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giovedì 25 maggio 2023

La mia Recensione: Polina Suffer - Agonia Market

 

Polina Suffer - Agonia Market


Una fila di chiodi elettronici prendono la decisione di recarsi sotto l’arcobaleno ferito di un grande turbinio: sono solamente due, ma ampiamente dotati di capacità balistiche notevoli, sanno mirare e colpire il bersaglio, facendo scuotere il bagliore innato di ogni tragedia quotidiana. Una coppia di giovani anime che vestono la superficie dei sogni per disintegrarli con una immaginifica maturità che trasuda esperienze lontane, forse addirittura prenatali, per rovistare tra i rifiuti di impeti in decadente putrefazione. Esordiscono per dare fuoco alle fantasie, tra campi di artrosi mentali, sotterfugi, maschere, ipotesi e sfiancanti mitragliate elettroniche con il retrogusto darkwave. Parole come voci che frugano nella pattumiera dei comportamenti, con un sentire gotico tra fili di cobalto e vibrazioni che paiono giungere dalle sperimentazioni tedesche degli anni Sessanta. Una serie di crocevia, di fermate brusche, tra le tenebre che non mancano di esplodere in grasse risate dispettose, mentre Beatrice, la ragazza dalle unghie lunghe nella sua ugola spesso atonale e poi squillante, registra l’equilibrio mentale che Tommaso, lo stregone impazzito che scopa via i detriti della noia per convogliarli verso il burrone senza ritorno, flette per farci approcciare a uno stato emotivo in continua ascesa, nel disastro appeso sotto gravide nuvole nere. Il Vecchio Scriba, nel momento in cui scopre l’improvvisa dolcezza di cui i due sono capaci, trema e si spaventa: la coppia (Milano e Torino le città che danno ai ragazzi solo la base di partenza) utilizza tecniche note per poi distruggerle con chili di zucchero sbiadito, mutevole, poco digeribile e per questo motivo succulento e prezioso. Un album che non pare di debutto data la notevole locomotiva sensoriale che scorre su binari appoggiati per terra come se il tutto fosse un lungo percorso temporale. Ti stupisci, ti schianti verso queste melodie che ingrassano lugubri pensieri, perché sono proprio i testi a far maturare lo stupore più grande, quasi insopportabile, vista una enorme esigenza di visitare argomenti che sembrano essere stati messi a bagnomaria nella letteratura, nella storia, in una vivace e violenta propensione alla scarnificazione di ogni dubbio. Non scherzano, non giocano una partita, ma si giocano i respiri come se fossero un generoso regalo di menti impazzite, in tiepida putrefazione.

Il cuore piange, l’ascolto diventa un elettrodo, una saldatura tra il male e l’ostinato nemico, quel bene che in queste tracce musicali si schianta. 

Vistose accelerazioni dei ritmi, dei grappoli di vapore acqueo che appanna la vista mentre l’ascolto diventa un affare indecente, sublime, sporco, con richiami di generi musicali che sembrano fieno in un ipotetico pasto serale all’interno una stalla piena di scheletri. Non mancano i disagi di chi vive la giovane età in un mondo vecchio, in decomposizione, con i viveri sempre meno nutrienti, con  i libri e i film come ancore di salvezza. Ma non basta, di certo le loro anime sono un dispetto nei confronti di chi sorpassa la vita senza cognizione. Loro, invece, piantano i piedi sotto la polvere, sotto la terra, dentro il mistero di dolori connessi a incubi tiepidi…

Stupisce e sbalordisce che dopo due soli singoli, ed essendo il progetto nato da poco tempo, si possa varcare il confine di un pensiero malato: sarà mica una bugia il tutto? Saranno davvero solo due e così giovani? Il Vecchio Scriba non sentenzia, appoggia le lacrime sul loro teschio che rotola canzone dopo canzone sul vassoio fatto di transistor, chitarre, lampi e lava che corrode, per portarci nella freschezza del loro dolore deambulante. Ecco spiegate le folli accelerazioni, gli atomi Darkwave che flirtano con la Coldwave, in un limbo temporale di grandi fascinazioni, per poter farcire i loro bisogni di una poesia che sembra essere urlata da Edgar Allan Poe.

Porgi l’orecchio alle loro curve amniotiche, nel grembo di un fardello, nella poesia di un bordello mentale, dove solo la mente, prostituendosi, libera inutili tossine.

