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domenica 12 giugno 2022

La mia Recensione: Beach House - Once Twice Melody

 La mia Recensione:


Beach House - Once Twice Melody


Un flusso abbondante di sollecitazioni può avere la pelle morbida, appoggiata sui sogni verso il vuoto, senza paure, seguendo la propria identità con quella leggerezza che conquista soprattutto se stesso. Quando tutto questo avviene si presenta la magia a battere le mani, soddisfatta, per poi concedere un abbraccio tenero, tenerissimo.

Tutto ciò accade con un album che è entrato nella mente dello scriba senza esitazioni. Due ragazzi americani, Victoria Legrand e Alex Scally, capitani della bellezza, abitano da tempo nelle strade dei sogni, del soffio, di maglioni di cashmere su note altrettanto morbide, trasportando dentro i loro solchi tutta la volontà di dare alla musica ancora un’impronta senza macchie scure sulla sua superficie. Once Twice Melody è un respiro dentro le scorribande di onde che vogliono trovare una sosta. I due le fermano e danno da mangiare alle loro melodie: è un incontro tra follia e la semplicità questo disco, una risorsa per l’anima che aspetta carburante buono e non polveri sottili, che inquinano ingannando.

Tra queste diciotto tracce non vi sono falsità, ma sincere propensioni all’avvolgimento, tra un aperitivo e carezze che escono da note rassicuranti.

Come una serie di range dinamici, i due hanno istruito le canzoni a essere navicelle spaziali con il compito di estrarre da ogni buio imperante scintille di luce, per poterle inserire dentro i palmi di questi artisti, maghi del sospiro sonoro, e dipingere sorrisi per poter dipendere da loro.

Tutto diventa uno sguardo contemporaneo, dove non manca nulla: nebbia, tinte chiaroscure, sole stanco, appetiti mentali, storie dalla trama color grigio, onde e delfini nel gioco complice e molto altro ancora. 

Afflussi intuitivi, dinamiche architettoniche notevoli sono spalmati con intelligenza per raggiungere i sensi, dove la possibilità di danzare con gli occhi chiusi conosce grande dimensioni, specialmente domestiche, nel proprio salone, nella propria stanza da letto. Offerta la possibilità di dare alla musica nuovamente un consumo soprattutto personale, viene anche concesso il modo di fare di questo album un abbraccio che esce da quei confini.

Il mood sonoro è chiaro, visita l’incanto dei luoghi umani, quelli interiori, con una spiritualità che si incrocia con una forma elettronica ben distribuita, fiumi delicati ci portano queste onde sonore con precisione e una cura nella produzione di altissima qualità.

Vince un senso equilibrato di reminiscenze mainstream ma mai banali, dove si possono scorgere elementi di contatto con uscite discografiche di due/tre decenni fa, perfettamente assorbite e rielaborate con quegli spruzzi di alcune scelte geniali.

I due ci portano semi di luce senza interruttori, con quella gentilezza che li contraddistingue, angeli educati in luoghi e tempi che non lo sono di certo, conferendo a tutto questo già una medaglia al valore dell’intenzione: essere veicoli di bellezza.

Sono canzoni che escono dal tempo, dalla contemporaneità senza essere una fuga: vi sono elementi di contatto con la realtà ma con una grazia che essa ha solo in piccole dosi, facendo sì che siano brani come miracoli, da benedire e conservare, gelosamente. È un percorso fatto di trasformazioni, di punti di avvicinamento tra le melodie e le buoni vibrazioni, per sentire un abbandono dentro note abilmente messe in condizione di generare raggi solari, morbidezza, per portare lo sguardo verso l’alto con l’impressione di stipulare un patto con l’assenza di gravità, al fine di assentarsi per davvero dalle strutture terresti, così propense alla pesantezza che genera a sua volta oscurità e sporcizia. Questo è un insieme di brani dove trionfa l’attitudine a coinvolgere le singole prelibatezze affinché diventino custodi eterni. I secondi volano, le paure non smettono di vivere, ma all’interno di Once Twice Melody non trovano residenza, rendendo il tutto capace di resistere alle storture quotidiane. Tra compendi vari esiste la certezza di un lavoro che ci fa vivere il passato come possibilità, quasi assurda, di poterlo cambiare perché questa è la magia, l’atto più sconvolgente di composizioni dal tessuto di lino, leggere e svolazzanti, per raggiungere tempi lontani.

La freschezza di quest’opera conduce a territori musicali sempre più intrecciati con eleganza, non dimenticando quell’attitudine pop/shoegaze, sapientemente cucita su synth per farci scoprire connessioni davvero interessanti. Si esce dall’inverno per nutrire la primavera di una nuova luce, il sapore della leggerezza si impossessa di questa coppia di anime per poter farci sognare.

