Drama Emperor - Eden’s Gardens
Come è gustoso l’inganno che vive segregato nella storia, quello che scivola in ogni anfratto mentale, senza liberatoria. Ci sono, nell’arte e non solo, esempi che certificano questo malaffare, questa sconcezza inaccettabile: dovrebbe essere impedito il fatto che la bellezza non abbia un trono visibile da qualsiasi latitudine.
Le Marche, musicalmente la terra che ha portato alla luce limpidi fuoriclasse come Paul Chain e i suoi Death SS, i Gang, i Soviet Soviet e tanti altri, nel suo grembo fertile e dorato ha spinto nel furibondo panorama musicale anche questa band, della quale il Vecchio Scriba celebra la nuova pubblicazione: un fascio sonoro illuminato da genialità assortite per generare emozioni ad alte quote. Non semplice, non fruibile con agilità, per favorire, da parte dell’ascoltatore, un profondo lavoro di assemblaggio, in quanto il duo composto da Michele Caserta e Cristiano Ballerini sonda continuamente, sin dall'esordio del 2009, ogni resistenza che sia contraria alla programmazione di un impegno preciso per poter decifrare le onde multimagnetiche di cui loro sembrano i generatori benedetti dalla divinità musicale. Sono vagiti elettrici, nei quali la melodia è uno scheletro privo di pelle ma funzionale alla motricità che renda i corpi all’ascolto magneti in attrazione mistica verso un luogo che sembra divenire, episodio dopo episodio, una radura radioattiva, riuscendo a bruciare il superfluo. Indicazioni ne abbiamo avute in questi anni, malgrado la produzione non sia mai stata prolifica: perfetto, perché le ambizioni dei marchigiani non devono entrare in una catena di montaggio. Seminano canzoni come granelli di sabbia nello spazio: laddove, apparentemente, sembra mancare il senso, tutto viene ribaltato da una qualità effervescente, dinamica, coinvolgente.
Due le composizioni nuove che aprono l’E.P., una coppia di assalti con modalità diverse, nello stile, nella velocità, ma entrambe pregne di meravigliosi approcci metafisici. Il nucleo è un approfondimento decisamente intenso rispetto alla provenienza delle loro “antiche” rappresaglie sonore. Se apparentemente si denota l’abbandono di una matrice Post-Punk, per favorire inserimenti di origine elettronica, è necessario però fare i conti con la teatralità, nuovo elemento che pare essere un colpo di genio definitivo. In aggiunta, si noti una orchestrazione che, partendo dalla musica classica, si spinge verso la sperimentazione tedesca della seconda metà degli anni Sessanta: non solo brani con un mantello, ma note che entrano nelle ossa. Spruzzate generose degli anni Ottanta meno ortodossi si palesano soprattutto nei due pezzi finali, con il sistema pericoloso ma in questo caso ben riuscito di due remix.
Il lavoro proposto è una incudine che divide la morbidezza dal gelo: è innegabile che i cavi che si muovono tra le composizioni siano pieni di una potente capacità di indagine, per generare una veloce selezione naturale. Risalta la poderosa propensione, che sia voluta o si tratti di uno splendido incidente poco conta, di assorbire i generi musicali, per stordirli, renderli obiettivi e non doverosamente riconoscibili. Tutto vive di pochi secondi con determinate movenze, per essere poi seguiti da altri che paiono nascondere il recentissimo passato e dileguarsi nel vuoto. Come in una bancarella rovesciata nel fango, così le canzoni arrivano al nostro ascolto: mettendo un magistrale disagevole agio, nel registro emotivo di un ossimoro che paralizza, conquistando.