Iniziare in questo modo una inevitabile carriera significa farsi tanti nemici, cosa buona e giusta, perché saranno tante le gelosie che si affacceranno nel loro circuito: non arrestate il vostro prodigio, in quanto Polina Suffer è una nuova urgenza, che sarà il regno di  molte anime in disordine…

Ora è giunto il momento di entrare, con paura e rispetto, all’interno di queste canzoni, per morire bene di loro…


Song by Song


1 Intro


Una ninnananna psichedelica, come un carillon del sospetto giornaliero, apre le non danze: in queste note disturbate da richiami di Virgin Prunes in parata militare, ci si può rincucciare sotto coperte belle dense. Nessun ritmo, solo una fata diabolicamente nascosta dentro note d’acqua che sembrano far bollire anime inquiete…


2 Dead Womb


Su un drumming che ci porta alla mente le sperimentazioni dei Wall of Woodoo e chitarre post-punk zona Sheffield, le due anime cantano unendosi e lasciando alla voce di Beatrice il ruolo di portatrice malata del registro più alto, consegnando a quella non baritonale ma grassa di Tommaso il ruolo di essere più vicina al cratere terreno. Chitarre arrotate di sale e vino rosso, per celebrare un grembo insanguinato, un'esistenza che ancora deve affacciarsi a questo torbido mondo…


3 Burnt


L’inizio è un sepolcro notturno, in attesa di far uscire un martello emotivo che danza su un electro punk decisamente americano, con intarsi drammatici più vicini ai D.A.F. della seconda parte della loro carriera. Giochi di stop and go creano crepitii continui nelle gambe che sembrano volare, mentre la voce di Beatrice sussurra paure e tensioni. L’elettronica qui è un mantello e una maschera ben confezionata: gli echi vocali si appoggiano a loop di derivazione che come urla quiete si appiccicano all’ascolto. Ed è sicuramente il primo momento di totale perdita di controllo…


4 Aesthetic Drama


Toh: volevate sorprese, magnitudini dentro sospensioni minimal wave? Il piatto è pieno di oscillazioni, di evocazioni, quando il Belgio ancora doveva mettere al mondo la Coldwave. Beatrice e Tommaso diventano attori, con un cantato che invoca il sostegno di un crooning immediato ma non troppo visibile, per creare un fermaglio nei capelli dei pensieri. Il tutto è una spina dolce, con la drum machine che lenta accompagna un synth in stato di grazia…


5 Polina, Suffer!


Il primo dei due singoli, nel contesto dell’album, sembra essere divenuto nel frattempo un mattone nell’addome: un lamento che incupisce i sogni, con la voce da strega sotto acido di Beatrice che fa di noi anime scheletrite, impaurite, destinate all’oblio. La base musicale è una chiara impronta ipnotica, lezione perfettamente imparata (forse con inconsapevolezza) dai mastodontici The Legendary Pink Dots. Che succede allora di particolare in questa canzone? Che l'identità musicale dei due artisti italiani conosce il fenomeno della consapevolezza, della resa con le armi in mano però, per non dire “basta” senza aver macchiato almeno un pò un synth che è un capriccio divino…


6 Obscura et Foetida


Vi ricordate Nag, Nag, Nag? Ecco la nipotina, nata a Torino, fresca e vogliosa di schizzare verso le vostre braccia, tra i lamenti del parto. Una siringa, un’anestesia improvvisata e poi un crescendo che diventa luce fuori dal grembo. Tra electro-punk inglese (questa volta) e piccole particelle di synth-punk tedesco, la melodia è un respiro affannato, una preghiera che si approccia nella trama sottile. I due si incontrano per la corale esibizione di un percorso che si affaccia alla teatralità esigente della Fura Dels Baus, in una obbligata sensazione di prigionia.


7 Plastic Regrets


L’altro singolo, una rasoiata che non concede difese, con risate demoniache su un filo di basso che esce dalla cantina bollente di due vite connesse in una sfida lampo, ci porta a una sola considerazione: poche note sono sufficienti per allargare lo stato di angoscia che la voce di lei sa creare. 


8 Harsh Flesh


Brian Eno cammina nel giardino dei sogni rotti, fumando un disagio alla ricerca di una melodia che sia la più decadente possibile. I due ragazzi aprono le ali, cullano e riempiono la melodia dell’essenziale, una paranoia che si tinge le dita di una dolcezza nerastra. Lenta, appassionata ma inevitabilmente una lastra che come una spada di Damocle toglie secondo dopo secondo lo spazio del respiro, brilla della contrapposizione di strumenti che si abbaiano, come storditi, in tenere melodie…


