mercoledì 23 febbraio 2022

La mia Recensione: Stella Diana - Nothing to Expect

 La mia Recensione


Stella Diana - Nothing to Expect


“Nocturnal point of view”

New Hope - Stella Diana


Per raccontare un’onda di infinita bellezza, cupa e leggera, potremmo partire proprio da queste parole, come lo sparo di una corsa che dura all’incirca 36 minuti.

È un brivido notturno, un respiro trattenuto, questo quarto album, proprio come una doverosa apnea che garantisce la sopravvivenza.

Questo e altro accade nel nuovo lavoro del trio Napoletano, che, imbevuto di sostanziali novità, ci offre il modo di conoscere un’emozione continua, il tremore che libera dalla noia e dal prevedibile per scaturire moti inarrestabili di gemme impreviste che acclamano giustamente attenzione.

Una propensione ad arricchire le dinamiche e le strutture di musiche sempre più sparse dentro i luoghi sui quali  lo sguardo dei tre pone attenzione.

Tutto confluisce nella ricchezza che non è il terminale di una stazione ferroviaria bensì una passeggiata tra rovi, spine, fango e asperità varie. Il tutto ricoperto da quella dolcezza atipica di cui sono stati sempre pregni.

È la maturità che si toglie il velo, un mostrare canzoni come si mostrano le ferite ad un amico: con decisione ferma e senza balbettamenti.

Ed è cinema d’autore, ed è un dipinto divino, ed è anche arte visiva che distribuisce i suoi fotogrammi alle note in un sodalizio vistoso ed efficace.

Quest’album arriva e riesce a cambiare i segni particolari della carta d’identità dei tre: si aggiungono la cura del dettaglio verso colori che sorridono alle comete, una spiccata propensione a riverberi ed echi gestiti diversamente e in modo più efficace, la volontà di fregarsene della strofa e del ritornello banale per dare solidarietà alle strutture del post-rock, senza esserlo totalmente, finendo per risultare perfettamente connessi con la maestosità e la ricchezza.

Liberati dalla definizione di essere una band Shoegaze-Dreampop, tutto il loro grande talento ha 

preso strade diverse, arricchendosi e arricchendoci, seminando nei loro dipinti sonori nuove ambizioni perfettamente raggiunte. Ecco che semi di Psichedelia, spruzzate di Darkwave e di Postpunk si aggiungono al loro repertorio a cui ho accennato. Non sono più solo ragazzi in grado di emozionare, bensì adulti che crescendo stanno dimostrando che si può qualificare maggiormente il tutto con un progetto artistico. E loro ci sono decisamente riusciti.

Prendo ora questo fascio luminoso per navigarci dentro, in ognuno dei suoi raggi, perché la bellezza non deve mai rimanere chiusa sulla pelle del proprio battito…


Canzone per canzone


Matthew


Tutto inizia con una fiaba che sembra raccontata in parte dagli Svizzeri Leech, una band Post-Rock, e da una attitudine quasi Prog dall’altra, ma poi Dario, Giacomo e Giulio riescono a creare un impercettibile cambiamento nel quale la voce di Vanessa Billi vola tra le nostre pupille. Inizio strategico, imprevedibile, spettacolare.

La quiete prima di una intossicazione da bellezza acuta…


Sleepless Girl


Ho già scritto di questa canzone che ha preceduto l’uscita dell’album. Però acquisisce maggior valore venendo subito dopo Matthew: il suo incedere così grigio spezza la fiaba stabilendo la distanza dai  sentimenti spettinando ogni illusione.


DZM


La linea della continuità per gli Stella Diana è importante, lo sappiamo, ed in questo brano lo constatiamo ancora, ma la linea del basso di Giacomo scavalca il gioco della memoria e delle certezze veicolandoci stupore.  E Dario, con il suo cantato, non è da meno. La batteria sembra coperta di ruggine opaca ed è un nuovo incanto. Ed ecco che fissando i ricordi i tre compiono un poderoso scatto in avanti esercitando su se stessi l’esercizio della diversificazione. Sembrano quasi salutare il loro passato e gettare semi di crateri gioiosi sui solchi della nostra confusione.

