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giovedì 25 maggio 2023

La mia Recensione: Polina Suffer - Agonia Market

 

Polina Suffer - Agonia Market


Una fila di chiodi elettronici prendono la decisione di recarsi sotto l’arcobaleno ferito di un grande turbinio: sono solamente due, ma ampiamente dotati di capacità balistiche notevoli, sanno mirare e colpire il bersaglio, facendo scuotere il bagliore innato di ogni tragedia quotidiana. Una coppia di giovani anime che vestono la superficie dei sogni per disintegrarli con una immaginifica maturità che trasuda esperienze lontane, forse addirittura prenatali, per rovistare tra i rifiuti di impeti in decadente putrefazione. Esordiscono per dare fuoco alle fantasie, tra campi di artrosi mentali, sotterfugi, maschere, ipotesi e sfiancanti mitragliate elettroniche con il retrogusto darkwave. Parole come voci che frugano nella pattumiera dei comportamenti, con un sentire gotico tra fili di cobalto e vibrazioni che paiono giungere dalle sperimentazioni tedesche degli anni Sessanta. Una serie di crocevia, di fermate brusche, tra le tenebre che non mancano di esplodere in grasse risate dispettose, mentre Beatrice, la ragazza dalle unghie lunghe nella sua ugola spesso atonale e poi squillante, registra l’equilibrio mentale che Tommaso, lo stregone impazzito che scopa via i detriti della noia per convogliarli verso il burrone senza ritorno, flette per farci approcciare a uno stato emotivo in continua ascesa, nel disastro appeso sotto gravide nuvole nere. Il Vecchio Scriba, nel momento in cui scopre l’improvvisa dolcezza di cui i due sono capaci, trema e si spaventa: la coppia (Milano e Torino le città che danno ai ragazzi solo la base di partenza) utilizza tecniche note per poi distruggerle con chili di zucchero sbiadito, mutevole, poco digeribile e per questo motivo succulento e prezioso. Un album che non pare di debutto data la notevole locomotiva sensoriale che scorre su binari appoggiati per terra come se il tutto fosse un lungo percorso temporale. Ti stupisci, ti schianti verso queste melodie che ingrassano lugubri pensieri, perché sono proprio i testi a far maturare lo stupore più grande, quasi insopportabile, vista una enorme esigenza di visitare argomenti che sembrano essere stati messi a bagnomaria nella letteratura, nella storia, in una vivace e violenta propensione alla scarnificazione di ogni dubbio. Non scherzano, non giocano una partita, ma si giocano i respiri come se fossero un generoso regalo di menti impazzite, in tiepida putrefazione.

Il cuore piange, l’ascolto diventa un elettrodo, una saldatura tra il male e l’ostinato nemico, quel bene che in queste tracce musicali si schianta. 

Vistose accelerazioni dei ritmi, dei grappoli di vapore acqueo che appanna la vista mentre l’ascolto diventa un affare indecente, sublime, sporco, con richiami di generi musicali che sembrano fieno in un ipotetico pasto serale all’interno una stalla piena di scheletri. Non mancano i disagi di chi vive la giovane età in un mondo vecchio, in decomposizione, con i viveri sempre meno nutrienti, con  i libri e i film come ancore di salvezza. Ma non basta, di certo le loro anime sono un dispetto nei confronti di chi sorpassa la vita senza cognizione. Loro, invece, piantano i piedi sotto la polvere, sotto la terra, dentro il mistero di dolori connessi a incubi tiepidi…

Stupisce e sbalordisce che dopo due soli singoli, ed essendo il progetto nato da poco tempo, si possa varcare il confine di un pensiero malato: sarà mica una bugia il tutto? Saranno davvero solo due e così giovani? Il Vecchio Scriba non sentenzia, appoggia le lacrime sul loro teschio che rotola canzone dopo canzone sul vassoio fatto di transistor, chitarre, lampi e lava che corrode, per portarci nella freschezza del loro dolore deambulante. Ecco spiegate le folli accelerazioni, gli atomi Darkwave che flirtano con la Coldwave, in un limbo temporale di grandi fascinazioni, per poter farcire i loro bisogni di una poesia che sembra essere urlata da Edgar Allan Poe.

Porgi l’orecchio alle loro curve amniotiche, nel grembo di un fardello, nella poesia di un bordello mentale, dove solo la mente, prostituendosi, libera inutili tossine.

