mercoledì 16 ottobre 2024

La mia Recensione: IAMTHESHADOW - To End What Never Began


 

IAMTHESHADOW - To End What Never Began


Ci sono leggende che provengono da antiche culture, disperse nell’aria ma ancora vive. Accade a volte che profonde anime contemporanee riescano a entrare in contatto con loro e facciano da tramite e da messaggeri, per espandere verità ineccepibili, per fare del buio dell’anima una spesa per la coscienza quotidiana. Dove acquistare consapevolezza significa bandire l’ignoranza e rendere il ventre un vulcano pensante.

Pedro Code è sicuramente un mago avente questo tipo di capacità e talento, colui che ai giorni nostri trascina quell’epoca e quei personaggi dentro il suo operato artistico, un sacerdote fuori da ogni ordine religioso ma in grado di trasformarci in esseri benedetti dai suoi innegabili poteri. La sua nuova opera è un simulacro incredibilmente mobile, ma nella quale il marmo freddo congela ogni fuga da parte nostra: un lavoro semplicemente pazzesco, arricchito di una modernità benevolmente falsa, perché non vi è dubbio che nelle sue mani ci sia un anelito arcano e un modo di fare in cui gli spiriti del passato risiedono. Insieme a Vitor J. Moreira mette su uno show non diplomatico di distruzione, alienazione e tormento, sino a creare una bolla di vetro che cade sulla nostra pelle.

Il Portogallo diventa una cantina che prende il volo con teatrale esuberanza e magnitudine, raggelando l’impavida fanciullezza di una realtà già morente a sua insaputa, e queste canzoni odorano di giuste bestemmie punitive, in una decadente trasfigurazione dell’intimità, attraverso una marea continua di synth per paralizzare il tempo, fatto già compreso nel titolo maestoso e graffiante, contenente un paradosso inevitabile per noi tutti.

Eccola la consapevolezza diventare una bandiera ammainata e sui cui brandelli spicca la coltre nebbiosa di un archetipo che trattiene la fuga. Il disco (una apparente distesa di coldwave tra incendi gotici e  una dark electro piena di spilli) è una lenta processione di discorsi filosofici tra, appunto, le leggende e Pedro: giochi cupi di scrittura millenaria e ascolto di questi anni creano un fluido nerastro, in cui  nulla potrà consolare e proprio per questo attendibile, maestoso e avvilente in modo stupendo. 

La struttura compatta aiuta a cogliere la profondità di argomentazioni dalle catene piene di ruggine, dove la chiave della felicità è stata buttata in un giorno di delirio totale. 

Aggressivo, disperato ma ricco di quella triste sensualità che lo rende perfetto, questo ultimo album non gioca mai con l’esistenza e, anzi, la prende a schiaffi con dolcezza. Sembra di vedere vecchie mani entrare nei cervelli e lasciare fango e muschio putrefatto: è solo la scena iniziale di questo bombardamento emotivo che fa della band della meravigliosa Cold Transmission una guida illogica davanti al silenzio. Tutto è un grido trattenuto, disperso, dilatato, imprigionato in una notte in cui le lacrime diventano il sorriso del dolore.

Il precedente, eccellente, The Wide Starlight, era ancora legato in qualche  modo al passato del duo, tra abilità, mezzi efficaci e di qualità. Il nuovo capitolo non solo certifica la maturazione, ma specifica come un grande mantello sulla statua della loro intellettuale presenza generi una rottura pur conservando il dna, ed è qui, in questo incantevole contrasto, che gli IAMTHESHADOW riescono a diversificare se stessi e a integrarsi con un progetto che è una catapulta con lunga gittata.

La voce e la modalità del cantato sono davvero un delirio di luce spenta, capace di attraversare la gola e di sprofondare nel cuore, sfracellando i tessuti che incontra. La musica è vascello che accoglie cinquant’anni di tentativi, di finte convinzioni e le flagella semplificando il tutto con estrema chiarezza e sincerità: non ci sono pomposità, tratti manieristici di mestieranti incalliti, bensì un matrimonio ideale tra l’armonia, il ritmo e l’essenza, che conducono il tutto a uno scheletro stilistico davvero impressionante.