Fresca e contagiosa.


A New Hope


Come se all’inizio del brano The Chameleons fossero messi sotto una campana di vetro, Stella Diana esce allo scoperto con un getto psichedelico camuffato da semenze di Dreampop, in un esercizio di quasi allegria che plana sulla luna per mantenere salvi i respiri di chi non vorrebbe un cambiamento netto nel loro stile. Ma questo avviene ed è poesia ritmica, dove la loro libertà artistica trova ali che profumano di serenità.

Deliziosa.


In Abeyance


Eccoli, ingordi nei loro flussi amniotici, partorire un gioiello di seduzione e piacevole imbarazzo: tutta la loro crescita si evidenzia qui, tra la danza semi-morbida del basso, un drumming strategico, archi a tagliare la tensione e a sorprenderci, la voce che si appoggia come un’amica sul nostro dolore e la chitarra che si eleva nel cielo per divenire angelica e tracciare una nuova linea di confine tra le vecchie movenze sonore  di Vini Reilly e quelle del sognante Jeff Buckley.

Un guizzo lento che ipnotizza, finendo per galvanizzare la nostra sete di stupore.


Beleth 


La scossa dei sensi parte dalla ruvidezza e dal ritmo incalzante iniziale di Beleth, la Dea del groppo in gola. Giulio comanda le bacchette per un drumming che va dall’Indie anni 90 alle rullate psichedeliche della scena di Canterbury (Soft Machine in primis), e poi Dario e Giacomo si sintonizzano sul canale della complicità donando rivoli di sabbia destinazione Nuvole.

Assolutamente in grado di rassodare l’amore più devoto.


Distance


Il brano con il maggior numero di parole sa concedere spazio alla musica, sottile e bagnata dallo stato di grazia, per avere l’intenzione di adoperare bugie finendo per dimostrare la sincerità di una crescita che permette ad ognuno dei tre Napoletani spazi dove potersi esprimere, continuando al contempo a rendere compatta la band. E sia allora la chitarra tremante di Dario a dare il via a pianti vibranti, mentre al basso di Giulio viene dato il ruolo di finire questo viaggio con le nostre ginocchia che si piegano davanti alle sue dita decise come uno schiaffo dolce.

Quando la psichedelia si mette il cerone per non farsi riconoscere, sublime.


Regulus 


Robert Smith, quello malinconico, esiste ancora. Lasciata la sua Inghilterra, ha raggiunto il talento di Dario dandogli la sua benedizione. E un po’ l’avrà anche invidiato.

Poi il cantato di Dario sospende ogni possibile connessione con i The Cure e si affittano nuove suggestioni, senza paragoni, e finalmente Stella Diana, scevra da quello che avrebbe potuto condannarla, sorride e se ne va via felice e capace di essere unica.

Abbiamo bisogno di nutrirci di questo magnificare. 


Marianne


Scorretti sino all’inverosimile, i tre, dopo otto tracce prelibate e intense, esagerano, cattivi e disonesti, terribili, perché sono sicuramente colpevoli di donarci come ultimo brano dell’album la loro canzone più bella di sempre. Non si fa così, proprio no!

Ma che succede quindi? Un delirio fatto di grida assenti, di lacerazioni sonore assenti, di grida assenti.

Cosa c’è allora al suo interno?

La luce della vita che smuore, la schiena si curva verso la terra e tutto si fa lacrima in volo, partendo dal basso assassino, cupo, ai rullanti con fare agrodolce e la chitarra allucinata che si vuole staccare dal fare umano per divenire divina.

L’apoteosi necessita di cinque minuti e cinquantadue secondi.

Poteva prendersi anche due ore: avremmo continuato ad adorarla. Senza resistenze.