Iniziare in questo modo una inevitabile carriera significa farsi tanti nemici, cosa buona e giusta, perché saranno tante le gelosie che si affacceranno nel loro circuito: non arrestate il vostro prodigio, in quanto Polina Suffer è una nuova urgenza, che sarà il regno di  molte anime in disordine…

Ora è giunto il momento di entrare, con paura e rispetto, all’interno di queste canzoni, per morire bene di loro…


Song by Song


1 Intro


Una ninnananna psichedelica, come un carillon del sospetto giornaliero, apre le non danze: in queste note disturbate da richiami di Virgin Prunes in parata militare, ci si può rincucciare sotto coperte belle dense. Nessun ritmo, solo una fata diabolicamente nascosta dentro note d’acqua che sembrano far bollire anime inquiete…


2 Dead Womb


Su un drumming che ci porta alla mente le sperimentazioni dei Wall of Woodoo e chitarre post-punk zona Sheffield, le due anime cantano unendosi e lasciando alla voce di Beatrice il ruolo di portatrice malata del registro più alto, consegnando a quella non baritonale ma grassa di Tommaso il ruolo di essere più vicina al cratere terreno. Chitarre arrotate di sale e vino rosso, per celebrare un grembo insanguinato, un'esistenza che ancora deve affacciarsi a questo torbido mondo…


3 Burnt


L’inizio è un sepolcro notturno, in attesa di far uscire un martello emotivo che danza su un electro punk decisamente americano, con intarsi drammatici più vicini ai D.A.F. della seconda parte della loro carriera. Giochi di stop and go creano crepitii continui nelle gambe che sembrano volare, mentre la voce di Beatrice sussurra paure e tensioni. L’elettronica qui è un mantello e una maschera ben confezionata: gli echi vocali si appoggiano a loop di derivazione che come urla quiete si appiccicano all’ascolto. Ed è sicuramente il primo momento di totale perdita di controllo…


4 Aesthetic Drama


Toh: volevate sorprese, magnitudini dentro sospensioni minimal wave? Il piatto è pieno di oscillazioni, di evocazioni, quando il Belgio ancora doveva mettere al mondo la Coldwave. Beatrice e Tommaso diventano attori, con un cantato che invoca il sostegno di un crooning immediato ma non troppo visibile, per creare un fermaglio nei capelli dei pensieri. Il tutto è una spina dolce, con la drum machine che lenta accompagna un synth in stato di grazia…


5 Polina, Suffer!


Il primo dei due singoli, nel contesto dell’album, sembra essere divenuto nel frattempo un mattone nell’addome: un lamento che incupisce i sogni, con la voce da strega sotto acido di Beatrice che fa di noi anime scheletrite, impaurite, destinate all’oblio. La base musicale è una chiara impronta ipnotica, lezione perfettamente imparata (forse con inconsapevolezza) dai mastodontici The Legendary Pink Dots. Che succede allora di particolare in questa canzone? Che l'identità musicale dei due artisti italiani conosce il fenomeno della consapevolezza, della resa con le armi in mano però, per non dire “basta” senza aver macchiato almeno un pò un synth che è un capriccio divino…


6 Obscura et Foetida


Vi ricordate Nag, Nag, Nag? Ecco la nipotina, nata a Torino, fresca e vogliosa di schizzare verso le vostre braccia, tra i lamenti del parto. Una siringa, un’anestesia improvvisata e poi un crescendo che diventa luce fuori dal grembo. Tra electro-punk inglese (questa volta) e piccole particelle di synth-punk tedesco, la melodia è un respiro affannato, una preghiera che si approccia nella trama sottile. I due si incontrano per la corale esibizione di un percorso che si affaccia alla teatralità esigente della Fura Dels Baus, in una obbligata sensazione di prigionia.


7 Plastic Regrets


L’altro singolo, una rasoiata che non concede difese, con risate demoniache su un filo di basso che esce dalla cantina bollente di due vite connesse in una sfida lampo, ci porta a una sola considerazione: poche note sono sufficienti per allargare lo stato di angoscia che la voce di lei sa creare. 


8 Harsh Flesh


Brian Eno cammina nel giardino dei sogni rotti, fumando un disagio alla ricerca di una melodia che sia la più decadente possibile. I due ragazzi aprono le ali, cullano e riempiono la melodia dell’essenziale, una paranoia che si tinge le dita di una dolcezza nerastra. Lenta, appassionata ma inevitabilmente una lastra che come una spada di Damocle toglie secondo dopo secondo lo spazio del respiro, brilla della contrapposizione di strumenti che si abbaiano, come storditi, in tenere melodie…