Una apologia che arriva al sacro, sublimando il respiro affannato, e, malgrado il grande uso dell’elettronica, pare solo un paravento delle composizioni degli angeli morti di due millenni fa. Le note cadono nel sentiero del silenzio, piegando la schiena degli alberi e delle foglie, delle nostre voglie di un vuoto che non ci responsabilizzi, ma la band di Lisbona ci prende per i capelli sentenziando, abiurando, solleticando gli incantesimi, trascinandoci su un altare dove non esiste perdono.

La mancanza delle chitarre, corpulente e gravitazionali, dei primi album è un atto di coraggio ma soprattutto un'astuta manovra di coscienza: non hanno più il modo di rendere credibili le peripezie delle anime tormentate. Invece questi incroci geometrici e torrenziali di synth, loop, uniti alla fedele drum machine, conferiscono il potere dello stordimento, facendoci scattare in piedi, a due centimetri dal baratro.

Adorabile è l’immediata espressione di una lava congelata che ti arriva in volto, con tastiere come lame, campionamenti destrutturati e un archivio di segreti che mostra solo la punta dei suoi capelli. È danza continua, fluida, a contatto ma non connessa con il passato: gli IAMTHESHADOW sanno come distinguersi, essere fuori dal calderone, dagli schemi e presentare un conto salato in quanto l’ascolto di questo To End What Never Start è un manifesto purificatorio, un agglomerato di novità data la sua integrità caratteriale e con lo scopo, struggente, di mettere fine all’idiozia. Come una lezione di vita tra le note, in un giorno di scuola senza intervallo, come uno di lavoro senza stipendio, dove non ci sono lasciti bensì continue pressioni…


Serve un sorso di liquore che annebbi la vista e gli altri sensi per poter resistere a questo atto di crudele bellezza, brano dopo brano…



Song by Song


1 - To End What Never Began


Il tempo, con il suo dilatarsi su colline piene di polvere, viene rappresentato da questa apertura strumentale, un insieme di umori capitalizzati da una tastiera che lo circumnaviga sapientemente, per rendere il dolore palpabile attraverso poche ma toccanti note.



2 - Bleed Dry


Il secondo singolo ad anticipare l’uscita di questo nuovo album è un tormento che, attraverso il cantato e una operazione musicale chirurgica, riversa sull’ascoltatore la connessione sempre precisa del duo, con compatta discesa nei circuiti mentali di chi ha ferite multiple. Quando la dark electro vive di scintille nel magma di una coldwave ubbidiente.



3 - This Vertigo


Si sale, di ritmo, a contatto con la drammaticità di un’anima in dissolvenza: una canzone che ci ricorda l’importanza dei Clan Of Xymox nel loro periodo più disturbante, in quanto qui assistiamo a una processione elettronica con sapiente aggregazione elettrica, per un incredibile momento in cui i synth si sposano con un fare pop nerastro.



4 - Pain Come Close


Ecco il primo singolo trovare nel contesto dell’album ancora più espressività, sacralità, nella sua danza triste, siderea e angosciante. Un meraviglioso atto di semplificazione che mette i brividi addosso, perché la tastiera è un martello che alterna durezza e dolcezza, mentre Pedro pontifica e benedice il testo con malinconica attitudine.



5 - Changing Spaces


Ci si ritrova ancorati a questo vagabondaggio dei luoghi, qui sottolineati, palesati e descritti sapientemente con il silenzio che si insinua nelle note provocando spasmo e delirio. Il sentore è Darkwave, ma su una patina Post-punk dove l’incrocio rende questa canzone un ponte da cui far tuffare la  nostra anima negligli spazi che sotto di noi cambiano…





6 - Seizing Emptiness


Un riassunto, una fionda, un pamphlet pieno di fuoco dentro una zolla di ghiaccio riassume un'intera carriera ma, in questo album, traduce e trasporta lo smarrimento dell’esistenza in un circuito dark electro di notevole intensità, attraverso una linearità indiscutibile e incredibilmente calda…



7 - Hell Is Where Your Heart Is


Il duo portoghese sa come coniugare melodia e drammaticità: un pilota viene assunto per guidare i sogni all’interno di una sfera arrossata e ricoperta di combustibile. Echi di anni Ottanta nelle cantine piene di lacrime saltano nel cielo, con la parte strumentale battente e vigorosa, mediante un synth strategico e malefico.