Tutto sembra crollare dal Vesuvio: note come lava rimbalzante, il silenzio che ammette la sua debacle davanti a questo incedere nebuloso e articolato, dove la semplicità della maestosità non si può fermare.

E per il riascolto dell’album si parte dalla sua fine e ci si rimane, per un sempre che probabilmente finirà solo con un nuovo gioiello del loro prossimo album…


Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford

23 Febbraio 2022


https://stelladiana.bandcamp.com/album/nothing-to-expect-2












My Review: Stella Diana - Nothing to Expect

 My Review


Stella Diana - Nothing to Expect


"Nocturnal point of view

New Hope - Stella Diana


To describe a wave of infinite beauty, dark and light, we could start from these very words, like the shot of a race that lasts about 36 minutes.

This fourth album is a nocturnal thrill, a held breath, just like a necessary apnea that guarantees survival.

This and more happens in the new work of the Neapolitan trio, which, imbued with substantial novelties, offers us the way to know a continuous emotion, the trepidation which frees from boredom and the predictable to bring forth unstoppable motions of unexpected gems that rightly acclaim attention.

A propensity to enrich the dynamics and structures of music that is increasingly scattered within the places to which the three of them pay attention.

Everything flows into the richness that is not the terminal of a railway station but a walk through brambles, thorns, mud and various roughness. All covered with that atypical sweetness with which they have always been imbued.

It is maturity removing the veil, a showing of songs as one can show wounds to a friend: with firm decision and without stammering.

And it is arthouse cinema, and it is a divine painting, and it is also visual art which distributes its frames to the notes in a striking and effective partnership.

This album arrives and succeeds in changing the particular signs of the identity card of the three guys: they add the attention to detail towards colours that smile at comets, a marked propensity for reverberations and echoes managed differently and more effectively, the will to shrug off the verse and the banal refrain to give solidarity to the structures of post-rock, without being totally so, ending up being perfectly connected to majesty and richness.

Freed from the definition of being a Shoegaze-Dreampop band, all their great talent has 

took different paths, enriching themselves and us, spreading in their sound paintings new ambitions perfectly achieved. Here are the seeds of Psychedelia, sprinklings of Darkwave and Postpunk added to their repertoire that I mentioned. They are no longer just kids who are able to excite, but adults who, growing up, are proving that you can qualify everything even more with an artistic project. And they have definitely succeeded.

I now take this beam of light to navigate in it, in each of its rays, since beauty must never remain closed on the skin of its own beat...


Song by song


Matthew


It all begins with a fairy tale that seems to be told partly by the Swiss band Leech, a Post-Rock band, and almost Prog on the other, but then Dario, Giacomo and Giulio manage to create an imperceptible change in which Vanessa Billi's voice flies through our pupils. Strategic, unpredictable, spectacular start.

The quiet before an acute beauty intoxication...


Sleepless Girl


I have already written about this song which preceded the release of the album. But it acquires more value coming immediately after Matthew: its pace, which is so grey, breaks the fairy tale, establishing the distance from feelings, messing up every illusion.


DZM


The line of continuity for Stella Diana is important, we know, and in this track we see it again, but Giacomo's bass line overrides the game of memory and certainties, conveying amazement.  And Dario, with his vocals, is no less important. The drums seem covered in opaque rust and it is a new enchantment. And here, staring at memories, the three of them make a mighty leap forward, exercising diversification on themselves. They almost seem to salute their past and sow seeds of joyful craters in the furrows of our confusion.

Fresh and contagious.


A New Hope


As if at the beginning of the song The Chameleons had been put under a bell jar, Stella Diana comes out with a psychedelic jet disguised as Dreampop seeds, in an exercise of almost cheerfulness that soars over the moon to save the breaths of those who would not like a clear change in their style. But this happens and it is rhythmic poetry, where their artistic freedom finds wings that smell of serenity.

Delicious.


