sabato 26 febbraio 2022

La mia Recensione: Deserta - Every Moment, Everything You Need

 La mia Recensione 


Deserta - Every Moment, Everything You Need


Come fa la luna a non elevare il cuore di un poeta, se riesce a innalzare il mare!
(Carlos Sawedra Weise)


C’era, poco tempo fa, un suono che scendeva dalla luna per arrivare al pianeta terra e che per caso riuscì ad attirare l’attenzione delle anime attente, nel gioco dell’adorazione che scalda i cuori ed elettrizza le menti.

Prima di giungere qui si è alzato in volo dai crateri lunari, schivando il senso di possesso dell’unico satellite della Terra e da quelle terre alte è sceso in picchiata verso di noi, scappando da quel silenzio per lui pesante.

Ha preso residenza nella città degli angeli e ha un nome comune alla Terra come alla Luna: Deserta.

Il pilota di quel suono è Matt Doty, (cantante, chitarrista e polistrumentista) che aveva provato a ripartire da Los Angeles per abitare il mondo con due progetti, Saxon Shore e Midnight Faces.

Esaurito quel percorso, da quel momento tutto è stato chiaro: avremmo potuto attraversare il suo stile camaleontico, riconoscibile, per constatare come la Luna sia qui, dentro le note di uno tsunami emotivo che risponde al nome di Every Moment - Everything You Need.

Prodotto da Chris Coady (Slowdive, Beach House) il successore di Black Aura My Sun è indiscutibilmente il rappresentante di elementi eterogenei atti a compattare la mole di talento e spunti dalle mille radici che finiscono per convergere verso la riconoscibilità, quell’unicità strutturale che dilata le possibilità di creare canzoni come tornadi dolci e gonfi di melodia, con soluzioni all’insegna di una duttilità continua.

Sorprende in continuazione perché educa il pessimismo nei confronti dell’evoluzione  dello Shoegaze e del Dreampop a morire silenziosamente, perché riesce a dilatare i confini di questi generi musicali, per le soluzioni e per l’intensità di cui riempie questi quasi quarantadue minuti.

L’atmosfera è proprio quella di una giornata dentro i crateri lunari: Matt dimostra che non siamo degni della sua bellezza, che l’uomo deve posticipare l’intenzione di prendere possesso di quel satellite, perché la densità, il mistero, la sensazione di un clima unico e meraviglioso sarebbe sprecato nelle nostre mani. Si ha continuamente la sensazione che questa musica riveli come non esista un luogo dove l’uomo possa essere a suo agio con l’assenza quasi totale di idrogeno. Deserta è un miracolo di inquietudine e fiato breve,  di ritmi e melodie che fanno svenire, adatte solo alle anime che abbandonano il senso di immortalità per acclimatarsi dentro la convinzione che si possa morire felicemente ascoltando questi suoni, dentro l’architettura di trame complesse nate per stregare e divenire velocemente la droga che piega ogni desiderio di starle lontano.

Non dà assuefazione ma un senso incredibile di libertà l’ascolto degli otto crateri lunari, un piacevole addio al sogno di una sana vita terreste per dirigersi a polmoni aperti verso la Luna, per sprofondarci dentro senza pentimento.

Cosa volete sognare se non provate a farvi un’idea di come sarebbe vivere dove tutte le anime romantiche guardano nelle notti dei desideri? Allora andiamo, siate certi che in questo album troverete la comodità e la ricchezza che neanche il più grande sogno potrebbe darvi…

Prendete la vostra convinzione che si possa piangere solo per dei dolori e posatela di fianco allo stereo, perché la densità di questa opera scioglierà quelle lacrime che non sapete di avere…

Musicalmente è vistosa l’accelerazione verso un post-rock che sa essere molto più che una comparsa, con annessa la volontà di vestire le canzoni con un pop che è in sintonia con la sempre presente attitudine alla perfetta convivenza tra il Dreampop e lo Shoegaze.

L’utilizzo delle tastiere permette soluzioni più ampie ed efficaci che, se da una parte possono far storcere il naso ai puristi e agli estremi difensori dei due generi musicali appena accennati, dall’altra regalano freschezza e libertà che in conclusione permettono all’ascolto una maggiore fluidità. 


Canzone per Canzone


Lost In the Weight


Un brano che avrebbe concluso un album per la maggioranza degli artisti. Lo stupore si presenta subito perché sembra chiudere la possibilità di capire cosa potrebbe accadere dopo, in quanto somiglia al giorno successivo alla mancanza di ossigeno.

L’inizio è possente ma in grado, con quella tastiera così magnetica, di tenerci con il fiato sospeso. Poi Matt inizia a cantare ed il ritornello, che arriva quasi subito, fa scoppiare le prime lacrime. Sembra di volare sulla Baia di Santa Monica, sino a quando la canzone sembra congedarsi da noi. Ma il drumming e la tastiera riprendono fiato, dilatando i sensi verso la spiaggia. Maestoso esempio di come lo Shoegaze e il Dreampop non siano solo muri di suono e melodie in abbondanza, perché qui viene svelato uno scenario futuro davvero immenso.