8 - All That You Might See


Basterebbe l’introduzione, quei pochi secondi gonfi di sale in putrefazione, per fare di questa traccia il nascondiglio delle nostre paure. Note presidiate da un sentore cosmico, avallate da una voce che pulisce il cielo, e la percezione che esista una cecità palpabile in queste flagranti attività sensoriali…



9 - Next Belief


Una tavolozza plumbea controlla il battito del cuore: una canzone che è teatro antico, una slavina di condensati marini, come alghe in libera uscita, avanza su note piene di vapore, in sospensione continua…



10 - Ties To The Lost


Uno stato febbrile si deposita in questo amalgama danzante, un tormento che definisce l’assoluta esplosività della perdita, con una trama che avanza dilatandosi quel poco che le serve per divenire un Dio in cerca di rassegnazione. Triste, impietosa, rovente, una pallottola lavica che affonda inesorabilmente…



11 - A New World


L’inizio ci fa immaginare i Front 242 in trasferta a Lisbona, ma poi è tutta opera del gruppo portoghese quella che si manifesta in questa esplorazione territoriale, attraverso una schematica incursione nelle secche pozze di strade senza più anima…



12 - As The Infinite Drowns


L’atto conclusivo è un sogno che si materializza, in modo chiaro, sottile, delicato, nel suo momento iniziale, per poi cercare ritmo e drammi in torsione: il cantato produce quella dose di brividi necessari per chiudere il cappotto e iniziare un cammino nei sentieri di un futuro incerto. Il ritmo è il trono su cui la melodia, secca e piena di lacrime, crea un connubio che provoca commozione…



Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
16 Ottobre 2024

My Review: IAMTHESHADOW - To End What Never Began


IAMTHESHADOW - To End What Never Began


There are legends from ancient cultures, dispersed in the air but still alive. It sometimes happens that deep contemporary souls manage to get in touch with them and act as conduits and messengers, to expand unimpeachable truths, to make the darkness of the soul an expense for everyday consciousness. Where acquiring awareness means banishing ignorance and making the belly a thinking volcano.

Pedro Code is definitely a magician with this kind of ability and talent, the one who nowadays drags that era and those characters into his artistic work, a priest outside any religious order but able to transform us into beings blessed by his undeniable powers. His new work is an incredibly mobile simulacrum in which the cold marble freezes any escape on our part: a work that is simply crazy, enriched with a benevolently false modernity, because there is no doubt that in his hands there is an arcane yearning and a way of doing things in which the spirits of the past reside. Together with Vitor J. Moreira he puts on an undiplomatic show of destruction, alienation and torment, to the point of creating a glass bubble that falls on our skin.

Portugal becomes a cellar that takes flight with theatrical exuberance and magnitude, chilling the fearlessness of a reality that is already dying without its knowledge, and these songs smell of righteous punitive blasphemy, in a decadent transfiguration of intimacy, through a continuous tide of synths to paralyse time, a fact already included in the majestic and biting title, containing an inevitable paradox for us all.

Here is awareness becoming a flag lowered and over whose tatters stands the misty blanket of an archetype that holds back escape. The record (an apparent expanse of coldwave between gothic fires and a dark electro full of pins) is a slow procession of philosophical discourses between, precisely, legends and Pedro: dark games of millenary writing and listening create a blackish fluid, in which nothing can console and for this very reason dependable, majestic and disheartening in a stupendous way. 

The compact structure helps to grasp the depth of arguments with rust-filled chains, where the key to happiness has been thrown away in a day of total delirium. 

Aggressive, desperate but full of that sad sensuality that makes it perfect, this latest album never plays with existence and, on the contrary, gently slaps it in the face. It feels like watching old hands enter brains and leave mud and rotten moss: it is only the opening scene of this emotional bombardment that makes the band of the wonderful Cold Transmission an illogical guide before silence. Everything is a restrained cry, dispersed, dilated, imprisoned in a night where tears become the smile of pain.


The previous, excellent, The Wide Starlight, was still somewhat tied to the duo's past, between skill, effective means and quality. The new chapter not only certifies maturation, but specifies how a great cloak over the statue of their intellectual presence generates a rupture while preserving the dna, and it is here, in this enchanting contrast, that IAMTHESHADOW manage to diversify themselves and integrate with a project that is a catapult with long range.

