mercoledì 28 settembre 2022

La mia Recensione: THE SMITHS - Strangeways here we come

 THE SMITHS - Strangeways here we come 


Recensione di tre anni fa che ripropongo


Dopo aver seguito tutta la loro carriera, album dopo album, un giorno, poco dopo l’uscita di questo, mi sono ritrovato con la consapevolezza che non ce ne sarebbero stati altri: un dolore, un tormento, una dannazione che mi ha attanagliato per molto tempo.

Questo è un album che lascia un gusto amaro nel cuore, taglia le gambe, spezza il respiro: questa band è la band della mia Vita, della mia adolescenza, persone che sono state il mio sguardo, il mio pensiero, gli attimi minuscoli che giorno dopo giorno hanno fatto di me una persona.

Un album che davvero è una prigione, dove arrivano un po’ tutti: ragazze in coma, persone che devono essere fermate, ballerini, gente infelice, e tanto altro.

Questo album è un luogo che mostra come sia possibile mostrare una grandezza assoluta anche nel momento dello sfacelo, del conflitto, della disperazione.

Un album sofferto e sofferente che come una vanga stacca la terra dal suo luogo originale per essere spostata da un’altra parte: quella parte è l’immortalità, il rispetto, il ricordo.

Canzoni che decretano ancora una volta un sicuro talento ma senza la speranza che abbiano dei fratelli e delle sorelle in avvenire.

È uno sparo secco che dura 36 minuti quanti bastano per decretarne un posto sicuro nel mio Olimpo degli ascolti, la mia venerazione ed il mio Grazie eterno.

Strangeways è una bandiera che non si ammaina, è un gesto di addio che non conosce fine e al quale io volgo il mio sorriso e la mia lacrima perché nessuno come The Smiths è riuscito a fare questo in me, e ascoltare ancora oggi questo album fa di me un essere in privilegio costante.

Non fatico a pensarla come Morrissey e Marr che l’hanno definito il loro Migliore: in quella affermazione c’è tutto il rispetto per un album che ha avuto un travaglio tormentato, una guerra ed una distanza interna ma che non ha tolto la classe cristallina di quei due che, anche senza più la serenità di un tempo e l’amore di una amicizia immensa, hanno lasciato al Tempo, un gioiello, l’ennesimo, irripetibile, eterno.

Lunga vita Strangeways: sei nel podio da 32 anni e non scenderai mai perché ciò che vale non conosce la scomparsa.


Song by song


A rush and a push and the land is ours


Per il loro ultimo album i Mancunians aprono le danze portando a se, con la solita magistrale scrittura di Morrissey, un fantasma che si aggira e che fa dell’amore un luogo strano, gesti strambi, una storia accattivante sostenuto dal menestrello Johnny in splendida forma che attira a se Andy e Mike in una canzone che inizia con profumi francesi degli anni 30 per diventare nel giro di breve una canzone con il chiaro marchio The Smiths.


I started something I couldn’t finish


Una canzone zeppa di giochi di chitarra, la voce di Morrissey che lancia singhiozzi gutturali come era abituato fare con i Live, una canzone che spiega ancora una volta quanto nella musica pop sia importante l’arrangiamento, che completa, e snellisce, abbellisce la struttura.


Death of a Disco Dancer


Tenebre, momenti di tensione, paure, sensazioni sinistre: sono l’avvio di questa candela che illumina la mente, questa è una canzone spettacolare che mostra come per quanto Moz e Johnny possano non più guardarsi in faccia i loro talenti erano come calamita ed un pezzo di ferro, destinati ad essere uniti. 

Una canzone che cresce con un Pathos enorme sino ad approdare ad un finale che è burrasca, siamo fradici, spettinati, lacrimanti: un testo ed una musica che sono un tutt’uno, Johnny e Mike piloti della melodia e del ritmo alla fine di questa che senza dubbio è una delle canzoni più belle mai scritte.


Girlfriend in a coma


La band con la maggior capacità di produrre Singoli è qui ad affermarlo ancora una volta con questa canzone, una apertura alare per far entrare ossigeno nei nostri polmoni.

