sabato 29 ottobre 2022

La mia Recensione: Blocco 24 - Blocco 24

Blocco 24 - Blocco 24


Domani è troppo tardi: la vita è bersagliata da prospettive, sogni, ipotesi, ma ciò che conta è lo slancio del presente che partendo da se stesso semina fiori che si vedranno domani. Non bisogna aspettare.

La musica, ad esempio, sa farlo benissimo. È uno slancio del momento che ci invoglia ad ascoltare per sempre raggiungendo il futuro rimanendo fedele alla propria identità.

La musica che proviene dalla provincia ha una marcia in più. Saranno i limiti dati da minori possibilità, sarà per via di una rincorsa spesso inutile verso modelli cittadini che spesso poi rivelano pochezza.

Da una di loro giungono i Blocco 24, cavalieri del tempo sui loro cavalli che portano sismi e vibrazioni, scendono da colline e vallate come inseminati da mari e oceani ipotetici ma palpabili. Cavalcano le onde del bisogno, non come terapia bensì come samaritani delle nostre dispersioni. Le loro composizioni sono abbracci monolitici, un abbraccio enorme ma non pesante. Pesante è ciò che li circonda e che loro trasformano in preziosità, evidenti e generose, come concime e naftalina: all’interno del loro sacrato marmoreo si sviluppano battiti e impeti che scaldano i muscoli dei pensieri, trascinando in danze dai vortici sublimi, reattori musicali dentro milioni di poesie immaginifiche.

Cinque cavalieri per un blocco di undici Martelli di plexiglas, di stoffa antica piena di chip giusti, nel valore elettronico che fa sudare i pensieri e i corpi nella ballata della necessità.

Davanti alla scelta di imitare, copiare modelli di riferimento sicuramente validi, optano per una forma italiana della bellezza, dove lo stivale, che è la culla del bel canto e delle forme culturali per eccellenza, cammina con buon gusto nei tratti fisiognomici di strutture al cento per cento della terra di Dante e Pavese. Di loro due i Blocco 24 hanno il senso della lievità e del dolore in un sapore shackerato per espandere significati e permanenza nel girone del grigio che tenta la disintegrazione.

Loro impediscono la vittoria del male, per dare al non funzionante la possibilità di trasformazione.

Sono complici di ritmi contaminati di ondivaghe e nomadi trasfusioni di grammi di ombre, necessarie come lo sono le fatiche del vivere.

Viaggiando tra le confinate terre aride e persone morte per le strade, si assumono la responsabilità di filmare l’assurdo, il veleno e le traiettorie delle follie con musiche che scrivono messaggi universali, mentre i testi sono bagliori sonori pregni di maturità che, viaggiando tra le crisi, sviluppano discorsi di cronaca emotiva e razionale.

Adoperano scelte di suono per conquistare consapevolezza, tra generi diversi che una volta amalgamati si espandono come un  blocco di forze da versare nei torrenti dei nostri balbettii.

Le canzoni non sono episodi volti a rappresentare capacità di annessione e connessione verso modelli stilistici già confezionati, piuttosto portatori sani della possibilità di sviluppo.

Nella forza non c’è limite e loro cavalcano il flusso del passato per donarlo: il presente non può essere solo una biblioteca dove trovare quello che è già stato creato.

La vita è fatta di dipendenze, di tragedie, di esagerate pulsioni fisiche, di dispersioni in genere, di dispersioni politiche che snervano, di approssimazioni e intolleranze, e se volete saperne di più addentratevi nei testi di Carlo: ha saputo scriverne divinamente, baciato dagli esseri che vivono nella tempesta della volta celeste. La musica fa lo stesso, per una condivisione che sublima il tutto.

Per capire questa cascata di fulmini bisogna decifrare le loro tumultuose corse tra i vicoli colmi di sbagli. Nel Blocco 24 il fiato si perde per trovare verità e nuvole che aspettano un nuovo rimbocco. L’album è una foresta ipnotica che ci capisce più di quanto siamo in grado di fare noi con la sua forza dialettica di parole concatenate al desiderio di creare prospettive dal sapore amaro. A loro lo zucchero non serve e ce lo dicono dentro le loro vuote prigioni. Non hanno la necessità di rappresentare una generazione, non sono stupidi, bensì, perché questo fanno i cavalieri, portano pergamene tra i villaggi delle nostre menti. Loro non meritano il successo, l’applauso, la forma stupida di adorazione.

Ci donano invece la possibilità di guardare dentro noi stessi, di abbattere i nostri muri, di trasportare la forma di mutismo in un parlare ragionato.

Quello che meritano è il nostro grazie mentre impariamo che nella musica si possono trovare migliorie per uccidere forme di odio palpabili.

Non amici, non eroi, non idoli ma un lancio propositivo verso una formazione morale che sia una visita dentro il sentire più alto. 

