Visualizzazione post con etichetta Noktva - Icarus. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Noktva - Icarus. Mostra tutti i post

martedì 26 settembre 2023

La mia Recensione: Noktva - Icarus

 Noktva - Icarus


C’è tutto, tutto.

Tutto quello che segna sulla pelle dell’intelligenza il senso di appartenenza a un miracolo sonoro di cui appropriarsi come si fa con le chiavi di casa, per poter entrare e fruire di ciò che si desidera.

Il cielo per essere perfetto ha creato le rondini, per portare freschezza e verità ai nostri occhi.

Questi ultimi si cibano di anime per affiancare a quel volo il proprio. 

E allora qui che succede?

Siamo all’interno di  una vicenda musicale che, insieme alle liriche, regala l’impressione che la crescita della formazione siciliana sia già un dato di fatto, ci ritroviamo immersi indubbiamente nei loro nuovi capogiri, finalmente felici della loro sofferenza ragionata e tradotta in un cataclisma scenico semplicemente perfetto.

Dopo aver compreso il mitologema di Icaro, possiamo districarci meglio nel racconto extrasensoriale di questo groviglio di immagini che rendono sublimi le cognizioni concernenti l’amore e il tempo, i sogni e dei limiti quotidiani.

Una gioia che non è solo rappresentazione bensì perlustrazione, in un movimento che allunga il cielo e mortifica l’egoismo.

Icaro è un antieroe, qui innalzato a coscienza parlante, comunicatore attraverso un frastuono permeato di nubi che attraversa indenne.

I NOKTVA gli tolgono il paracudute e lo rendono edotto di un percorso, a tratti privo di accelerazione di gravità, presentandogli il conto del suo destino. In un latente e chiaramente sibaritico presente, la band mostra invece forza e ricchezza, decisione e impianto per un risultato che ci fa turnicare dalla parte della bellezza. Perché quando la musica riesce a comunicare il superfluo si vive liberi, con l’unica ossessione di un grazie a forma di inchino. Ma in questo agglomerato di suoni le cinque rondini mostrano anche i semi pruriginosi di istinti con redini in attesa di comando. La fluente crescita sposta il bisogno di definire i generi presenti in questa opera musicale: se proprio vogliamo, il nero attuale li ha resi ancora più neri nell’animo, influenzando il cantato di Kurten e di Miriam verso modalità Deathrock, mentre la struttura crescente del brano contempla situazioni Post-Punk dipinte di una duttilità e volontà di portare a sé macrocosmi di Darkwave.

Ma serve tutto questo? Ce lo farebbe intendere meglio?

Per nulla.

Non una introduzione, bensì lo spettacolo teatrale di una vicenda omicida che trova nelle note il giusto groviglio e ripostiglio.

Un atto comunicativo percorre le strade di riti preparatori, come questa voce che con il suo vocalizzo alza lo sguardo dal basso, da una intimità che qui è chiusa sino all’urlo straziante che scuote la luna.

Poi il basso, lieve subito e dissacrante poi, il synth e la chitarra, che è un volo d’api pieno d’ansia, si alzano e attendono il postulato di Kurten, nipote di un deathrock dalle croci ancora insanguinate, che concede a Miriam di penetrare il testo dove, sin dall’inizio, è chiara l’intenzione di pensare e di rivolgersi a un altro tempo, quello del tempio dei sogni.

Incroci continui di lame e tamburi, spettinano la serenità di chi non si cura degli accadimenti, dei flussi mitologici che ancora si prestano a essere elementi di induzioni senza retorica.

Non sono strumenti ma perlustrazioni mentali che cercano di presenziare al fallimento di un uomo non uomo, di un volo non volo, nel suo precipitare non solo nel vuoto ma soprattutto nello scorrere dei millenni. 

Qua è il suo posto? Il suo ruolo?

I Noktva mortificano la bruttezza di chi non si cura di Icaro e la incidono sulla propria pelle, prima ancora che in un brano che riesce a rendere torbido il battito. 

Una realtà internazionale senza passaporto per le illusioni, esattamente come per il protagonista di questa storia, emblema di una purificazione senza strategie se non il metterlo in salvo.

La crescita del lavoro canoro di Miriam e Kurten è una miccia diabolica, sorprendente, magnifica manifestazione di un connubio senza segni di frustrazione.

Ma per essere tale la sincronia delle anime dalle ali bagnate di petrolio è frutto di tutte e cinque, mangiando la stessa vitaminica propensione ad allungare il cielo dei loro sogni, dei loro aneliti e dei loro sospiri, sempre tesi ad annullare ogni visita verso la superficie della gioia, così poco utile per questi ragazzi ormai adulti e coscienti.