The vocals and the mode of singing are truly a delirium of dull light, capable of passing through the throat and sinking into the heart, shattering the tissues it encounters. The music is a vessel that takes in fifty years of attempts, of false convictions and scourges them, simplifying everything with extreme clarity and sincerity: there is no pomposity, no manieristic traits of hardened tradesmen, but rather an ideal marriage between harmony, rhythm and essence, leading to a truly impressive stylistic skeleton.

An apologia that reaches the sacred, sublimating the laboured breath, and, despite the great use of electronics, seems only a screen of the compositions of the dead angels of two millennia ago. The notes fall into the path of silence, bending the backs of trees and leaves, of our cravings for an emptiness that does not empower us, but the band from Lisbon takes us by the hair sentencing, abjuring, tickling spells, dragging us to an altar where there is no forgiveness.

The lack of the burly, gravitational guitars of the first albums is an act of courage but above all a cunning manoeuvre of conscience: they no longer have a way of making the vicissitudes of tormented souls believable. Instead, these geometric and torrential intersections of synths, loops, combined with the faithful drum machine, confer the power of stun, jolting us to our feet, two centimetres from the abyss.

Adorable is the immediate expression of frozen lava that reaches your face, with keyboards like blades, deconstructed samples and an archive of secrets that shows only the tip of its hair. It is a continuous, fluid dance, in contact but not connected with the past: IAMTHESHADOW know how to stand out, to be out of the cauldron, out of the mould and to present a hefty bill as listening to this To End What Never Start is a purifying manifesto, an agglomeration of novelty given its character integrity and with the poignant aim of putting an end to idiocy. Like a life lesson between the notes, on a school day without recess, like a work day without pay, where there are no legacies but constant pressures...


It takes a sip of liquor that numbs the sight and other senses to be able to resist this act of cruel beauty, track after track...




Song by Song


1 - To End What Never Began


Time, with its dilation on hills full of dust, is represented by this instrumental opening, a set of moods capitalised by a keyboard that skilfully circumnavigates it, to make the pain palpable through a few but touching notes.



2 - Bleed Dry


The second single to anticipate the release of this new album is a torment that, through vocals and a surgical musical operation, pours the duo's ever-precise connection onto the listener, with compact descent into the mental circuits of those with multiple wounds. When dark electro lives with sparks in the magma of an obedient coldwave.



3 - This Vertigo


The tempo rises, in contact with the drama of a fading soul: a song that reminds us of Clan Of Xymox in their most disturbing period, as here we witness an electronic procession with skilful electric aggregation, for an incredible moment in which synths marry with a blackish pop.



4 - Pain Come Close


Here the first single finds in the context of the album even more expressiveness, sacredness, in its sad, sidereal, anguished dance. A marvellous act of simplification that sends shivers down your spine, as the keyboard is a hammer that alternates harshness and sweetness, while Pedro pontificates and blesses the lyrics with melancholic attitude.



5 - Changing Spaces


One finds oneself anchored in this wandering of places, here emphasised, manifested and skilfully described with silence creeping into the notes causing spasm and delirium. The scent is Darkwave, but on a Post-punk patina where the crossover makes this song a bridge from which to plunge our souls into the changing spaces beneath us...


6 - Seizing Emptiness


A summary, a slingshot, a pamphlet full of fire inside a clod of ice sums up an entire career but, in this album, translates and transports the bewilderment of existence into a dark electro circuit of remarkable intensity, through an unquestionable and incredibly warm linearity...



7 - Hell Is Where Your Heart Is


The Portuguese duo knows how to combine melody and drama: a pilot is hired to guide dreams inside a reddened, combustible sphere. Echoes of the eighties in tear-filled cellars leap into the sky, with the instrumental part thumping and vigorous, through a strategic and evil synth.



8 - All That You Might See


The introduction, those few seconds swollen with rotting salt, are enough to make this track the hiding place of our fears. Notes garrisoned by a cosmic scent, endorsed by a voice that cleans the sky, and the perception that there is a palpable blindness in these flagrant sensory activities...



9 - Next Belief


A leaden palette controls the heartbeat: a song that is ancient theatre, an avalanche of marine condensates, like free-flowing seaweed, advances on vapour-filled notes, in continuous suspension...