9 We Were Just Lost Kids


Una discarica di nervi alloggia dentro una secca linea armonica, echi, rimbalzi, come se i Creatures di Siouxsie e Budgie avessero trovato una linfa postdatata, un’assurda e machiavellica esigenza di spostare le lancette del tempo. Il groove pare uscire da bicchieri di vetro scivolati nella giungla della Coldwave più ossuta, per limitare gli spazi di fuga. Forse il brano più cupo di questo lavoro, intrigante perché sfuggevole, rapido a lasciare dentro di noi la certezza di una cantilena necessaria. Come un delirio elettronico privato della corrente elettrica…


10 Desires


La morte abbaia, tuona, allarga le ali e Tommaso diventa un ingegnere che ordina alla musica di essere spastica, obliqua, incontrollabile, con fascinazioni che sembrano uscire da una qualsiasi officina musicale di San Pietroburgo. Eccola, viva, la melodia che ha bisogno di un synth pieno di ruggine, per donarci la danza in mezzo a desideri con la catena al collo. I paletti danno la direzione del disastro: si è nei primi anni Ottanta, nella parte bellica delle delusioni, dove i sogni e i desideri erano capricci e il Post-Punk gettava la spugna per divenire una parodia di se stesso. Ma i Polina Suffer fanno resuscitare, con i loro perversi beat, il bisogno di finire nel baratro…


11 Whysteria


Si entra decisamente nella zona più chiara di questo album: quella della detonazione, dell’isteria che sculaccia ogni gioia e la affossa, nei vizi capitali che si incolonnano, come i generi musicali qui presenti, nel circo che, partendo dalla sperimentazione dei Can, cambia il volto, accelera il ritmo e diventa una danza figlia della Foresta Nera.

Per la prima volta il basso esce dai gorgheggi dei Killing Joke, ma lo schema musicale è un continuo vociare, senza catene nelle dita dei due giovani artisti che improvvisano un urlo che è un simbolo proveniente dalla follia educata: lo zenit è qui nelle vostre orecchie…


12 The Blue Cathedral 


Le tenebre escono da una lenta ragnatela, ipnotica e suadente, come una sirena stordita in attesa di essere decapitata. Si affacciano, nel gioiello più nero di Agonia Market, i tasselli di ascolti che hanno sedotto i due al fine di essere inseriti nel diabolico piano sonoro, con i Virgin Prunes che fanno sesso con Danielle Dax, in un ipotetico girone Dantesco di artisti sconvolti e squilibrati. Le campane invocano la processione, malata, di una scena di un ipotetico film di Kubrick, nella notte partoriente di un incubo rallentato. Il cantato contrasta il mantra sonoro, un rallenty per capire come sia stato possibile segnare una rete con il dolore nel petto. Siouxsie piange, gelosa, così come qualsiasi altra star in discesa verso il pensionamento, perché Beatrice e Tommaso coccolano il dispetto, attirano, con una linea guida impercettibile, la dolcezza e l’amarezza, per stabilire il luogo della consacrazione di una canzone che altro non è che l’insieme di ceneri buttate dal giardino delle rose della collina torinese: l’atto finale per congedare ogni follia e creare la coda in cui spegnersi…


13 Outro


Che sia dannata la fine: ci troviamo in una zona industriale alleggerita, dove il vomito non esce dai trapani ma da delle lamiere smussate, una comparsa terrifica di un teatro che risiede nella culla del tempo, tra la Germania dell’est e la Russia, in un lento e dissacrante duello colmo di tensione. Modo migliore per terminare questo disco non c’era: non tornate alla prima canzone, state qui, fate i bravi, di nuovo play su questo vascello pieno di chiodi arrugginiti, dove ogni singolo suono è un labirinto di menti con data di scadenza. Che sia cupa la vostra gioia, seguite i rintocchi pieni di linfa nera uscire da queste vie sbilenche e perdetevi: questo album è una ferita di cui poter essere fieri tutti…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

26 Maggio 2023


https://polinasuffer.bandcamp.com/album/agonia-market-2?from=search&search_item_id=2360249248&search_item_type=a&search_match_part=%3F&search_page_id=2621474286&search_page_no=1&search_rank=2&search_sig=a9844d7d339377970352100ba32b33c9

