Il tempo ora lo si riservi alla vicinanza di questi elettrodi pieni di ruggine viola, per assegnare a ogni momento il nostro ruolo…
Song by Song
1 - Eden’s Gardens
Una giostra temporale alla ricerca di un luogo dove seminare immagini e introspezioni, verificando la storia di ogni inganno: questo è il tempio della più grande bugia umana, un giardino che contempla solo il piacere, lasciando il passato alle spalle. La chitarra è feroce, straziante, perché si oppone, mentre la parte vocale è un pianto malinconico, nel quale il perfetto cantato in inglese posiziona gli accenti sulle vocali in modo incantevole. Il drumming cucina i fianchi e l’assolo della sei corde è un sacrificio che spacca quel giardino. La sorprendente orchestrazione classica del finale sembra dipingere un addio nei confronti di ogni illusione. I Death in June, gli Echo & The Bunnymen, e le code sonore dei Kitchens of Distinctions si posizionano nella prima parte e nel coinvolgente ritornello, in piena ammirazione. Ma è il cambio dopo la seconda strofa che rende il tutto sfuggente, sacro, definitivamente perfetto…
2 - Pulse
Nessun dubbio: sul podio delle canzoni più interessanti e atroci di questo fulgido 2023! Pulse è il talento espressivo, l’indagine sonora che parte da un loop assassino, contornata da un brillio di matrice industriale, per poi aprirsi nel momento dell’entrata del canto, che è un vero esercizio di studio, con conseguente laurea. Il tema espressivo è un circuito cacofonico con un recitativo che snerva, toglie le forze e incanta, per via della sua magrezza melodica, inducendo il pensiero a viaggiare nei confini di un labirinto mentale pulsante. Questa è la profonda ricchezza dei due artisti: la strafottenza del compiacimento nello scrivere musica dall’effetto gradevole, per proiettarsi, invece, nel caos lento di trame e spinte psichedeliche, viste da un vetro appannato, che le rendono come una sottile esplosione di un magma che rovista le resistenze. Sublime!
3 - The Ghost In You
Un petalo Darkwave che frequenta le zone calde della Coldwave più puttana e sensuale, vola dentro questo sibilo che richiama alla memoria grandi realtà degli anni Ottanta: Neon e Gaznevada, due eccellenze che amavano creare per esorcizzare la paura della sperimentazione all’interno di quei generi musicali. Sicuramente cupo, introverso, attraente, rende visibile le loro affinità e bisogni.
Ma, e so che qui si aprirà una polemica straordinaria, non riesce a tenere lo sguardo delle prime due, perché più manieristico, meno in grado di mostrare le genialità e le quote visive. Nulla, sia chiaro, che faccia venire al Vecchio Scriba il desiderio del non ascolto: avrebbe pagato di tasca sua nel 1985 per sentire una composizione del genere!
4 - Awake (Soft Rior RMX)
Fate uscire a cena gli Yello, portateli nel porno cinema dei Frankie Goes To Hollywood, e constaterete come questo remix sia un miracolo celestiale: tutto si apre, con continui inserti elettronici a rendere questo esercizio sonoro un ibrido in direzione della follia che diventa una perfetta dance hall. Vivace, il cantato disegna sogni, mentre le scariche vitaminiche dei Synth sono miracoli che fanno arrossire le luci stroboscopiche.
5 - The Final Song (Guido Möbius RMX)
Un leggero dolore frequenta lo spazio mentale: un incipit che vaga nella secchezza di una parola che sbatte su un impianto striminzito ma straordinario, con uno speciale controcanto che richiama Blixa Bargeld in stato catatonico. Una spruzzata di dub e proto-house si inserisce nel circuito della canzone: si è costantemente in nevrotica attesa…
Una dimostrazione di come il tempo possa essere messo sul tavolo di un laboratorio, per progettare un fluido che renda l’eternità superflua: il duo marchigiano ha generato lo stupore che viaggia nei paradisi incantati della perdizione, dove le passioni e i sogni sono splendidi cadaveri da conservare.
E.P. italiano dell’anno per Musicshockworld!
P.S.
Da rilevare anche lo splendido Artwork dell’artista Francesco Pirro.
Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
17 Ottobre 2023
https://dramaemperor.bandcamp.com/album/edens-gardens