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giovedì 4 maggio 2023

La mia Recensione: Grey Gallows - Strangers

 Grey Gallows - Strangers


C’è sempre qualcosa che non ci appartiene, che sembra estraneo a noi stessi: i luoghi, le persone, il tempo. Una sensazione che spesso genera malessere e che viene resa limpida da due creature greche direttamente collegate alla verità, alla concretezza, alla capacità di donarci consapevolezze. Giunti al quarto album, Konstantin e Dionisis spingono sull’acceleratore e ci immergono in un liquido che avvolge i pensieri, li lubrifica e li rende stagnanti per poter meglio comprendere questo sentirci fuori posto, nel campo della dispersione. Compongono un disco denso, dove i confini delle loro qualità emergono e stabiliscono un contatto, un legame e un patto che si configura in una fiducia abile nel dare forza. La stessa che si evince essere assolutamente generosa in queste undici composizioni che definiscono la loro maturità: un lavoro realmente capace di scartavetrare ogni dubbio e di rendere visibile l’ombra del malessere che si è insinuato sul suolo delle nostre esistenze. Due cavalieri che agitano pensieri ma mai consigli: sarà per via della loro terra, sempre in grado di esimersi dall’essere superflua. O sarà, forse, per il talento di rilevare, di essere una base di coscienza che vuole stimolare nuove propensioni. Il suono si è fatto più ruvido, l’elettronica stabilisce il desiderio di una modernità non fine a se stessa, bensì la necessità di uno strumento informativo capibile da molte più persone. Aleggiano nei versi moti di fatica, di aggressione alla stupidità, la volontà di fare della loro arte un trampolino di lancio verso il palazzo mentale nel quale non sentirsi affatto stranieri. Vengono prese di mira le bugie, le oscurità passive, oliate catene mentali e fisiche, viene proposto il desiderio di una vita eterna che tenga conto dei limiti, viene affrontata la gabbia che lubrifica l’inevitabile resa e scoperta una terra sorda, incapace di ascoltare e di collegarsi ai veri bisogni di amalgama. Un viaggio estremo, che evidenzia come i generi musicali (come sempre vicini al sorriso martoriato di quei generosi anni Ottanta) abbiano stavolta provato il desiderio di compiere un balzo in avanti: recuperare la gloriosa storia melodica greca per posizionarla in suoni attuali, per rendere possibile un bilanciamento e una propensione futura, dove tutto si fa ignoto e cupo. Non scherzano i due: i synth e le chitarre sono giudizi che tappano le bocche, sentenze che scuotono, facendo vibrare i sensi verso quel dolore che si pensa sempre di poter evitare. Il cantato di Konstantin è il morso di uno squalo all’interno di frequenze che lasciano scosse elettriche, nella zona baritonale che rende l’addome una cassa che non trasmette, bensì riceve le sue sacerdotali espressioni evocative. Dionisis è un illustratore di scarabocchi mentali in grado di rendere tutto materia, toccabile, per connettersi al suo partner musicale nel gioco, tetro, di saper realizzare un campo visivo che sgomenta e consola al contempo.

Hanno deciso di farsi raggiungere da due voci strepitose, due interpreti che mettono della seta su ogni avamposto di dolore.

Kriistal Ann è una dea tenebrosa, membro dei Paradox Obscur, che sa convertire con la sua voce l'approssimazione umana in una celebrazione immensa di qualità. 

Ειρήνη Τηνιακού (più nota come Irini Tiniakou), la voce e la mano su incantevoli synth della band Incirrina, dona il suo vespaio vocale pieno di fasci lunari per rendere ancora più greve l’onda piena di magneti plumbei, per un risultato che rende l’ascolto un sussulto inevitabile.

La scelta dei Grey Gallows di portarle a bordo si rivela vincente, entusiasmante per la continuità del complesso percorso che Strangers offre: chiuso il cerchio, si tratta solo di trovare i respiri per rimanere in vita…

Pazzesca l’intensità, la voracità, la precisione di ogni singolo episodio di questo anfiteatro che sa accogliere il nostro desiderio di essere spettatori di una danza millenaria in caduta libera: il loro palco diventa il nostro strazio, bellissimo e doveroso. Hanno scritto il loro lavoro più completo, meritevole della più profonda e convinta adorazione, perché quando la Darkwave, la Coldwave, il Post-Punk, l’Elettronica si trovano a essere protagonisti, voluti e saggiamente messi in grado di esprimersi, allora il circuito artistico dei due greci va oltre l’elenco sopracitato per divenire una farfalla di vetro con le ali nere: non ci resta che seguire la scia dei loro undici voli…