Non vi resta che ubriacarvi con lentezza, traccia dopo traccia, con gli occhi chiusi e i sogni aperti…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

12 Giugno 2022


https://open.spotify.com/album/2eTxZYoqIv4MoLqwh73qvo?si=U4kq70g2S7WVB0Ue9Gt93Q








My Review: Beach House - Once Twice Melody

 My Review:


Beach House - Once Twice Melody


An abundant flow of solicitations can have a soft skin, leaning on dreams toward emptiness, without fear, following its identity with that lightness that conquers above all itself. When all this happens magic appears to clap its hands, satisfied, later granting a tender, very tender embrace.

Everything occurs with an album that entered the scribe's mind without hesitation. Two American youngsters, Victoria Legrand and Alex Scally, captains of beauty, have long dwelt in the streets of dreams, of the inspiration, of cashmere sweaters on equally soft notes, carrying within their grooves all the will to still give music an imprint without dark spots on its surface. Once Twice Melody is a breath within the incursions of waves that want to find a pause. The two stop them and feed their melodies: this record is a meeting between madness and simplicity, a resource for the soul that waits for good fuel and not fine dust, which pollutes by deceiving.

Among these eighteen tracks there are no falsehoods, but sincere propensities for envelopment, between an aperitif and caresses coming out of soothing notes.

Like a series of dynamic ranges, the two have instructed the songs to be spaceships with the task of extracting sparks of light from any prevailing darkness, in order to be able to place them inside the palms of these artists, wizards of sonic sighing, and to paint smiles so that we can depend on them.

Everything becomes a contemporary gaze, where nothing is missing: fog, light and dark shades, a tired sun, mental appetites, stories with gray textures, waves and dolphins in a complicit play, and much more. 

Intuitive flows, remarkable architectural dynamics are intelligently spread to reach the senses, where the possibility of dancing with eyes closed knows great dimensions, especially domestic, in one's living room, in one's bedroom. Granted the opportunity to give music again a primarily personal fruition, the possibility is also offered to make this album an embrace that goes outside those boundaries.

The sonic mood is clear, visiting the fascination of human places, the inner ones, with a spirituality intersecting with a well-distributed electronic form, gentle rivers bring us these sound waves with precision and care in the production of the highest quality.

A balanced sense of mainstream but never trivial reminiscences wins, where one can discern elements of contact with record releases of two/three decades ago, perfectly absorbed and reworked with those splashes of some brilliant choices.

The two bring us seeds of light without switches, with that kindness that distinguishes them, polite angels in places and times that certainly are not, giving all this a medal to the value of the intention: to be vehicles of beauty.

These are songs that come out of time, out of contemporaneity without being an escape: there are elements of contact with reality but with a grace that it has only in small doses, making them tracks like miracles, to be blessed and preserved, jealously. It is a path made of transformations, of  points of approach between melodies and good vibrations, with a view to feel an abandonment within notes skillfully put in a condition to generate sunbeams, softness, to bring the gaze upward with the impression of entering into a pact with the absence of gravity, in order to absent oneself for real from earthly structures, so inclined to heaviness that in turn generates darkness and dirt. This is a work in which the attitude of engaging individual delicacies so that they become eternal custodians triumphs. Seconds fly by, fears do not cease to live, but within Once Twice Melody they find no residence, making the whole capable of withstanding everyday distortions. Among various compendia there is the certainty of a work that makes us experience the past as a possibility, almost absurd, to be able to change it because this is the magic, the most unsettling act of compositions with a linen texture, light and fluttering, to reach far-off times.

The freshness of this record leads to more and more elegantly woven musical territories, not forgetting that pop/shoegaze attitude, masterfully sewn on synths to make us discover really interesting connections. It comes out of winter to feed spring with a new light, the flavor of lightness takes possession of this pair of souls in order to make us dream.

You just have to get slowly drunk, track by track, with your eyes closed and your dreams open....


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

12th June 2022


https://open.spotify.com/album/2eTxZYoqIv4MoLqwh73qvo?si=U4kq70g2S7WVB0Ue9Gt93Q







martedì 17 maggio 2022

La mia Recensione: Adami - Cosentino - Roversi / Praha

 


La mia Recensione 


Adami - Cosentino - Roversi / Praha 


“Non ricorderai i passi che hai fatto nel cammino
ma le impronte che hai lasciato.”
(Anonimo)


C’è una strada che chiede di essere mostrata, insieme alla modalità.

Il sudore, l’aria umida, le correnti, i disagi, le reazioni conseguenti: nel mondo che si surriscalda e dove tutto è affidato alle emozioni nessuno pensa a proteggere la mente, sempre più corrotta e resa debole dai gusti.

Arriva, però, un progetto artistico che sa fare quello che sembra ormai una memoria antica: prendersi cura, con la creazione di canzoni, di ciò che conosce la rottamazione.

Tre anime, tre percorsi nobilissimi si trovano a sviluppare il senso di compattezza, come dottori della cronica malattia della musica che si è smarrita.