9 We Were Just Lost Kids


Una discarica di nervi alloggia dentro una secca linea armonica, echi, rimbalzi, come se i Creatures di Siouxsie e Budgie avessero trovato una linfa postdatata, un’assurda e machiavellica esigenza di spostare le lancette del tempo. Il groove pare uscire da bicchieri di vetro scivolati nella giungla della Coldwave più ossuta, per limitare gli spazi di fuga. Forse il brano più cupo di questo lavoro, intrigante perché sfuggevole, rapido a lasciare dentro di noi la certezza di una cantilena necessaria. Come un delirio elettronico privato della corrente elettrica…


10 Desires


La morte abbaia, tuona, allarga le ali e Tommaso diventa un ingegnere che ordina alla musica di essere spastica, obliqua, incontrollabile, con fascinazioni che sembrano uscire da una qualsiasi officina musicale di San Pietroburgo. Eccola, viva, la melodia che ha bisogno di un synth pieno di ruggine, per donarci la danza in mezzo a desideri con la catena al collo. I paletti danno la direzione del disastro: si è nei primi anni Ottanta, nella parte bellica delle delusioni, dove i sogni e i desideri erano capricci e il Post-Punk gettava la spugna per divenire una parodia di se stesso. Ma i Polina Suffer fanno resuscitare, con i loro perversi beat, il bisogno di finire nel baratro…


11 Whysteria


Si entra decisamente nella zona più chiara di questo album: quella della detonazione, dell’isteria che sculaccia ogni gioia e la affossa, nei vizi capitali che si incolonnano, come i generi musicali qui presenti, nel circo che, partendo dalla sperimentazione dei Can, cambia il volto, accelera il ritmo e diventa una danza figlia della Foresta Nera.

Per la prima volta il basso esce dai gorgheggi dei Killing Joke, ma lo schema musicale è un continuo vociare, senza catene nelle dita dei due giovani artisti che improvvisano un urlo che è un simbolo proveniente dalla follia educata: lo zenit è qui nelle vostre orecchie…


12 The Blue Cathedral 


Le tenebre escono da una lenta ragnatela, ipnotica e suadente, come una sirena stordita in attesa di essere decapitata. Si affacciano, nel gioiello più nero di Agonia Market, i tasselli di ascolti che hanno sedotto i due al fine di essere inseriti nel diabolico piano sonoro, con i Virgin Prunes che fanno sesso con Danielle Dax, in un ipotetico girone Dantesco di artisti sconvolti e squilibrati. Le campane invocano la processione, malata, di una scena di un ipotetico film di Kubrick, nella notte partoriente di un incubo rallentato. Il cantato contrasta il mantra sonoro, un rallenty per capire come sia stato possibile segnare una rete con il dolore nel petto. Siouxsie piange, gelosa, così come qualsiasi altra star in discesa verso il pensionamento, perché Beatrice e Tommaso coccolano il dispetto, attirano, con una linea guida impercettibile, la dolcezza e l’amarezza, per stabilire il luogo della consacrazione di una canzone che altro non è che l’insieme di ceneri buttate dal giardino delle rose della collina torinese: l’atto finale per congedare ogni follia e creare la coda in cui spegnersi…


13 Outro


Che sia dannata la fine: ci troviamo in una zona industriale alleggerita, dove il vomito non esce dai trapani ma da delle lamiere smussate, una comparsa terrifica di un teatro che risiede nella culla del tempo, tra la Germania dell’est e la Russia, in un lento e dissacrante duello colmo di tensione. Modo migliore per terminare questo disco non c’era: non tornate alla prima canzone, state qui, fate i bravi, di nuovo play su questo vascello pieno di chiodi arrugginiti, dove ogni singolo suono è un labirinto di menti con data di scadenza. Che sia cupa la vostra gioia, seguite i rintocchi pieni di linfa nera uscire da queste vie sbilenche e perdetevi: questo album è una ferita di cui poter essere fieri tutti…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

26 Maggio 2023


https://polinasuffer.bandcamp.com/album/agonia-market-2?from=search&search_item_id=2360249248&search_item_type=a&search_match_part=%3F&search_page_id=2621474286&search_page_no=1&search_rank=2&search_sig=a9844d7d339377970352100ba32b33c9

