Song by Song


1 - Strangers


Una tastiera piena di balsamo per i pensieri allarga le braccia: è l’inizio dell’album, dopo cinquantanove secondi il ritmo della drum machine ci porta in dono ciò che lo aveva preceduto e questa certezza, unita alla modalità del cantato, che è un elenco di oscillazioni, ci rende immediatamente consci di vistosi miglioramenti. Una granata, uno sparo, una scheggia uscita da un basso Post-Punk e da un universo elettronico condensato dalle branchie di una Coldwave, famelica di esercitare il ruolo di straniera nel mondo fatto di assenza emotiva, lancia subito il vecchio scriba dentro la consapevolezza che i due artisti greci abbiano abbassato il cielo…


2 - The Cage


Questa plumbea freccia sonora è un palcoscenico dove vengono mostrate le loro nuove inclinazioni, il frutto di un lavoro encomiabile alla ricerca di una modalità che esprima tutta la densità di un sentire l’arte come una ricerca assoluta, dove ciò che si impara non lo si tiene nascosto. Generosa e credibile, la band esplora una fiumana di generi musicali non estrapolando ciò che le potrebbe essere utile, bensì portando il tutto verso una stratosferica manipolazione, miglioria, producendo nell’ascolto la sensazione di una casa che cammina nella nebbia, attraverso synth affamati, capaci di mettere in gabbia la libertà e di farci scoprire il privilegio di una prigionia sensoriale e motoria davvero utile e necessaria. Si danza preoccupati, attenti, sviluppando circuiti di attenzioni che decretano il successo di questa canzone: sia messo agli atti che questo duo è incapace di scrivere sciocchezze e volgarità, mentre, al contrario, ci fa crescere con consapevolezza…


3 - Spirits (feat. Kriistal Ann)


Un parziale rallentamento di ritmo, il synth glaciale che apre le porte a un’eco e poi è una incandescenza opacizzata che, attraverso la voce di Kriistal, si riempie di evocazioni attraversate da limpide inquietudini, spaziando musicalmente dalla capacità di connettere la Coldwave al Synth Pop più triste. Il risultato è che, quando il ritmo cambia, le voci raddoppiate e le abbondanti dosi di elettronica ci spingono verso il cielo, in una corsa per poter incontrare l’anima…


4 - Dying Light 


Dying Light è la carta d’identità delle paure, esibite lealmente, dentro domande e passi che attraversano l’ego e la forza, con la morte che mostra l’odore, in avvicinamento.

Ma i due di Patras, Grecia occidentale, si servono di magnifiche sostanze nel pozzo infinito della Darkwave per fare inclinare il tutto nel letto di sangue di una Coldwave ieratica, imponente, definitivamente decisa a dare loro un trono di fiamme gelide.

Rompono il muro che nasconde la verità rivelando il loro talento, dando a noi una danza che si fa scevra di condizionamenti, un batuffolo di cupe propensioni alla ricerca intima di misteri e scoscese camminate per toccare il fondo.

Si piange con equilibrio, si abbassa il capo e si lascia andare via il corpo verso il contatto con la bellezza più pura: quella della dipendenza da una canzone che regala la trasparenza del nostro più intimo segreto…


5 - Lies 


Se esiste un contatto con il passato della band greca, forse lo si potrebbe trovare in questo brano, ma poi ci si accorge di come il suono sia più strutturato grazie all’ottimo lavoro di produzione che valorizza la trama musicale e le voci, con i contrappunti dei synth nel ritornello che sono secchi, brevi ma maestosi. Una fluorescenza gotica che concede spazio al Pop che qui si fa cupo, per una vittoria finale di una sintesi clamorosa di qualità. Più che dentro delle bugie ci ritroviamo nella verità della loro classe, nei bagliori psichedelici di una Darkwave sposata per un attimo con la Coldwave…


6 - Deafland


Una canzone come un regalo all’interno del quale assistiamo alla sorpresa di un iniziale approccio “leggero” ma subito bloccato da una slavina di alberi dalla faccia gravata dal dolore, per determinare il valore di un ballo all’insegna di luccichii Darkwave che provengono dall’immersione negli anni Ottanta, soprattutto dati dalla modalità dei Synth che ci riportano ai tempi in cui i Legendary Pink Dots e i primi Clan of Xymox viaggiavano liberi nei nostri ascolti. Poi è tutta la densità del combo di Patras a emergere, riuscendo a fare di questa traccia il manifesto della loro maturazione e mutazione: saprà essere veleno necessario per ogni tipo di sordità…


7 - Bare Inside (feat. Irini Tiniakou)