Ed ecco PRAHA, un cobra dalle pelle fluida, che nuota cibandosi di correnti musicali riuscendo a incuriosire e alla fine nutrire chi lo ascolta.

Illumina per la sua coerenza, compattezza, versatilità, per la sapiente capacità di connettere ciò che lo ha preceduto, sviluppando idee proprie che risultano essere decisive per fare di questo disco un incontro con la piacevolezza, che alla fine è il pane dell’anima.

Ideato, curato, prodotto con grande professionalità, merita di attraversare le vostre stanze, di trovare un posto sulla vostra pelle e nel vostro involucro.

Con riferimenti che arrivano dagli anni 80, tutto si presenta fresco, pieno, con la consapevolezza di trucchi e capacità che devono andare incontro all’esigenza moderna che desidera una parte elettronica a prescindere.

Ed in questo lavoro la troviamo, equilibrata e non strabordante..

Convivono tra le tracce sapori intensi, dilatazioni, un senso di curiosità nei confronti delle proprie note che a volte sembrano rimpicciolirsi, altre avere uno slancio per allungarsi a proteggere la propria identità che non basta a se stessa. 

Sono compresi momenti di fuoco, di ghiaccio etereo, come se la world music incrociasse lo sguardo del progressive, piantando la bandiera della conquista su trame che comprendono un abito pop che sembra uscire da un Synthpop nascosto.

Se cercate l’evidenza lasciate perdere: nelle nove tappe sono i rimbalzi di luce a tenere tutto vivo, ma i colori li si trovano studiando, facendo dell’ascolto una lezione di alto livello. Si diventa girovaghi delle sorprese, delle conferme, qualcosa che assomiglia a una attitudine iniziatica verso ciò che appare diverso, come un cammino in cui cambiano anche i mezzi per percorrere le strade e non solo i luoghi incontrati. Permane, dopo molti ascolti, la convinzione che altre forme artistiche siano all’interno di PRAHA, nascoste per poter far brillare meglio ciò che è evidente all’occhio mettendolo in condizione di percepire e capire. Le mani sapienti dei tre, la loro esperienza e la forza d’urto di una cultura che deve sempre avere nella sua identità l’urgenza di allargare gli incontri con la conoscenza, consentono di fare delle canzoni pezzi di creta, in un manipolazione che svela non solo il talento ma la profondità, il senso di questo progetto. Un album come una cascata silente: lo ascolti e ti ritrovi in una zona complessa, perciò meritevole, di bolle d’acqua che corrono per rendere muta la bocca ma accesa la mente che incomincia a trarne beneficio. Più di una terapia perché questo non è il compito principale della creazione musicale. Questi artisti esperimentano per individuare ciò che occorre definire e tutto esce dal loro laboratorio con la faccia serena, quasi spavalda perché questo percorso è una gravidanza di un piacere che nasce quando lo si comprende. Il lascito è un bolo musicale che sale alla mente, salta giù sino alle gambe, con ritmi diversi, con solidità, per depositarsi nella zona sicura della piacevolezza. Si impasta come se le stagioni fossero ancora aggrappate alla loro storicità e fossero intenzionate a combattere la devastazione di un cambiamento a cui non opponiamo resistenza. PRAHA ci aiuta a connetterci con la spiritualità, con assoli termici di grande spessore, con strutture che spaziano per portarci in un luogo che non conosciamo. Questo è il reale compito della musica: il cambiamento del nostro posizionamento. Eccoci, sognanti e ballerini, con le storie che hanno le loro ragioni per uscire dal laboratorio ed essere condivise, come una pennellata di vita che giunge improvvisa. Gli arrangiamenti potenziano, rivelano ancora di più la struttura, l’epicentro di una forza che è la costante di tutto questo disco. Come pulviscoli senza peso, i secondi passati in questi nove tuffi regalano leggerezza pop con testi mai banali, associazioni sonore e stili musicali come un afflato che non spettina le nostre malate abitudini, bensì lo stratagemma per imparare che altre forme possono divenire veicoli che costruiscono capacità diverse. Ci è voluto del tempo per giungere alla perfezione, nessun percorso artistico può essere breve perché i veri artisti prendono appunti, studiano, misurano gli elementi e li inventano per dare un volto al tempo. 

Eccolo, si chiama PRAHA, un impulso dalla pelle balcanica, poi orientale, poi moderna, poi misteriosa, che come una nube cambia l’intensità della luce, della sua pelle, come camaleonte senza divisa né obblighi. 

Andiamo allora a visitare questa esperienza progressive pop, con tutta la serenità che spero questo scritto vi abbia regalato per dare alle pareti dei nostri ascolti nuovi palazzi mentali in cui inserire questa fiumana di incanto.



