Man Of Moon - Machinism
Sono comparse, ormai da diversi anni, nuove rivalità, coesistenze problematiche ad appesantire le nostre esistenze, a rendere le relazioni individuali e di massa estremamente complicate. L’avanzamento della tecnologia, l’immobilismo fisico e mentale, con la conseguenza di una massiccia dose di pigrizia stanno generando tensioni che è impossibile non vedere e sentire.
Parte di tutto ciò confluisce nello strepitoso secondo album della band Man Of Moon, titolare nel 2020 di un lavoro a lunga distanza che aveva permesso alla gioia e allo stupore di abbracciarsi e quell’effetto dura ancora oggi: Dark Sea è stato uno degli esordi più significativi degli ultimi anni.
E dopo quattro, Iain Stewart (il nuovo batterista) e Chris Bainbridge (voce, chitarra, basso, electronics), offrono un lavoro perfettamente accordato ai temi sociali affrontati e a musiche che sanno spaziare in modo sopraffino, trovando il modo di dare lievi segnali di continuità con il primo lavoro, ma soprattutto la volontà di creare un tema sonoro che specifichi intenzioni e direzioni, un laboratorio a cielo aperto, un'indagine, una metamorfosi, un lento cammino nel cuore di fantasie e bisogni perfettamente in sincrono.
È un lungo sguardo all’interno delle immagini, delle abitudini, di ciò che è mutato e ha portato all’eccesso il bisogno di porre se stessi costantemente sotto i riflettori, con la conseguente morte della privacy, del pensiero profondo, consegnando il tutto nelle mani spietate del Mercato, con i valori antichi che esalano gli ultimi respiri e quelli nuovi che sono ad appannaggio di una nuova gioventù non più in grado di rimanere connessa con quella più vecchia.
L’album è una scudisciata, gentile, una morsa sonica dentro le abitudini, un evidenziare gli sconvolgimenti con lo sguardo che fa da base ad atmosfere che spaziano tra il cupo e l’allegria: Chris e Iain non vogliono consegnare un atteggiamento dimesso ma essere messaggeri dotati di forza, coraggio, togliendo alle allucinazioni e agli estremismi spazi pericolosi e dannosi. Musica per educare, per cercare un contatto diverso per creare presupposti di miglioramenti che possano far scattare nuove strategie, anche attraverso la danza, antichissimo sistema per compattare le anime.
Per fare tutto questo l’utilizzo degli strumenti, gli stessi dell’esordio per intenderci, qui trova la raffinata capacità di estendere i colori, i suoni, con l’abilità di convogliare pensieri in emozioni limpide, seppure anche mediante una inevitabile dose di drammaticità. Ma si sente il progetto, l’intenzione che scorre dentro gli undici episodi, per creare un mood e un mantra che tiene alta la tensione, un urlo educato che mette addosso quei brividi capaci di non lasciare impassibili le menti all’ascolto.
Cresce la sensibilità, l’accortezza di adoperare dosi di impianti razionali che non siano fraintesi, facendo in modo che l’insieme sia un’opportunità, innegabile, per compiere un balzo portentoso verso qualcosa non fatto in precedenza, non necessariamente da definire ma che di sicuro bisogna vivere, creando il terreno di una novità che renda il comportamento univoco, dando una bastonata all’eccessivo desiderio di libertà, un leitmotiv che alla fine è la causa di quasi ogni male odierno.
Viene riesumato il rispetto, l’orgoglio dell'intelligenza umana che vuole rifiutare quella artificiale, anche se accoglie la seconda, ma stabilendo confini diversi. Un lavoro estremamente accorto, profondo, talmente efficace da lasciare completamente sorpresi, sconvolti, con alla fine dell’ascolto l’urgenza di dire basta e di tirarsi su le maniche.
Le composizioni arrivano sull’epidermide per poi entrare nei circuiti venerei, nei labirinti del pensiero, nelle ossa che decidono danze frammentate ma possenti, uno scuotimento continuo senza pause: non sono di certo le canzoni più lente che concedono la calma, perché nulla di tutto ciò esiste in questo fragoroso album, che nulla è se non una slavina gentile ma impossibile da fermare da parte nostra, con il risultato di gridare all’unico miracolo attuale generale necessario, che è da stabilirsi nel risveglio della coscienza, uscendo dall’avvelenamento e dal successivo torpore.