In Abeyance


Here they are, greedy in their amniotic flows, creating a jewel of seduction and pleasant embarrassment: all their growth is shown here, between the semi-soft dance of the bass, a strategic drumming, strings to cut the tension and surprise us, the voice that leans like a friend on our pain and the guitar that rises in the sky to become angelic and draw a new line between the old sound movements of Vini Reilly and those of the dreamy Jeff Buckley.

A slow flicker which hypnotises and galvanises our thirst for wonder.


Beleth 


The shock to the senses starts with the roughness and pressing rhythm of Beleth, the Goddess of the lump in the throat. Giulio commands the sticks for a drumming that goes from 90s Indie to the psychedelic rolls of the Canterbury scene (Soft Machine above all), and then Dario and Giacomo tune into the channel of complicity, giving rivulets of sand with destination Clouds.

Absolutely capable of reinforcing the most devoted love.


Distance


The song which contains the largest number of words knows how to give space to the music, subtle and wet with the state of grace, to have the intention of using lies ending up demonstrating the sincerity of a growth that allows each of the three Neapolitans spaces where they can express themselves, while continuing to make the band compact. And so it is Dario's trembling guitar that gives way to vibrant cries, while Giulio's bass assumes the role of ending this journey with our knees bending in front of his firm fingers like a sweet slap.

When psychedelia puts on greasepaint to avoid being recognised, sublime.


Regulus 


Robert Smith, the melancholic one, still exists. Having left England, he reached out to Dario's talent and gave it his blessing. And he must have envied him a little.

Then Dario's vocals suspend any possible connection with The Cure and new suggestions are rented, without comparison, and finally Stella Diana, free of what could have condemned them, smile and go away happy and able to be unique.

We need to feed on this magnificence. 


Marianne


Unfair beyond belief, the three guys, after eight delicious and intense tracks, exaggerate, bad and dishonest, terrible, because they are certainly guilty of giving us as the last track of the album their most beautiful song ever. You just don't do that, you just don't!

But what happens then? A frenzy made of absent cries, of absent sound tears, of absent shouts.

What is there, then, inside it?

The light of life which comes to be dull, the back bends towards the earth and everything becomes a tear in flight, starting from the murderous, gloomy bass, to the snare drums with a bittersweet feel and the hallucinated guitar that wants to detach itself from human actions to become divine.

The apotheosis takes five minutes and fifty-two seconds.

It could have taken two hours: we would have continued to adore it. Without resistance.

Everything seems to be collapsing from Vesuvius: notes like bouncing lava, the silence that admits its debacle before this nebulous and articulated procession, where the simplicity of majesty cannot be stopped.

And when you listen to the album again, you start from its end and you stay there, for a forever which will probably end only with a new gem of their next album...


Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford 

February 23 2022


https://stelladiana.bandcamp.com/album/nothing-to-expect-2





martedì 22 febbraio 2022

My Review: Costume - Preserve Humanity

 My Review


Costume - Preserve Humanity

2021


Salt weather and acid wind surround thoughts, carrying them in a river full of sounds and atoms with dirty feathers. There are those who manage to separate the sun from the black, those who penetrate into things to take a position and act as a sieve, those who use voice and suggestions to sedate.

When it happens in Music it always generates an impact: it is the shivers and true and deep considerations that certify a conscience which pulsates, which does not want to remain defenceless.

And so the time has come to listen to six songs that splendidly accomplish this journey, making our feathers more aware, handing them back the limpid colour of a better life.

They are two artists, Claudia Placanica from Pistoia and Marco Cozza (MauSS) from L'Aquila, a combo that scratches hostilities with an intense and contaminating way of doing things, bearers of thunderstorms in a continuous cycle, tireless in making music and words a decisive and capable union, messengers of commitment, who detect the sounds of this time and the wickedness that sticks to the skin.

They are opposed by crossing reality with a neurotic and sublime manner, skilfully using electronic music as a mirror, techno house as muscular mass and echoes of Postpunk which is kept almost hidden but effective.

