Grey Gallows - Strangers
C’è sempre qualcosa che non ci appartiene, che sembra estraneo a noi stessi: i luoghi, le persone, il tempo. Una sensazione che spesso genera malessere e che viene resa limpida da due creature greche direttamente collegate alla verità, alla concretezza, alla capacità di donarci consapevolezze. Giunti al quarto album, Konstantin e Dionisis spingono sull’acceleratore e ci immergono in un liquido che avvolge i pensieri, li lubrifica e li rende stagnanti per poter meglio comprendere questo sentirci fuori posto, nel campo della dispersione. Compongono un disco denso, dove i confini delle loro qualità emergono e stabiliscono un contatto, un legame e un patto che si configura in una fiducia abile nel dare forza. La stessa che si evince essere assolutamente generosa in queste undici composizioni che definiscono la loro maturità: un lavoro realmente capace di scartavetrare ogni dubbio e di rendere visibile l’ombra del malessere che si è insinuato sul suolo delle nostre esistenze. Due cavalieri che agitano pensieri ma mai consigli: sarà per via della loro terra, sempre in grado di esimersi dall’essere superflua. O sarà, forse, per il talento di rilevare, di essere una base di coscienza che vuole stimolare nuove propensioni. Il suono si è fatto più ruvido, l’elettronica stabilisce il desiderio di una modernità non fine a se stessa, bensì la necessità di uno strumento informativo capibile da molte più persone. Aleggiano nei versi moti di fatica, di aggressione alla stupidità, la volontà di fare della loro arte un trampolino di lancio verso il palazzo mentale nel quale non sentirsi affatto stranieri. Vengono prese di mira le bugie, le oscurità passive, oliate catene mentali e fisiche, viene proposto il desiderio di una vita eterna che tenga conto dei limiti, viene affrontata la gabbia che lubrifica l’inevitabile resa e scoperta una terra sorda, incapace di ascoltare e di collegarsi ai veri bisogni di amalgama. Un viaggio estremo, che evidenzia come i generi musicali (come sempre vicini al sorriso martoriato di quei generosi anni Ottanta) abbiano stavolta provato il desiderio di compiere un balzo in avanti: recuperare la gloriosa storia melodica greca per posizionarla in suoni attuali, per rendere possibile un bilanciamento e una propensione futura, dove tutto si fa ignoto e cupo. Non scherzano i due: i synth e le chitarre sono giudizi che tappano le bocche, sentenze che scuotono, facendo vibrare i sensi verso quel dolore che si pensa sempre di poter evitare. Il cantato di Konstantin è il morso di uno squalo all’interno di frequenze che lasciano scosse elettriche, nella zona baritonale che rende l’addome una cassa che non trasmette, bensì riceve le sue sacerdotali espressioni evocative. Dionisis è un illustratore di scarabocchi mentali in grado di rendere tutto materia, toccabile, per connettersi al suo partner musicale nel gioco, tetro, di saper realizzare un campo visivo che sgomenta e consola al contempo.
Hanno deciso di farsi raggiungere da due voci strepitose, due interpreti che mettono della seta su ogni avamposto di dolore.
Kriistal Ann è una dea tenebrosa, membro dei Paradox Obscur, che sa convertire con la sua voce l'approssimazione umana in una celebrazione immensa di qualità.
Ειρήνη Τηνιακού (più nota come Irini Tiniakou), la voce e la mano su incantevoli synth della band Incirrina, dona il suo vespaio vocale pieno di fasci lunari per rendere ancora più greve l’onda piena di magneti plumbei, per un risultato che rende l’ascolto un sussulto inevitabile.
