lunedì 25 aprile 2022

La mia Recensione: Ghostland - Dances on Walls

 La mia Recensione 


Ghostland - Dances on Walls


Le anime perse sono individui che non riescono a vivere con se stessi, in un calvario che non finisce nei libri di Storia. Possono essere legate alla vita per una forma di sopravvivenza dallo sguardo triste, motori senza benzina che lasciano le gambe dell’entusiasmo perennemente ferme.

Se tutto questo accade in un Paese nel quale si aggiunge una evidente povertà allora tutto ciò è un’eccezione che risalta.

Vi sono poi ragazzi che la benzina nel serbatoio dovrebbe averla sempre.

La Grecia è fenomenale: resta a galla con le sue anime spoglie ma capaci di resistere al passaggio del tempo, una culla culturale che non conosce la resa.

E la giovane generazione greca è molto combattiva, nell’arte della musica sono molte le band che cercano benzina e che sanno offrire con i loro dischi viaggi bellissimi.

Prendiamo i Ghostland per esempio.

Makrina: vocals, Nikos: bass, Argyris: guitar, programmed drums & synths.

Tre ragazzi (dal vivo diventano quattro grazie al contributo del loro ingegnere del suono Stavros che suona la tastiera) capaci di scrivere canzoni come ventagli per portare il calore della loro penisola verso le terre nordiche.

Perché nella tristezza, nella desolazione esiste sempre il presupposto di un punto di contatto con il freddo.

La loro attitudine Post-punk non significa che il loro genere musicale sia proprio questo: nuotando dentro le possibilità del contatto con la Darkwave più rarefatta e minime incursioni elettroniche, i tre creano uno scenario delicato senza rinunciare alla potenza, ma è indubbiamente la loro strepitosa capacità di arrivare in punta di piedi che conquista, ammalia, stabilisce il presupposto perfetto per amarli incondizionatamente.

Della loro nazione hanno la capacità di essere misteriosi, non mostrando mai completamente tutti i loro scrigni. Scrivono brani come uno specchio a metà, sufficiente per sconvolgimenti di piaceri assoluti. L’altra metà l’avverti: la loro bravura sta proprio nel non esagerare, un senso dell’equilibrio notevole, l’abilità di far presupporre che ciò che manca non sia un difetto bensì un pregio.

La loro musica è tetra, si muove nello spazio di quelle anime di cui dicevo, e lo fa con il coraggio di chi vede nella notte maggior luce che non durante il giorno. Lo si deduce dall’agio di musiche e parole che viaggiano intrepide, spavalde, a testa in giù, con gli occhi aperti e i sogni lasciati cadere in una delle migliaia di isole di una Grecia sempre più bisognosa di talenti come il loro.

Mentre stanno lavorando al loro secondo album, qui il mio scrivere è rivolto al disco di esordio di quattro anni fa, che ricordo bene mi diede riflessioni profonde, emozioni e la gioia più intensa per un lavoro capace di mostrare il loro coraggio, la propensione alla cura dei dettagli, la ricchezza data da talento e pianificazioni perfette.

Incisivi, aggressivi con dolcezza, sono splendide faine che hanno sulle loro pellicce tutta la morbidezza che consente loro di svettare.

Se si ascoltano questi brani con attenzione non sarà difficile notare la caratterizzante capacità di dilatare le note con vibrazioni e un senso di attesa che crea pathos.

Le chitarre sono timide sirene, il basso un tasso saltellante ed elegante, le tastiere sono onde che entrano nel sottofondo marino e la voce una gazzella che corre anche quando passeggia…

Dances on Walls è la biblioteca umana che continua a scrivere la storia della propria terra: tuffiamoci dentro i nove spilli e scopriremo l’eleganza di una band che mastica la notte con leggerezza…


Song by Song


Dances on Walls


Entra il passato greco nella breve introduzione dell’album: come una distesa di “Draco”, che vuol dire drago, questo brano è proprio un marmo che mostra la sua solidità con note potenti, una tastiera che sembra il vento che porta con sé il volo dei pipistrelli. Dai dell’LSD a Philip Glass e ti ritrovi questa meraviglia nelle orecchie.


Leave Behind (Hollow Moon)


Prendi i Red Lorry Yellow Lorry nella introduzione, una manciata di Anja Huwe nel cantato e goditi questo basso Post-punk e poi la chitarra allucinata a graffiare il buio. Avrai un dipinto sonoro con 40 anni sulle spalle, ma fresco ed efficace.


Wind of Knives 


L’inizio può ricordare un perfetto incrocio tra All My Colours degli Echo & The Bunnymen nel drumming e i The Sound di Geopardy nel basso. Ma basta il cantato di Makrina per avere suggestioni appena uscite dall’acqua. E poi, con il passare dei secondi, ci si ritrova a godere di grappoli di uva dentro note sempre più effervescenti che lasciano la cupezza. Le parole rimangono ricoperte di una tristezza quasi romantica ma efficaci nel farci abbassare il capo.


Don’t Wait


I Devo cambiano la pelle, si accoppiano con i primi Pankow e spingono il ritmo a farsi veloce. Makrina cuce la pelle dei pensieri con una voce che penetra e si insinua come una biscia dentro di noi. Strutturata con una semplicità complessa, la canzone è un ululato melodico che scuote.


Sway


Quanta similitudine vedo tra questa canzone e i 3+Dead. Ma i greci sono nati prima.

La band greca ci delizia con questa atmosfera che, sfiorando il Dreampop, giunge dentro una Darkwave delicata, quasi serena. 

La chitarra si muove nascostamente lasciando per la maggior parte del pezzo la tastiera al centro dell’attenzione.


The Dancing Crowd


Il brano più ossuto, deciso, greve, è una processione filosofica di suoni curati in modo perfetto. Da una grotta umida esce una voce energica a scuotere le piume delle strade notturne e poi il ritornello è un incanto gotico assoluto. Il basso e la chitarra si sfidano e l’arrangiamento della seconda strofa fa scaturire lacrime primaverili. La rappresentazione di tutta la loro turbolenza è classe che incanta.


Ice Song


Gli arcipelaghi greci portano la solitudine al Partenone: Atene si riempie di coralli e laghi e con questa lama tagliente si rifà il trucco. La band di Robert Smith potrebbe essere gelosa: quanta abilità nel non essere troppo tristi ma in una misura nella quale tutto lascia margini di libertà nelle ossa saccheggiate, la forza pare un ricordo.


Lifeblood


Niente da fare: questi ragazzi hanno la magia nei loro polpastrelli, velocemente coniugano il Post-punk tedesco con spari di suoni glaciali, vesti strappate, mani ciondolanti, mentre le gambe corrono senza fiato. Nel finale il registro si voce più alto, nascosto dietro cespugli Darkwave, rabbrividisce, spaventa come un film horror dalla vita breve.


Against The Light


La conclusione è affidata all’atmosfera antica che ci riporta al momento in cui una donna poteva uscire solo con la sua ancella. 

L’inizio è polvere pesante che scende dalle nubi: spettrale, in odore di morte. Poi le frustate di una drum machine e il basso come il ruggito di un leone.

Lenta, sacra, diamante nero da non guardare negli occhi, la canzone sembra celebrare una decadenza millenaria. 

E se l’incanto può avere del nero accettabile, quello esce dai solchi anacronistici di questa splendida canzone finale.


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

25 Aprile 2022


https://open.spotify.com/album/6t8NIDTuKDaCuYpoifLqe0?si=qkG6K8oqS76cswrAiDQDDQ


https://ghostland.bandcamp.com/album/dances-on-walls








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