I’m So Tired


Si può pensare alla malinconia come un atto di dolcezza?

Certamente, ed è una cosa rara da trovare nella musica.

Se è evidente che la parte elettronica si presenta in porzioni più ampie rispetto al primo album, è anche vero che la voce di Matt sfiora la pelle come il figlio prediletto del Dreampop più remoto dove non sono le trame delle chitarre a inchiodare le nostre emozioni. Ma basta aspettare due minuti e trentatré secondi e quelle poche note sono lo stupore che consola e allieta chi era in attesa dello strumento regnante di questi generi  musicali.

Dalla spiaggia Losangelina siamo planati quasi di soppiatto sulla Luna…



Where Did You Go


Inizio quasi drammatico.

Scintille lontane, sibili e la voce da ghepardo in attesa di attaccare di Caroline Lufkin, così intensa da cavalcare le dune lunari di una base sonora fatta di Slowdive infreddoliti e Cocteau Twins in naftalina.

Poi le chitarre fanno l’amore con la tastiera e la tensione sale mascherata sino a quando Caroline rimane per pochi secondi con la batteria e il synth e allora la sua voce diventa artiglio che graffia. Con la sensazione che i Chapterhouse hanno amo lasciato tracce di sè nel secondo cratere lunare. 



Far From Over


Luna chiama Los Angeles: rispondete, Deserta ha raggi di suono in espansione da recapitare, fate spazio al Glassell Park e unite quello spettacolo collinare a quello che è contenuto dentro queste chitarre roteanti, dolcemente abrasive, che concedono spazio all’elettronica che esalta la sensazione che in queste note vi siano le chiavi del futuro. Ed è una trama fitta che partendo da chitarre in volo si conclude con una palpitazione nevrotica che sfuma dentro la bolla di fumo del nostro vibrare.



It’s All a Memory 


Che faccia ha un Capolavoro? 

Sedetevi e fate posto al clamore granitico di vibrazioni in abbondanza,  dove la voce è uno gnomo lunare e le chitarre e la batteria il ponte perfetto che collega la 4ad migliore ai giorni nostri. E quando si arriva alla passerella degli impeti voluttuosi della chitarra al terzo minuto e cinquantatreesimo secondo allora si può definire l’incanto del matrimonio emotivo dei sensi, perché qui il congedo pare una cosa splendida e i brividi diventano grappoli…



A World Without 


Quando il cantato abbisogna di una base musicale minima significa che può sostenere ogni cosa e Matt ci riesce. Ma dopo pochi secondi diventa generoso e fa crescere le emozioni con uno sviluppo che sposta la polvere dei sogni per renderli mattoni rossi, in un continuo brillare di chitarre dalla faccia rugosa. 



Goodbye Vista


C’è tutto qui: dal dolore alla fantasia, dalla morbidezza al delirio, chitarre voce basso batteria e tastiera si sono messe d’accordo per spiazzarci, per ucciderci con la bellezza di trame che sanno sia farci sognare che piegare nelle lenzuola, piangenti.

E qualcuno pensa che lo Shoegaze stia esalando gli ultimi respiri. Stolto. Ciò che si evolve è sempre migliore di chi rimane ancorato al passato nostalgico. Ed il finale di questa canzone raggiunge la mente e il cuore di chi ha capito il miracolo di cui è stato testimone.



Visions


C’è chi vuole sapere gli effetti usati dai musicisti nei loro strumenti, chi come si assembla il tutto. E altro ancora.

Ma chi chiude gli occhi ascoltando l’ultima canzone di questo strepitoso album si rende conto che esiste un linguaggio, un codice che scavalca ogni mezzo usato e la sua modalità.

Qui ciò che arriva è la tempesta lunare, la capacità di alternare, di inserire clamori e timidezze, in un impatto sonoro che ci lascia perduti negli sconosciuti territori lunari, dove invece Deserta si trova a suo agio.

È un singhiozzo che pare interminabile, 315 secondi per capire che non siamo in grado di determinare coscientemente il valore di questo ascolto perché dove il mistero si presenta c’è qualcosa che si perde. 

E allora si ritorna sulla Luna, si riavvolge il nastro e ci si perde nuovamente, vestiti della bellezza più clamorosa…


Deserta ha confezionato l’abito perfetto nel quale i pensieri e le emozioni stanno perfettamente insieme e dove il desiderio di imitarli, di essere cioè compatti, ci ha contagiato. E questo è l’unico contagio positivo per cui possiamo ringraziare.

Uno dei dischi migliori di questo 2022, senza dubbi.


Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford

26 Febbraio 2022


https://deserta.bandcamp.com/album/every-moment-everything-you-need


https://open.spotify.com/album/4GIMxZVBjGzCrKw8I2mnBR?si=2qGD0MEDTp6KXgoOPUb4xA


https://music.apple.com/gb/album/every-moment-everything-you-need/1588301373










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