My Review: Polina Suffer - Agonia Market

Polina Suffer - Agony Market


A row of electronic nails make the decision to go under the wounded rainbow of a great whirlwind: they are only two, but amply endowed with remarkable ballistic abilities, they can aim and hit the target, shaking the innate glow of every daily tragedy. A pair of young souls who dress the surface of dreams to disintegrate them with an imaginative maturity that exudes distant, perhaps even prenatal experiences, to rummage through the refuse of decaying impetuses. They debut to set fantasies on fire, amid fields of mental arthritis, subterfuge, masks, hypotheses and exhausting electronic machine guns with darkwave aftertaste. Words like voices rummaging through the dustbin of behavior, with a gothic feel among cobalt threads and vibrations that seem to come from the German experiments of the 1960s. A series of crossroads, of abrupt stops, amidst darkness that does not fail to erupt in fat mischievous laughter, while Beatrice, the girl with the long nails in her often atonal and then ringing uvula, registers the mental balance that Thomas, the mad sorcerer who sweeps away the detritus of boredom to channel it toward the ravine of no return, flexes to make us approach an ever-rising emotional state, in the disaster hanging beneath pregnant black clouds. The Old Scribe, the moment he discovers the sudden sweetness of which the two are capable, trembles and is frightened: the pair (Milan and Turin the cities that give the boys only the starting point) uses known techniques and then destroys them with pounds of faded, changeable, undigestible sugar and for that reason succulent and precious.


An album that does not sound like a debut given the remarkable sensory locomotive that runs on tracks resting on the ground as if the whole thing were one long time-travel. You marvel, you crash toward these melodies that fatten mournful thoughts, for it is the lyrics that ripen the greatest astonishment, almost unbearable, given an enormous need to visit topics that seem to have been soaked in literature, in history, in a lively and violent propensity for the fleshing out of all doubt. They don't joke, they don't play a game, but they play out their breaths as if they were a generous gift from maddened minds in tepid decay.

The heart cries, listening becomes an electrode, a welding between evil and the stubborn enemy, that good which in these musical tracks crashes. 

Conspicuous accelerations of rhythms, clusters of water vapor fogging the view as listening becomes an indecent, sublime, filthy affair, with reminders of musical genres that sound like hay in a hypothetical evening meal inside a barn full of skeletons. There is no shortage of the hardships of those living the young age in an old, decaying world, with food becoming less and less nutritious, with books and movies as anchors of salvation. But that is not enough, surely their souls are a spite to those who overtake life without cognition. They, on the other hand, plant their feet under the dust, under the earth, inside the mystery of pains connected to lukewarm nightmares...

It astonishes and astounds that after only two singles, and the project having been born for a short time, one can cross the border of a sick thought: will the whole thing be a lie? Will it really only be two and so young? The Old Scribe does not judge, he rests his tears on their skull rolling song after song on the tray made of transistors, guitars, lightning and corroding lava, to take us into the freshness of their walking pain. This explains the crazy accelerations, the Darkwave atoms flirting with Coldwave, in a temporal limbo of great fascinations, in order to stuff their needs with a poetry that seems to be screamed by Edgar Allan Poe.


Lend your ear to their amniotic curves, in the womb of a burden, in the poetry of a mental brothel, where only the mind, prostituting itself, releases useless toxins.

To begin an inevitable career in this way is to make many enemies, which is good and right, for there will be so many jealousies that will crop up in their circuit: do not halt your prodigy, for Polina Suffer is a new urgency, which will be the realm of many disordered souls...

Now is the time to enter, with fear and respect, within these songs, to die well with them....


Song by Song


1 Intro


A psychedelic lullaby, like a music box of daily suspicion, opens the non-dances: in these notes disturbed by calls of Virgin Prunes on military parade, one can recoil under nice thick blankets. No rhythm, just a devilishly hidden fairy inside water notes that seem to boil restless souls...


2 Dead Womb


Over drumming that brings to mind Wall of Woodoo experimentations and Sheffield-area post-punk guitars, the two souls sing uniting and leaving to Beatrice's voice the role of the sick bearer of the highest register, handing over to Tommaso's non-baritonal and deep role of being closer to the earthly crater. Guitars rolled in salt and red wine, celebrating a bloody womb, an existence that has yet to face this murky world...


3 Burnt


The beginning is a nocturnal sepulcher, waiting to let out an emotional hammer that dances to a distinctly American electro punk, with dramatic inlays closer to the D.A.F. of the latter part of their career. Stop-and-go games create continuous crackles in the legs that seem to fly, while Beatrice's voice whispers fears and tensions. The electronics here are a well-packaged cloak and mask: vocal echoes lean against derivative loops that like quiet screams stick to the listening. And it is definitely the first moment of total loss of control....


4 Aesthetic Drama


Look: you wanted surprises, magnitudes inside minimal wave suspensions? The platter is full of oscillations, evocations, when Belgium still had to give birth to Coldwave. Beatrice and Tommaso become actors, with a vocal that invokes the support of immediate but not too visible crooning to create a clip in the hair of thoughts. The whole is a gentle plug, with the drum machine slowly accompanying a synth in a state of grace...


