martedì 26 novembre 2024

My Review: Way to Blue - Life Is a Big Joke


 Way to Blue - Life Is a Big Joke


A film surrounds thoughts: a magical, precious act, with its upsets, stumbles and bad habits.

And if it is the heart that is surrounded, then everything becomes dense, bombastic, like a whim shouted in the silence of an autumn that craves victims.


After May's melodic arrow entitled Love Again, the Way to Blue project returns to put before our eyes a love story that lives on expectations, frustrations, choices to be made, truths to be offered to the night. 

To do all this, Vincenzo Del Corno increases the froth of his artistic mode while maintaining, compared to the previous single, only the possibility of dancing with your eyes closed. Musically, however, we find ourselves before a paralysing mood, obsessive, wildly pop as the Post-Punk of the Cerulean Veins or certain episodes of the Psychedelic Furs can be.

Everything becomes immediate, in a melodic embrace that floats in the previous decades with impetus, gratitude and an infinite thank you that also enters into the production that dusts off the stale feeling that some works of recent times have, unable to take their foot off the copy and paste.


This song tackles an important theme and does so with a lyric that is apparently as fast as the music, immediate, but do not make the mistake of considering it a drop that goes down unopposed, because the pen that painted these words has a kilometre-long trail of silences and secrets behind it: when you think that everything in art is in that performance, you lose sight of reality.

The guitar and bass, a combo with an absolute vocation for emphasis, are the privateers of a synth that closes the holes, making the perimeter of a short but effective run-up that gives the relational switch-off a chance to evolve. Here we hear notes become words, like oxygen in search of the right sky.

The Old Scribe sees a progression of the imagery of this artist/musician/writer capable of penetrating the dark zones of human becoming, struggling with his works to find a surrender, one that is detached from the useless.

Having mentioned two bands above, the impression many might have is that of a sound arrow synthesising a jukebox born in the 1980s: one may well disagree, but the undeniable pleasure and pride of hearing a song that seems to have been born in the English sky while two lovers search for their America, the one that would make them united forever, remains. 


Vitaminic, powerful, this film also manages to release the drops of weeping that still run down the cheeks of the Old Scribe...

The refrain is a diamond contiguous to stanzas that sow almost secret incursions of a synth capable of offering streams of waiting dreams: everything seems suspended, governed by a guitar that acts as a forerunner to the flight, with the bass that governs and the rhythm that does not leave this creativity extinguished. In that instant, when the body rises from boredom, from laziness, and seeks a vital space to open its consciousness, one realises that there is an emotional train crashing on a rock in this composition...


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford 

27th November 2024


Out on 2nd December 2024

La mia Recensione: Way to Blue - Life Is a Big Joke


 Way to Blue - Life Is a Big Joke


Una pellicola circonda i pensieri: atto magico, prezioso, con i suoi turbamenti, gli inciampi e le cattive abitudini.

E se a essere circondato è il cuore, allora tutto si fa denso, roboante, come un capriccio urlato nel silenzio di un autunno che brama vittime.


Dopo la melodica freccia di maggio intitolata Love Again, il progetto Way to Blue torna per mettere davanti ai nostri occhi una storia d’amore che vive di attese, frustrazioni, di scelte da compiere, di verità da offrire alla notte. 

Per fare tutto questo Vincenzo Del Corno aumenta la schiuma della sua modalità artistica mantenendo, rispetto al singolo precedente, solo la possibilità di ballare a occhi chiusi. Musicalmente, però, ci troviamo innanzi a un mood paralizzante, ossessivo, selvaggiamente pop come sa essere il Post-Punk dei Cerulean Veins o certi episodi degli Psychedelic Furs.

Tutto si fa immediato, in un abbraccio melodico che fluttua nelle decadi precedenti con impeto, riconoscenza e un grazie infinito che entra anche nella produzione che spolvera il senso stantio che hanno alcuni lavori dei tempi recenti, incapaci di togliere il piede dal copia e incolla.

Questa canzone affronta un tema importante e lo fa con un testo apparentemente veloce come la  musica, immediato, ma non si compia l’errore di ritenerla una goccia che scende senza opposizione, perché la penna che ha dipinto queste parole ha una scia chilometrica di silenzi e segreti alle spalle: quando si pensa che nell’arte tutto sia in quella esibizione si perde di vista la realtà.