Ed ecco che questo disco diventa pane quotidiano, un pasto dove il gusto è l’ultima cosa che conta, ma le calorie che offrono con generosa propensione per mirare a fare del nostro benessere psico-fisico una delle loro priorità sono davvero molte.

Non è difficile vederli con gli strumenti davanti alle potenzialità che cambiano pelle, mentre dentro i loro cavi trovano scosse di vibrazioni come micce che illuminano il momento dell’ascolto.

Gli impeti sono i loro imperi curiosi che viaggiano tra le sponde minate della cultura post-punk, come il sentiero da cui partire, con la letteratura che diventa appiglio e approdo, dove si muove il ventre amniotico di una spirale dinamica in cerca di un altrove da inventare.

Madre tastiera e transistor, bpm e coniugazioni sensoriali fagocitano il già fatto: sia dato spazio al ritmo corposo, a flessioni motorie come mezzi di indagine, per dare all’elettronica il senso di partecipazione all’interno di una formazione che va oltre gli strumenti che hanno deciso di depositare dentro le loro mani creative. Le caverne entrano in locali pieni di gente ma a loro la lentezza e la confusione servono solo per descrivere la folla: la sfuggono e la fottono con fulgida precisione.

Nulla pare esordiente in questo lavoro: si sente un camminare nel tempo da molto, i sensi e gli argomenti dimostrano abilità e profondità, uno sviluppo per forme che sono in grado di non consumarsi con gli ascolti ma di proliferare come onde gentili, programmate per farci stare bene.

Nessuno strumento prevale, la coesione è la coperta coerente che dà a tutti la luce, il rispetto toglie agli ego possibili sconvolgimenti e tutto diventa vena con sangue fluido che scorre nell’ascolto che si trasforma in un miracolo da abbracciare.

Ciò che ascoltiamo è una corsa di classe che sblocca le nostre gambe immobili, siamo nel loro fiato, nella loro alba che, mistica, sensuale, precisa, fa del nostro sentire un abito propedeutico per capire le loro composizioni.

Ci denudano, ci vestono, ci tramortiscono con labirinti dove le complicanze sono risorse, mentre la danza ci porta fuori della nostra stanza per baciare le stagioni tra la polvere di percorsi possibili.

Non perdete tempo a cercare comparazioni, background che vi intossicherebbero l’intelligenza: fatevi cuccioli, vergini, aperti verso i loro nascondigli, i loro geroglifici sonori sono opportunità per imparare e non per confronti che svilirebbero il loro operato.

Non è bello ciò che sorprende piuttosto è sano ciò che conferma che certe cose sono possibili, questo album lo dimostra pienamente: sono stati abili nel fare quello che dovremmo fare tutti, impegnarsi per disegnare il cielo, che ci fanno toccare, perché la realtà con loro supera i sogni.

Lo consiglio a chi si concede la sanezza di ascolti caldi, di volersi approvvigionare di forme artistiche compiute, ben saldate davanti al tempo, dove la luce e l’amore si guardano, si scrutano, si amano, per dare il benvenuto più fragoroso al Blocco 24, cavalieri di pazzie che invece di consumarci dentro mettono a galla il fragore della vita che va specificato, sempre!

E con questo album noi abbiamo un pasto completo: starà alla nostra intelligenza non scartare nulla, nulla…


Song by Song


1 Non mi muovo


Dalla decisione di un immobilismo acclamato si attraversa un ritmo feroce, tra echi di Prodigy dentro una synthwave travestita di grandine, per una canzone che sviluppa detriti comportamentali su sfere cilindriche di importazione Killing Joke nel ritornello, ma, attenzione: nessun furto con scasso, piuttosto miscele di guaiti che allarmano ed espandono un bolo alimentare dalla peristalsi nevrotica. La parte elettronica assaggia il dolore delle chitarre e ne rimane contaminato, mentre il basso e la batteria frustano il brano per renderlo incandescente.


2 Difendimi


Vecchie ossessioni umane pascolano nella insicurezza, nella durezza dei rapporti. E cosa fanno i cinque cavalieri? Creano antichi fasci luminosi, fatti da un piano girovago sui tasti, con annesso un brillio di chitarre accennate, il cantato affannoso e sublime, la sfera della tristezza dentro il basso che spinge verso la dissoluzione, con tutta la nevrosi post-punk che fa della darkwave una favola tesa. 


3 Berlino in autunno


Ecco il brano che potrebbe far storcere il naso ai puristi: che se lo grattino pure! Dopo un inizio vicino a cose conosciute, trite e ritrite (detto senza offesa), i Blocco 24 generano una canzone maestosa, per la capacità di spostarsi subito da quel territorio darkwave che li avrebbe resi prevedibili. Scrivono un muro semovente che accarezza l'acqua, con petali dance su basi elettroniche che sfociano in un synth dal vapore classico, per rendere la canzone inavvicinabile, sfuggente, unica, un purosangue per prestazione. 