My Review: Polina Suffer - Agonia Market

Polina Suffer - Agony Market


A row of electronic nails make the decision to go under the wounded rainbow of a great whirlwind: they are only two, but amply endowed with remarkable ballistic abilities, they can aim and hit the target, shaking the innate glow of every daily tragedy. A pair of young souls who dress the surface of dreams to disintegrate them with an imaginative maturity that exudes distant, perhaps even prenatal experiences, to rummage through the refuse of decaying impetuses. They debut to set fantasies on fire, amid fields of mental arthritis, subterfuge, masks, hypotheses and exhausting electronic machine guns with darkwave aftertaste. Words like voices rummaging through the dustbin of behavior, with a gothic feel among cobalt threads and vibrations that seem to come from the German experiments of the 1960s. A series of crossroads, of abrupt stops, amidst darkness that does not fail to erupt in fat mischievous laughter, while Beatrice, the girl with the long nails in her often atonal and then ringing uvula, registers the mental balance that Thomas, the mad sorcerer who sweeps away the detritus of boredom to channel it toward the ravine of no return, flexes to make us approach an ever-rising emotional state, in the disaster hanging beneath pregnant black clouds. The Old Scribe, the moment he discovers the sudden sweetness of which the two are capable, trembles and is frightened: the pair (Milan and Turin the cities that give the boys only the starting point) uses known techniques and then destroys them with pounds of faded, changeable, undigestible sugar and for that reason succulent and precious.


An album that does not sound like a debut given the remarkable sensory locomotive that runs on tracks resting on the ground as if the whole thing were one long time-travel. You marvel, you crash toward these melodies that fatten mournful thoughts, for it is the lyrics that ripen the greatest astonishment, almost unbearable, given an enormous need to visit topics that seem to have been soaked in literature, in history, in a lively and violent propensity for the fleshing out of all doubt. They don't joke, they don't play a game, but they play out their breaths as if they were a generous gift from maddened minds in tepid decay.

The heart cries, listening becomes an electrode, a welding between evil and the stubborn enemy, that good which in these musical tracks crashes. 

Conspicuous accelerations of rhythms, clusters of water vapor fogging the view as listening becomes an indecent, sublime, filthy affair, with reminders of musical genres that sound like hay in a hypothetical evening meal inside a barn full of skeletons. There is no shortage of the hardships of those living the young age in an old, decaying world, with food becoming less and less nutritious, with books and movies as anchors of salvation. But that is not enough, surely their souls are a spite to those who overtake life without cognition. They, on the other hand, plant their feet under the dust, under the earth, inside the mystery of pains connected to lukewarm nightmares...

It astonishes and astounds that after only two singles, and the project having been born for a short time, one can cross the border of a sick thought: will the whole thing be a lie? Will it really only be two and so young? The Old Scribe does not judge, he rests his tears on their skull rolling song after song on the tray made of transistors, guitars, lightning and corroding lava, to take us into the freshness of their walking pain. This explains the crazy accelerations, the Darkwave atoms flirting with Coldwave, in a temporal limbo of great fascinations, in order to stuff their needs with a poetry that seems to be screamed by Edgar Allan Poe.


Lend your ear to their amniotic curves, in the womb of a burden, in the poetry of a mental brothel, where only the mind, prostituting itself, releases useless toxins.

To begin an inevitable career in this way is to make many enemies, which is good and right, for there will be so many jealousies that will crop up in their circuit: do not halt your prodigy, for Polina Suffer is a new urgency, which will be the realm of many disordered souls...

Now is the time to enter, with fear and respect, within these songs, to die well with them....


Song by Song


1 Intro


A psychedelic lullaby, like a music box of daily suspicion, opens the non-dances: in these notes disturbed by calls of Virgin Prunes on military parade, one can recoil under nice thick blankets. No rhythm, just a devilishly hidden fairy inside water notes that seem to boil restless souls...


2 Dead Womb


Over drumming that brings to mind Wall of Woodoo experimentations and Sheffield-area post-punk guitars, the two souls sing uniting and leaving to Beatrice's voice the role of the sick bearer of the highest register, handing over to Tommaso's non-baritonal and deep role of being closer to the earthly crater. Guitars rolled in salt and red wine, celebrating a bloody womb, an existence that has yet to face this murky world...


3 Burnt


The beginning is a nocturnal sepulcher, waiting to let out an emotional hammer that dances to a distinctly American electro punk, with dramatic inlays closer to the D.A.F. of the latter part of their career. Stop-and-go games create continuous crackles in the legs that seem to fly, while Beatrice's voice whispers fears and tensions. The electronics here are a well-packaged cloak and mask: vocal echoes lean against derivative loops that like quiet screams stick to the listening. And it is definitely the first moment of total loss of control....


4 Aesthetic Drama


Look: you wanted surprises, magnitudes inside minimal wave suspensions? The platter is full of oscillations, evocations, when Belgium still had to give birth to Coldwave. Beatrice and Tommaso become actors, with a vocal that invokes the support of immediate but not too visible crooning to create a clip in the hair of thoughts. The whole is a gentle plug, with the drum machine slowly accompanying a synth in a state of grace...


