto precisi ma non virtuosi.
Molto coinvolgenti.
Sarah canta molto bene anche dal vivo (cosa non trascurabile).
Suoni sempre ben curati..
Magari avrei gradito qualche variazione in più nelle versioni live delle canzoni rispetto a quelle su disco,
Ma... vabeh, ci sta!
Andrei comunque a vederli volentieri se fossero vicini o in situazioni molto molto comode; certamente non prenderei un aereo apposta per muovermi in caso di loro concerti a Berlino, Parigi o Londra, come ho fatto, ad esempio, per altre band anche “non
enormi“ (come ho fatto ultimamente per Twilight Sad o Calexico - OT).
Forse il look del bravo Frankland, che ho scoperto avere un passato in una band punk- hardcore, a tratti, potrebbe sembrare un po’ forzato, ma alla giovane età ed alla sincerità artistica, IO, perdono tutto, specialmente quando vengo così piacevolmente coinvolto dalle sonorità.
Ripeto per l’ennesima volta: sto scrivendo di una band il cui nome, magari non verrà impresso sugli annali della storia del Rock, ma, sicuramente vibrano di bei suoni ammalianti, colorati e malinconici.
Ottima colonna sonora per le giornate degli appassionati di certe atmosfere vicine alle band e, generalmente, delle case discografiche sopra citate.
Ci si affeziona con facilità, ecco.
Mi è sembrato di conoscerli e di ascoltarli da sempre, che facciano parte del mio imprinting sonoro.
Scoprirli, invece, così giovani, conferisce loro un fascino particolare.
Insomma un ammaliante e coinvolgente “niente di nuovo”.
Non suonano “nuovi” come potrebbero le Wet Leg , magari
(Mah, forse, anche loro, in fondo.. così nuove, nemmeno... diciamo che “osano” di più).
Il“niente di nuovo” dei giovani Tallies, però, è ben suonato, sincero, spontaneo, lucido e nebbioso al punto giusto.
Bravi!
Canzoni semplici con il potere di farsi ascoltare per ore.
Giampaolo Ingarsia
Malta
7 Giugno 2022
https://open.spotify.com/album/5eC8BJIxShy2t6Oh3x5Hpx?si=hFJqV_fWRYmku-mzdV4Tiw