Canzone per canzone 


Spiritual Climax


Il mondo dei suoni, dei suoi luoghi è ciò che caratterizza la opening track, mantra che evoca luoghi che cercano il contatto: dall’Africa alla Scozia, c’è un filo che li tiene a portata di sguardo, con il basso che ferocemente alza la voce per consegnare alla tastiera e al cantato un arco melodico nel quale sognare. La voce di Adami trova nella sua potenza la capacità di essere evocativa e la chitarra semiacustica le dà un sostegno amichevole, con un approccio che partendo dal folk si collega a quella elettrica di matrice rock wave.



Show Me The Way


Ci sono ballads dalla propensione sensuale: si nutrono del gioco delle voci, delle linee che salgono sull’areo delle possibilità e abbandonano la propria natura iniziale per andare a tuffarsi in giochi stilistici che divengono abbracci. Brano multiplo, dalla faccia che mostra curiosità nella mutazione della propria pelle, con solidità ritmiche ed un solo di chitarra che graffia, come figlia profuga di Robert Fripp. Esiste una grande attenzione alla ritmica pulsante, alla complessità della composizione che allarga il sorriso a un rock che progressivamente lascia petali di luce 70’s.


In Your Eyes


Prendi gli Who, mettili in una discoteca, falli ballare con Lou Reed e gli U2: ma è solo l’inizio di questa favola dei sensi che insegna la profondità di anime allo specchio, alla ricerca di un contatto. Su pattern ed un loop elettronico che ammalia, in questi minuti si notano le capacità di connettere alla melodia ridotta all’osso all’inizio l’incanto di una sezione di archi che quando arriva stupisce. Ed è volo su note come schiocco di una frusta gentile. 



Mum


Quando l’atmosfera invoca il rallentamento, la dolcezza di un David Sylvian dal vestito World Music, l’impatto è da brividi, veicola tenerezza con le voci che si impastano perfettamente. Con il registro che si innalza, tutto progredisce e l’atmosfera cambia, portando il brano tra le strade di un Peter Gabriel etnico e di ottimo umore. Se il Progressive vuole restare in vita deve prendere spunto anche da questa canzone, in certi suoi momenti, dove tutto è un accogliere le possibilità di sviluppo.



The Idol (Prelude)


Torna Sylvian, con Ryūichi Sakamoto, in questo passeggiare pomeridiano, con la malinconia sorridente su note che cavalcano e sorpassano i sogni. Si avvertono emozioni dalla lunga ombra bianca: un componimento che convalida ed esprime al massimo l’interazione tra la canzone e i musicisti, capaci in 192 secondi di consumare le energie del ritmo e di farci porre invece la riflessione sulla lentezza, sempre più necessaria.



The Idol


Dopo il brivido iniziale di Kraftwerk con la finestra aperta sul cielo italiano, il brano si sposta, viaggia dentro una cavalcata dalle piume capaci di volare leggere, per poi incontrare una chitarra dalla voce bassa che rallenta il tutto e l’atmosfera si macchia di un catrame elettronico/dance dai fianchi torniti, che ci rende sognanti danzando.



All You Can Feel


Il mio vertice di preferenza risiede in questo arcobaleno dei sensi che veste il brano: la perfezione degli incroci degli strumenti, la cura degli intarsi, il senso di compattezza che regna tra i tasti del piano accarezzati come un bacio e il vigore di ritmiche e chitarre piene di fiato. La struttura è un ricamo di classe, capace di spaziare e di rendere il tutto elegante in un amalgama vistoso.



Everything 


Un potenziale hit radiofonico porta l’estate nei pensieri e l’aria l’accoglie felicemente. Questo combo di tre fuoriclasse sfodera la canzone che li può condurre alle masse. Come un ghiro che si scioglie con il basso quasi funky, il piano che ci fa danzare ad occhi aperti e la voce come un gabbiano in cerca di un volo come un acuto necessario,   tutto procede per arrivare alla parte che seduce per quel tocco di musica classica che non puoi immaginare, per poi dare alla chitarra ritmica il vestito rock che invece sì che desideravi. Ed ecco che tutto si sublima nel percorso di secondi ricchi di sale, che è ciò che dà sapore. 



Return Home


Il congedo arriva con una chicca dal sapore autunnale, con il lavoro di Adami che con le sue corde vocali riesce con grande capacità a saldare la musica, che è una esibizione di classe di un lenzuolo di raso che vuole fare le capovolte tra le nubi. E il finale è in mano alla chitarra che si inchina e ringrazia per il nostro ascolto. Una chiosa assolutamente perfetta!


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

17 Maggio 2022


https://adamicosentinoroversi.bandcamp.com/album/praha






mercoledì 30 marzo 2022

My Review: Sofsky - Sofsky

 My Review:


Sofsky - Sofsky


A pile of books, two encyclopaedias, the desire to light the fire of memories left to rest and an infinite need to listen to how the night sings songs to the heart.

These are years of electric torches, of neon, of unnatural illuminations that deceive and therefore hurt: I want the lights of lucubration and emotion coming from the sky.