5 Polina, Suffer!


The first of the two singles, in the context of the album, seems to have become a brick in the abdomen in the meantime: a wail that darkens dreams, with Beatrice's witch-like voice on acid that makes us skeletal, frightened souls destined for oblivion. The musical basis is a clear hypnotic imprint, a lesson perfectly learned (perhaps unwittingly) by the mammoth The Legendary Pink Dots. What then is special about this song? That the musical identity of the two Italian artists knows the phenomenon of awareness, of surrendering with weapons in hand though, not to say "enough" without having stained at least a little a synth that is a divine whim...


6 Obscura et Foetida


Do you remember Nag, Nag, Nag? Here is the granddaughter, born in Turin, fresh and eager to spurt towards your arms, amid the wails of childbirth. A syringe, an improvised anesthesia, and then a crescendo that becomes light out of the womb. Between English electro-punk (this time) and small particles of German synth-punk, the melody is a labored breath, a prayer approaching in the subtle texture. The two come together for the choral performance of a path that faces the demanding theatricality of Fura Dels Baus, in an obligatory feeling of imprisonment.


7 Plastic Regrets


The other single, a razor-sharp that concedes no defenses, with demonic laughter over a bass line coming out of the boiling basement of two lives connected in a lightning challenge, brings us to one consideration: a few notes are enough to enlarge the state of anguish that her voice can create. 


8 Harsh Flesh


Brian Eno walks through the garden of broken dreams, smoking an unease in search of a melody that is as decadent as possible. The dio spread their wings, cradle and fill the melody with the essential, a paranoia that tinges their fingers with a blackish sweetness. Slow, passionate but inevitably a slab that like a sword of Damocles takes away second after second of breathing space, it shines from the juxtaposition of instruments barking, as if stunned, in tender melodies...


9 We Were Just Lost Kids


A dump of nerves lodges within a dry harmonic line, echoes, bounces, as if Siouxsie and Budgie's Creatures had found a postdated sap, an absurd and Machiavellian need to move the hands of time. The groove seems to come out of glasses slipped into the jungle of the boniest Coldwave, to limit the spaces of escape. Perhaps the darkest track on this work, intriguing because it is elusive, quick to leave within us the certainty of a necessary chant. Like an electronic delirium deprived of electricity....


10 Desires


Death barks, thunders, spreads its wings, and Thomas becomes an engineer ordering music to be spastic, oblique, uncontrollable, with fascinations that seem to come out of any St. Petersburg music workshop. There it is, alive, the melody that needs a rust-filled synth to give us the dance amidst wishes with a chain around its neck. The stakes give the direction of disaster: you are in the early 1980s, in the wartime part of the delusions, where dreams and desires were whims and Post-Punk threw in the towel to become a parody of itself. But Polina Suffer resurrect, with their perverse beats, the need to end up in the abyss...


11 Whysteria


One definitely enters the clearest zone of this album: that of detonation, of the hysteria that spanks all joy and drowns it out, in the deadly vices that are strung together, like the musical genres here, in the circus that, starting from the Can's experimentation, changes the face, accelerates the rhythm and becomes a dance daughter of the Black Forest.

For the first time the bass comes out of Killing Joke's warbles, but the musical pattern is a continuous vocal, unchained in the fingers of the two young artists who improvise a scream that is a symbol coming from polite madness: the zenith is here in your ears...


12 The Blue Cathedral 


Darkness emerges from a slow cobweb, hypnotic and persuasive, like a stunned siren waiting to be decapitated. They surface, in the blackest jewel of Agonia Market, the pieces of listening that seduced the two in order to be included in the diabolical sound plan, with Virgin Prunes having sex with Danielle Dax, in a hypothetical Dantesque circle of deranged and deranged artists. The bells invoke the procession, sick, of a scene from a hypothetical Kubrick film, in the birthing night of a slowed nightmare. The chanting contrasts the sonic mantra, a slow motion to understand how it was possible to score a goal with pain in the chest. Siouxsie weeps, jealous, as well as any other star descending into retirement, because Beatrice and Tommaso cuddle the spite, draw, with an imperceptible guideline, sweetness and bitterness, to establish the place of consecration of a song that is nothing more than the collection of ashes thrown from the rose garden of the Turin hillside: the final act to dismiss all madness and create the tail in which to extinguish...