La chitarra e il basso, combo di assoluta vocazione all’enfasi, sono i corsari di un synth che chiude i buchi, facendo comprimere il perimetro di una breve ma efficace rincorsa che dia allo spegnimento relazionale una chance di evoluzione. Ecco quindi che sentiamo le note divenire parole, come ossigeno in cerca del cielo giusto.

Il Vecchio Scriba vede una progressione dell’immaginario di questo artista/musicista/scrittore in grado di penetrare le zone cupe del divenire umano, lottando con le sue opere per trovare una resa, quella che si disgiunge dall’inutile.

Dopo aver citato due band in precedenza, l’impressione che molti potrebbero avere è quella di una freccia sonora che sintetizza un jukebox nato negli anni Ottanta: si può benissimo dissentire, ma rimane l’innegabile piacere e orgoglio di sentire una canzone che pare nata nel cielo inglese mentre due amanti cercano la propria America, quella che li renderebbe uniti per sempre. 

Vitaminica, potente, questa pellicola riesce anche a liberare le gocce di un pianto che ancora scorrono lungo le guance del Vecchio Scriba…

Il ritornello è un diamante contiguo a strofe che seminano incursioni quasi segrete di un synth capace di offrire flussi di sogni in attesa: tutto sembra sospeso, governato da una chitarra che funge da apripista al volo, con il basso che governa e il ritmo che non lascia questa creatività spenta. In quell’istante, quando il corpo si alza dalla noia, dalla pigrizia, e cerca uno spazio vitale per aprire la propria coscienza, ci si rende conto che in questa composizione c’è un treno emotivo che si schianta su uno scoglio…


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

27 Novembre 2024


La canzone uscirà il 2 di dicembre 2024


Ist Ist - The Art of Lying

 


La mia recensione


Ist Ist - The Art of Lying


Ci sono nubi che si abbassano per allargare le nostre paure e tensioni, per farci guardare dentro e cercare un contatto con l’inconscio. La volontà di capire il presente, il circostante, prendere posizione ha molti metodi.

Il secondo album dei Mancuniani Ist Ist è uno di questi.

Dopo l’esordio di Architecture (album dell’anno 2020 per Musicshockworld) eccoli avanzare dentro qualità sempre più visibili e messe a disposizione di tutti. È poesia grigia e scintillante quella che si legge dentro questi solchi, in un vinile blu cobalto che espande la sua potenza sulle pareti vogliose di essere stordite. E accade.

Si respira la loro maturità: questo secondo lavoro rende chiara la percezione che avevamo avuto con l’album di esordio. Sanno scrivere canzoni intense e devastanti. Ora lo fanno addirittura meglio. 

Il clima è quello di un momento faticoso e urticante: il COVID non ha lasciato solo la paura, ma l’esigenza di limitare il raggio di visibilità di questa devastante pandemia per fare i conti con il proprio spazio personale, in una faticosa restrizione.

E per farlo Adam (voce e chitarra) ha ispessito i testi di consapevolezza; sono martellate le sue parole, cacofoniche espressioni che dall’assenza di ossigeno portano nuove verità. Testi che si incollano alle musiche senza timori né balbettii.

Le chitarre tornano a essere ossessive e presenti come nei loro devastanti esordi, con tastiere che permeano il tutto in modo perfetto, tempistiche che fanno capire la loro crescita anche negli arrangiamenti e nella struttura delle composizioni.

Ciò che si respira dentro queste 10 canzoni è anche un senso di frustrazione positiva, energetica con la volontà di non risparmiarsi.

Canzoni come polvere di amianto che si infila nelle nostre orecchie per contaminare ogni possibile difesa.

Impossibile opporsi.

Tutto viaggia tra note che come spade del ‘500 corrodono e divengono letali: canzoni come tagli sulle nostre ferite, come pelle che si lacera ed esplode.

Continua ad essere pesante, tenebrosa, drammatica e catartica la loro presenza, ma hanno aggiunto pillole di saggezza e dato al Postpunk la possibilità di guardarsi indietro solo per il tempo necessario a cogliere le perle. Ma come architetti sono interessati a inventare modalità nuove, aumentare la possibilità di uno stile unico e riconoscibile. Non mancheranno le persone che spenderanno più tempo a trovare appigli, sicurezze nel fare paragoni invece di notare tutto ciò che di nuovo mostra la presenza. 

