venerdì 11 marzo 2022

La mia Recensione: James - Laid

 La mia Recensione 


James - Laid ( 1993)


“Quando voli, ascoltando la musica dei James, ti dimentichi di planare, avendo un carburante infinito”

Alex Dematteis - 12 Maggio 2016, Llandudno


Pare di cattivo gusto autocitarsi, ma credo sia perfetto per ciò che provo dal 1986 ed è perfetto per iniziare a scrivere questa recensione.

Nella assoluta certezza che molto ruoti attorno al sentimento dell’amore e alle sue derivazioni, il mondo artistico ha posto in risalto le relazioni e ne ha descritto le particolarità spesso con amarezza, tristezza, dipingendole come ferite aperte e motivazionali, come linfa essenziale per la propria ispirazione e con la determinata volontà di spendere tempo, energia e risorse per illuminarne il volto.

Poi ci sono i fuoriclasse che portano tutto questo ad un livello spirituale, unito con una musica  avvolgente, dinamica, poderosa, effervescente.

Siamo a Manchester, nel 1993, i James scrivono il loro quinto album “Laid” e il 1 Novembre pubblicano il secondo singolo estratto ed è proprio il brano che dà il titolo a questo immenso lavoro, che li traghetterà al successo negli Stati Uniti.

Laid è un prato di musica folk in stato di eccitazione che fa correre i Mancuniani verso un volo: bastano due minuti e trentasette secondi per ritrovarsi, con loro, nell’esosfera dove è possibile guardare la storia raccontata, con lucidità, e con loro la mancanza di ossigeno non è davvero un problema, perché tutti gli organi vitali, galvanizzati, lavorano perfettamente.

Il brano precede una direzione diversa che il maestro Brian Eno, unitosi a loro, proporrà e sosterrà a lungo.

Diventa quindi ancora più importante questa canzone per la sua capacità di sintetizzare la storia degli ormai uomini di Manchester, che trovano qui modo di essere criptici ma gioiosi nei testi di Tim Booth e clamorosamente impetuosi nella musica, dove le chitarre semiacustiche di Larry Gott e di Saul Davies ispirano l’organo Hammond di Mark Hunter a divenire un cielo in apertura totale, come un abbraccio semplice ma potente.

E poi vi è il drumming di David Baynton-Power a trascinarci con le sue rullate belliche, sostenuto, come sempre, dal basso spaziale di Jim Glennie, che è seta che fascia dolcemente il tutto.

Nella versione che vi propongo gioca un ruolo importante e fondamentale Andy Diagram che, con la sua magica tromba, soffia petali vibranti e caldi, per conferire al brano maggiore pathos e sensualità.

E non dobbiamo dimenticare Adrian Oxaal (in assenza di Larry che nel frattempo ha lasciato la band) che con la sua chitarra elettrica conferisce ancora più nerbo al tutto.

Ciò che è irresistibile trova la perfetta definizione in questo brano dal vivo che diventa l’occasione per toccare con mano il cuore dei Mancuniani perché manifesta energia, tensione, mistero.

Il tutto all’insegna di una vibrazione che entra nel delirio collettivo per farci sorridere come pazzi nella zona ultima dell’atmosfera.

La storia raccontata, tra lo stato di lucidità e la sua assimilazione, e quello assurdo e di difficile comprensione, nasce da un osservare esternamente una coppia sino a buttare il voyeur all’interno, dove il lato psicologico viene a trovarsi solo apparentemente come elemento di definizione.

Ma ancora una volta Tim rivela la propria maestosità confondendo le carte, riuscendo a farci cantare quasi come spaesati, ma allo stesso tempo donandoci quella fiducia in lui che non è mai venuta meno in tutta la sua carriera di testi perfettamente fantastici…

Ci ritroviamo, assurdamente, in uno stato psicolabile, dove tutto assume il tono della gioia malgrado poi le parole sappiano essere, finemente, un coltello affilato che divide ciò che sembra da quello che è, come ulteriore conferma del talentuoso Tim.

Si danza, o meglio si vola ad occhi aperti, le gambe assenti, roteanti senza gravità e la voglia di divenire cantanti a nostra volta, anche senza patente, sino al falsetto che, laddove Ring the Bells ne aveva mostrato la potenza e l’intensità per molti secondi, qui si fa più breve ma altrettanto efficace.

Si finisce nel Paese delle Favole, senza personaggi neri capaci di oscurare e spegnere le forze.

Qui tutto diventa un magnete colorato che ci coinvolge e ci fa appiccicare a bocca aperta, dove i sorrisi diventano respiri e fiamme di gioia, malgrado la confusa interpretazione del testo.

Quando si vibra si dimentica, ci si sposta su un piano sensoriale esagerato ma essenziale, che non desidera la fine ed è questo uno dei benefici e dei misteri della musica.

Canzone come vino  che invecchia e diventa sempre più buono con l’incandescente mistero che il bicchiere non si svuota concedendoci l’infinito sapore tra le labbra del nostro sentire, sempre così deliziate e bisognose: Laid è l’evidente dimostrazione che la magia non possa essere analizzata ma debba essere vissuta e che l’estasi vera sia liberarsi dei pesi imparando a volare.

Perché con i James il cielo è davvero un mistero infinito dove non è concessa la paura…


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

11 Marzo 2022






Laid

2019 Live Version


https://open.spotify.com/track/7JRvBQCJHdGgqetsH1wEBV?si=OYFPi_6sRMCtKLeccBs1GQ









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