13 Outro


The end be damned: we find ourselves in a lightened industrial zone, where vomit comes not from drills but from blunt sheets, a terrifying appearance of a theatre that resides in the cradle of time, between East Germany and Russia, in a slow and irreverent duel filled with tension. There was no better way to end this record: don't go back to the first song, stay here, be good, play again on this vessel full of rusty nails, where every single sound is a labyrinth of minds with an expiration date. Let your joy be sombre, follow the chimes full of black sap out of these lopsided ways and get lost: this album is a wound we can all be proud of...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

26th May 2023


https://polinasuffer.bandcamp.com/album/agonia-market-2?from=search&search_item_id=2360249248&search_item_type=a&search_match_part=%3F&search_page_id=2621474286&search_page_no=1&search_rank=2&search_sig=a9844d7d339377970352100ba32b33c9






venerdì 12 maggio 2023

My Review: Hororhaus/Square Hollow - Gravitate

 Hororhaus/Square Hollow - Gravitate


Watch out: Indiana is burning, the Minimal Wave and Coldwave avalanche of this project, one of many, by the legendary Mark Mehlbauer, the electronic vampire who digs inside the falseness of the world to find these rigid, murky, magnificent trajectories in which getting lost is the best prize one could wish for. It is America expressing its way of scouring souls, having nothing to envy from those who invited these hypnotic forms into the heart of old Europe. 

The electronics prove to be dry, with the diet manifesting beautiful, slow, swollen sides of toxic blackness, sublime.

The track has its own precise pattern, being a screen with only one channel, no possibility, let alone desire for more. Music stripped down to the bone, magnificent and with nothing to add but the provocation of solemn abandon: mission accomplished...


Alex Dematteis
Musicshockworld
Supino
12th May 2023




La mia Recensione: Hororhaus/Square Hollow - Gravitate

 Hororhaus/Square Hollow - Gravitate


Attenzione: l’Indiana sta bruciando, ce lo dice la valanga Minimal Wave e Coldwave di questo progetto, uno dei tanti, del  mitico Mark Mehlbauer, il vampiro elettronico che scava dentro la falsità del mondo per trovare queste traiettorie rigide, torbide, magnifiche in cui perdersi è il premio migliore che si possa desiderare. È l’America che esprime il suo modo di perlustrare gli animi, non avendo nulla da invidiare a chi ha invitato queste forme ipnotiche, nel cuore della vecchia Europa. 

L’elettronica si rivela asciutta, con la dieta che manifesta fianchi splendidi, lenti e gonfi di nero tossico, sublime.

Il brano ha il suo schema preciso, essere uno schermo con un solo canale, nessuna possibilità e tantomeno volontà di averne altri a disposizione. Musica ridotta all’osso, magnifica e che nulla deve aggiungere se non la provocazione di un abbandono solenne: missione compiuta…


Alex Dematteis
Musicshockworld
Supino
12 Maggio 2023




giovedì 11 maggio 2023

My Review: Antipole & Paris Alexander - Crystalline

 Antipole & Paris Alexander - Crystalline


When a work certifies the change in the world, goes out of its way to scrutinise its movements, to colour its angles with impressive methodicality, to reveal its moods and slowly disintegrating habits, the result can only be exhilarating, no matter how feverish the overall picture.

Karl Morten Dahl is an experienced artist, eager to navigate through the fragments of heterogeneous impulses, compacting the visions of his own musical impetus to establish a sense of continuity between style and mode, this time, however, raising the bar to take a leap towards that Norwegian sky always at odds between the desire for sunshine and the ability to enjoy darkness. The latest effort is a sweet martyrdom, delightful and dynamic, created in co-ownership with Paris Alexander, another multi-talented genius. The talent from Brighton does something better than lend himself: he enters Antipole's project as a man who also has access to command of operations, for a result that is inside the chest, well guarded.

Crystalline is a sonic concept album, a glass glove that smashes convictions and certainties to bring a welcome fragility, through an icy circle of anaesthetic and surgical dance steps. 

Surprising, it offers songs like hidden tears with a partial ceremonial dress, but, thanks to the Darkwave fury kept in check and the elegant but murderous Coldwave, it transports an art project of absolute gloomy splendour into reality. 