Music as a tale able to synthesise after exploring moods, instincts and breakdowns, giving vigour to the will to determine shocks and separations.

Claudia's vocals are a seductive hypnosis, impetuous and generous, with the ability to powerfully emphasise words of cut glass.

This is the case in the opening song Preserve Humanity where, between sighs and a sharp voice, the lyrics become breathtaking glue combined with the music of MauSS, very skilled in giving a sense of psychic agitation in suspension.

Electronic music slows down to inflate the mind with synthetic pills composed of fear, like a bubble of fog that slowly explodes.

With Protect Me, the guitar appears capable of suggesting how Postpunk can still impregnate our desires towards its generous attitude, still able to fascinate. If it does so as in this case with an electronic dress that seems like a modern velvet pregnant with tension combined with Claudia's voice that, like an orgasm of greatness, is inspired by Siouxsie and Lene Lovich of the best times, then I would say that one cannot but be amazed and inundated by earthquakes which eliminate external ugliness.

The short episode Who Dreams 1 smells of Turkey and smoke in a circular motion to stun us briefly but intensely.

Then the roar: Democracy Burn is the gem that brings winter to inflame the sleep of a conscience that is no longer industrious but lazy. This music resembles a grater, flaying the skin, and with the words and Claudia's precise and extraordinary interpretation, it slams kilos of uranium on our faces, because this track is the contamination that advances ruthlessly but seductively. 

We walk again inside the mechanisms of a continuous denunciation that this time raises the pace and with A Dead Man takes us inside a desolate and abandoned factory, like in a rave where nobody is left. Claudia wears the mode of an expert crooner who allows herself the melody: here too we are shaken by the call of a mode of expression very close to Siouxsie, but with a music that finds the expressive courage that the Banshees had lost. 

And everything seems suspended and disquieting, Transglobal Underground seem to come out of the factory corridors to give their consent to the artistic work of MauSS, here minimalist and gloomy.

It comes to a farewell with Dreams 2: it does so with 56 seconds, essential, like a pelvic movement in acid, sovereign, as if to suggest that the slow dance remains the most deductive and fierce.

An Ep which reveals a propensity for artistic expression which has all the right credentials, with an apparent kindness but capable of exploding too: it takes skill in listening and a propensity to abandon oneself to be able to generate a definitive encounter between those who compose and those who listen.

A work indeed capable of taking us around places made of mystery and raw truths, in a time when reflection is a must and Music becomes a courage that wants to unite: let's give it a chance, since Costume has qualities in abundant generosity.


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

22nd February 2022


https://costumeband1.bandcamp.com/album/preserve-humanity




La mia Recensione: Costume - Preserve Humanity

 La mia Recensione


Costume - Preserve Humanity

2021


Tempo di sale e vento acido circonda i pensieri portandoli in un fiume pieno di suoni e atomi dalle piume sporche. C’è chi riesce a separare il sole dal nero, chi si addentra nelle cose per prendere posizione e fare da setaccio, chi usa la voce e suggestioni per sedare.

Quando avviene nella Musica genera sempre un impatto: sono i brividi e considerazioni vere e profonde che certificano una coscienza che pulsa, che non vuole rimanere inerme.

E allora è giunto il momento di ascoltare sei canzoni che splendidamente compiono questo percorso, rendendo le nostre piume più consapevoli, consegnando nuovamente loro il colore limpido di una vita migliore.

Sono due artisti, Claudia Placanica di Pistoia e Marco Cozza (MauSS) dell’Aquila, un combo che graffia le ostilità con un fare intenso e contaminante, portatori di temporali a ciclo continuo, instancabili nel fare della musica e delle parole un’unione decisa e capace, messaggeri di impegno, che rilevano i suoni di questo tempo e le cattiverie che si appiccano sulla pelle.

Si oppongono attraversando la realtà con fare nevrotico e sublime, utilizzando sapientemente l’elettronica come specchio, la techno house come massa muscolare ed echi di Postpunk tenuti quasi nascosti ma efficaci.