La luna qui è per davvero divisa in due e l’uomo che la guarda deve muoversi, cambiare prospettiva nello sguardo, pensare alla sopravvivenza della ricchezza vera, quella integra, e farsi scuotere dai raggi che arrivano da lì, senza nessuna resistenza. Sempre più isolato dal contesto sociale, l’essere umano di Machinism può godere di una concessione fragorosa e importante: vedere per davvero le distanze, il senso dello spazio interiore ed esteriore, e cercare dentro di sé quelle capacità che rendono il contatto l’unica forma di salvezza possibile.
I flussi musicali sono la base di ispezioni importanti, di generi che si mischiano cercando la propria elevazione, in un circolo terrestre dove melodia, armonia e ritmo vivono un gemellaggio intenso, consegnando canzoni che, oltre ai pensieri e alla danza, sono in grado di consolare, di vedere la band conservare le proprie iniziali radici ma con la grande volontà di disegnare nuove trame, ispezioni, per quelle possibilità stilistiche che conferiscono, in modo innegabile, un applauso massiccio. Tante novità, un sali e scendi di “giochi” siderali, perlustrazioni che finiscono per consegnare un’ossatura davvero miracolosa, per fare di quest'arte un clamoroso appiglio, senza sbavature.
L’elettronica vive una nuova stagione, meno separata dalla struttura rock/indie/alternative, per un connubio che mette radici diverse, offre il gancio per connessioni desiderate ma impossibilitate, prima, di divenire una devastante realtà. Iain esalta la ritmicità, creando spazi innovativi, in grado di unirsi alle praterie sonore di Chris in un combo che avvolge, semina nuovi sogni diversi che in pochi minuti risultano essere reali e credibili, in una corsa sensoriale che esalta, perfettamente, una geniale macchinazione preventiva.
Il basso e la chitarra sono uniti maggiormente rispetto all’esordio e le basi di tastiera sono meno isolate, meno appariscenti ma più consoni a un messaggio unito, che parte proprio da ciò che si ascolta nella sua interezza, finendo per far emergere una complessità che scivola perfettamente nella gradevolezza. La forma principale è quella di far diminuire il desiderio della strofa e del ritornello, per far concentrare l’ascolto maggiormente nei segnali, nei suoni, nelle dinamiche, nei flussi che sembrano diventare materia, secondo dopo secondo, con un elevato controllo delle strutture espressive.
La produzione, eccelsa, valorizza una sensazione generale che è più intuitiva che pratica, un non concept album sonoro che pare tale, per compattarsi perfettamente con i testi che sono decisi, spigliati, energetici, determinati con pitture di versi poetici che incantano e sorprendono.
La prima parte di Machinism vive di maggiori espressioni di elevate propensioni ritmiche, dove la velocità è un’urgenza metodica bilanciata verso la comprensione dei messaggi. La seconda, dove non manca di certo il ritmo e una certa “aggressività” sonora, pare essere un sonno agitato, un viaggio nelle attività oniriche che debbono essere interrotte in quanto c’è un compito da svolgere in fretta. Perfettamente unite queste due sezioni, si capisce immediatamente che l’ordine delle canzoni ha comportato un buon lavoro razionale, per un risultato che evidenzia genialità, capacità e l’individuazione di quell’aspetto culturale che la musica di oggi pare voler non considerare. Ma i due ragazzi di Glasgow hanno le spalle larghe, un intuito sveglio e brillante, intenzionati a essere non compagni di ascolti bensì gli ispiratori di nuove vitalità, in un’urgenza gravida di scintille e raggi lunari perfettamente amichevoli.
Armiamoci di curiosità e tuffiamoci in questi undici episodi: c’è la bellezza che ci aspetta, a braccia aperte, piena di fiducia nei nostri confronti…
Song by Song
1 - RISE
L’atterraggio sul pianeta Bellezza inizia con lo stile della band subito riconoscibile, il suono della chitarra lungo che fa da collante a un senso di attrito che affascina e scuote allo stesso tempo e poi via, con una tribalità rock che strizza l’occhio a una sperimentazione elettronica appena accennata.
Magnetica.
2 - YOU AND I
Terz’ultimo singolo prima dell’uscita di questo secondo album, ha la capacità di dare alla modalità del canto la facoltà di catturare l'attenzione per poi approcciarsi a una forma espressiva vicina allo space rock meno marcato. Cupa, elettrica, sensuale, la canzone ci fa compiere un salto temporale vistoso, con gli anni Settanta a marcare quanto non siano necessari molti cambiamenti per rendere interessante e valido un brano. Nel finale l’atmosfera vive splendide alternanze ritmiche.
Sexy.