Tracce di un sorpasso temporale, rispetto ad altre band italiane, vengono evidenziate dalla struttura che non prevede la forma canzone come stratagemma di approdo alla piacevolezza dell’ascolto, ma vuole giungerci attraverso una trama, come un racconto che si sviluppa nel terremoto del disordine di una vita morta prima di desiderare il volo.

Perché, se state attenti, Icarus è un sogno, quindi un luogo mentale, una questione e struttura privata. Per essere portato alla luce la band siciliana ha visitato il cielo, lassù, oltre la stratosfera, dove la luce è un urlo senza finestra. Ecco allora che si intuisce il viaggio a ritroso (quella chitarra e quel basso sono i magneti che mettono ordine, mentre i synth sono le ali piene di piombo che cedono, cadendo nel centro dell’addome, per dare alla morbidezza della felicità l’incubo della realtà), per poi compiere il balzo in avanti…

Tutto è teso, perverso, in fuga, sottolineando come la musica sia la scrittura dell’anima, che, in questo caso, parte sin dalla Mitologia.

Un clamoroso album aveva sentenziato le qualità (indubbie) di un grande lavoro, ma qui sono andati oltre: epici, onirici, drammatici, sensuali, pur nei confronti di un morto predestinato al raggiro della storia umana. I cinque si occupano di lui, gli danno un senso nuovo, gli regalano una linea armonica pregna di quella tristezza che consola e che ci fa sentire nel nostro domicilio. Ci mettono in condizione di visitare l’ignoto, di semplificarlo, di rovesciare tonnellate di malinconia in versi semplici ma con il peso specifico di un cielo in caduta libera. 

Icaro non sa se avanzare nelle scie del volto celeste, e Miriam e Kurten inventano uno straordinario stratagemma: iniettare i versi di fumo e cecità, per rendere assiderato ogni tentativo di fuga, per consolidare il labirinto emotivo che permea ogni centimetro di questa composizione. 

Le mura si ritrovano a essere quadri di cera ma molto lontani da quelli dei Litfiba: qui la fattura non è di ordinanza geometrica, piuttosto un trattato che entra nelle vene musicanti di minuti deliziosamente pieni di una nebbia che ristora il sacrificio di Icaro, messo dal gruppo in grado di interrogare la nostra mente. 

Il drumming di Jack è il sigillo che inchioda tutta la musica nell’essere un imbuto, dentro il quale Icaro cerca di risalire, non volendo conoscere l’immensità del vuoto alle sue spalle. 

Un brano del genere non nasce in sala prove, da una jam, bensì dalla persuasione di un cammino che necessita delle lancette del tempo e pazienza. Una cucitura, dopo un imbastimento perfetto, ci regala l’immensa costruzione che non si divide in fasi ma in crescita, esattamente come per la carriera di questo gruppo al quale cediamo ogni nostro sogno: vederli sul tetto del mondo volare, senza paura, insieme a Icaro, beneficiando del nostro abbraccio eterno.

Il Maestro Alessandro Calovolo diceva “Ed è la gioia”.

Io, con paura e modestia, aggiungerei:

“Con Icarus è gioia stramba che cade dalle nostre piume”...


Concludendo: si prenda il vizio di lasciarla in un play continuo, perché è solo dalla dipendenza totale non di un miracolo ma di un duro e serio lavoro che si impara quanto poco conti ascoltare tante sciocchezze.

Prendete la residenza a casa Noktva e avrete una tristezza sensata, fluidificante, onirica, in volo libero…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

26 Settembre 2023


https://noktva.bandcamp.com/track/icarus




My Review: Noktva - Icarus

It’s all there!

Everything that marks on the skin of intelligence the sense of belonging to a sonic miracle to be appropriated as one does with the keys to a house, to be able to enter and enjoy what one desires.

The sky to be perfect has created swallows, to bring freshness and truth to our eyes.

The latter feed on souls to accompany that flight with their own. 

So what happens here?

We are inside a musical affair that, together with the lyrics, gives the impression that the Sicilian band's growth is already a given, we find ourselves undoubtedly immersed in their newfound dizziness, finally happy with their reasoned suffering translated into a simply perfect stage cataclysm.

Having understood the mythology of Icarus, we can better disentangle ourselves from the extrasensory tale of this tangle of images that render sublime cognitions concerning love and time, dreams and everyday limits.

A joy that is not only representation but also exploration, in a movement that stretches the sky and mortifies selfishness.

Icarus is an anti-hero, here elevated to a speaking conscience, a communicator through a cloud-covered din that he passes through unscathed.  NOKTVA take off his parachute and make him aware of a path, at times devoid of gravity's acceleration, presenting him with the bill of his fate. In a latent and clearly sybaritic present, the band instead displays strength and richness, decision and facility for a result that turns us on the side of beauty. For when music succeeds in communicating the superfluous, one lives free, with the sole obsession of a bowed thank you. But in this agglomeration of sounds the five swallows also show the itchy seeds of instincts with reins awaiting command. The flowing growth displaces the need to define the genres present in this musical work: if you like, the current blackness has made them even blacker in soul, influencing Kurten and Miriam's singing towards Deathrock modes, while the growing structure of the track contemplates Post-Punk situations painted with a pliability and willingness to bring Darkwave macrocosms to bear.