I take my memory and pretend to be on a trip to Lugano, a town I really loved a long time ago, and I crouch down to listen, something that immediately becomes an experience of the senses flirting with each other without hesitation.

In this valley that seems like an ocean at high altitude, five souls completely satisfy me: their name is Sofsky and they have a degree in Beauty and Perfumes.

Because, when music is really beautiful, it smells of uniqueness, invigorating and strengthening the most intimate desires.

In these ten compositions, shades of blue dwell on the skin of grey, because softness and infinity meet melancholy and loneliness.

One jumps in one's seat since questions and amazement grow, in these diamond seconds full of edges softened with wisdom and skill, to convey the feeling that every moment can escape from our ability to understanding.

We should give the word 'delirium' a beautiful meaning: Sofsky modernise the terms because they govern everything that is stale, dirty, unimportant. 

There are sonorous embraces of decades and genres that like cunning wisemen show only hints: it is up to us to become truffle dogs and get our hands dirty to find the secrets of the art of the Lugano guys in depth.

And so, like a book that lights up the heart, in these electric shocks we find the colours of time, the flights of images that separate beauty from filth, we enter the tunnel of night light which illuminates the increasingly dull conscience.

You find yourself crying profusely, you dance like yellow sheep in front of the moonbeams, you reflect like human beings who are constantly brought to light  with this album and you lose yourself with tons of pleasure and spasms.

You listen to it and it seems that places arise in that moment after an earthquake that has silenced everyone. You continue to be silent but this time with shivers, a sensory act that is activated by these voices that are subtle and soft cramps, by this guitar and keyboards that are the queens of enchantment, by the bass and drums that specify everything like dancers with time firmly in their fists, in very capable hands.

Everything is refined, cultured, free, structured so well that it seems you are drinking a red wine produced by the vineyards of the clouds.

Small hints of electronic music give this work the specification of a spectacular debut, where the guitar reigns but without overdoing it.

In silent Lugano, this celestial identity and propensity to create miracles emerges, to close one’s being with the conviction that the true opening towards oneself is represented by the welcoming of all this.

Everything that seems familiar and well-known lasts very little: it is useless to waste time on quotations and comparisons, because we are fed by the show of a mountain swimming in the universal basin of clear and brilliant emotions.

Now in the silence of listening we can witness what sound and smell a monologue of sensuality and polite impetuosity has.

We visit these creatures as students with a stylus pen and the awareness that music is the only miracle that can be repeated without pause and that does not need invocations and prayers: Sofsky are a sign of peace in the belly of a night that through rich melodies electrifies and suspends anxiety.

Off we go then: because talking about perfect things is the right occasion to feel life again as a plain where the wind carries drops of sea and not only of lake...



Song by song


Sleep Cat


In just a few seconds the guitars and voices become streamers for a flight that with an initial Postrock, which includes a nice change of pace, glides towards the final coda with a resounding Shoegaze vortex.



Slowly Breaking


They are able to be versatile and surprising: this song is a poem that colours the skin, a classy performance for the ups and downs, the flights that bring us intense views full of nostalgia. Flavio Calaon's keyboards with Stefano Chiassai's guitar are a frenzy of light, where the other two members know how to delight us in an equally amazing way.



Clusterphobia 


The richness of their talent leads us to open our wings, like a golden eagle that is capable of being gentle. Giona Mattei's bass is a polite but powerful witch, while Nicola Poretti's vocals remind us that one can do better than in the past: they manage to make shoegaze even more interesting by this method that gives it more pathos.



Paradox


The hat flies high because of the emotion, the astonishment, the sense of lightness that embraces heaviness: in this seductive and powerful track, which includes a change that makes you cry like children who have been deprived of their jam, everything happens when there are two minutes and fourteen to go and you are catapulted with an initial Postpunk approach on a new planet. Then it's shoegaze guitars that show their beauty, in contrast with vocals that are Alternative, almost rock. A gem.



Her Shoes Are Wings to Fly


Mouth still wide open, the surprises continue with this song with a bitter taste, a lead arrow that pierces our fears. Undoubtedly their highest moment for the ability to combine their talent with their artistic planning. You can't resist this flash that takes in different musical genres and turns them into a blue, eternal diamond. 

Keyboards seem to suspend your breath, the guitar is a wound that like an oil painting suspends your fatigue, the rhythm section is simply perfect and vocals an extraordinary dreamlike experience.



Different Keys


Indie rock knows how to change its skin with the guys from Lugano and here it goes for a ride in the 90s and then jumps into the present with extreme ability. It's a track that expands our lungs and once again makes us feel the depth of the lyrics, which to tell the truth is such throughout the album. And falsetto, unexpected and soft, gives everything an elegant dress. Class.



Mon Ologue 


How beautiful is the intense amazement that we experience with the beginning: we are enraptured  by keyboards and vocals. Then, as if trip-hop could become less predictable, here it is associated with a guitar that is a drop of water in the air.