4 Canzone per Mark


La saggezza passa attraverso metafore, coda velenosa di rapporti in grado di rendere fragile il respiro, ma non la memoria, non la lezione. Arriva un rallentamento del ritmo, un cantato più scandito, in grado di specificare il testo che viaggia nel sangue. La band rivela il lato melodico senza fretta, poche note su una struttura di sampler, effetti e una chitarra finale che ghiaccia il respiro.


5 Ghiaccio


Tornano i Killing Joke, avanzano i  Pink Dots, si presentano puntuali le chitarre acide degli X, perché devono vedere cosa ne faranno i cinque cavalieri. Semplice: ringraziano e salutano, sono impegnati a far prendere la scossa dentro mulinelli elettrici di grande fattura, al fine di dare al sogno la forza per sciogliere il freddo. Ma nella musica bruciano fiamme di bellicose capacità, nel gioco della alternanza dello spazio degli strumenti, tutti capaci di azzannare.


6 Stringimi


L'unico brano dell'album a mettere in difficoltà lo scrivente. Gli vuole bene, lo apprezza, soprattutto perché si è liberato abbastanza in fretta di ciò che i primi secondi avevano stimolato, e cioè trovare riferimenti troppo evidenti nella modalità alla band di Salford/Manchester che governa il suo cuore da quarant'anni. Seppure con innesti che prendono distanze dai quattro di Unknown Pleasures, per chi scrive è il momento del disco che non mostra tutte le loro abilità innovative, seppur non manchino colpi geniali da esibire. Credo che sia solamente un limite del sottoscritto.


7 Lenti e confusi


La band Romana preferita dello scriba, gli Elettrojoyce, riecheggia nel cantato e nel testo che allaccia la memoria alla band di Filippo Gatti. Ma l'impianto di note è strutturato verso altri porti, altra attitudine, dove l'elettronica annusa la leggerezza, per una canzone che mette fianco a fianco dolcezza e ritmica, strati di rock che fluttuano nel pop, per avvolgere la preziosità della confusione, che bacia la lentezza.


8 Barriere


Quello che hanno fatto nella loro carriera formazioni tedesche come i Blutengel e i Namnanmbulu (i riferimenti sono più nell'aspetto mentale che non artistico) entra incoscientemente dentro il gruppo nato a Palestrina: evolversi come necessità immediata e non come frutto di conseguenze date da risultati buoni o meno raggiunti. Qui i cinque superano loro stessi, per il diamante più puro, più originale, più sorprendente, con cambi, sviluppi, tracce e percorsi stilistici perfetti per intenzioni e capacità.

È acqua che nasce dagli Appennini e sale su al nord, a mostrare il suo corpo sensuale, controllando con facilità le proprie movenze artistiche, perché esplora il futuro creandolo subito. I Blocco 24 sono spaventosamente  capaci di precedere se stessi. 


9  Elettrica


Il cantato segue orme che arrivano dagli anni 80 (con i primissimi Bluvertigo che riecheggiano) ma senza legarsi troppo, mentre la musica è un abbraccio di tastiera che fa avanzare i giochi di chitarra sublimi. Un crooning improvviso bacia la perfezione mentre il ritmo torna a farsi vivace per trascinarci nella gioia di un ascolto che si fa umido di lacrime.


10 Sintesi


Con il testo maggiormente capace di compattare ogni possibile distanza tra chi scrive e chi legge, in un gioco di specchi naturale e consequenziale, il brano ha l'abilità di percorrere i suoni, la tecnica, in un impasto che odora del circo di Felliniana memoria.


11 Sono ancora vivo!


Lo scriba non si permette mai un percorso critico nei confronti dei testi, non è questa la sede, questa è una recensione. Mi si permetta però di complimentarmi: stile, argomento, modalità e qualità qui sono di altissima fattura. Con questo approccio le note sono mogli capaci di creare tappeti su cui sfiorare i corpi e i sensi, per poi divenire un trascinante loop che inghiotte e ci lascia esausti e contenti. Se si riavvolge l'ascolto, partendo dai primi secondi, ci si accorge del bellissimo percorso di agglomerazione stilistica, labirinti da cui estrarre strumenti e modalità per scrivere un brano che conosce la perfezione...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

29 Ottobre 2022


Carlo Marzari Voce e synth
Stefano Moroni Basso
Luca Puliti Chitarra e voci
Roberto Nosseri Batteria
Andrea Giuliano Chitarra e voci


https://www.blocco24band.it/Blocco24-booklet.pdf


https://open.spotify.com/album/3BNEyGqpLhIUFCpw0mHuMd?si=X--otWjWQJWtrOyUVuKVXQ


















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