5 Polina, Suffer!


The first of the two singles, in the context of the album, seems to have become a brick in the abdomen in the meantime: a wail that darkens dreams, with Beatrice's witch-like voice on acid that makes us skeletal, frightened souls destined for oblivion. The musical basis is a clear hypnotic imprint, a lesson perfectly learned (perhaps unwittingly) by the mammoth The Legendary Pink Dots. What then is special about this song? That the musical identity of the two Italian artists knows the phenomenon of awareness, of surrendering with weapons in hand though, not to say "enough" without having stained at least a little a synth that is a divine whim...


6 Obscura et Foetida


Do you remember Nag, Nag, Nag? Here is the granddaughter, born in Turin, fresh and eager to spurt towards your arms, amid the wails of childbirth. A syringe, an improvised anesthesia, and then a crescendo that becomes light out of the womb. Between English electro-punk (this time) and small particles of German synth-punk, the melody is a labored breath, a prayer approaching in the subtle texture. The two come together for the choral performance of a path that faces the demanding theatricality of Fura Dels Baus, in an obligatory feeling of imprisonment.


7 Plastic Regrets


The other single, a razor-sharp that concedes no defenses, with demonic laughter over a bass line coming out of the boiling basement of two lives connected in a lightning challenge, brings us to one consideration: a few notes are enough to enlarge the state of anguish that her voice can create. 


8 Harsh Flesh


Brian Eno walks through the garden of broken dreams, smoking an unease in search of a melody that is as decadent as possible. The dio spread their wings, cradle and fill the melody with the essential, a paranoia that tinges their fingers with a blackish sweetness. Slow, passionate but inevitably a slab that like a sword of Damocles takes away second after second of breathing space, it shines from the juxtaposition of instruments barking, as if stunned, in tender melodies...


9 We Were Just Lost Kids


A dump of nerves lodges within a dry harmonic line, echoes, bounces, as if Siouxsie and Budgie's Creatures had found a postdated sap, an absurd and Machiavellian need to move the hands of time. The groove seems to come out of glasses slipped into the jungle of the boniest Coldwave, to limit the spaces of escape. Perhaps the darkest track on this work, intriguing because it is elusive, quick to leave within us the certainty of a necessary chant. Like an electronic delirium deprived of electricity....


10 Desires


Death barks, thunders, spreads its wings, and Thomas becomes an engineer ordering music to be spastic, oblique, uncontrollable, with fascinations that seem to come out of any St. Petersburg music workshop. There it is, alive, the melody that needs a rust-filled synth to give us the dance amidst wishes with a chain around its neck. The stakes give the direction of disaster: you are in the early 1980s, in the wartime part of the delusions, where dreams and desires were whims and Post-Punk threw in the towel to become a parody of itself. But Polina Suffer resurrect, with their perverse beats, the need to end up in the abyss...


11 Whysteria


One definitely enters the clearest zone of this album: that of detonation, of the hysteria that spanks all joy and drowns it out, in the deadly vices that are strung together, like the musical genres here, in the circus that, starting from the Can's experimentation, changes the face, accelerates the rhythm and becomes a dance daughter of the Black Forest.

For the first time the bass comes out of Killing Joke's warbles, but the musical pattern is a continuous vocal, unchained in the fingers of the two young artists who improvise a scream that is a symbol coming from polite madness: the zenith is here in your ears...


12 The Blue Cathedral 


Darkness emerges from a slow cobweb, hypnotic and persuasive, like a stunned siren waiting to be decapitated. They surface, in the blackest jewel of Agonia Market, the pieces of listening that seduced the two in order to be included in the diabolical sound plan, with Virgin Prunes having sex with Danielle Dax, in a hypothetical Dantesque circle of deranged and deranged artists. The bells invoke the procession, sick, of a scene from a hypothetical Kubrick film, in the birthing night of a slowed nightmare. The chanting contrasts the sonic mantra, a slow motion to understand how it was possible to score a goal with pain in the chest. Siouxsie weeps, jealous, as well as any other star descending into retirement, because Beatrice and Tommaso cuddle the spite, draw, with an imperceptible guideline, sweetness and bitterness, to establish the place of consecration of a song that is nothing more than the collection of ashes thrown from the rose garden of the Turin hillside: the final act to dismiss all madness and create the tail in which to extinguish...


