Talèa - Aura
La luce entra dove il buio necessita di conoscere il proprio confine, nell’ampio gioco di un riverbero emotivo che non conosce sosta. La giovinezza negozia spesso con la maturità per generare chiarezza e utilizzare la forza, affinché tutto possa convivere in una energica esistenza. Talèa è qui a dimostrarlo, con le sue radici lombarde che, scendendo sino nelle calde Marche, combina un grosso guaio mettendoci in difficoltà: ovunque vada si porta dietro una scia di idee ossigenate da un talento inconfutabile, obbligando il nostro respiro a conoscere l’apnea oceanica, quella che dilata i polmoni sino al più profondo degli abissi. Matura, titubante, poi spavalda ma sempre rispettosa, compie un esordio a lunga distanza “senza sprecare il fiato”: le cose che ha da dire fluttuano nell’acqua trascinando il nostro ascolto in un tempio che si fa obbligatoriamente attento e profondo, in quanto ciò che vediamo argomentato non conosce il presupposto dell’effimero, del disimpegno. Anzi, è l’opposto, facendo di queste composizioni un acido che accarezza la testa, quella che sa produrre ferite e dolori, incomprensioni, necessità improvvise e disagi infiniti. Sorprendono i moti lenti, circondati da petali Trip-Pop inframezzati da liquidi elettrici che sintetizzano ma al contempo esplorano le possibilità di un piccolo team di autori e collaboratori, tutti intenti a cristallizzare le intenzioni di questa dotata artista che, annegando prima, emergendo poi nel corso di giorni in transito tra Barcellona e il Nord-Est italico, sfodera brani come frecce alchemiche, compatte, per permettere al tutto di divenire un lavoro proiettato tra le scie del cielo dei nostri incanti. Passeggia nella sua maturità, affrontando un percorso che per molti (forse anche per lei stessa) è un vero e proprio concept album. Così non è per il Vecchio Scriba, che chiede scusa in anticipo, ma esistono altre verità che non si possono mettere a tacere…
Partendo, sicuramente, da una condizione particolare come quella che lei sta vivendo (purtroppo) da ben cinque anni, in questo esercizio artistico quella situazione diventa un ventaglio sonoro e lirico che ossigena il perimetro del suo cranio che, grazie a queste canzoni, trova luce, il giusto calore, tutto messo a fuoco senza fastidi né dolori perché questa donna ha sviluppato anticorpi che durano almeno per il tempo dell’ascolto di questo brivido solare: mi pare quasi un geniale miracolo, il motivo per abbracciarla con orgoglio. Unitasi all’istrione dal fare anarchico (musicalmente parlando) Flavio Ferri, i due hanno visto i lori talenti diventare mani laboriose, unte di saggezza e coraggio, entrando nel disagio di una curva impervia, piena di tossine che hanno disintegrato per far uscire una dolcezza che sfiora la maturità, al fine di lasciarla avanzare, felice, nei solchi di queste composizioni che conoscono la perfezione…
Sintomi, nervi balbettanti, sconnessioni, assiomi, scintille, implosioni, cadenze oblique: tutto ciò è presente in quello stato davvero difficoltoso che è l’Aura, che ancora oggi, misteriosamente, non riesce a trovare il giusto e doveroso supporto che sia in grado di farla cadere nel vuoto e fuggire via. Cecilia, onestamente, prende il coraggio di una matita, disegna parole, si congiunge alle stelle, scrive brevi storie, immergendosi all’inizio nel mare di questa situazione ostile, nuotandoci dentro con estrema disinvoltura per, almeno nelle canzoni, separarsi da essa e vincere minuti di serena concentrazione al fine di generare un progetto artistico che circonda ogni cosa come una bolla piena di zucchero. Con Flavio la musica diviene un laboratorio sperimentale, il pop bacia l’approfondimento, come sentieri vitali in esplorazione, all’interno della natura umana e quella fisica, in un duetto di sguardi che producono emozioni e riflessioni come una brillante pioggia primaverile. Fresco, leggero, ostinato con beats post-moderni che non disdegnano di dare all’armonia e alla melodia il doveroso spazio, l’album, sapientemente, esplora per poi sviluppare un umore che possiede sapientemente la stessa caratteristica del lino: conserva l’umidità per prosciugare il troppo caldo dato dal dolore, rivelando la magia di cui è pregno, lasciando la sensazione che un ascolto simile vada portato all’eccesso; buttare via la matura convinzione di ascoltare poco ciò che si adora qui diventa una bestemmia, poiché il nutrimento è il primo antidoto contro musiche imbalsamate e prive di un'aureola che illumini e ossigeni i pensieri. I testi, scavando, scivolano via, nel luogo del mistero che lei trattiene in un’ugola benedetta dalla grazia e dallo studio. Improvvisa nella giusta misura, l’istinto è un pretesto con un piccolo spago attorno, perché l’artista, convintamente, dà alla misura una forma arcaica, come se provenisse da un respiro dell’antica Grecia, che vivendo nella modernità stabilisce un patto di coerenza umana e artistica. Malgrado alcuni argomenti trattati, si ha sempre la piacevole impressione che nessuna porta venga sbattuta, che nessun nervosismo (che peraltro sarebbe legittimo vista la sua situazione) si impossessi del suo tratteggio artistico. Dialoga continuamente nel suo tempo abbracciando il nostro, come un inchino che invita alla vicinanza, per sostenere il bisogno di un contatto. Talèa è un beneficio, un orgoglio, una gioia che dobbiamo tenere all’interno di un abbraccio perennemente aperto: per non subire l’ascolto, per renderle sempre evidente il nostro grazie, per nutrire il suo futuro perché dopo questo lavoro il cielo le sorride, invitandola a non fermare la sua grazia.