Si palesa una progressione: sarà lo spoken word parziale di Irini, o qualche mistero che vuole mantenersi tale, fatto sta che i synth e le chitarre qui sono Dèi turbolenti, nervosi, capaci di creare un attrito nei pensieri. La canzone mostra come il viale musicale continui a gonfiare i propri confini: dilatazioni, stili che si abbracciano, nessun attrito, per un fiume nero che mostra il caveau nudo di una creazione davvero intensa. Quando la gioia ha gli anfibi e il cielo pieno di nuvole nere…


8 - The Night in Me


La parte iniziale ci ricorda l’epopea durata pochissima di Valerie Dore, artista molto capace ma troppo presto dimenticata. Quando il cantato di Konstantinos arriva tutto si fa buio, le mani delle visioni entrano nella sua voce che produce una sommossa duodenale: tutta la tristezza vive nella sua tonalità, mentre il drumming inventa piccole diversificazioni che affascinano e un vocalizzo ci riporta ai canti gregoriani. Mentre la chitarra staziona nel grigiore che rende questo brano assolutamente perfetto…


9 - Chains 


“Andare ai Padri”: dal significato, Latino, della città dei due artisti greci, possiamo capire molto di questo pezzo, in quanto emana profumi antichi di appartenenza alla storia dei loro luoghi. Vive uno spirito che sembra morire di stenti, con note consegnate ai synth e alla chitarra per testimoniare un legame, una catena (appunto) con ciò che inevitabilmente appartiene al passato. Perché la musica è un ponte, senza mettere in contatto nessuno se non la bellezza della verità, amara, che Konstantinos e Dionisis sanno, abilmente, rendere fisica. Echi di Ultravox e Klinik sembrano suggerirci il doveroso compito di capire quanto i Grey Gallows siano indispensabili per concepire la chiarezza nei loro confronti. Come una scopa piena di polvere, con piccole tracce Ebm ed elettrodi provenienti dai Kraftwerk, questo terremoto malinconico spazzerà via la finta felicità, mostrandoci la solidità delle catene…


10 - In Eternity


Mancava un brano che fosse accessibile ad alcune presenze inquiete, per quelle anime che ballando cercano i pensieri come ganci nella notte: in questo caso i due lo fanno offrendoci l’eternità. Se prendeste certi momenti dei Camouflage, dei Wire e dei NamNamBulu, in un’assurda insalata musicale, il risultato sarebbe proprio questa canzone, che è il momento storico degli anni Settanta che lasciano il segno per congedarsi abbracciando la decade in arrivo, sino ad arrivare ai Duemila. In una veste che include un romanticismo distorto ma necessario, la poesia sale nella chitarra struggente, che fa piangere anche il più ferreo dei cuori…


11 - Silentium


Ogni finale è connesso al silenzio e il titolo scelto dal gruppo è la perfetta chiosa: una sintesi di ciò che è accaduto con il sapore tetro di una sacralità espressa sin dalle campane iniziali, poi dal synth che spalanca il precipizio, il bisogno di pace che passa attraverso la morte. Come se i Fields of The Nephilim avessero incontrato Cthulhu sulle sponde del Mar Ionio, con i Grey Gallows cerimonieri di una funzione religiosa votata alla consacrazione del trapasso. Lenta e suggestiva, questa lava ipnotica è la definitiva conclamazione di un talento che mai era arrivato a queste profondità. Sparito il movimento danzante, la fluente e ritmica propensione a fare delle loro creazioni anche un compromesso con l'orecchiabilità, quest’ultima traccia è un'esecuzione straordinaria: vengono uccise le anime che si sentono estranee alla decadenza di questo mondo per  conferire direttamente all’infinito. La scelta strategica di posizionarla come ultima regala anche la convinzione che il viaggio attraverso l’immensità del duo avrà una gloriosa continuazione…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Supino