Origami Dog


Jeff Buckley's most secret postpunk appears in the first few seconds and then goes away like a Dreampop dance appearing in the beautiful Swiss mountains.

These guys know, have studied and have found their style, which is remarkable and gives joy and dreams.

Traces of Adorable from the album 'Fake' in vocals offer even more magic. Immense.




Tennis Table


Ask who Roxy Music, Can, Durutti Column were, and then look to Lugano: everything evolves to take a path of great excitement mixed with melancholy, a run that is first slow and then faster, and we find ourselves among the clumps of ecstatic grass. You can't be without this rich display of beauty.




Whirlpool 


For a moment we fly back to England, to the early 90s, when Shoegaze and Dreampop could coexist without problems.

As the last track of this gem, the atmosphere sounds like a "bye, see you soon", giving us a listening addiction that we bless.

Generous and heartfelt vocals cling to a music that, starting with a syncopated rhythm, reaches a lightness that makes us think.


A debut to be applauded continuously, a standing ovation more than deserved: come on, take your bags and have a nice trip in the mountain of dreams and thoughts that these five guys can offer with great generosity.


Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford

March 30th, 2022


https://sofsky.bandcamp.com/album/sofsky



La mia Recensione: Sofsky - Sofsky

 La mia Recensione:


Sofsky - Sofsky


Una pila di libri, due enciclopedie, la voglia di accendere il fuoco delle memorie lasciate a riposo e una infinita necessità di ascoltare come la notte canti canzoni al cuore.

Sono anni di torce elettriche, di neon, di illuminazioni non naturali che ingannano e che quindi fanno male: io voglio le luci dell’elucubrazione e dell’emozione provenire dal cielo.

Prendo la mia memoria e fingo una trasferta  a Lugano, cittadina da me amata molto in un tempo lontano, e mi accuccio nell’ascolto che diviene subito esperienza dei sensi che flirtano tra loro senza tentennamenti.

In questa vallata che sembra un oceano in quota ecco che cinque anime mi soddisfano completamente: si chiamano Sofsky e sono laureati in Bellezza e Profumi.

Perché quando la musica è davvero bella allora profuma di unicità, rinvigorendo e rafforzando le voglie più intime.

In queste dieci composizioni abitano sfumature di blu sulla pelle del grigio, perché la morbidezza e l’infinito incontrano la malinconia e la solitudine.

Si sobbalza sulla poltrona perché le domande e lo stupore crescono, in questi secondi diamantati e pieni di spigoli resi morbidi con sapienza e volontà, per poter dare la sensazione che ogni attimo possa scappare dalla nostra capacità di comprensione.

Dovremmo conferire alla parola “delirio” un significato bellissimo: i Sofsky modernizzano i termini perché governano tutto ciò che è stantio, sporco, privo di importanza. 

Ci sono abbracci sonori di decadi e generi che come astuti saggi mostrano solo degli accenni: tocca a noi divenire cani da tartufo e sporcarci le mani per trovare i segreti dell’arte dei ragazzi di Lugano in profondità.

E allora come un libro che accende il cuore in queste scosse elettriche troviamo i colori del tempo, i voli delle immagini che separano la bellezza dalla sporcizia, si entra nel tunnel della luce notturna che illumina la coscienza sempre più sopita.

Ci si ritrova a piangere copiosamente, si danza come pecorelle gialle di fronte ai raggi lunari, si riflette come esseri umani che nascono continuamente con questo album e ci si perde con tonnellate di piacere e spasmi.

Lo ascolti e pare che le località emergano in quel momento dopo un terremoto che ha zittito tutti. Si continua a tacere ma stavolta con i brividi, un atto sensoriale che viene attivato da queste voci che sono crampi sottili e morbidi, da questa chitarra e dalla tastiera che sono le regine dell’incanto, dal basso e dalla batteria che specificano il tutto come ballerini con il tempo saldamente in pugno in mani davvero capaci.

Tutto è raffinato, colto, libero, strutturato così bene che sembra di bere un vino rosso prodotto dalle vigne delle nubi.

Piccoli accenni di elettronica donano a questo lavoro la specificazione di un debutto spettacolare, dove la chitarra regna ma senza strafare.

Nella silente Lugano emerge questa celestiale identità e propensione a creare miracoli, a chiudersi con la convinzione che la vera apertura verso se stessi sia accogliere tutto questo.

Tutto ciò che ci sembra famigliare e noto dura pochissimo: inutile perdere tempo in citazioni e paragoni perché ci si ciba dello spettacolo di una montagna che nuota nel bacino universale di emozioni limpide e brillanti.

Ora nel silenzio dell’ascolto possiamo essere testimoni di che suono e odore abbia un monologo di sensualità e irruenza educata.