13 Outro


The end be damned: we find ourselves in a lightened industrial zone, where vomit comes not from drills but from blunt sheets, a terrifying appearance of a theatre that resides in the cradle of time, between East Germany and Russia, in a slow and irreverent duel filled with tension. There was no better way to end this record: don't go back to the first song, stay here, be good, play again on this vessel full of rusty nails, where every single sound is a labyrinth of minds with an expiration date. Let your joy be sombre, follow the chimes full of black sap out of these lopsided ways and get lost: this album is a wound we can all be proud of...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

26th May 2023


https://polinasuffer.bandcamp.com/album/agonia-market-2?from=search&search_item_id=2360249248&search_item_type=a&search_match_part=%3F&search_page_id=2621474286&search_page_no=1&search_rank=2&search_sig=a9844d7d339377970352100ba32b33c9






giovedì 4 maggio 2023

La mia Recensione: Grey Gallows - Strangers

 Grey Gallows - Strangers


C’è sempre qualcosa che non ci appartiene, che sembra estraneo a noi stessi: i luoghi, le persone, il tempo. Una sensazione che spesso genera malessere e che viene resa limpida da due creature greche direttamente collegate alla verità, alla concretezza, alla capacità di donarci consapevolezze. Giunti al quarto album, Konstantin e Dionisis spingono sull’acceleratore e ci immergono in un liquido che avvolge i pensieri, li lubrifica e li rende stagnanti per poter meglio comprendere questo sentirci fuori posto, nel campo della dispersione. Compongono un disco denso, dove i confini delle loro qualità emergono e stabiliscono un contatto, un legame e un patto che si configura in una fiducia abile nel dare forza. La stessa che si evince essere assolutamente generosa in queste undici composizioni che definiscono la loro maturità: un lavoro realmente capace di scartavetrare ogni dubbio e di rendere visibile l’ombra del malessere che si è insinuato sul suolo delle nostre esistenze. Due cavalieri che agitano pensieri ma mai consigli: sarà per via della loro terra, sempre in grado di esimersi dall’essere superflua. O sarà, forse, per il talento di rilevare, di essere una base di coscienza che vuole stimolare nuove propensioni. Il suono si è fatto più ruvido, l’elettronica stabilisce il desiderio di una modernità non fine a se stessa, bensì la necessità di uno strumento informativo capibile da molte più persone. Aleggiano nei versi moti di fatica, di aggressione alla stupidità, la volontà di fare della loro arte un trampolino di lancio verso il palazzo mentale nel quale non sentirsi affatto stranieri. Vengono prese di mira le bugie, le oscurità passive, oliate catene mentali e fisiche, viene proposto il desiderio di una vita eterna che tenga conto dei limiti, viene affrontata la gabbia che lubrifica l’inevitabile resa e scoperta una terra sorda, incapace di ascoltare e di collegarsi ai veri bisogni di amalgama. Un viaggio estremo, che evidenzia come i generi musicali (come sempre vicini al sorriso martoriato di quei generosi anni Ottanta) abbiano stavolta provato il desiderio di compiere un balzo in avanti: recuperare la gloriosa storia melodica greca per posizionarla in suoni attuali, per rendere possibile un bilanciamento e una propensione futura, dove tutto si fa ignoto e cupo. Non scherzano i due: i synth e le chitarre sono giudizi che tappano le bocche, sentenze che scuotono, facendo vibrare i sensi verso quel dolore che si pensa sempre di poter evitare. Il cantato di Konstantin è il morso di uno squalo all’interno di frequenze che lasciano scosse elettriche, nella zona baritonale che rende l’addome una cassa che non trasmette, bensì riceve le sue sacerdotali espressioni evocative. Dionisis è un illustratore di scarabocchi mentali in grado di rendere tutto materia, toccabile, per connettersi al suo partner musicale nel gioco, tetro, di saper realizzare un campo visivo che sgomenta e consola al contempo.

Hanno deciso di farsi raggiungere da due voci strepitose, due interpreti che mettono della seta su ogni avamposto di dolore.

Kriistal Ann è una dea tenebrosa, membro dei Paradox Obscur, che sa convertire con la sua voce l'approssimazione umana in una celebrazione immensa di qualità. 

Ειρήνη Τηνιακού (più nota come Irini Tiniakou), la voce e la mano su incantevoli synth della band Incirrina, dona il suo vespaio vocale pieno di fasci lunari per rendere ancora più greve l’onda piena di magneti plumbei, per un risultato che rende l’ascolto un sussulto inevitabile.

