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martedì 10 gennaio 2023

La mia Recensione: ⱯRINA - if u could die

 ⱯRINA - if u could die 


Estasi. Sprofondamento. Stupore. Eclissi di ragione. Estromesso. Sbattuto sul ghiaccio sospeso.

Questa è la storia vera del vecchio scriba alla fine dell’ascolto di questa canzone, raggio cosmico fuori rotta, fuori luogo, fuori tempo, indiscutibilmente veicolo di smarrimento e voglia di piangere tonnellate di liquidi. L’adolescenza muore ora, le finestre della coscienza cadono e lasciano le note qui presenti a fare danni: inutile contarli, non finiscono, continuano anche con il play in pausa. Non si può gridare quando le composizioni mettono pancia sulla mente, schiacciando il cranio giù, per terra, e poi si schiantano. La musica è una alabarda circolare, con il ritmo che avanza, si ferma, sempre percuote, allucinata e tenebrosa, spesso in grado di capire che l’ascoltatore vorrebbe fuggire da essa: il mistero può essere la morte con la sua trappola in anticipo. È una collana gotica di brillanti trip hop piena di una parure di diamanti che tintinnano sadicamente. Chitarra Darkwave bastarda, fintamente dolce, che aspetta la battaglia che verrà, e poi il grigiore di effetti elettronici e inevitabilmente la voce, la strega resuscitata che dal loculo intraprende il suo percorso  lastricato di vendetta: non poteva rimanere imprigionata. Poi accade che si finisce con il non essere più in grado di qualsiasi coscienza, si diventa chilogrammi di acido sulfureo tra le pareti di un soffocamento. Il cielo guarda questa voce disumana e scappa. Non si tratta di estensione, di modalità, bensì di quello che pulsa al suo interno, intenta a divenire una mossa strategica per il nostro destino: lei vivrà nella nostra memoria e ci dimenticherà, ci abbandonerà per andare a commettere altre stragi altrove. Sicuramente si sposta dal nostro apparato uditivo per emigrare, senza soste, nelle nostre vene che saranno contente di farle conoscere le nostre cavità. È certo che moriremo con lei: una volta che si è stregati, il soggetto in questione sarà una montagna continuamente in discesa, lo shock a cui non c’è rimedio. La musica, tuoni in marcia robotica, estende la sua chiesa sulla quale ARINA ride con il sangue nell’ugola.

Come in una ipnosi tribale, la canzone illumina i generi musicali, li ammassa, rovista tra essi e li conquista, in un turbinio emotivo che seduce. 

Qualcosa di straordinario accade in questo brano, a causa di un recital di suoni, una storia rimane piacevolmente confusa e riesce ad avvinghiare e a far gridare al miracolo: se anche questo potesse morire forse crollerebbe questo piacevole malessere….


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford 

11 Gennaio 2023

https://paynayloron.bandcamp.com/album/through-the-glass



giovedì 17 marzo 2022

La mia Recensione: The Boxer Rebellion - Ghost Alive

 La mia Recensione 


The Boxer Rebellion - Ghost Alive


Viaggiatori del tempo.

Visitatori dei luoghi.

Residenze che mutano come i pensieri.

C’era una volta un americano, un australiano e due inglesi che divennero anime in perenne spostamento, come se vivessero il morbo della bellezza nomade. 

Dopo quattro anni nei quali la loro amalgama si è fatta solido ecco che i ragazzi diedero alla luce il loro primo album: dopo quell’inizio il loro volo è proseguito all’insegna di costanti migrazioni sonore, nessun cliché e genere a cui dichiararsi fedeli. Sempre in viaggio, mentale e fisico.

Nel 2018 arriva il sesto album e tutto si fa limpido: i lutti possono creare bellezza emotiva e acustica, come un fiato che rompe le tragedie ma non le dimentica, donando la consapevolezza che sulla memoria si deve lavorare.

Ed ecco che la morte del padre del leader Nathan Nicholson ha saputo far nascere la necessità di una vistosa intimità che si è gettata con piume sottili in canzoni che contemplano anche la dolcezza e la sottile intelligenza di un’anima che ha deciso di non sprofondare nel dolore.

Un album che contiene la necessità di prendere la folk music e maggiorarla con fascinazioni sonore per esaltarne l’aspetto visionario e al contempo l’intimità perché il dolore può anche essere sussurrato, mostrandone delicatamente le sue diramazioni.

Ecco che le undici canzoni non sono scatti di quel dolore ma la presentazione di abilità che lo hanno rivoluzionato, scomponendolo prima, dandogli luce nel petto dopo.

Se la voce, come sempre, è uno stormo che vola in compagnia di arcobaleni, gli strumenti si sono accordati per rendere sonora l’intimità, e per farlo hanno dato a se stessi l’abilità di respirare il vento tra chitarre, basso, batteria, archi.

Ci si ritrova con i brividi disegnati costantemente sulla pelle: come una orchestra ubriaca che dimentica la propria abitudine e approccio alla costruzione della musica, i pittori del suono decidono di viaggiare dentro l’intimità dilatando spazi di espressione artistica, per conferire al tutto l’abito della luce che accarezzando il buio lo seduce con composizioni che spesso rimandano alla musica classica.

Ma non è un concept album: sarebbe stato riduttivo. Partiti da una difficoltà hanno colto l’occasione per creare uno slancio con la lampadina della tenerezza accesa, per togliere strada al senso di soffocamento che avrebbe potuto fare danni.

Il risultato dimostra che i sorrisi mettono radici sulle crepe, volando di canzone in canzone con quella forza contagiosa che regala all’ascolto sogni e profondità.

Si sogna con energia arpeggiata (River), l’indie rock mostra il suo volto con delicatezza e ritmo (Don’t Look Back) e ci si perde dentro la tenerezza  (Fear).

Come nomadi pacifici si cammina con la valigia con traiettoria sicura dentro la chitarra che riporta alla memoria Nick Drake e Tom McRae (Rain), per proseguire sui tasti di un piano minimalista ma fragoroso (Under Control), sino alla quasi psichedelica esigenza di salire nel cielo (Don’t Ever Stop), per tornare sul pianeta Terra con la potenza tenera di un brano che sembra ricordarci lo splendore del new acoustic movement dei primi anni 2000 (Lost Cause).

E si può essere infinitamente dolci anche se hai il fallimento nella tua mente (What The Fuck), per sedersi poi con le mani ferite dentro il folk imbottito di nuvole (Here I am) e camminare poi tra le atmosfere di un mare pronto alla resa ma capace di un riscatto (Love Yourself), per andare a buttare le proprie ossa dentro il letto con un dialogo dove emerge l’amarezza con dubbi e domande (Goodnight) e provare a dormire, fosse anche solo per spossatezza acquisita.


L’album ha la capacità di esaltare le atmosfere acustiche: il senso della misura gli dona la spettacolare abilità di essere una valanga leggera che travolge ma lo fa con eleganza, portando i battiti fuori soglia. 

Si ritorna quindi verso quegli anni sessanta nei quali il testo sembrava avere la meglio sulla musica ma un ascolto attento conduce a notare quanto un lavoro artigianale sia stato fatto per esaltare ogni singola nota così come ogni singola parola.

Semplicemente Monumentale!


Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford

17 Marzo 2022





https://music.apple.com/gb/album/ghost-alive/1567013227


https://open.spotify.com/album/5qhDOlEZCyFaNluxgfJsV2?si=QHdP_ZNwS7-aPVI2Bygz0A






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