As if the pain were playing hide and seek, the whole becomes contained through the guitar lines that take care to make it dreamy, held together by a putty of keyboards that oxidise and consolidate, to give the composition the colour of eternity, which becomes the true identity of these howls that are shy but capable of signalling the hunger for expression that the two artists have experienced and transported in these grooves. All perfect to end up in a ballroom with no windows, no strobe lights, no way out, to experience a suffocation that makes one surprisingly free. Karl, as if he had found within himself a never-before-desired projectuality, creates a visual and auditory field, in whose union strength is compactness, to achieve continuity, creating a record that becomes a novel. Able to write lyrics with adrenalin built in and using his voice like a delirium in a straitjacket, Paris Alexander makes everything perfect, spinning emotions even further. The ambient imagery is in these movements, sinister, sombre, between horror and science fiction, the caution that takes it upon itself never to develop noise and outbursts, but to keep the palpitations from becoming vulnerable. Sometimes it happens that it is better to suggest than to show an avalanche of elements: Karl and Alexander know this and this is the strong point of an album that rises, for the old scribe, to the highest position on the musical podium of 2023. Careful and skilful in making the compositions the film of a film that cannot be seen but perceived, the two become astronomers, magicians, masons of thought, cementing the work in a gothic dust with no tricks or clothes of belonging: the sense of abandonment in each track is enough to know that they offer no consolation, but a foothold to join us in a delicate sadness. A gathering without weapons and without claws. As if there were a threat, looming and powerful, this latest effort has the virtue of not seeing one song stand out above the others in order to have a uniqueness that fascinates, attracts, involves and makes it all a sticker on our skin wet with clear, fluorescent emotions. The timbral mixtures turn musical clouds into masses of moving notes, with the aptitude to transform them into a service that leads to the search for truth, amidst electronic beats perfectly supported by the grey brushstrokes of phrases that come out of guitars inebriated by the succession of chords.

This is the most mature work for the Norwegian Harlequin, who, as if he had emerged from a corridor full of autumn leaves, drops a wind full of sighs on us, giving his beloved Darkwave the task of being a captain with a long beard and a steady hand, to steer the boat of compositions towards perfection. There is no doubt that Karl and Alexander have not invented obscurity, but they have given it a better, balanced and real dignity, to annex to their needs a necessary transformation: eight wise pills enter our circuit, absorbing the acids and releasing sociable toxins necessary to balance our desire to immerse ourselves in their musical ocean. Electronica and Coldwave are real expressions in search of companionship, children of that North that for forty years has been sealing its loyalty pact with countries that have received more attention. But this album in 2023 cannot be beaten: every abyss finds its epicentre in the pain and maturity of believable invention and that is what Crystalline is made of.  

Which is a compact Odyssey of slow-moving icebergs, there is never any sense of a sonic maiden rising up, conjuring up, dragging listeners along to discover the rest: Karl has created a canvas, used brushes on a perimeter that has the frame of enchantment, so that everything is a wrapping to be lived as an experience, salvific or not this does not matter, what is clear is the will not to see preferences create injustice. Feelings and uncomfortable thoughts (masterfully put forward by Alexander) touch the present-day void and force it to reflection, with Master Karl directing the emotional traffic in the library where each of the eight pages writes the story of a memorable work: that it is the best of the year is a consequence of this wedge which is cold only on the surface that is Crystalline...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Supino

11th May 2023


https://antipole.bandcamp.com/album/crystalline







La mia Recensione: Antipole & Paris Alexander - Crystalline

 Antipole & Paris Alexander - Crystalline


Quando un lavoro certifica il cambiamento del mondo, si inoltra a scrutarne i movimenti, a colorarne gli angoli con metodicità impressionante, a svelarne gli umori e le abitudini in lenta disgregazione, il risultato non può che essere esaltante, per quanto il quadro generale sia quello di un paziente febbricitante.

Karl Morten Dahl è un artista esperto, desideroso di navigare nei frammenti di impulsi eterogenei, compattando le visioni del proprio impeto musicale per stabilire un senso di continuità tra lo stile e la modalità, alzando però, questa volta, l’asticella per poter compiere un balzo verso quel cielo norvegese sempre in contrasto tra il desiderio si sole e la capacità di saper godere delle tenebre. L’ultima fatica è un dolce martirio, delizioso e dinamico, creato in comproprietà con Paris Alexander, altro genio dalle molteplici capacità. Il talento della città di Brighton fa qualcosa di meglio che prestarsi: entra nel progetto degli Antipole come uomo che ha accesso anch’esso al comando delle operazioni, per un risultato che è dentro il petto, ben custodito.

Crystalline è un concept album sonoro, un guanto di vetro che spacca convinzioni e sicurezze per apportare una gradita fragilità, attraverso un cerchio ghiacciato di passi di danza anestetici e chirurgici. 

Sorprendente, offre canzoni come lacrime nascoste con un parziale vestito da cerimonia, ma, grazie alla furia Darkwave tenuta a freno e alla Coldwave elegante ma assassina, trasporta nella realtà un progetto artistico di assoluto splendore tenebroso.