Musica come un racconto che sintetizza dopo aver esplorato l’umore, gli impulsi e gli sfaceli dando vigore alla volontà per determinare scuotimenti e separazioni.

Il cantato di Claudia è ipnosi seducente, dal fare impetuoso e generoso, con l’abilità di enfatizzare in modo potente parole di vetro tagliato.

È il caso della canzone di apertura Preserve Humanity dove, tra sospiri e voce tagliente, il testo diventa colla che toglie il fiato unita alla musica di MauSS, abilissimo nel conferire un senso di agitazione psichica in sospensione.

L’elettronica che rallenta per gonfiare la mente con pillole sintetiche composte di paura, come una bolla di nebbia che esplode lentamente.

Con Protect Me la chitarra appare capace di suggerirci come il Postpunk possa ancora ingravidare i nostri desideri verso quella sua attitudine generosa e capace ancora di affascinare. Se poi lo fa come in questo caso con annesso un vestito elettronico che sembra un velluto moderno e gravido di tensione unita alla voce di Claudia che, come un orgasmo di grandezza, prende la Siouxsie e Lene Lovich dei tempi migliori, allora direi che non si può che rimanere stupiti e inondati da terremoti che eliminano le brutture esterne.

Il breve episodio di Who Dreams 1 odora di Turchia e fumo in moto circolare per stordirci brevemente ma con intensità.

Poi il boato: Democracy Burn è la gemma che porta l’inverno ad incendiare il sonno di una coscienza non più operosa ma pigra. Assomiglia ad una grattugia questa musica che scortica la pelle e con le parole e l’interpretazione precisa e stellare di Claudia ci sbatte sul volto chili di uranio, perché davvero questo brano è la contaminazione che avanza spietata ma seducente. 

Si cammina ancora dentro i meccanismi di una denuncia continua che questa volta alza il ritmo e con A Dead Man ci porta dentro una fabbrica desolata e abbandonata, come in un rave dove non è rimasto nessuno. Claudia indossa la modalità di una crooner esperta che concede a se stessa la melodia: anche qui si è scossi dal richiamo di una modalità espressiva molto vicina a Siouxsie, ma con una musica che trova quel coraggio espressivo che i Banshees avevano perso. 

E tutto sembra sospeso e inquietante, i Transglobal Underground sembrano uscire dai corridoi della fabbrica per dare il loro consenso all’operato artistico di MauSS, qui minimalista e tenebroso.

Si giunge al congedo con Dreams 2: lo fa con 56 secondi, essenziali, come una movenza pelvica in acido, sovrana, quasi a suggerire che la danza lenta rimane quella più deduttiva e feroce.

Un Ep che rivela una propensione all’espressione artistica con tutti i crismi, con una apparente gentilezza ma capace anche di deflagrare: occorre abilità nell’ascolto ed una propensione all’abbandono di se stessi per poter generare un incontro definitivo tra chi compone e chi ascolta.

Un lavoro effettivamente capace di portarci in giro per luoghi fatti di mistero e verità crude, in un tempo nel quale la riflessione è doverosa e la Musica diventa un coraggio che vuole unirsi: diamogliene modo perché Costume ha qualità in abbondante generosità.


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

22 Febbraio 2022


https://costumeband1.bandcamp.com/album/preserve-humanity




domenica 20 febbraio 2022

La mia Recensione: Andrea Chimenti/Gianni Maroccolo - L’immagine di te

 La mia recensione 


Andrea Chimenti / Gianni Maroccolo - L’immagine di te


“Le prigioni offrono una bellissima vista; finché si possono vedere dall'esterno... si sa che non si è dentro.”

FRANÇOIS VILLON


Ci sono semi incoraggianti che cercano di illuminare un Paese sconfitto da anni nella corsa alla dimostrazione che la solidarietà supera anche l’ostacolo degli sbagli e delle colpe.

