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sabato 9 aprile 2022

La mia Recensione: Estetica Noir - This Dream in Monochrome

 

La mia Recensione 


Estetica Noir - This Dream In Monochrome


Facile essere eristico oggi in un mondo sempre più distante da se stesso.

Alcune anime cercano il contatto, altre si richiudono nel proprio vuoto facendo affondare i sogni degli altri. 

E ci sono sguardi che notano questo e annotano tutto il meccanismo di cadute verticali senza freni.

Arriva allora il momento dell’inquietudine, di una magnetica aberrazione galoppante, di atomi di felicità impolverati, solitari e decadenti.

Ecco che l’essere solipsista diventa la prassi di umani destinati all’oblio, freddamente connessi all’affanno.

Da Torino, la culla gotica e post-punk di non antica memoria, giunge una band a mostrarci tutto questo con un album chirurgico e liturgico, dove la consolazione nasce dalla precisione di fatti e suoni straordinariamente compattati per un effetto finale estremamente (direi anche purtroppo) preciso di ciò che sta accadendo.

E questo secondo lavoro ci mostra una band maggiormente intenta a coniugare l’elettronica e il suo immancabile bisogno di circoscrivere l’identità in una Darkwave sempre più contaminata.

Forse un gruppo meno oscuro rispetto al passato, musicalmente parlando, però sono ben evidenti segnali di preoccupazione che conducono la scrittura dentro una campana di vetro di color grigio.

Le chitarre subiscono il fascino di un rock dalle unghie nere, la voce è una lapide seducente che sa anche accarezzare.

Rimane la sensazione che la loro costante ricerca della verità li conduca saltuariamente nei territori industrial, più nel mood che nella musica.

Un senso piacevole di irrequietezza permea il tutto per conferire a questo lavoro un notevole approccio ad un addio più che mai necessario nei confronti dei sogni.

La melodia si presenta ed è la luce dell’universo che non conosce il giorno, dove i raggi appartengono alla storia, come se i millenni fossero compagni di ombre e paure.

Nessuna connessione con altre band italiane che copiano e incollano questo genere di musica: vi è una identità che si discosta da tutto ciò donandoci la gioia di poterli definire come battaglieri, resistenti, coraggiosi.

Un album opimo che conduce ad una gioia che non fa sorridere bensì riflettere: canzoni come carta vetro che tolgono il superfluo e snelliscono la mente. Come ricevere in regalo una spruzzata di tenebra consapevole e attiva: un’amica fedele che sa togliere ogni danno che le illusioni creano.

Un album crudo ma elegante, che può essere utilizzato se si vogliono escludere tendenze allo spreco: i ragazzi di Torino avanzano dentro il sistema nervoso centrale, offrendo accurate sonorità che precise come un sorriso diabolico ci rendono snelli e pragmatici.

La città Sabauda torna a presentare al mondo una band che può lasciare questa landa per conquistarne altre lontane: che la gloria sia con loro.

Spegnete le candele, perché ora viaggeremo verso le loro dieci impronte sonore e compiremo un percorso intenso dentro il quale camminare con la giusta paura.


Che gli anni 80 siano il pozzo da cui attingere la forza lo si capisce subito con l’iniziale ROOMS OF MASKS, il brano più vicino alle oscillazioni Synthwave e Darkwave di due band fondamentali: Legendary Pink Dots e Clan of Xymox. L’assolo di chitarra di Silvio Oreste è un pianto meraviglioso che ricorda i Killing Joke e la sensazione che tutto sia il verso di un delfino ferito.

Con SWEEPER il ritmo dettato da Rik Guido al basso e di Paolo Accossato alla batteria emana energia porpora con l’elettronica pilotata da Marco Caliandro al synth a ricordarci come con pochi accordi si possa generare dipendenza.

Il ritmo si mantiene elevato ma con la seduzione di parti lente suggestive nella  successiva STRIATE BODY, dove i cambi ritmo, il crooning sensuale e i giochi del synth e della chitarra dalla parte del Postpunk più crudo dei cigni di Birmingham Au Pairs ci regala la magia dei tempi andati.

Prendiamo fiato con AUTUMN, un ponte pieno di cubetti di ghiaccio Minimal Wave per assaporare nordiche nostalgie Francesi. Sottile e pesante, la canzone è un intermezzo colorato di valore autunnale  di un film di Godard.

Ci si sposta in Germania con la successiva N.U. che è capace di mostrare l’abbraccio temporale tra la melodia struggente del cantato e un electropop lento dai fianchi ricoperti di Kraftwerk e il Synthpop/Futurepop dei Frozen Plasma.

DAWN OF PLUTO è uno dei due esempi della loro maturità raggiunta: dalla chitarra purosangue che sibila e graffia, al basso che maschera devozione ai Red Lorry Yellow Lorry, fino al cantato che ci riporta ai Killing Joke di Euphoria nel ritornello.

Giunge il brano principe: il chaos erotico di NYCTOPHILIA, ululato di anime corsare e nomadi in cerca di una melodica consolazione. 

X ci riporta al timbro sensuale dei Namnambulu con piccole tracce E.B.M. nella modalità del canto, mentre la chitarra ci mostra un talento che si prende la notte sui polpastrelli struggenti.

La band Torinese cala un altro asso con THE FALL: qui tutto fa pensare che anche la forza più resistente possa cedere davanti alle disgraziate sirene che contorcono i timpani per farli arrendere.

CLIMBING UP THE LONELINESS è la saracinesca che chiude la luce con il tono sidereo di Silvio, capitano di una navicella spaziale che mira al cuore dell’universo, capace di trovare nel solo di chitarra il modo di far arrendere le stelle.

Splendida, triste e magnetica, la canzone racchiude tutto lo spessore di un lavoro che merita un applauso in estensione.


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

10 Aprile 2022


ESTETICA NOIR:

Silvio Oreste - Vocals, Guitars, Programming

Rik Guido - Bass

Paolo Accossato - Drums

Marco Caliandro - Synth, Programming, Back Vocals


https://open.spotify.com/album/25PhdFJ1HVstmjz0Ok7fLf?si=zlk40lkNTK6SGqXpSiL74Q




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