Il loro secondo album impegna l’ascolto se non si è inclini a multiple emozioni e ad accettare un arricchimento veloce dell’anima.

Se mentire è un’arte, quest’album rivela la sincerità di artisti che si oppongono a questo modus operandi. Vi è sincerità, spontaneità, integrità e ricchezza d’animo in questi minuti che sapranno donare, sebbene in una atmosfera corrosiva, momenti di sollievo…


 


Listening Through the Walls


“Private whispers in the wall”


Carte in tavola. Gioco chiaro e preciso: i quattro aprono le danze cupe come una roccia lenta, elettronica, una Coldwave che sembra provenire dalla sua patria, il Belgio, con passi lenti e lamiere dolci e oblique sopra le nostre teste. Rintocchi e campanelle a tagliare l’aria sino a quando una chitarra nel finale aggiunge malinconia.



Fat Cats Drown in Milk


“Reality has the sharper blade”


Una bomba che cammina, continuando ad esplodere. 

Un drumming come montagna che scende e trascina.

Il basso che affonda come rituale Postpunk liturgico.

Tastiere in appoggio che ci concedono un minimo la possibilità di sognare ed una voce, con il suo cantato, a paralizzarci tra correnti umide e crasse.

Atto superlativo di estrema bellezza. Coinvolgente e mantra da scolpire nel cielo.


Middle Distance


“My thoughts had rearranged”


Andy ed il suo basso graffiante, Adam e la voce al vetriolo che penetra la terra, Mat che appoggia delicatamente le dita sulla sua tastiera e Joel che in modo semplice ci sbatte per terra con il suo drumming. 

Brano che rivela come Architecture fosse la base e non un punto di arrivo. E alla fine Andy a farci danzare sensualmente con linee di basso potenti.


Watching You Watching Me


“My doubt of you still screaming through my head”


Si torna a ritmi vorticosi con questa razzia che esplora gli averi altrui.

È doccia Postpunk con attitudine generosa. 

Una tastiera ad aprire il cuore, poi basso chitarra e voce per una strofa che spalanca la bocca di gioia. Al ritornello si cede. È radioattività che si stende sulla pelle ed entra nei circuiti interiori.

Perché melodia e forza trovano il consenso, un patto con fare belligerante.

Dopo il ritornello la lava arriva con un basso bastardo e terrestre. La tastiera ci prende  il cuore e gli occhi, neri, da sognanti, diventano svegli e tenebrosi .


The Waves


“The tide washes over me”


Violenza smussata nei gomiti, tenebra cavernosa rigida e sporca ai lati, una corsa senza gambe per tutto il periodo della introduzione e poi via, il fiato che corre con noi nella Manchester del 1980 che guarda a quella del 2021. Trascinante, come strega malefica, dolce come i liquidi preparati dai druidi, questa canzone è la summa del loro presente, tra sibili e melodie argentate. Chitarre che dai The  Fall passano per le vene dei Killing Joke, in uno scorrere veloce e assassino lasciando alla musica tutto il tempo di cui necessita per farci cadere nella sua ragnatela.


Extreme Greed


“Spotted plants, shelved dreams”


Brano che eredita tutta la bellezza di Architecture: ne presenta il ricordo ma poi si tuffa giù nell’Irwell, il nostro storico fiume, per cibarsi di futuro e tastiere

che, partendo dalla Synthwave e dalla Coldwave, navigano sino a congiungersi con il futuro prossimo. Basso Calamita, voce Puledra, tutto corre con il piombo nelle caviglie.


It Stops Where it Starts


“My words fall on deaf ears”


Brividi feroci, che corrono, si scuotono dentro la nostra affamata voglia di fuga. Brano che paralizza, frusta psicotica senza residenza, rabbiosa e vitale. Andy come un  Simon Gallup dei bei tempi, un drumming che ha accolto la Darkwave per farla germogliare, Mat che catalizza l’aria con la tastiera. Un mastino che sbriciola le ossa. Sia Lode al Postpunk migliore.