La scelta dei Grey Gallows di portarle a bordo si rivela vincente, entusiasmante per la continuità del complesso percorso che Strangers offre: chiuso il cerchio, si tratta solo di trovare i respiri per rimanere in vita…
Pazzesca l’intensità, la voracità, la precisione di ogni singolo episodio di questo anfiteatro che sa accogliere il nostro desiderio di essere spettatori di una danza millenaria in caduta libera: il loro palco diventa il nostro strazio, bellissimo e doveroso. Hanno scritto il loro lavoro più completo, meritevole della più profonda e convinta adorazione, perché quando la Darkwave, la Coldwave, il Post-Punk, l’Elettronica si trovano a essere protagonisti, voluti e saggiamente messi in grado di esprimersi, allora il circuito artistico dei due greci va oltre l’elenco sopracitato per divenire una farfalla di vetro con le ali nere: non ci resta che seguire la scia dei loro undici voli…
Song by Song
1 - Strangers
Una tastiera piena di balsamo per i pensieri allarga le braccia: è l’inizio dell’album, dopo cinquantanove secondi il ritmo della drum machine ci porta in dono ciò che lo aveva preceduto e questa certezza, unita alla modalità del cantato, che è un elenco di oscillazioni, ci rende immediatamente consci di vistosi miglioramenti. Una granata, uno sparo, una scheggia uscita da un basso Post-Punk e da un universo elettronico condensato dalle branchie di una Coldwave, famelica di esercitare il ruolo di straniera nel mondo fatto di assenza emotiva, lancia subito il vecchio scriba dentro la consapevolezza che i due artisti greci abbiano abbassato il cielo…
2 - The Cage
Questa plumbea freccia sonora è un palcoscenico dove vengono mostrate le loro nuove inclinazioni, il frutto di un lavoro encomiabile alla ricerca di una modalità che esprima tutta la densità di un sentire l’arte come una ricerca assoluta, dove ciò che si impara non lo si tiene nascosto. Generosa e credibile, la band esplora una fiumana di generi musicali non estrapolando ciò che le potrebbe essere utile, bensì portando il tutto verso una stratosferica manipolazione, miglioria, producendo nell’ascolto la sensazione di una casa che cammina nella nebbia, attraverso synth affamati, capaci di mettere in gabbia la libertà e di farci scoprire il privilegio di una prigionia sensoriale e motoria davvero utile e necessaria. Si danza preoccupati, attenti, sviluppando circuiti di attenzioni che decretano il successo di questa canzone: sia messo agli atti che questo duo è incapace di scrivere sciocchezze e volgarità, mentre, al contrario, ci fa crescere con consapevolezza…
3 - Spirits (feat. Kriistal Ann)
Un parziale rallentamento di ritmo, il synth glaciale che apre le porte a un’eco e poi è una incandescenza opacizzata che, attraverso la voce di Kriistal, si riempie di evocazioni attraversate da limpide inquietudini, spaziando musicalmente dalla capacità di connettere la Coldwave al Synth Pop più triste. Il risultato è che, quando il ritmo cambia, le voci raddoppiate e le abbondanti dosi di elettronica ci spingono verso il cielo, in una corsa per poter incontrare l’anima…
4 - Dying Light
Dying Light è la carta d’identità delle paure, esibite lealmente, dentro domande e passi che attraversano l’ego e la forza, con la morte che mostra l’odore, in avvicinamento.
Ma i due di Patras, Grecia occidentale, si servono di magnifiche sostanze nel pozzo infinito della Darkwave per fare inclinare il tutto nel letto di sangue di una Coldwave ieratica, imponente, definitivamente decisa a dare loro un trono di fiamme gelide.
Rompono il muro che nasconde la verità rivelando il loro talento, dando a noi una danza che si fa scevra di condizionamenti, un batuffolo di cupe propensioni alla ricerca intima di misteri e scoscese camminate per toccare il fondo.
Si piange con equilibrio, si abbassa il capo e si lascia andare via il corpo verso il contatto con la bellezza più pura: quella della dipendenza da una canzone che regala la trasparenza del nostro più intimo segreto…
5 - Lies
Se esiste un contatto con il passato della band greca, forse lo si potrebbe trovare in questo brano, ma poi ci si accorge di come il suono sia più strutturato grazie all’ottimo lavoro di produzione che valorizza la trama musicale e le voci, con i contrappunti dei synth nel ritornello che sono secchi, brevi ma maestosi. Una fluorescenza gotica che concede spazio al Pop che qui si fa cupo, per una vittoria finale di una sintesi clamorosa di qualità. Più che dentro delle bugie ci ritroviamo nella verità della loro classe, nei bagliori psichedelici di una Darkwave sposata per un attimo con la Coldwave…
6 - Deafland
