martedì 5 dicembre 2023

La mia Recensione: Melga - Figli


 

Melga - Figli


Non è ancora venuto il momento di veder scomparire le storie dei rapporti umani, per quanto intossicati, imprigionati e pesanti, perché esiste chi sa vederle, inventarle, raccontarle con classe, precisione e una intimità che corrisponde a un grande rispetto.

Viene da Taranto, da una Puglia meravigliosamente impegnata a lasciare i suoi figli liberi di dare alle creazioni artistiche un senso, un luogo, una innegabile capacità di affascinare e conquistare, dolcemente.

Gaia Costantini, in arte Melga, è una figlia sensibile che compone musiche come se una foglia oscurasse il male e restituisse raggi tiepidi, per scaldare il cuore. Il suo nuovo lavoro è un EP che profuma di sogni, di intenzioni responsabili, della maestria di utilizzare generi che, partendo da uno spirito World, entra nell’entroterra pugliese con abilità, convincendo per via di schemi che riescono a rendere credibili testi scritti davvero con notevole capacità, con il canto che sembra il respiro di una fata in attesa sui bordi di nuvole bianche. Gli archi arrangiati dall’instancabile Marco Schnabl (nonché il produttore, eccelso, dell’intero lavoro) si uniscono al piano e alla fisarmonica di Melga, consegnando agli altri strumenti la completezza di una impalcatura forte e resistente. I ritmi variano, le melodie vengono corteggiate da invenzioni che, nello specifico, fanno divenire cinematografico il tutto, provocando stupore e sorrisi liberi di camminare nella strada delle fantasie più pure. Sono storie che hanno modo di far scorgere il baricentro del bisogno primario, quello dell’amore che parte, raggiunge, disperde, il tutto con il timbro di incontri significativi, decisivi, incontrastabili. Gaia soffia le parole come incantesimi nel tempo in cui la maggior parte dei figli non crede più in essi: si oppone, dolcemente, con grande dilatazione, per consegnare verità e realtà che abbisognano di essere mostrate. E senti tutto questo nei rintocchi di un piano che suona moderno, aggraziato da una vicenda lontana che esprime timidi sussurri, in quanto l’artista Tarantina è ben conscia di quanta non sopportazione esista nei confronti della musica classica e di quella considerata ormai sorpassata e vecchia. Disegna un armistizio, poi un compromesso, per vincere come un'apoteosi ristoratrice che veicola sollievo e riflessione. L’opera commuove, tocca le corde ormai stonate di una esistenza che non riconosce la forza positiva delle relazioni, di quei legami ai quali ci si dovrebbe rapportare con rispetto. Canta come un sogno disposto a scendere nella quotidianità, perché proprio da quella lei fa volare le sue perlustrazioni, indagini concrete e poetiche, inclini alla saggezza. 

Invita, dona, spartisce i suoi averi, ascolta, dialoga con i segni del tempo: Melga abbraccia i lati opposti, dal paradiso all’inferno, seminando la bellezza che mette a disagio solo chi ha il cuore gelido. Ma è proprio la provenienza (quella regione che ospita il calore e la voglia di vivere malgrado grandi disagi) a divenire il primo fattore vincente di cinque gazzelle che corrono nella prateria dei rapporti lasciando, ognuna di loro, una rosa blu nel centro di ogni sogno…


Figli è uno specchio di luce, la porta di un respiro profondo, la libertà cosciente che deve stabilizzarsi negli orizzonti, per raggiungere una salvezza possibile. Musicalmente è una semi-ballad, ariosa, colma di oscillazioni dolci per arrivare a una tenue esplosione minima, incantevole e seduttiva…


Teresa è un dialogo, una carta d’identità mostrata alla vita, con grande semplicità e una modestia umana davvero ragguardevole, con un piano prima tetro e poi divertente, quasi swing, in un'atmosfera che è un velluto in volo in una giornata autunnale. Quasi cabarettistica, piena di incursioni da parte di note e accordi per generare una dolce ipnosi, la canzone conquista per la sua leggerezza all’interno di scrosci temporali resi ubbidienti dalla confidenza di una splendida figlia nata nel 1953…


Qui ed Ora: il ritmo parrebbe sempre pronto a scattare, invece si vive una suspense tiepida, capace di splendide pause, con gli archi a conquistare fazzoletti pieni di lacrime, in una Torino sorvolata da due farfalle che entrano nel pentagramma per disegnare una traiettoria poetica, dalla pelle accarezzata da una struttura solitamente vicina alla musica classica italiana di fine Ottocento. E la fisarmonica inventa frammenti francesi per un crescendo con il guinzaglio: semplicemente, clamorosamente meravigliosa…


Con Cara Margherita, ci avviciniamo ai territori preferiti da Tom Waits negli Stati Uniti e da Davide Van De Sfroos e Vinicio Capossela in Italia. La vita fuma tra le dita, oppure vive nei tasti di un pianoforte, ma in ogni caso porta con sé un ritmo quasi sudamericano, con i lampioni francesi a inquadrare la scena. Ed è la pazzia che vince, fuggendo, rintanandosi in questi versi seducenti e pieni di saggezza.


Il brano che chiude quest’opera è un clamoroso capolavoro, nessuna difficoltà da parte del Vecchio Scriba ad affermarlo: Francesca è un battito d’ali di una poesia crudele che muta la sua pelle e la fa divenire un lenzuolo di lino per accerchiare il dolore. Una lunga proiezione nel salone in penombra di ogni paura permette alla musica di essere cinematografica, maestosa, attraversando modalità diverse, una lunga apnea che, tramite trame fitte di tristezza imbevute di speranza, si tuffa nel testo che rivela forze multiple, per assestare alla sofferenza un duro colpo. Si ritorna nella prateria, si incontrano caratteri possenti come quelli dei lupi, per poi valutare le perdite e le conquiste che vengono tradotte da una musica saggiamente straziante ma con le finestre aperte…


Un lavoro che dovrebbe conoscere l’espansione massiccia nel cielo dei vostri ascolti: complimenti davvero Gaia!



Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

5 Dicembre 2023


https://open.spotify.com/album/1CkWdOGM0QaHiukbRDIc0Z?si=oeBNEKsrTMaQfXZwaxaeyg

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