If It Tastes Like Wine 


“I’m here in body not in spirit”


Prendi la cruda atmosfera del loro Ep “Everything is different now”, infettala di rabbia caustica e immergila in un bicchiere di vino.

Saranno frustrate viscide e ferite senza sosta.

Lava che mangia la pelle.

Poi un sorso di vino ed una chitarra sbilenca alla Felt per stordirci e renderci fertili: è una canzone che ci fa viaggiare dall’Inghilterra all’America e in mezzo chilometri di vino pronti a inebriarci. 


Heads on Spikes


“We’ve got lumps in our throats”


La dolcezza questa sconosciuta vero? Da loro poi non te l’aspetteresti di sicuro. Tutto questo nella breve introduzione di Mat. Poi Adam ed il suo cantato, la sua voce come gas soffocante anticipa quello che gli altri due aggiungeranno a breve. 

Ed è catastrofe, le nuvole di abbassano sino a toccare la terra. Si sogna piangendo, la chitarra che con la cruda semplicità di un solo ci sfianca.


Don’t Go Gentle


“The river was rain”


La saggezza di questi ragazzi sta nella consapevolezza di non poterci dare certezze. E concludono il disco con un brano che è vapore acqueo elettronico, il non prevedibile che mostra il suo mantello grigio, la Manchester che non muore e che vive con fatica. Canzone che spiazza e seduce, incanta, riassume il loro talento e fa terminare l’ascolto di questo album con un sorriso che guarda verso il cratere che sono riusciti a scavare dentro di noi. Come per le altre nove composizioni anche questa vi metterà in contatto con la bellezza, perché la vera Arte non sa mentire…


Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford 

25 Novembre 2021




Ist Ist - The Art of Lying

 


IST IST


My Review


Ist Ist - The Art of Lying


There are clouds that descend to widen our fears and tensions, to make us look inside ourselves and seek contact with the unconscious. The will to understand the present, the surrounding, to take a stand has many methods.

The second album by Mancunians Ist Ist is one of them.

After the debut of Architecture (album of the year 2020 for Musicshockworld) here they are advancing into ever more visible qualities that are available to everyone. It’s a grey and sparkling poetry the one that you can read inside these grooves, in a cobalt blue vinyl which expands its power on the walls willing to be stunned. And it happens.

You can breathe in their maturity: this second work makes clear the perception we had with their debut album. They know how to write intense and devastating songs. Now they do it even better. 

The mood is one of a tiring, stinging moment: COVID has left behind not just fear, but the need to limit the range of visibility of this devastating pandemic in order to come to terms with one’s own personal space, in an exhausting restriction.

And to do this, Adam (vocals and guitar) has thickened his lyrics with awareness; his words are hammered, cacophonous expressions that bring new truths from the absence of oxygen. Lyrics that stick to the music without fear or stammers.

The guitars return to be obsessive and present as in their devastating beginnings, with keyboards that permeate the whole in a perfect way, timings that make understand their growth also in the arrangements and in the structure of the compositions.

What you can breathe inside these 10 songs is also a sense of positive frustration, energetic with the will not to save their energy.

Songs like asbestos dust that gets into our ears to contaminate every possible defence.

Impossible to oppose.

Everything travels through notes that, like swords from the 16th century, corrode and become lethal: songs like cuts on our wounds, like skin that tears and explodes.

Their presence continues to be heavy, dark, dramatic and cathartic, but they have added pills of wisdom and given Postpunk the chance to look back only long enough to pick up the pearls. But as architects they are interested in inventing new ways, increasing the possibility of a unique and recognisable style. Certainly there will be people who will spend more time finding support and security in making comparisons, instead of noticing everything new that shows its presence. 

Their second album may be a  demanding listening if one is not prone to multiple emotions and to accept a quick enrichment of the soul.

If lying is an art, this album reveals the sincerity of artists who oppose this modus operandi. There is honesty, spontaneity, integrity and richness of soul in these minutes that will be able to give us, although in a corrosive atmosphere, moments of relief...


Listening Through the Walls


"Private whispers in the wall”


Playing cards on the table. A clear and precise game: the four open the dark dances as a slow, electronic rock, a Coldwave that seems to come from its homeland, Belgium, with slow steps and soft, oblique metal sheets above our heads. Rattles and bells cut through the air until a guitar at the end adds melancholy.