Una canzone come un regalo all’interno del quale assistiamo alla sorpresa di un iniziale approccio “leggero” ma subito bloccato da una slavina di alberi dalla faccia gravata dal dolore, per determinare il valore di un ballo all’insegna di luccichii Darkwave che provengono dall’immersione negli anni Ottanta, soprattutto dati dalla modalità dei Synth che ci riportano ai tempi in cui i Legendary Pink Dots e i primi Clan of Xymox viaggiavano liberi nei nostri ascolti. Poi è tutta la densità del combo di Patras a emergere, riuscendo a fare di questa traccia il manifesto della loro maturazione e mutazione: saprà essere veleno necessario per ogni tipo di sordità…
7 - Bare Inside (feat. Irini Tiniakou)
Si palesa una progressione: sarà lo spoken word parziale di Irini, o qualche mistero che vuole mantenersi tale, fatto sta che i synth e le chitarre qui sono Dèi turbolenti, nervosi, capaci di creare un attrito nei pensieri. La canzone mostra come il viale musicale continui a gonfiare i propri confini: dilatazioni, stili che si abbracciano, nessun attrito, per un fiume nero che mostra il caveau nudo di una creazione davvero intensa. Quando la gioia ha gli anfibi e il cielo pieno di nuvole nere…
8 - The Night in Me
La parte iniziale ci ricorda l’epopea durata pochissima di Valerie Dore, artista molto capace ma troppo presto dimenticata. Quando il cantato di Konstantinos arriva tutto si fa buio, le mani delle visioni entrano nella sua voce che produce una sommossa duodenale: tutta la tristezza vive nella sua tonalità, mentre il drumming inventa piccole diversificazioni che affascinano e un vocalizzo ci riporta ai canti gregoriani. Mentre la chitarra staziona nel grigiore che rende questo brano assolutamente perfetto…
9 - Chains
“Andare ai Padri”: dal significato, Latino, della città dei due artisti greci, possiamo capire molto di questo pezzo, in quanto emana profumi antichi di appartenenza alla storia dei loro luoghi. Vive uno spirito che sembra morire di stenti, con note consegnate ai synth e alla chitarra per testimoniare un legame, una catena (appunto) con ciò che inevitabilmente appartiene al passato. Perché la musica è un ponte, senza mettere in contatto nessuno se non la bellezza della verità, amara, che Konstantinos e Dionisis sanno, abilmente, rendere fisica. Echi di Ultravox e Klinik sembrano suggerirci il doveroso compito di capire quanto i Grey Gallows siano indispensabili per concepire la chiarezza nei loro confronti. Come una scopa piena di polvere, con piccole tracce Ebm ed elettrodi provenienti dai Kraftwerk, questo terremoto malinconico spazzerà via la finta felicità, mostrandoci la solidità delle catene…
10 - In Eternity
Mancava un brano che fosse accessibile ad alcune presenze inquiete, per quelle anime che ballando cercano i pensieri come ganci nella notte: in questo caso i due lo fanno offrendoci l’eternità. Se prendeste certi momenti dei Camouflage, dei Wire e dei NamNamBulu, in un’assurda insalata musicale, il risultato sarebbe proprio questa canzone, che è il momento storico degli anni Settanta che lasciano il segno per congedarsi abbracciando la decade in arrivo, sino ad arrivare ai Duemila. In una veste che include un romanticismo distorto ma necessario, la poesia sale nella chitarra struggente, che fa piangere anche il più ferreo dei cuori…
11 - Silentium
Ogni finale è connesso al silenzio e il titolo scelto dal gruppo è la perfetta chiosa: una sintesi di ciò che è accaduto con il sapore tetro di una sacralità espressa sin dalle campane iniziali, poi dal synth che spalanca il precipizio, il bisogno di pace che passa attraverso la morte. Come se i Fields of The Nephilim avessero incontrato Cthulhu sulle sponde del Mar Ionio, con i Grey Gallows cerimonieri di una funzione religiosa votata alla consacrazione del trapasso. Lenta e suggestiva, questa lava ipnotica è la definitiva conclamazione di un talento che mai era arrivato a queste profondità. Sparito il movimento danzante, la fluente e ritmica propensione a fare delle loro creazioni anche un compromesso con l'orecchiabilità, quest’ultima traccia è un'esecuzione straordinaria: vengono uccise le anime che si sentono estranee alla decadenza di questo mondo per conferire direttamente all’infinito. La scelta strategica di posizionarla come ultima regala anche la convinzione che il viaggio attraverso l’immensità del duo avrà una gloriosa continuazione…
Alex Dematteis
Musicshockworld
Supino
4 Maggio 2023
https://greygallowsgr.bandcamp.com/album/strangers
caro Alex non ci sono parole per descrivere la recensione sempre particolare e minuziosa. Ora bisogna ascoltare l'album. Domenico Pellegrini
RispondiEliminaMa grazie caro Domenico: mi hai dato una gioia immensa❤️
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