Visitiamo queste creature come studenti con la penna a stilo e la consapevolezza che la musica sia l’unico miracolo che si può ripetere senza fare soste e che non abbisogna di invocazioni e preghiere: Sofsky è un segno di pace nel ventre di una notte che attraverso melodie corpose elettrizza e sospende l’ansia.

Via allora: ché parlare di cose perfette è l’occasione giusta per sentire la vita ancora come una pianura dove il vento porta gocce di mare e non solo di lago…





Song by song


Sleep Cat


In pochi secondi le chitarre e le voci diventano stelle filanti per un volo che con un iniziale Postrock, che contempla un bel cambio ritmo, plana sulla coda finale con un clamoroso vortice Shoegaze.



Slowly Breaking


Sanno essere versatili e sorprendenti: questo brano è una poesia che colora la pelle, una esibizione di classe per i saliscendi, i voli che ci portano panorami intensi e pieni di nostalgia. La tastiera di Flavio Calaon con la chitarra di Stefano Chiassai sono un delirio di luci, dove gli altri due componenti sanno deliziarci in un modo altrettanto strepitoso.



Clusterphobia 


La ricchezza del loro talento ci conduce ad aprire le ali, come un’aquila reale che sa essere gentile. Il basso di Giona Mattei è una strega educata ma potente, mentre il cantato di Nicola Poretti ci ricorda che si può migliorare rispetto al passato: riesce a rendere lo Shoegaze ancora più interessante per questo metodo che conferisce maggior pathos.



Paradox


Il cappello vola in alto per via dell’emozione, dello stupore, del senso di leggerezza che abbraccia la pesantezza: in questo brano seducente e potente, che include un cambiamento che fa piangere come bambini ai quali si è tolta la marmellata, tutto accade quando mancano due minuti e quattordici alla fine e si è catapultati con un approccio Postpunk iniziale in un nuovo pianeta. Poi sono chitarre Shoegaze che mostrano la loro bellezza, con in contrasto il cantato che è Alternative, quasi rock. Un gioiello.



Her Shoes Are Wings to Fly


La bocca ancora spalancata, le sorprese continuano con questa canzone dal gusto amaro, una freccia di piombo che attraversa le nostre paure. Senza dubbio il loro momento più elevato per la capacità di coniugare il loro talento con la loro progettualità artistica. Non puoi opporti a questo lampo che accoglie diversi generi musicali e li trasforma in un diamante blu, eterno. 

La tastiera sembra sospendere il respiro, la chitarra è una ferita che come un dipinto ad olio sospende la fatica, la sezione ritmica semplicemente perfetta ed il cantato una esperienza onirica straordinaria.



Different Keys


L’indie rock sa mutare la pelle con i ragazzi di Lugano e qui va a farsi un giro negli anni 90 per poi saltare nel presente con estrema capacità. Un brano che allarga i polmoni e ancora una volta ci fa sentire la profondità dei testi, che a dire il vero è tale per tutto l’album. Ed il falsetto, inaspettato e morbido, dona al tutto un vestito elegante. Classe.



Mon Ologue 


Che bello è lo stupore intenso che viviamo con l’attacco iniziale: tra la tastiera e la voce siamo rapiti. Poi, come se il trip-hop potesse diventare meno prevedibile, accade che qui si associa ad una chitarra che è una goccia d’acqua nell’aria.



Origami Dog


Il Postpunk più segreto di Jeff Buckley appare nei primi secondi, per poi andarsene via come una danza Dreampop che si manifesta nelle splendide montagne svizzere.

I ragazzi sanno, hanno studiato e hanno trovato il loro stile, che è notevole e regala gioia e sogni.

Tracce di Adorable dell’album “Fake” nel cantato per offrire ancora più magie. Immenso.




Tennis Table


Chiedi chi erano i Roxy Music, i Can, i Durutti Column e poi guarda a Lugano: tutto si evolve per prendere un sentiero di grande effervescenza mista alla malinconia, una corsa prima lenta e poi più veloce, e ci ritroviamo tra i ciuffi di erba estasiata. Non puoi stare senza questa ricca dimostrazione di bellezza.




Whirlpool 


Per un attimo si vola in Inghilterra, all’inizio degli anni 90, quando lo Shoegaze e il Dreampop sapevano convivere senza problemi.

Come ultimo brano di questo gioiello l’atmosfera sembra un “ciao, ci vediamo presto”, per donarci una dipendenza dall’ascolto che benediciamo.

Un cantato generoso e sentito si appiccica ad una musica che, partendo dal ritmo sincopato, arriva ad una leggerezza che ci fa riflettere.


Un esordio da applausi continui, una standing ovation più che meritata: forza, prendete le valigie e fatevi un bel viaggio nella montagna dei sogni e dei pensieri che i cinque sanno offrire con grande generosità.


Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford

30 Marzo 2022


https://sofsky.bandcamp.com/album/sofsky





giovedì 24 marzo 2022

La mia Recensione: Jo Beth Young - Adversity

 La mia Recensione 


Jo Beth Young - Adversity


Il cuore di un essere umano non è diverso dall’anima del cielo e della terra. Nella tua pratica tieni sempre nei tuoi pensieri l’interazione tra cielo e terra, acqua e fuoco, yin e yang.
(Morihei Ueshiba)


La ricerca di una filosofia che porti ad un equilibrio personale è al giorno d’oggi una follia per molti: si allunga la lista dei contrari, degli scettici, e si creano forze assurde per contrastare tutto questo.

Può arrivare però la magia di una intenzione sostenuta da una perla che sembra discendere dal cielo, priva di paura, forte come un tuono, elegante come un sorriso orientale.

Jo Beth Young è un angelo la cui voce sembra un coro che ispira le muse del cielo: insieme al suo progetto, perfettamente centrato in questa canzone che precederà l’album Broken Spells, rimane il brivido di un miracolo che per risultare tale ha chiamato a sé Peter Yates dei Fields Of The Nephilim e Ben Roberts.

Si respira sacralità in viaggio lento, con l’elettronica che sussurra parole d’amore al trip-hop e alla world Music per secondi che sembrano aprire le mani del cuore e riescono a convincere la mente che solo nell’equilibrio vi è la possibilità di contemplare se stessi e i propri dintorni.

Musica come un mantra a cui risulta impossibile resistere: Jo lancia le sue parole come uno stormo di uccelli in una emigrazione precisa, verso il proprio benessere.

E ascoltarla diventa poesia e incanto, una ginnastica della mente che lascia piacevolmente il fiato più breve.

Sin dall’inizio del brano si percepisce come la sua voce, pacifica e piena di veli, possa mostrare con fierezza una somiglianza iniziale con la Regina del Punk Siouxsie, ma velocemente si sente tutta la sua timbrica che non può essere paragonata a nessuno e allora si è conquistati definitivamente: si aprono le scie del cielo con beats leggeri, la chitarra di Peter Yates diventa un vetro che mostra tutta la sua anima, come una mano che gravita attorno a questa voce che non smette di alzarsi in volo per poter includere un canto alla dea buddista della compassione, Kuan Yin.

Ed è meraviglia: tutte le opposizioni si sciolgono davanti all’impeto educato di una natura che cerca la luce e la pace e che si accuccia dentro la voce di Jo.

Fremiti, calore, magia: sciolgono le resistenze e prendono residenza dentro questo scrigno che si chiama Adversity, una pagina nuova, che ci ruba gli occhi per poter concedere un abbraccio al mondo.

E poter leggere quella ricchezza che Jo ci ha generosamente offerto è decisamente un colpo di fortuna che non ci aspettavamo.


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

24 Marzo 2022





 My Review 


Jo Beth Young - Adversity


The heart of a human being is no different from the soul of heaven and earth. In your practice always keep in your thoughts the interaction of heaven and earth, water and fire, yin and yang.

(Morihei Ueshiba)


The search for a philosophy that leads to personal balance is crazy for many people nowadays: the list of opponents and sceptics is getting longer and absurd forces are created to counteract this.

However, the magic of an intention backed by a pearl that seems to descend from the sky, fearless, strong as thunder, elegant as an oriental smile, can arrive.

Jo Beth Young is an angel whose voice sounds like a choir inspiring the muses of heaven: with her project, perfectly centred in this song that will precede the album Broken Spells, there is the thrill of a miracle that, to be such, has summoned Peter Yates of Fields Of The Nephilim and Ben Roberts.

You can breathe sacredness in a slow journey, with electronic music whispering words of love to trip-hop and world music, for seconds that seem to open the hands of your heart and which manage to convince the mind that only in balance one can have the possibility of contemplating oneself and one's surroundings.

Music like a mantra that is impossible to resist: Jo launches her words like a flock of birds in a precise emigration, towards her own well-being.

And listening to her becomes poetry and enchantment, a gymnastics of the mind that pleasantly leaves you short of breath.

Right from the start of the track you can feel how her voice, peaceful and full of veils, can proudly show an initial resemblance to the Queen of Punk Siouxsie, but quickly you hear all her timbre, which cannot be compared to anyone else, and then you are definitely seduced: the trails of the sky open up with light beats, Peter Yates' guitar becomes a glass that exhibits all its soul, like a hand gravitating around this voice that never stops taking flight to include a chant to the Buddhist goddess of compassion, Kuan Yin.

And it is a wonder: all oppositions melt away before the polite enthusiasm of a nature that seeks light and peace and curls up within Jo's voice.

Tremors, warmth, magic: they dissolve resistance and take up residence inside this treasure chest called Adversity, a new page, which steals our eyes in order to give an embrace to the world.

And to be able to read that richness that Jo has generously offered us is definitely a stroke of luck that we did not expect.


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

24th March 2022






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