4 Maggio 2023


https://greygallowsgr.bandcamp.com/album/strangers




My Review: Grey Gallows - Strangers

 Grey Gallows - Strangers


There is always something that does not belong to us, that seems alien to us: places, people, time. A sensation that often generates malaise and is made clear by two Greek creatures directly linked to truth, concreteness, and the ability to give us awareness. Now at their fourth album, Konstantin and Dionisis push on the accelerator and immerse us in a liquid that envelops thoughts, lubricates them and makes them stagnant so that we can better understand this feeling of being out of place, in the field of dispersion. They compose a dense record, where the boundaries of their qualities emerge and establish a contact, a bond and a pact that is configured in a trust that is able to give strength. The same that is shown to be absolutely generous in these eleven compositions that define their maturity: a work truly capable of scarifying every doubt and making visible the shadow of the malaise that has crept onto the soil of our existences. Two knights who agitate thoughts but never advice: it may be because of their land, always capable of avoiding being superfluous. Or perhaps it will be because of the talent to detect, to be a base of consciousness that wants to stimulate new propensities. The sound has become rougher, the electronics establish the desire for a modernity that is not an end in itself, but rather the need for an information tool that can be understood by many more people. Hovering in the verses are motions of fatigue, of aggression against stupidity, the desire to make their art a springboard towards the mental palace in which they do not feel foreign at all. Lies, passive obscurities, oiled mental and physical chains are targeted, the desire for an eternal life that takes into account limits is proposed, the cage that lubricates the inevitable surrender is confronted and a deaf land is discovered, incapable of listening and connecting to the true needs of amalgamation. An extreme journey, which highlights how the musical genres (as always close to the tortured smile of those generous eighties) have this time felt the desire to take a leap forward: recovering the glorious Greek melodic history to position it in current sounds, to make possible a balancing act and a future propensity, where everything becomes unknown and dark. The two do not joke: the synths and guitars are judgments that plug mouths, sentences that shake, making your senses vibrate towards that pain you always think you can avoid. Konstantin's singing is the bite of a shark within frequencies that leave electric shocks, in the baritone zone that makes the abdomen a box that does not transmit, but receives its priestly evocative expressions. Dionisis is an illustrator of mental scribbles capable of making everything matter, touchable, to connect with his musical partner in the game, gloomy, of being able to create a visual field that simultaneously dismays and consoles.

They decided to be joined by two amazing voices, two performers who put silk on every outpost of pain.

Kriistal Ann is a tenebrous goddess, a member of Paradox Obscur, who knows how to convert human approximation with her voice into an immense celebration of quality. 

Ειρήνη Τηνιακού (better known as Irini Tiniakou), the voice and hand on enchanting synths of the band Incirrina, lends her lunar-beam-filled vocal horns to make the wave full of leaden magnets even heavier, for a result that makes listening an unavoidable gasp.

Grey Gallows' choice to bring them on board proves to be a winning one, exciting for the continuity of the complex path that Strangers offers: closed the circle, it is only a matter of finding the breaths to stay alive… The intensity, the voracity, the precision of every single episode of this amphitheatre that can accommodate our desire to be spectators of a millenary dance in free fall: their stage becomes our heartbreak, beautiful and dutiful. They have written their most complete work, deserving of the deepest and most convinced adoration, because when Darkwave, Coldwave, Post-Punk, and Electronics find themselves to be protagonists, wanted and wisely enabled to express themselves, then the artistic circuit of the two Greeks goes beyond the aforementioned list to become a glass butterfly with black wings: all we have to do is follow in the wake of their eleven flights…


Song by Song


1 - Strangers


A keyboard full of balm for thoughts spreads its arms: it is the beginning of the album, after fifty-nine seconds the rhythm of the drum machine brings us a gift of what had preceded it, and this certainty, combined with the mode of the singing, which is a list of oscillations, makes us immediately aware of conspicuous improvements. A grenade, a shot, a splinter coming out of a Post-Punk bass and an electronic universe condensed from the gills of a Coldwave, ravenous to exercise the role of foreigner in the world of emotional absence, immediately launches the old scribe into the knowledge that the two Greek artists have lowered the sky…


2 - The Cage


This leaden sonic arrow is a stage where their new inclinations are displayed, the fruit of commendable work in search of a mode that expresses all the density of feeling art as an absolute quest, where what is learned is not kept hidden. Generous and credible, the band explores a plethora of musical genres, not by extrapolating what could be useful, but rather by bringing it all towards a stratospheric manipulation, improving, producing in the listening the sensation of a house walking in the fog, through hungry synths, capable of caging freedom and making us discover the privilege of a truly useful and necessary sensorial and motor imprisonment. One dances worriedly, attentively, developing circuits of attention that decree the success of this song: let the record show that this duo is incapable of writing nonsense and vulgarity, while, on the contrary, making us grow with awareness…


3 - Spirits (feat. Kriistal Ann)


A partial slowdown of rhythm, the glacial synth opening the door to an echo, and then it is an opaque incandescence that, through Kriistal's voice, is filled with evocations traversed by limpid restlessness, ranging musically from the ability to connect Coldwave to the saddest Synth Pop. The result is that, when the rhythm changes, the doubled vocals and abundant doses of electronics push us towards the sky, in a race to meet the soul...


4 - Dying Light 


Dying Light is the identity card of fears, loyally displayed, within questions and steps that cross ego and strength, with death showing its scent, approaching.