È tempo di lasciare da una parte i nostri egoismi e di tuffarci nel suo misterioso labirinto pieno di luccichii e grandi virtù, di visitarli tutti e gioire con il suo battito…
Song by Song
1 - Tempie
Un tempio dentro il tempo, una scopa che alza detriti e configura l’andazzo di un non sapere che sembra sgretolarsi da una mente ferita. L’album comincia con un temporale lento, a due fasi, un polo positivo e uno negativo che gravitano, in una serena alleanza, nei meandri musicali di suggestioni elettroniche che battezzano il cantato di Talèa all’interno di un fascio lunare, dove la parte semiacustica e quella elettronica stazionano in un pianeta che apre i cancelli.
2 - Vetri
L’inizio ci porta dentro i primi anni Novanta, nei momenti lucenti della colonna sonora di Trainspotting con gli Underworld e la loro Born Slippy, per poi direzionarsi, come fasci italici di grande energia, verso un cantato perfettamente equilibrato, con un mantra che scava nella nostra mente per inchiodarla dolcemente. Si trova l’acqua di un talento purissimo mentre, cercando se stesso, illumina i pochi essenziali accordi per trasformare la semplicità in una complessa forma artistica. I ritmi conoscono lo stop and go, come momenti di riflessione, un riassestare gli equilibri e generare moti benefici di energia pulsante.
3 - Stencil
Raffaella Destefano (Madreblu) e Cristina Donà guardano questa talentuosa artista manifestare la sua dimestichezza con il cantato mediante l’ottimo uso degli accenti (quasi fosse anglosassone nel dna), per produrre un generoso volo all’interno di uno più breve, composto di 163 secondi, ma tutti pieni di un nerbo che spinge il sogno a rassegnarsi innanzi alla saggezza di un testo che ci porta, con un fluido sonoro completamente avvolto a esso, nel mare di uno spirito che dona magici sentieri illuminanti. Quando le parole squarciano la mente senza essere urlate…
4 - Rovesciamenti
Il primo EP di Talèa manifestava, tra le tante cose, l’amore nei confronti della lingua inglese. In questo brano abbiamo piccoli ma decisivi accenni, che lasciano lo spazio necessario per raccontare effetti e luci che offuscano la mente. Come se i Morcheeba avessero adottato Cecilia e Flavio, tutto conosce un percorso all’interno di un imbuto nevrotico ma calmato, magnificamente, da parole che sanno chiedere, spingersi dentro le volontà per consegnarci una canzone piena di pathos.