Come se il dolore giocasse a nascondersi, l’insieme si fa contenuto attraverso le linee di chitarra che badano a renderlo sognante, tenuto insieme da un mastice di tastiere che ossidano e consolidano, per dare alle composizione il colore dell’eternità, che diventa la vera identità di questi ululati timidi ma in grado di segnalare la fame di espressione che i due artisti hanno vissuto e trasportato in questi solchi. Tutto perfetto per finire in una sala da ballo senza finestre, senza luci stroboscopiche, senza possibilità di uscita, per sperimentare un soffocamento che rende sorprendentemente liberi. Karl, come se avesse trovato dentro di sé una progettualità mai desiderata prima, crea un campo visivo e uditivo, nel cui connubio la forza è la compattezza, per raggiungere la continuità, creando un disco che diventa un romanzo. Capace di scrivere testi con l’adrenalina incorporata e utilizzando la voce come un delirio con la camicia di forza, Paris Alexander rende perfetta ogni cosa, facendo roteare ulteriormente le emozioni. L’immaginario ambientale è in questi movimenti, sinistri, cupi, tra l’orrore e la fantascienza, la cautela che si prende l’onere di non sviluppare mai rumori e sfoghi, bensì di mantenere le palpitazioni per non renderle vulnerabili. A volte capita di pensare che sia meglio suggerire che mostrare una valanga di elementi: Karl e Alexander lo sanno ed è questo il punto di forza di un album che sale, per il vecchio scriba, sulla posizione più alta del podio musicale del 2023. Attenti e abili nel rendere le composizioni la pellicola di un film che non si vede ma si percepisce, i due diventano astronomi, maghi, muratori del pensiero, cementificando l’opera in una polvere gotica senza trucchi né abiti di appartenenza: basta il senso di abbandono in ogni traccia per sapere che non offrono consolazione, ma un appiglio per aggregarci in una delicata tristezza. Un’adunata senza armi e senza artigli. Come se esistesse una minaccia, incombente e potente, questa ultima fatica ha il pregio di non vedere spiccare una canzone sulle altre al fine di avere una unicità che affascina, attrae, coinvolge e rende il tutto un adesivo sulla nostra pelle bagnata di emozioni limpide e fluorescenti. Gli impasti timbrici fanno delle nuvole musicali masse di note in movimento, con l’attitudine a trasformarli in un servizio che porta alla ricerca della verità, tra trambusti elettronici perfettamente appoggiati alle pennellate grigie di frastuoni che escono da chitarre inebetite dalle successioni degli accordi.

Il lavoro più maturo per l’Arlecchino norvegese, che, come se fosse uscito da un corridoio pieno di foglie autunnali, fa cadere su di noi un vento colmo di sospiri, dando alla sua amata Darkwave il compito di essere un capitano dalla barba lunga e dalla mano salda, per pilotare la barca delle composizioni verso la perfezione.

Nessun dubbio che Karl e Alexander non abbiano inventato l’oscurità, però le hanno dato una dignità migliore, bilanciata e reale, per annettere ai loro bisogni una trasformazione necessaria: otto pillole sagge entrano nel nostro circuito, assorbendo gli acidi e rilasciando socievoli tossine necessarie per equilibrare la nostra voglia di immergerci nel loro oceano musicale. L’elettronica e il fare Coldwave sono reali espressioni in cerca di compagnia, figli di quel Nord che da quarant’anni sigilla il patto di fedeltà con paesi che hanno ricevuto più attenzioni. Ma quest’album nel 2023 non si batte: ogni abisso trova il suo epicentro nel dolore e nella maturità di invenzioni credibili ed è ciò di cui è composto Crystalline.  

Che è un’Odissea compatta di icebergs in lento movimento, non esiste mai la sensazione di una fanciulla sonora che si elevi, che faccia da evocatrice, che trascini a sé gli ascoltatori per scoprire le rimanenti: Karl ha creato una tela, usato dei pennelli su un perimetro che ha la cornice dell’incanto, perché tutto sia un involucro da vivere come un'esperienza, salvifica o meno questo non importa, quello che è chiaro è la volontà di non vedere delle preferenze creare ingiustizie. 

Sentimenti e pensieri scomodi (magistralmente proposti da Alexander) sfiorano il vuoto odierno e lo costringono alla riflessione, con il Maestro Karl a dirigere il traffico emotivo nella biblioteca dove ognuna delle otto pagine scrive la storia di un lavoro memorabile: che sia il migliore dell’anno è una conseguenza di questo cuneo gelido solo in superficie che è Crystalline…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Supino

11 Maggio 2023


https://antipole.bandcamp.com/album/crystalline





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