Arriva quindi un progetto del Ministero della Giustizia che offre la possibilità al popolo carcerario di esprimere ciò che ritiene utile per far sapere a chi vive una vita diversa, lontana da mura difficili.

Esiste un progetto che è diventato un album e che è preceduto dalla prima canzone: “L’immagine di te”.

Il testo è di Donato Squicciarino con la musica di Andrea Chimenti che canta e l’arrangiamento e la produzione di Gianni Maroccolo.

Nel cantato Andrea in modo meraviglioso con la sua classe ci invita a sprofondare dentro parole che ci fanno affogare in considerazioni che arrivano quasi all’oppressione ma, come un improvviso incanto, dimostrano un’attitudine che colora quell’acqua torbida di un meraviglioso azzurro.

C’è un senso dell’amore spirituale che scavalca quello individuale e di coppia che Andrea ha saputo trasformare anche nella musica con un eccellente contributo di Gianni.

Si rimane su un piano di morbidezza con la voce che riesce a surfare sulle gravità enunciate, rafforzando l’idea che l’interpretazione sia elemento fondamentale per fare la differenza e valorizzare il tutto.

Allora lentamente il corpo entra in acqua sostenuto da un pianoforte e da distorsioni poi, che con l’utilizzo, a livello ritmico, di un drumming prima tribale e poi più semplice, elevano la canzone sino al cielo, dove non ci sono sbarre.

Ci ritroviamo con i tasti del pianoforte che diventano già una valanga di bracciate, che tratteggiano la via di uscita.

Con le parole di Donato ci manca il fiato, siamo anime perse e confuse, ma Andrea gli accarezza le spalle con la sua voce unendo atomi di poesia verso un confronto che da una cella arriva nella profondità del mare senza più stupide interferenze, rendendo il nostro ascolto un giorno di scuola…


Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford 

20 Febbraio 2022




La mia Recensione: Mammut nel caos - Subito dopo pranzo

 La mia recensione 


Mammut nel caos - Subito dopo pranzo


“C’è una riservatezza che non ti dà nessun’altra stagione… In primavera, estate e autunno le persone vivono una sorta di stagione aperta gli uni accanto agli altri; solo in inverno si possono avere momenti più lunghi e tranquilli in cui gustare l’appartenenza a se stessi.”
Ruth Stout


Quando la musica entra nello spazio del tempo e delle sue stagioni, dei suoi personaggi e della loro psicologia, ecco che diventa una misura, reale, di ciò che accade.

Angelo Barraco, Marsalese, è riuscito perfettamente in tutto questo con l’Ep del 2021 intitolato “Subito dopo pranzo”: quattro indagini, quattro frammenti che sanno comporre una fotografia specifica.

Per farlo si è affidato a un abito nero che esce per strada, cibandosi di quel Postpunk che era approdato alla Darkwave inglese dei primi anni 90.

Ha ideato e costruito in proprio le canzoni e solo al momento della registrazione ha concesso ad altri musicisti di supportarlo.

Ma tutti gli strumenti adoperati sono stati suonati originariamente da lui mostrando capacità e talento, senza dubbi.

Non mancano il suo buongusto nel metterci qualcosa di proprio, la modalità di sorprendere perché spesso le persone credono di avere individuato e capito una canzone dopo pochi secondi.

Ecco allora che “Solo Luce” ne diventa l’esempio perfetto, con la sua introduzione scura, poi ci troviamo davanti a un netto spostamento con un giro di chitarra solare e a un basso che si presenta deciso per concederle lo spazio per portarci al buio.

I brani sono chiaramente devoti al suo background e alla volontà di partire da lì, ma poi anche di non fermarsi: ne è esempio “Il giullare è morto” che con fiamme di quell’hardcore familiare ai Nerorgasmo offre all’artista siciliano il modo di essere protagonista di uno splendido assolo di chitarra che è un elenco di graffi sul senso di soffocamento, come un divincolarsi.