La scelta dei Grey Gallows di portarle a bordo si rivela vincente, entusiasmante per la continuità del complesso percorso che Strangers offre: chiuso il cerchio, si tratta solo di trovare i respiri per rimanere in vita…

Pazzesca l’intensità, la voracità, la precisione di ogni singolo episodio di questo anfiteatro che sa accogliere il nostro desiderio di essere spettatori di una danza millenaria in caduta libera: il loro palco diventa il nostro strazio, bellissimo e doveroso. Hanno scritto il loro lavoro più completo, meritevole della più profonda e convinta adorazione, perché quando la Darkwave, la Coldwave, il Post-Punk, l’Elettronica si trovano a essere protagonisti, voluti e saggiamente messi in grado di esprimersi, allora il circuito artistico dei due greci va oltre l’elenco sopracitato per divenire una farfalla di vetro con le ali nere: non ci resta che seguire la scia dei loro undici voli…


Song by Song


1 - Strangers


Una tastiera piena di balsamo per i pensieri allarga le braccia: è l’inizio dell’album, dopo cinquantanove secondi il ritmo della drum machine ci porta in dono ciò che lo aveva preceduto e questa certezza, unita alla modalità del cantato, che è un elenco di oscillazioni, ci rende immediatamente consci di vistosi miglioramenti. Una granata, uno sparo, una scheggia uscita da un basso Post-Punk e da un universo elettronico condensato dalle branchie di una Coldwave, famelica di esercitare il ruolo di straniera nel mondo fatto di assenza emotiva, lancia subito il vecchio scriba dentro la consapevolezza che i due artisti greci abbiano abbassato il cielo…


2 - The Cage


Questa plumbea freccia sonora è un palcoscenico dove vengono mostrate le loro nuove inclinazioni, il frutto di un lavoro encomiabile alla ricerca di una modalità che esprima tutta la densità di un sentire l’arte come una ricerca assoluta, dove ciò che si impara non lo si tiene nascosto. Generosa e credibile, la band esplora una fiumana di generi musicali non estrapolando ciò che le potrebbe essere utile, bensì portando il tutto verso una stratosferica manipolazione, miglioria, producendo nell’ascolto la sensazione di una casa che cammina nella nebbia, attraverso synth affamati, capaci di mettere in gabbia la libertà e di farci scoprire il privilegio di una prigionia sensoriale e motoria davvero utile e necessaria. Si danza preoccupati, attenti, sviluppando circuiti di attenzioni che decretano il successo di questa canzone: sia messo agli atti che questo duo è incapace di scrivere sciocchezze e volgarità, mentre, al contrario, ci fa crescere con consapevolezza…


3 - Spirits (feat. Kriistal Ann)


Un parziale rallentamento di ritmo, il synth glaciale che apre le porte a un’eco e poi è una incandescenza opacizzata che, attraverso la voce di Kriistal, si riempie di evocazioni attraversate da limpide inquietudini, spaziando musicalmente dalla capacità di connettere la Coldwave al Synth Pop più triste. Il risultato è che, quando il ritmo cambia, le voci raddoppiate e le abbondanti dosi di elettronica ci spingono verso il cielo, in una corsa per poter incontrare l’anima…


4 - Dying Light 


Dying Light è la carta d’identità delle paure, esibite lealmente, dentro domande e passi che attraversano l’ego e la forza, con la morte che mostra l’odore, in avvicinamento.

Ma i due di Patras, Grecia occidentale, si servono di magnifiche sostanze nel pozzo infinito della Darkwave per fare inclinare il tutto nel letto di sangue di una Coldwave ieratica, imponente, definitivamente decisa a dare loro un trono di fiamme gelide.

Rompono il muro che nasconde la verità rivelando il loro talento, dando a noi una danza che si fa scevra di condizionamenti, un batuffolo di cupe propensioni alla ricerca intima di misteri e scoscese camminate per toccare il fondo.

Si piange con equilibrio, si abbassa il capo e si lascia andare via il corpo verso il contatto con la bellezza più pura: quella della dipendenza da una canzone che regala la trasparenza del nostro più intimo segreto…


5 - Lies 


Se esiste un contatto con il passato della band greca, forse lo si potrebbe trovare in questo brano, ma poi ci si accorge di come il suono sia più strutturato grazie all’ottimo lavoro di produzione che valorizza la trama musicale e le voci, con i contrappunti dei synth nel ritornello che sono secchi, brevi ma maestosi. Una fluorescenza gotica che concede spazio al Pop che qui si fa cupo, per una vittoria finale di una sintesi clamorosa di qualità. Più che dentro delle bugie ci ritroviamo nella verità della loro classe, nei bagliori psichedelici di una Darkwave sposata per un attimo con la Coldwave…