3 - SWIM
Atomi iniziali di Industrial ed Ebm per poi diventare una torcia che contempla solarità e ritmicità con la pelle della psichedelia che corre insieme al ritmo, per una danza ipnotica che tatua la melodia breve nel circolo dell’eternità. I Suicide applaudirebbero, così come i Front 242: da una minimalistica forma di approccio a un’era ormai superata, i Man of Moon colorano istinti e pulsioni con un riff che inchioda al muro.
Vistosa.
4 - VIDEO
Nel penultimo singolo si rimane folgorati dal perfetto equilibrio tra il ritmo e l’atmosfera, che sembrano ambienti separati ma con innesti magici che ci fanno vibrare regalandoci una sensazione di grande preoccupazione e melanconia, dove la realtà viene trasportata attraverso questa minimalista forma espressiva. Dal sapore tragico, spaventoso, potrebbe essere la perfetta colonna sonora di un film di Akira Kurosawa, perché permette alla paura di essere un compagno intelligente, utilizzando gocce di Krautrock e brandelli di psichedelia.
Devastante.
5 - TIME
Tocca all’ultimo singolo definire la maturazione, la progressione, i nuovi spazi visivi e sensoriali che la band vuole maneggiare, mediante una forma robotica che contempli un cantato che pare piangere senza troppo dolore, donandoci una strana sensazione che è quella che ci fa innamorare di questa canzone, la quale non è nient’altro che un gioiello misterioso che mette in disordine il nostro tempo.
Magica.
6 - THE TIDE
L'iniziale approccio ci porta in casa dei Velvet Underground per poi scappare via, lentamente, nei crateri di una sospensione che toglie il fiato. Con la lentezza la melodia del duo diventa un’aurora boreale, uno spettacolo infinito. E quando un brano semiacustico ci rende magneti in stato di contemplazione, allora possiamo affermare che la band sa come paralizzare le convinzioni, generando uno splendido marasma interiore…
Ipnotica.
7 - IN THE WATER
Ecco il combo che scrisse lo splendido Dark Sea ricordarci quell’album attraverso un imbuto di nervi tenuti miracolosamente in piedi dal loro carisma, dalla capacità innegabile di sospendere le atmosfere, di essere espressione di una nuova melodia in trasformazione, allegando una ritmicità che trascina senza mai esplodere.
Miracolosa.
8 - REIGN
Nevrotica, drammatica, esplosiva con stile, fascio lunare in uscita dalla propria orbita, la canzone è una frustata baciata da coralli elettrici, un alternative che cerca legami con l’elettronica che si affaccia ma non contamina, per conferire al tutto una sensazione di sacralità moderna.
Misteriosa.
9 - MACHINE THAT BREATHE
La lacrima più incandescente esce da note magnetiche di un piano che subito ci fa sprofondare e ci rende obbedienti, per poter ascoltare un dolce tormento che scaturisce dalla voce sussurrata di Chris, qui il magnete che stordisce senza alcuna esitazione. Circonda i sensi con il suo tono quasi dimesso, un applauso con i guanti di seta, che trasferisce un dolore cercando e ottenendo una dolcezza come consolazione…
Fragorosa.
10 - RUN AND HIDE
Uscita nell’ottobre del 2021, la canzone conosce un accattivante ritocco, una maggiore propensione al misticismo, una preghiera caustica, una introversa preoccupazione che arriva alla constatazione del dubbio sulla nostra sopravvivenza, mentre la struttura minimalista, con la chitarra finale a stordire l’amarezza, fa di questa composizione la stella polare che ci guida verso la nostra ultima possibilità di comprensione…
Lunare.
11 - THE WILD
Lo stupore maggiore arriva con il brano di chiusura, una genuflessione che prevede una decadenza anomala, un vortice che assomiglia a un sibilo, con le note della tastiera del piano (circondate da un synth spettrale che ipnotizza l’atmosfera) a essere un canto triste che precede quello di Chris, in un idillio che spacca il cuore, un avamposto di una tristezza che non ha appigli ma rilascia tossine in grande quantità. Un cantato mai espresso in precedenza, capace di essere un’altalena nel vento, un andare e un tornare graffiando la nostra anima con una strana dolcezza. Poi il suo finale, nebulosa chimica in trasparenza, ci offre l’ultimo pugno in faccia…
Ingovernabile.
Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
18th May 2024
Lo potete prenotare qui:
https://manofmoonband.bandcamp.com/album/machinism-2
Written and Recorded by Man of Moon
Produced by Man of Moon and Paul Gallagher
Mixed and engineered by Paul Gallagher
Mastered by Ryan Shwabe
Artwork by Peter Kelly