Musicalmente vede la connessione con quei anni 60 anni tanto amati ed un arrangiamento più moderno per una canzone che può anche farci danzare mentre Morrissey scrive in poche parole quelli che altri non riuscirebbero a fare con migliaia.


Stop me if you think you’ve heard this one before 


Nuovo capitolo di Morrissey della serie: come non aver paura di un titolo lunghissimo.

E questo è un brano che rivela come in fondo gli Smiths non siamo mai cambiati così tanto ma di aver saputo aggiunger dal loro potenziale solo quelle che davvero era necessario.

Capace di stare in Meat is Murder come in The Queen is Dead, quì si respira tutto il loro essere inglesi, l’ironia, l’amarezza, la diffidenza, un nuovo proiettile che ci trascina a danzare con spensieratezza mentre sono le parole stesse dei proiettili senza che nemmeno ce ne accorgiamo, li facciamo entrare in noi sorridendo: ecco, anche solo per questo motivo la penna di Morrissey è unica.


Last night I dreamt that somebody loved me


Cosa posso dire di questa canzone? Può una mano essere ferma mentre trema dinamite con tutto il suo carico di disperazione? Posso io tradurre una marea che sposta tutto ciò che ha al suo Interno?

No, qui non parliamo di canzone, di arte, o di quanto altro.

Qui è un dolore allucinante che trova una voce malinconica ed una musica maestosa, che per sempre regnerà Sovrana nei nostri cuori.

Con una introduzione che poteva anche bastare come canzone ecco che poi arriva il Fragore, che ci butta nel mare con violenza e amarezza, una musica perfetta per morire, non in pace, ma con l’illusione di braccia che possano salvarci come atto d’amore ma...era tutto un sogno e ora con tutti gli organi sconnessi e migliaia di lacrime io brindo a quella che forse è la canzone Manifesto del talento di Johnny e Morrissey.


Unhappy birthday 


Ironia: questa amica fraterna di Morrissey.

Talento musicale: questo supporto eterno di Johnny.

Andy e Mike sono bravissimi ma tutto proviene dai due ormai ex amici che confezionano una canzonetta irresistibile e moderna con aperture alla danza e alla sospensione, una frenata ed una accelerata essenziale.


Paint a vulgar picture 


L’introduzione vale già una carriera per molti chitarristi: deliziosa, sensuale, potente, dolce che poi fa entrare a bordo un basso semplice ma a sua volta irresistibile.

Una invettiva che deve per forza , per sua natura, essere feroce e spietata e su questo chi meglio di Morrissey può sciorinare l’infinita collezione di contraddizioni, la precarietà, il cattivo gusto, la tristezza del fare denaro sulle spalle degli artisti incuranti dei loro bisogni e ideali? 

Tenetela stretta a portata di riflessione: questa canzone è stata una bomba che è esplosa addosso a migliaia di idioti che, corrompendo sopratutto i giornalisti musicali, hanno cercato di restituire a Morrissey ma lui ancora oggi continua a fare quello che fece con questo testo, perfetto e purtroppo meraviglioso.


Death at One’s Elbow 


The Smiths di Meat is Murder tornano con un vestito nuovo, un titolo nuovo, nuovi trucchi ma lo stile, compatto e perfetto, è quello, uno stile che sappiamo bene essere riconoscibile.

Forse un testo non riuscitissimo per una volta, e glielo concediamo, ma rimane una bella canzone.


I won’t share you 


L’album finisce, il sogno finisce, la realtà cambia e prima di fare tutto questo gli Smiths si congedano con una canzone che profuma di esordio: Johnny e Moz di fronte, chitarra acustica, voce e sguardi, parole che arrivano come petali.

Poi, il nuovo Johnny, il ragazzino diventato nel tempo maestro di confezionatore di abiti cuce addosso un arrangiamento che è delizia pura e intoccabile.

E sfuma alla maniera sua salutandoci e donandoci lacrime che non perderemo mai...


Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford

29 Settembre 2019


https://open.spotify.com/album/7jfexk2w5aDI25njkN0UGg?si=tZd7u66qSuWsPt9JK5GePA




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