5 - Ombre
Respiri, riverberi, il solletico delle ombre acclimatate con la dolcezza, prendono spazio all’interno di satelliti di cemento, per un seduttivo pensiero che, grazie al registro alto della voce di Cecilia, porta le parole nello scheletro magnifico di una musica precisa nel suo minimalismo elettronico, concedendo alla melodia di ricordarci i fasti degli anni Sessanta, imbevuti di beats e fluide propensioni sonore. Un gioiello che merita la luce…
6 - Sconnessi
Ci sono dita che arrivano dopo la manifesta qualità di una modalità che frana nel petto per bagnarci i battiti. Sono quelle di Antonio Aiazzi, il Principe che si fa ancora più capace di anestetizzare il caos moderno con una melodia che profuma di antico. Si scende nelle corsie adultere del coraggio della verità che qui affronta diversi “nemici”, che rimangono ignari, probabilmente, dell’alto contenuto di un testo che spruzza fasci di luce davanti allo smarrimento e al senso della perdita. Il pianoforte viene raggiunto da un comparto di suoni, beats, ritmi sincopati, in un dolce frastuono che alla fine ammanta e consola. La voce di questa artista in questo frangente si fa adulta, con le lacrime che la lasciano libera di produrre un esercizio veritiero di abilità struggenti, lasciandoci ansimanti. Se esiste un concept album, è proprio in questi minuti che genera in noi la necessità di abbracciare la parte umana di questa donna che bacia le lacrime nostre, per fare di noi corpi in assoluta necessità di ascoltare questo brano per ore e ore…
7 - Vuota
La mano di Flavio Ferri evidenzia la sua maturità e professionalità, mentre Talèa danza con il cantato nei canali di una pioggia che porta una storia intrisa di passione e mistero. Il Pop trova la capacità di essere calmo e sinuoso, con Bristol che consegna ai musici un appoggio. La linea melodica è un volo lento nella nebbia di una domanda che si approccia alla risposta come un punto di sospensione… Letale, chirurgica, lieve, rotola dentro per dare modo alla nostra riflessione di trovare le giuste redini…
8 - Spigoli
Spesso il dolore è un urlo, un guaire, uno sbirciare nella complessità di un processo nevrotico. Talèa qui rivoluziona le cose, dà un senso geometrico al tutto, beneficiando lei stessa per prima di questa lava calda al punto giusto, che poi annette una chitarra semiacustica che disegna un giro su cui lei danza sottovoce, liberando l’armonia di parole con il faro di un porto che la ringrazia per avere “la stoffa di un vestito” che ci fa indossare l’intimità dei suoi pensieri…
9 - Caleido
Il Vecchio Scriba scivola dentro una implosione con le luci soffuse, dentro il cratere di un brano che pare in grado di abbracciare la storia musicale italiana nei confronti della quale molti sembrano mostrare disinteresse. Ci si commuove nei tagli di parole che sembrano uscite da una forbice, facendo cadere quelle inutili, mentre la musica è un palcoscenico luminoso secco ed essenziale, generoso in quanto attrae la colonna di vocaboli che suggeriscono affetto e un profondo lavoro introspettivo. Archi sintetici che sembrano reali, una voce che pare una favola sonora dalla pelle morbida, ma il risultato è quello di un ascolto che finisce all’interno di uno smottamento più che mai vitale. Si può solo ringraziare l’arte se la realtà diventa una miccia che rischiara il vero che necessita di un sostegno…
10 - Amandoti
Sarà stravolta, come qualcuno afferma, la canzone originale dei CCCP Fedeli Alla Linea, ma forse anche per questo motivo credo che l’approccio verso questo gioiello debba essere maturo e disponibile per intendere per davvero ciò che accade con questa cover. Alla luce di quanto si è potuto ascoltare sino a qui, questa versione è una benedizione, una preghiera che trova “ragion d’essere”, in quanto rivela la necessità di amore innanzi a un essere che si trova all’improvviso all’interno di un temporale senza soste. Una mescolanza acustica, mediterranea, quasi latina prima e araba poi, per disegnare la corsia di una nave musicale dentro il mediterraneo, con la presenza di un amore che è molto di più di una consolazione. La voce si fa in grado di visitare il sud dell’Italia, con giochi di prestigio, come se fosse illuminata da una giornata di sole mentre nella mente piove il bisogno di affetto. Talèa si mette uno scialle, un ventaglio, e conduce le parole di Giovanni Lindo Ferretti verso il porto di una città che applaude il suo tentativo di ringraziare questo famoso brano che qui consente a ognuno di noi di andare oltre il conosciuto. Forse il senso sarà cambiato come afferma qualcuno, ma non è detto che sia peggiorato. Anzi. C’è un arcobaleno triste che cerca una spiaggia dentro la voce di Cecilia e basta questa emozione per godere di questo omaggio…
11 Bianco
La conclusione di questo gioiello è affidata a un respiro parlante, una visita dell’anima sapientemente paziente per poi divenire trascinante con vapori musicali che si spingono sino nei pressi di un thriller sonoro, per poi tacitare il fuoco e concedere una strofa che supporta la timidezza e l’attesa. Ne consegue un fruttuoso esercizio di frastuoni e tensioni che producono il sorriso del mare, colorando di bianca schiuma l’alito di una canzone che profuma il sole.
Un’esibizione di stile conclude l’album, chiudendo il cammino ma non la finestra del cielo dal quale abbiamo potuto vedere il disco italiano dell’anno del 2023 per il Vecchio Scriba. Perché da queste undici composizioni è nato il nostro rispetto umano e artistico per chi ha dipinto la tavolozza sperimentale di una probabile difficoltà di percorso in un geniale disegno dove l’amore, il lavoro, l’empatia, la sincerità hanno attraversato il nostro bisogno di autentica dipendenza dalla classe di questa artista. Per ringraziare la quale abbiamo in nostro possesso soltanto l’inchino…
Album Italiano dell'anno 2023 per Musicshockworld
Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
8 Luglio 2023
https://open.spotify.com/album/0J0dPruzvugDSWyRpeXN30?si=rFyaMvBMRhGwX7uc2GYPsQ