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martedì 14 marzo 2023

La mia Recensione: Reitelaitis - Pavargom

 Reitelaitis - Pavargom


Un clamore esce dalla misteriosa terra Lituana, facendo sobbalzare la curiosità oltre le stelle: il progetto di un unico uomo che il vecchio scriba vorrebbe toccasse i cuori di moltitudini, in veloce progressione di quella abnegazione di fedeltà che contamina di gioia paludosa la volta celeste.

Straordinario insieme di sette brani, ruggiti gelidi e maligni, sostanzialmente in grado di far stralunare i pianeti: ci si ritrova innanzi a un miracolo pagano nel quale pulsa il battito di un cuore che atrofizza la bruttezza, per far suonare le campane al fine di festeggiare la nascita di un lavoro che può solamente veicolare lo scoppio del vuoto e condurre i pezzi dentro un'ampolla piena di classe e liquido elettrico, sbavante di morbida inquietudine. L’ipnosi calzante di questa elettronica coniugata alla Coldwave e al Post-Punk è l’ascesa di pensieri tristi che fanno vibrare, per poter annettere il vagabondaggio delle anime verso la prigione di una dipendenza che è prescritta dalla Dea della tristezza, quella che fa riflettere e non soffocare il respiro. Si balla con una artrosi mentale che fa schizzare il piacere verso le nuvole sotto i piedi: Pavargom miete vittime, conturba e sposta l’asse del piacere verso il pianto lento ma inesorabile, come una tragedia annunciata che tarda ad arrivare, ma poi è schianto dove si muore respirando ancora, anche dopo…

Come un robot pare non avere cuore, così è per la musica di Reitelaitis, ma tranquillizzatevi: dura pochi secondi, perché poi i fili, i transistor, le parti metalliche, gelide e aride, prendono la temperatura diventando sentimenti roventi.


Andiamo subito a sbattere la testa su questi pezzi di ghiaccio dal cuore caldo…


Song by Song


1 Laikui sustojus 


Si parte con un quasi Dark-Electro, una lenta espansione di synth che si sovrappongono come lamiere su un ghiacciaio sperduto, con il silenzio rotto dalla processione di questa meccanica marcia funerea.


2 Nori nenori


Scariche elettriche, il basso in zona Post-Punk, deciso e ribelle e grasso di terra profuga in grido sbilenco, la chitarra che fluttua sospetta, e la danza si fa obbligatoria, con la voce che semina mistero, rendendoci assorti, volando senza allegria mentre tutto si fa opprimente con melodica predisposizione.


3 Sunkus rytas


Probabilmente qui si esce dall’universo: la tristezza diventa un rito messianico, lento ma atroce, perché la canzone si scalda solo quando deve morire…

La linea vocale, piume di vetro in discesa libera, viene fermata dalla chitarra che rende il suono un burrone lento. Le strofe avanzano, come le lacrime, e la Darkwave e la Coldwave si stringono desolate, quindi felici e piene di se stesse, in questa meraviglia che il vocabolario non può definire: mancano le parole. Ed è mantra melanconico, la deflagrazione che ci rende piangenti, con la parte finale del brano che è un paio di mani che si stringono ai nostri fiati.


Už uždarytų durų 


Lo shock permane, ma vede questa canzone avanzare e schiaffeggiarci con i suoi synth che paiono uscire da una sinfonia elettrica con l’intenzione di dare lustro agli ’80 senza ferire, supplicando la chitarra e il basso di circondare il Post-Punk con una festa a base di pillole melodiche e sintetiche.


5 Saturnas


L’anima Industrial si presenta con la voglia di una elettronica feroce a tratti, con le sue scariche singole e poi, una volta che il basso prende spazio, è delirio ipnotico in rotazione, con sciami Synthwave a fare da supporto. 

La parte strumentale procede, copre tre decadi ed entra nella dance hall sino a quando la voce, come sgomento prezioso in turbolenza, marcia in modo robotico, colpendo il nostro delirio. Poi la danza si fa sfrenata e la lucidità si perde, nella gioiosa danza con le nuvole grigie.


6 Atlieka


Fottiamoci tutti: perdiamo la ragione, inutile volerla mantenere, qui siamo davvero inguaiati in quanto è un lento crocifiggere il bene, si diventa cattivi e feroci, con questa base granitica, una elettronica che arriva alla foce della Coldwave quasi furibonda, a due passi dall’Ebm. Non ha bisogno del cantato: ha tutte le grida assiderate nei suoi gelati transistor.