Fat Cats Drown in Milk


"Reality has the sharper blade"


A walking bomb, continuing to explode. 

Drumming like a mountain that descends and drags.

A bass that sinks like a liturgical Postpunk ritual.

Keyboards in support that give us the slightest chance to dream and a voice, with its singing, which paralyses us among wet and crass currents.

A superlative act of extreme beauty. Involving, a mantra to be carved in the sky.


Middle Distance


"My thoughts had rearranged”


Andy and his scratchy bass, Adam and his vitriolic voice that penetrates the earth, Mat who delicately puts his fingers on his keyboards and Joel who simply knocks us down with his drumming. 

A track that reveals how Architecture was the base and not an end point. And finally Andy makes us dance sensually with powerful bass lines.


Watching You Watching Me


"My doubt of you still screaming through my head”


We’re back to swirling rhythms with this raid exploring other people's possessions.

It's a postpunk shower with a generous attitude. 

Keyboards open the heart, then bass, guitar and vocals arrive for a verse that leaves us stand open-mouthed with joy. The chorus gives way. It's radioactivity that spreads on the skin and enters our inner circuits.

Because melody and strength find an agreement, a belligerent pact.

After the refrain, the lava arrives with a bastard and earthy bass. Keyboards take our heart and our black eyes from dreamy become awake and dark.


The Waves


"The tide washes over me"


Violence blunted on the elbows, cavernous darkness which is stiff and dirty on the sides, a legless run for the whole period of the introduction and then off, while the breath runs with us in the Manchester of 1980 looking towards that of 2021. Overwhelming, like an evil witch, as sweet as the liquids prepared by the druids, this song is the summa of their present, between hisses and silver melodies. Guitars that from The Fall pass through the veins of Killing Joke, in a fast and murderous flow, leaving the music all the time it needs to make us fall into its web.


Extreme Greed


"Spotted plants, shelved dreams"


A track that inherits all the beauty of Architecture: it presents the memory of it but then dives down into the Irwell, our historical river, to feed on future and keyboards that, starting from Synthwave and Coldwave, navigate until joining the near future. A bass like a magnet, vocals like a foal, everything runs with lead at the ankles.


It Stops Where it Starts


"My words fall on deaf ears"


Fierce shivers, running, shaking inside our hungry desire to escape. A paralysing track, a psychotic whip without residence, angry and vital. Andy like Simon Gallup of the eighties, a drumming that has welcomed the Darkwave to make it germinate, Mat that catalyzes the air with his keyboards. A bone-crunching hound. Praise be to the best Postpunk.


If It Tastes Like Wine 


"I'm here in body not in spirit"


Take the raw atmosphere of their EP Everything is Different Now, infect it with caustic rage and dip it in a glass of wine.

You’ll have slimy frustrations and relentless wounds.

Skin-eating lava.

Then a sip of wine and a lopsided Felt-esque guitar to stun us and make us fertile: it's a song that makes us travel from England to America and through miles of wine in between ready to intoxicate us. 


Heads on Spikes


"We've got lumps in our throats"


Sweetness is unknown, isn't it? You wouldn't expect it from them. All this in Mat's short introduction. Then Adam and his vocals, his voice like suffocating gas anticipates what the other two will add shortly. 

And it's a catastrophe, the clouds lower until they touch the earth. We dream weeping, with the guitar that with the raw simplicity of a solo wears us out.


Don't Go Gentle


"The river was rain”


The wisdom of these guys lies in the awareness of not being able to give us certainties. And they end the record with a song that is electronic water vapour, the unpredictable that shows its grey cloak, the Manchester that doesn't die and that lives with effort. A track that disorients and seduces, enchants, sums up their talent and ends the listening of this album with a smile that looks towards the crater they have managed to dig inside us. Like the other nine compositions, this one will put you in touch with beauty, because true Art cannot lie...


Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford

25th November 2021

La mia Recensione: Midas Fall - Cold Waves Divide Us

  Midas Fall - Cold Waves Divide Us La corsia dell’eleganza ha nei sogni uno spazio ragguardevole, un pullulare di frammenti integri che app...