L’inziale “Amniotico”, di chiara derivazione Darkwave, è una splendida apripista del suo percepire profondo, la volontà di specificare la connessione tra i corpi e la loro dispersione mentale. Uno splendido atto dimostrativo anche della sua penna capace di dimostrare un occhio attento verso una decadenza non più contestabile.

Con l’ultima canzone “Inverno”, uno strumentale breve di 35 secondi, si chiude perfettamente il suo sguardo con un lascito di note amare, che molto deve ai primi Diaframma e che il gruppo toscano doveva a sua volta a diverse altre band.

Ma non è un limite o un plagio, bensì una splendida sintesi che offre evoluzioni.

Angelo è capace di creare immagini e di dare ai nostri pensieri prospettive e angolature diverse, non limitando il tutto solo alla composizione musicale. 

Giunge la sensazione di un nodo alla gola.

Che non ha bisogno di molte parole per presentarsi: infatti su quattro canzoni due sono strumentali ma parlano anche loro…

Cibarsi della presenza di una coscienza attiva, che sonda, è una fortuna.

Allora buon appetito, cibo ne avete, svelti, che siamo subito dopo pranzo, il tempo di dare alla digestione senso e validità.


Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford

20 Febbraio 2022


https://open.spotify.com/album/51EnoX9cWYNhUxpKruU7En?si=ovfDyMazR0-W7NbA4LvWLw






venerdì 18 febbraio 2022

My review: Whimsical - Rewind

 My review 


Whimsical - Rewind


The possibility of getting back a dream, a star, a memory, a much needed breath of air.

The desire to rewind the tape and live again, to be able to stop time to consume it one more time, as an infinite pleasure which defeats time. As a challenge and not the ability/willingness to surrender that has become evident.

Because rewinding also means getting closer, modifying destiny and reopening a path that had proved to be contrary.

We welcome songs that make us capable of opposing the ineluctable, of putting sugar on bitter days, of conveying in the same place needs and what destiny has taken far away.

Whimsical comes back and gives us three minutes and fifty-seven seconds of a magical web, made of robust rhythm and melodies that gravitate inside our pupils, awakening joy and at the same time making us think, which is a rare and precious thing.

Krissy and Neil decide to offer us the appetizer of their next album "Melt" and this song reconfirm us their class with an intense dose of surprises and freshness, as bearers of a musical direction that at the same time affirms what we knew about them and shows new elements able to amaze us and make our mouths open in a decisive and bright smile.

After the first seconds marked by a powerful and contaminating guitar, here comes a stop and go which introduces us to a perfect and innovative electronica, to then welcome Krissy's vocals, this fairy who tells us things that are also challenging, but doing it in a way that makes it possible to accept everything without losing confidence.

And it is memory, specifying the will to contact those who have slipped from one's hands, finding the way back into the heart.

The drumming, powerful, syncopated, positioned on the banks of a bass that runs swaggering giving further vitamins to a sinuous and courageous guitar, lends the song all the right credentials of a gust of wind that brings the ambitions to become reality.

You can hear the maturity in the composition, the desire to give elegance the chance to dress up instinct and reasoning, to lead us towards the certainty that their songs are a chance to grow and not just a pleasant listening. The lyrics show that some strong desires do not have to be shouted, but rather whispered, leaving the door open to meet the desired change.

They are beautiful tears the ones that we hear crying... but they are not sad and Neil has once again managed to make possible his nature of rhythm, combining it with the strength of textures faithful to poetry.

If we wanted to find new forces in these difficult times REWIND will be the muse and companion of a future that will come to colour the sky blue, because when you can rewind it means that you have removed the propensity of the past to end up among the rubbish.

Congratulations Whimsical: this is what we needed!


Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford

18th February 2022


https://youtu.be/w7BE4OpxZXY



La mia Recensione: Midas Fall - Cold Waves Divide Us

  Midas Fall - Cold Waves Divide Us La corsia dell’eleganza ha nei sogni uno spazio ragguardevole, un pullulare di frammenti integri che app...