7 Išeitis


L’LP si conclude con un lento passo di Darkwave, con rimembranze Cure di Faith, ma il brano è più teatrale, più incline a far aprire i raggi di sole. Addirittura sembra una canzone che congeda la tristezza e pure noi e lancia scintille di Synth quasi come un sorriso per darci appuntamento per un futuro che vorremmo più prossimo possibile…


Un album semplicemente clamoroso: parola di un inebetito Vecchio Scriba…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

14 Marzo 2023


https://reitelaitis.bandcamp.com/album/pavargom







My Review: Reitelaitis - Pavargom

 Reitelaitis - Pavargom


A clamour emerges from the mysterious Lithuanian land, jolting curiosity beyond the stars: the project of a single man whom the old scribe would like to touch the hearts of multitudes, in rapid progression of that self-denial of loyalty that contaminates the celestial vault with swampy joy.

An extraordinary set of seven tracks, icy and malignant roars, substantially able to make the planets bewilder: one finds oneself before a pagan miracle in which the beating of a heart that atrophies ugliness pulses, to ring the bells in order to celebrate the birth of a work that can only convey the burst of emptiness and lead the pieces into an ampoule full of class and electric liquid, drooling with soft restlessness. The fitful hypnosis of this Coldwave and Post-Punk conjugated electronics is the rise of sad thoughts that make one vibrate, to be able to annex the wandering of souls towards the prison of an addiction that is prescribed by the Goddess of Sadness, the one that makes one think and not choke one's breath. One dances with a mental arthrosis that makes the pleasure splash towards the clouds beneath one's feet: Pavargom reaps victims, contorts and shifts the axis of pleasure towards slow but inexorable weeping, like an announced tragedy that is late in arriving, but then it is crashing where one dies still breathing, even afterwards...

Just as a robot seems to have no heart, so it is with Reitelaitis's music, but don't worry: it only lasts a few seconds, because then the wires, the transistors, the metal parts, cold and arid, take on a temperature of their own, becoming red-hot feelings.


Let's go right away and bang our heads on these warm-hearted pieces of ice....


Song by Song


1 Laikui sustojus 


It starts with an almost Dark-Electro, a slow expansion of synths overlapping like sheets on a remote glacier, with the silence broken by the procession of this mechanical funeral march.


2 Nori nenori


Electric discharges, the bass in the Post-Punk zone, assertive and rebellious and fat from refugee land in an unbalanced cry, the guitar floating suspiciously, and the dance becomes compulsory, with the voice that sows mystery, making us absorbed, flying without cheerfulness while everything becomes oppressive with melodic predisposition.


3 Sunkus rytas


Probably here we leave the universe: sadness becomes a messianic rite, slow but atrocious, because the song only warms up when it has to die...

The vocal line, feathers of glass descending freely, is stopped by the guitar that makes the sound a slow ravine. The stanzas advance, like tears, and Darkwave and Coldwave huddle desolate, then happy and full of themselves, in this wonder that vocabulary cannot define: words are missing. And it is melancholic mantra, the deflagration that makes us weep, with the final part of the track being a pair of hands clasping our horns.


4 Už uždarytų durų 


The shock lingers on, but sees this song move forward and slap us with its synths that seem to come out of an electric symphony with the intention of giving lustre to the 80s without hurting, begging the guitar and bass to surround Post-Punk with a feast of melodic and synthetic pills.


5 Saturnas


Industrial soul presents itself with the urge for fierce electronics at times, with its single blasts, and then, once the bass takes space, it's hypnotic delirium in rotation, with Synthwave swarms to back it up. 

The instrumental part proceeds, covers three decades and enters the dance hall until the voice, as precious dismay in turbulence, marches in robotic fashion, hitting our delirium. Then the dance becomes unrestrained and lucidity is lost, in the joyous dance with the grey clouds.


6 Atlieka


Let's all fuck off: let's lose our reason, it's useless to want to keep it, here we are really in trouble as it is a slow crucifixion of the good, we become vicious and ferocious, with this granitic base, an electronic that arrives at the mouth of the Coldwave almost furious, two steps away from Ebm. It doesn't need the vocal: it has all the screams frozen in its icy transistors.



7 Išeitis


The LP concludes with a slow darkwave pace, with Cure reminiscences of Faith, but the song is more theatrical, more prone to opening rays of sunshine. It even sounds like a song that bids farewell to the sadness and to us as well, and sends out sparks of synth almost like a smile to bid us farewell for a future we would like to see as soon as possible...


A simply sensational album: the word of an inebriated Old Scribe...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

14th March 2023


https://reitelaitis.bandcamp.com/album/pavargom




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