Max Maffia - Frammenti dietro le quinte
“È tutta colpa del mare” - Max Maffia
Il mare, questo precipizio di profondità, sia calmo che mosso, finisce nei polpastrelli di una elegante sonda chiamata Max Maffia, un umile ascoltatore di quei flussi che, in una trance muta, trasforma messaggi in storie piene di armonia e dolcezza, come a volte nemmeno gli sguardi innamorati sanno fare.
L’artista di Salerno mette su disco dieci anni di dipinti, tra sagome medievali, classiche, con il pop che guarda affascinato e dove il blues, il fado ed elementi di musica antica si ritrovano sotto le onde sino a salire su un palcoscenico in cui vengono esposti, uno dopo l’altro, danze e respiri, in uno spettacolo muto che ha l’intenzione di rendere ciechi gli ascoltatori…
Sono trame che spingono i corpi a navigare nei sentieri poetici di antichi atteggiamenti e che l’attualità ha ormai rifiutato di vivere. Proprio per tale motivo questa raccolta pare la perfetta scintilla anacronistica in grado di sorprendere, ammaliare, per chiudere la clessidra del tempo rifiutando incursioni moderne.
Sono brani che hanno fatto parte di spettacoli teatrali, di spot pubblicitari, come una fionda che disegna la storia raccontata da romanzi e racconti, come anche favole, che qui, in questi solchi, sembrano formare un nuovo abito interpretativo. Si accarezza la storia della letteratura italiana e straniera, per entrare, senza remore, nell’Olimpo dove un’arpa accoglie queste note: la dea della musica piange con un fazzoletto di seta tra le mani e bacia l’autore salernitano perché, se esiste la perfezione, sta nel far arrendere l’ascoltatore attraverso viaggi temporali e fisici.
Quanto sia cresciuto Maffia è evidente: non più solo un eccelso chitarrista bensì un direttore di melodie, struggenti, eleganti, piene di appigli come edera volenterosa di raggiungere l’infinito, per portare, in una modalità maggiormente completa, il suo caleidoscopio emotivo, sensibilizzando se stesso, muovendosi dentro una nuova cifra artistica che fa della composizione un commiato (si spera definitivo) dalla forma canzone. In quanto in questo ensemble abbiamo davvero la sensazione che la sua idea di composizione si sia avvicinata alle espressioni primitive musicali.
Un elenco, ricco e uniforme, di espressioni, di ritmi, di cambi di direzioni, ci portano ad affermare che sia un’orchestra diligentemente attenta a seguire le direttive di un maestro che conosce la cellula del racconto, con la soffice attenzione nei confronti della direzione di ogni movimento. Ed è teatro già tutto questo, uno spettacolo che davvero giunge dal mare per entrare sotto la pelle.
Max crea legami personali con ballerine, fotografe, con l’idea di un’aria che girovaghi verso l’attenzione e l’attesa, per perpetrare un cammino dove gli accenni, i brusii e la lentezza siano i principali punti cardinali del suo viaggio nell’acqua delle note.
Una raccolta intima, un ragionare fitto su come tradurre sentimenti e idee, un catturare la profondità del mare per fargli fare un giro sui tasti, sulle corde, su un vascello di piume per assottigliare il fragore e farsi amico il silenzio in quanto, per davvero, questa è musica uscita dal vuoto per non urlare e per trasformare il pensiero nel fratello gemello del cuore.
Dove inizia l’immaginazione? Che senso ha raccontare gli umori partendo dalle schiume delle onde e dal profumo di quelle particelle indispensabili? La risposta è in queste sedici composizioni: Max cerca ma soprattutto si ritrova ad avere nel suo grembo mentale una sensibilità straordinaria in grado di decodificare i suoni e farli diventare carta assorbente e, così facendo, ci porta agli albori della fantasia, tra le bave dell’osceno rendendolo inutile per consacrare con vivida bellezza il tutto.
Si avvertono segnali evidenti di misticismo, contemplazione e una grande cultura di base: saper soffermarsi sul suono e farlo partecipe di frenesia con le briglia tirate è sinonimo di equilibrio e di idee chiare.
Tutti i brani sono brevi e compatti, incapaci di presentare banalità, abili, invece, nel saldare l’effervescenza con un disegno tentacolare espressivo per non far vagare la bellezza nel buio.
Così facendo Maffia fissa la luce con l’occhio di bue che mostra sul palco della sua intenzione sfumature che richiedono studio. Come se fosse musica classica ma in grado di tribalità, di rintocchi atmosferici vicini alla World, con la capacità di fare dell’ambient un amico prezioso, non rinunciando a particelle di elettronica.
Si finisce per vedere le stagioni della vita negli appartamenti del cuore, vergine, pallido, pronto a essere accoccolato sin dalla splendida copertina di Alessandra Cammarano, che altro non è che lo stimolo a spingere gli occhi a rimpicciolirsi, così come fanno tutte le note sul pentagramma di quest’opera che, passo dopo passo, offre in modo percepibile la fiumana di bolle vogliose di attenzioni…
Quando poi si arriva all’ascolto dei brani che facevano parte di uno spettacolo sul Pinocchio di Collodi, si ha come la percezione che quei personaggi, per essere credibili, avessero proprio bisogno dell’aiuto di queste magie sonore…
Che dire del Pranzo di Babette di Karen Blixen? Sono brividi senza fine, un’enfasi che non trova mai lo stop, per portarci in un tremore dolcissimo.
La bravura principale di questo lavoro non consiste nel creare fotografie bensì nel preparare gli elementi da riprendere, dar loro un ordine, disciplina e tanto affetto: sono i primi battiti di un calore umano che apre lo sguardo ancora prima di essere visto, generando magia e una lunga fila di considerazioni.
Non si ha bisogno di voci né di canti in quanto tutto è preghiera dell’anima e non dell’ugola, per condensare nel luogo dell’attenzione uno smottamento da cui rinascere. Non musica, non canzoni, ma un universo gentile e curioso che si plasma, benedicendo il nostro respiro con turbolenze segrete sebbene mai segregate, mai vittime.
Cosa aggiungere se non che siamo dentro una nuotata in cui lo stare a galla è solo il modo migliore per sprecare questa occasione: ci si tuffi in questi frammenti, nascondendosi tra le quinte, ma senza mancare all’appuntamento con la riconoscenza, perché Max Maffia ha compiuto un miracolo pagano, tuttavia non ho dubbi che da qualche parte nel cielo gli Dei applaudano a tutto ciò…
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