Jennà Romano e Porfirio Rubirosa - Non Mi Rompete
Una valigia nel viale della fantasia ci porta tra il Lazio, la Campania e il Veneto, in una passeggiata volatile attraverso il meraviglioso incanto onirico di un brano scritto nel 1973 per il terzo album del Banco del Mutuo Soccorso, per quel Io sono nato libero che rivelò una freschezza lirico/musicale di notevole fattura.
Jennà Romano, legato a dei ricordi a cui, da uomo intelligente, ha dato importanza, ha preso questo patrimonio storico e l'ha reso vitaminico e capace di una sonorizzazione pregna di attualità, senza disconoscere il senso del tempo in cui fu scritto. Nel suo esercizio di ringraziamento, l’autore napoletano ha abbracciato il Capo dei Dadaisti per nutrire, in questo combo strambo ma affascinante, la poetica di un episodio che ancora una volta dimostra come la band romana sia stata in grado di far sposare poesia, impegno sociale, confezionando gioielli a misura di sguardo, tra il regime della fantasia dalle scarpe leggere e il soffocamento di un comportamento che non rispetta quella parte dell’esistenza così simile a un rifugio doveroso: senza sonno, senza sogni, la vita si fa debole…
Non un riprendere la canzone, bensì un portarla ai tempi nostri, rinunciando alla maestosa costruzione musicale, preferendo un linguaggio sonoro sottile, ma tenendo le dinamiche presenti a un livello cosciente e capace davvero notevole.
Inizia la sei corde, con Fast Car di Tracy Chapman che sembra sorvolare il tutto per poi consentire alla voce di Romano (un fiume pieno di volontà di buttarsi nella campagna di una giornata umida) e di Rubirosa (un guitto bambinesco che avvolge con tenerezza l’ascoltatore) di rendere sospeso il respiro, come se le parole di Francesco Di Giacomo fossero in grado di rimanere robuste e tenere al contempo nei confronti dell’impianto dei due musicisti, che includono anche una sorprendente armonica a bocca, che pare uscita dal De Gregori degli stessi anni Settanta. Ma poi due splendidi assoli di chitarra ci fanno intendere come un Grazie vero e sincero possa liberare la fantasia, il rispetto e l’intenzione di apporre una firma diversa, con l’autorevolezza che l’artista vero deve sempre avere.
Tutto è avvolto nella lentezza, nell'assaporare la contemplazione e lo sviluppo di idee che attendono fiori e fasci di luce in armoniosa convivenza. Quando poi la velocità muta, rispetto alla versione originale, e anche nel finale, ci si rende conto di come il duo abbia elaborato l’idea di una canzone che come un abito matrimoniale venga indossato una sola volta, ma con tutta la perfezione che merita.
Ecco, dunque, affacciarsi l’alternanza nel canto che conferisce a due registri vocali diversi di vivere lo spazio della magia, di quel “senza tempo” che sospende solo in parte la percezione del mondo contemporaneo. Ma, visto il taglio del testo originale, ci rendiamo conto di come nulla sia capace di mutare quando la favola di una richiesta vibra di paura davanti a un inevitabile rifiuto. L’accoglienza, nello specifico, diventa il momento essenziale anche della elaborazione musicale che, nel caso di Jennà e Porfirio, si configura in un silenzio sussurrato, con l’esplorazione di movimenti che, dal prog accennato in profumo di spazi medievali e barocchi, trova nel finale un senso pop melodico davvero moderno, tributando a questa coppia un posto essenziale: quello dell’applauso riconoscente.
In un ipotetico luogo della nostra mente, l’ascolto vede questa stella cometa virare decisamente verso la magrezza, nel senso che nulla di pomposo, nessun affanno di imitazione ha preso la mano, conferendo, piuttosto, un senso di leggerezza e di rispetto che veicolano commozione pura.
Un atto d’amore che abbraccia la quasi oscenità di un brano che, oltre a essere senza tempo, è anche una spada di Damocle sulla nostra incompiutezza e sul nostro egoismo. Una dimostrazione di forza usando i polpastrelli come china scrivente nel cuore, per legare il passato e il presente in un abbraccio emblematico, possibilitato di una fragranza che scioglie. Nella vicenda che il Vecchio Scriba osa raccontare, vivono anni e anni di studio, una corsa lenta di due bradipi, curatori dello spirito prima ancora del suono, che spesso è solamente una piacevole coda di un tutto non sempre comprensibile.
La canzone è ingannevole, sin dal titolo: sembra il piano sonoro di un urlo, di un atto sgarbato, una invettiva, uno strascico di sofferenza che chiede clemenza.
Invece…
Invece no: è una favola che esce dalla barba di un sogno, di un quasi risveglio, partorito nel terzo anno di una decade rumorosa e sfavillante, generosa nel fare dell’arte l’inizio culturale di sviluppi multipli. Esattamente come il brano, un mappamondo che tasta il polso della verità, con il garbo che si insinua tra le gambe di strumenti progettati per far evolvere la storia, trasportandola nel confine degli incastri solenni, dove la trasformazione di un momento diventa una breve suite in attesa.
Jennà butta via la stupida mentalità della cover e scrive sulla pelle del pezzo del Banco con la sua penna una risposta che pare un sorriso, una stretta di mano, in un tacito accordo tra il reale e il surreale, per seminare una follia radiosa e stellare. Ci si china all’ascolto perché l’arrangiamento dell'artista di Napoli favorisce la coltivazione delle sfumature originali costruendo un muro di note delicate, che paiono respirare per conto loro.
Porfirio è il mago bambino, la voce e l'armonica a bocca che alita sul tutto con la sua schizofrenia ed energia, senza che sia volenteroso di prendere la scena tutta per sé. Qui nasce la sorpresa, il senso civile di una collaborazione nata da una telefonata di Romano che ha avuto il consenso immediato dell’artista veneto.
Cosa succede all’ascolto? Quali luoghi nuovi ci capita di visitare? Cosa rimane?
Il dolore e la speranza si buttano sulla strada di una musica che regala possibilità di intima riflessione, ci si ritrova sui letti umidi di nuovi mattini con la gioia di un non capire che ci permette di rimanere studiosi attenti.
La natura intima di Jennà e l’effervescenza di Porfirio restano presenti, ma questo episodio rende possibile l’aggregazione di stili diversi, come nelle metodiche così come negli approcci e a vincere è il brano dei Banco del Mutuo Soccorso che ha trovato un ottimo nuovo amico a coccolarlo…