But the two from Patras, western Greece, make use of magnificent substances in the infinite well of Darkwave to tilt the whole thing into the blood-bed of a hieratic, imposing Coldwave, definitively determined to give them a throne of icy flames.

They break through the wall that hides the truth by revealing their talent, giving us a dance that is free of conditionings, a wad of dark propensities in an intimate search for mysteries and steep treks to the bottom.

One cries with balance, one lowers one's head and lets one's body go towards contact with the purest beauty: that of dependence on a song that gives the transparency of our innermost secret…


5 - Lies 


If there is any contact with the Greek band's past, perhaps it could be found in this track, but then you realise how the sound is more structured thanks to the excellent production work that enhances the musical texture and vocals, with the synth counterpoints in the refrain that are dry, brief but majestic. A gothic fluorescence that grants space to the pop that here becomes dark, for a final victory of a resounding synthesis of quality. Rather than inside lies, we find ourselves in the truth of their class, in the psychedelic glow of a Darkwave married for a moment to Coldwave...


6 - Deafland


A song like a present within which we witness the surprise of an initial "light" approach but immediately blocked by a landslide of trees with a face burdened with pain, to determine the value of a dance in the sign of Darkwave glints that come from immersion in the eighties, especially given by the mode of Synths that take us back to the times when the Legendary Pink Dots and the first Clan of Xymox travelled freely in our listening. Then it is all the density of the Patras combo that emerges, managing to make this track the manifesto of their maturation and mutation: it will know how to be necessary poison for all kinds of deafness


7 - Bare Inside (feat. Irini Tiniakou)


A progression becomes apparent: it may be Irini's partial spoken word, or some mystery that wants to keep it that way, the fact is that the synths and guitars here are turbulent, nervous gods, capable of creating friction in thoughts. The song shows how the musical avenue continues to swell its boundaries: dilations, styles that embrace, no friction, for a black river that shows the bare vault of a truly intense creation. When joy has amphibians and a sky full of black clouds...


8 - The Night in Me


The opening part reminds us of the short-lived epic of Valerie Dore, a very capable but too soon forgotten artist. When Konstantinos' singing arrives everything goes dark, the hands of visions enter his voice that produces a duodenal riot: all the sadness lives in his tone, while the drumming invents small diversifications that fascinate and a vocal brings us back to Gregorian chants. While the guitar dwells in the greyness that makes this track absolutely perfect…


9 - Chains 


'Going to the Fathers': from the meaning, Latin, of the city of the two Greek artists, we can understand much about this piece, as it exudes ancient scents of belonging to the history of their places. It lives a spirit that seems to die hard, with notes delivered to synths and guitar to testify to a link, a chain (precisely) with what inevitably belongs to the past. Because music is a bridge, without connecting anyone but the beauty of the truth, bitter, that Konstantinos and Dionisis know how to, skilfully, make physical. Echoes of Ultravox and Klinik seem to suggest that the Grey Gallows are indispensable in conceiving clarity towards them. Like a broom full of dust, with small Ebm traces and electrodes from Kraftwerk, this melancholic earthquake will sweep away fake happiness, showing us the solidity of the chains...


10 - In Eternity


There was a song missing that was accessible to some restless presences, for those souls who dance around searching for thoughts like hooks in the night: in this case they do so by offering us eternity. If you took certain moments of Camouflage, Wire and NamNamBulu, in an absurd musical salad, the result would be this song, which is the historical moment of the seventies leaving their mark and taking leave to embrace the coming decade, all the way to the two thousand. In a guise that includes a distorted but necessary romanticism, the poetry rises in the poignant guitar that makes even the most steadfast heart weep...


11 - Silentium


Every ending is connected to silence and the title chosen by the band is the perfect closing: a summary of what has happened with the gloomy flavour of a sacredness expressed from the opening bells, then from the synth that opens up the precipice, the need for peace that passes through death. As if the Fields of The Nephilim had met Cthulhu on the shores of the Ionian Sea, with the Grey Gallows ceremonising a religious function devoted to the consecration of the passing. Slow and evocative, this hypnotic lava is the definitive confirmation of a talent that had never reached these depths. Gone is the dancing movement, the flowing, rhythmic propensity to make their creations also a compromise with catchiness, this last track is an extraordinary performance: the souls that feel estranged from the decadence of this world are killed in order to confer directly on the infinite. The strategic choice of positioning it as the last also gives the conviction that the duo's journey through immensity will have a glorious continuation...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Supino

4th May 2023


https://greygallowsgr.bandcamp.com/album/strangers




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