6 - Deafland


Una canzone come un regalo all’interno del quale assistiamo alla sorpresa di un iniziale approccio “leggero” ma subito bloccato da una slavina di alberi dalla faccia gravata dal dolore, per determinare il valore di un ballo all’insegna di luccichii Darkwave che provengono dall’immersione negli anni Ottanta, soprattutto dati dalla modalità dei Synth che ci riportano ai tempi in cui i Legendary Pink Dots e i primi Clan of Xymox viaggiavano liberi nei nostri ascolti. Poi è tutta la densità del combo di Patras a emergere, riuscendo a fare di questa traccia il manifesto della loro maturazione e mutazione: saprà essere veleno necessario per ogni tipo di sordità…


7 - Bare Inside (feat. Irini Tiniakou)


Si palesa una progressione: sarà lo spoken word parziale di Irini, o qualche mistero che vuole mantenersi tale, fatto sta che i synth e le chitarre qui sono Dèi turbolenti, nervosi, capaci di creare un attrito nei pensieri. La canzone mostra come il viale musicale continui a gonfiare i propri confini: dilatazioni, stili che si abbracciano, nessun attrito, per un fiume nero che mostra il caveau nudo di una creazione davvero intensa. Quando la gioia ha gli anfibi e il cielo pieno di nuvole nere…


8 - The Night in Me


La parte iniziale ci ricorda l’epopea durata pochissima di Valerie Dore, artista molto capace ma troppo presto dimenticata. Quando il cantato di Konstantinos arriva tutto si fa buio, le mani delle visioni entrano nella sua voce che produce una sommossa duodenale: tutta la tristezza vive nella sua tonalità, mentre il drumming inventa piccole diversificazioni che affascinano e un vocalizzo ci riporta ai canti gregoriani. Mentre la chitarra staziona nel grigiore che rende questo brano assolutamente perfetto…


9 - Chains 


“Andare ai Padri”: dal significato, Latino, della città dei due artisti greci, possiamo capire molto di questo pezzo, in quanto emana profumi antichi di appartenenza alla storia dei loro luoghi. Vive uno spirito che sembra morire di stenti, con note consegnate ai synth e alla chitarra per testimoniare un legame, una catena (appunto) con ciò che inevitabilmente appartiene al passato. Perché la musica è un ponte, senza mettere in contatto nessuno se non la bellezza della verità, amara, che Konstantinos e Dionisis sanno, abilmente, rendere fisica. Echi di Ultravox e Klinik sembrano suggerirci il doveroso compito di capire quanto i Grey Gallows siano indispensabili per concepire la chiarezza nei loro confronti. Come una scopa piena di polvere, con piccole tracce Ebm ed elettrodi provenienti dai Kraftwerk, questo terremoto malinconico spazzerà via la finta felicità, mostrandoci la solidità delle catene…


10 - In Eternity


Mancava un brano che fosse accessibile ad alcune presenze inquiete, per quelle anime che ballando cercano i pensieri come ganci nella notte: in questo caso i due lo fanno offrendoci l’eternità. Se prendeste certi momenti dei Camouflage, dei Wire e dei NamNamBulu, in un’assurda insalata musicale, il risultato sarebbe proprio questa canzone, che è il momento storico degli anni Settanta che lasciano il segno per congedarsi abbracciando la decade in arrivo, sino ad arrivare ai Duemila. In una veste che include un romanticismo distorto ma necessario, la poesia sale nella chitarra struggente, che fa piangere anche il più ferreo dei cuori…


11 - Silentium


Ogni finale è connesso al silenzio e il titolo scelto dal gruppo è la perfetta chiosa: una sintesi di ciò che è accaduto con il sapore tetro di una sacralità espressa sin dalle campane iniziali, poi dal synth che spalanca il precipizio, il bisogno di pace che passa attraverso la morte. Come se i Fields of The Nephilim avessero incontrato Cthulhu sulle sponde del Mar Ionio, con i Grey Gallows cerimonieri di una funzione religiosa votata alla consacrazione del trapasso. Lenta e suggestiva, questa lava ipnotica è la definitiva conclamazione di un talento che mai era arrivato a queste profondità. Sparito il movimento danzante, la fluente e ritmica propensione a fare delle loro creazioni anche un compromesso con l'orecchiabilità, quest’ultima traccia è un'esecuzione straordinaria: vengono uccise le anime che si sentono estranee alla decadenza di questo mondo per  conferire direttamente all’infinito. La scelta strategica di posizionarla come ultima regala anche la convinzione che il viaggio attraverso l’immensità del duo avrà una gloriosa continuazione…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Supino

4 Maggio 2023


https://greygallowsgr.bandcamp.com/album/strangers




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