But does it all serve a purpose? Would it make us understand it better?

Not at all.  Not an introduction, but the theatrical spectacle of a murderous affair that finds its proper tangle and repository in the notes.

A communicative act traverses the streets of preparatory rites, like this voice that looks up from below, from an intimacy that here is closed up to the harrowing scream that shakes the moon.

Then the bass, light at first and then desecrating, the synth and guitar, which is a flight of bees full of anxiety, rise up and wait for Kurten's postulate, grandson of a deathrock memory with bloody crosses, which allows Miriam to penetrate the text where, from the beginning, the intention to think and address another time, that of the temple of dreams, is clear.

Continuous crossings of blades and drums dishearten the serenity of those who do not care about the events, the mythological flows that still lend themselves to being elements of induction without rhetoric.

They are not instruments but mental patrols that seek to witness the failure of a man not a man, of a flight not a flight, in its precipitation not only into the void but above all into the flow of the millennia. 

Where is his place? His role?  Noktva mortify the ugliness of those who do not care about Icarus and engrave it in their own skin, even before in a song that manages to make the beat murky. 

An international reality without a passport for illusions, just as for the protagonist of this story, an emblem of a purification with no strategy other than to save him.

The growth of Miriam and Kurten's singing work is a diabolical, surprising fuse, a magnificent manifestation of a union with no signs of frustration.

But to be such, the synchrony of souls with oil-soaked wings is the fruit of all five, eating up the same vitaminic propensity to stretch the sky of their dreams, their yearnings and sighs, always striving to cancel any visit to the surface of joy, so little use to these now adult and conscious children.

Traces of a temporal overtaking, compared to other Italian bands, are highlighted by the structure that does not envisage the song form as a stratagem to arrive at the pleasantness of listening, but wants to reach us through a plot, like a tale that develops in the earthquake of the disorder of a life that died before it desired flight.  Because, if you pay attention, Icarus is a dream, therefore a mental place, a private matter and structure. To be brought to light, the Sicilian band visited the sky, up there, beyond the stratosphere, where light is a scream without a window. And so the journey backwards is intuited (that guitar and bass are the magnets that bring order, while the synths are the lead-filled wings that give way, falling into the centre of the abdomen, to give the softness of happiness the nightmare of reality), and then make the leap forward

Everything is tense, perverse, on the run, underlining how music is the writing of the soul, which, in this case, starts as far back as Mythology.

A resounding album had sentenced the (undoubted) qualities of a great work, but here they have gone further: epic, dreamlike, dramatic, sensual, even in the face of a dead man predestined for the deception of human history. The five take care of him, give him a new meaning, give him a harmonic line full of that sadness that consoles and makes us feel at home. They enable us to visit the unknown, to simplify it, to spill tons of melancholy in simple verses but with the specific weight of a free-falling sky.  Icarus doesn't know whether to advance in the wake of the celestial face, and Miriam and Kurten invent an extraordinary stratagem: injecting the verses with smoke and blindness, to make any attempt to escape deadly, to consolidate the emotional labyrinth that permeates every inch of this composition. 

The walls are found to be wax paintings, but a far cry from those of Litfiba: here the invoice is not of geometric ordinance, rather a treatise that enters the musician veins of minutes deliciously filled with a fog that restores the sacrifice of Icarus, put by the group in a position to interrogate our minds. 

Jack's drumming is the seal that nails all music in being a funnel, into which Icarus tries to climb, not wanting to know the immensity of the void behind him. 

Such a piece is not born in a rehearsal room, from a jam, but from the persuasion of a path that needs the hands of time and patience. A seam, after a perfect tacking, gives us the immense construction that is not divided into stages but in growth, exactly like the career of this group to which we surrender our every dream: to see them on the roof of the world flying, fearlessly, together with Icarus, benefiting from our eternal embrace.  Maestro Alessandro Calovolo used to say 'And it is joy'.

I, with fear and modesty, would add:

"With Icarus it is freaky joy that falls from our feathers"....


In conclusion: get into the habit of leaving it in a continuous play, because it is only from total dependence not on a miracle but on hard and serious work that one learns how little it matters to listen to so much nonsense.

Take up residence in Noktva's house and you will have a sensible, fluent, dreamlike sadness in free flight...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

26th September 2023


https://noktva.bandcamp.com/track/icarus








La mia Recensione: Midas Fall - Cold Waves Divide Us

  Midas Fall - Cold Waves Divide Us La corsia dell’eleganza ha nei sogni uno spazio ragguardevole, un pullulare di frammenti integri che app...