10 - Ties To The Lost


A feverish state settles in this dancing amalgam, a torment that defines the absolute explosiveness of loss, with a plot that advances, dilating just enough to become a God in search of resignation. Sad, merciless, searing, a lava bullet that sinks inexorably...



11 - A New World


The beginning makes us imagine Front 242 in Lisbon, but then it is all the Portuguese band's work that manifests itself in this territorial exploration, through a schematic foray into the dry puddles of soulless streets...



12 - As The Infinite Drowns


The concluding act is a dream that materialises, clearly, subtly, delicately, in its opening moment, and then seeks rhythm and twisting dramas: the singing produces that dose of shivers necessary to close the coat and begin a walk in the paths of an uncertain future. Rhythm is the throne on which the melody, dry and full of tears, creates a combination that provokes emotion...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

16th October 2024


https://iamtheshadow.bandcamp.com/album/to-end-what-never-began

giovedì 10 ottobre 2024

La mia Recensione: The Slow Readers Club - Technofear


 



The Slow Readers Club - Technofear


I viaggiatori del tempo conoscono meglio i mutamenti fisiologici, ideologici e territoriali dell’umanità.

Sono i guardiani della verità e saggi in fase di occupazione continua.

Arriva la nuova canzone del quartetto mancuniano ed è una scossa elettrica, elettronica, tecno che, partendo dalla base musicale lapidaria e potente, arriva ai testi di Aaron Starkie, che in questa occasione sa rovesciare nelle strofe e nel ritornello due atteggiamenti e ruoli diversi, finendo per mostrare  preoccupazione e poi riuscendo a colorare di un fresco azzurro il cielo delle nostre esistenze.

Queste due fazioni sono perfettamente collegate dal ritmo del brano: veloce prima e in grado di rallentare nel ritornello per poter  dare più luce al messaggio positivo dei versi.

Realtà, astrazione, tempo di riflessione vengono coniugati in modo esaltante in questi due blocchi e la chitarra di Kurtis svetta seppure nel circuito elettronico: le sue note diventano parole come sveglia, lampo cognitivo e in grado di accumulare una notevole tensione.

Il basso funge da protettore, in un lavoro dal suono cupo, ovattato e con la capacità di avvolgere questo roboante attrito magnetico del synth.

Bello questo senso di stimolazione e copertura di pensieri, in una danza spavalda che porta coraggio nelle vene.

Un episodio che conferma l’altissima qualità di questa band nata per essere adorata, mentre l’anima si contorce dallo struggimento ma senza essere abbandonata: gli Slow Readers Club sono i custodi di una bellezza che vaga nei corridoi sconsacrati dell’altrui disattenzione, rimettendo le cose al loro giusto posto.

Un brano pazzesco e voluminoso farà da copertina ai nostri disastri…



Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

10 Ottobre 2024


https://open.spotify.com/track/6CIrj2Av1omuZonMOxhQX2?si=F23ImOH9RtaY_tklRb5jKw&context=spotify%3Aalbum%3A74S1PUTNT3ytS3tWQlmkCE


My review: The Slow Readers Club - Technofear








The Slow Readers Club - Technofear


Time travellers know best the physiological, ideological and territorial changes of humanity.

They are the guardians of truth and sages in continuous occupation.

Here comes the new song by the Mancunian quartet and it is an electric, electronic, techno shock that, starting from the lapidary and powerful musical base, arrives at Aaron Starkie's lyrics, who on this occasion knows how to overturn two different attitudes and roles in the verse and refrain, ending up showing concern and then succeeding in colouring the sky of our existences with a fresh blue.

These two factions are perfectly connected by the rhythm of the song: fast at first and able to slow down in the refrain to give more light to the positive message of the verses.


Reality, abstraction, reflection time are exhilaratingly conjugated in these two blocks, and Kurtis's guitar soars through the electronic circuit: its notes become words as an alarm clock, a cognitive flash and able to build up considerable tension.

The bass acts as a protector, in a work with a sombre, muffled sound and the ability to envelop this bombastic magnetic friction of the synth.

Beautiful is this sense of stimulation and covering of thoughts, in a swaggering dance that brings courage to the veins.

An episode that confirms the very high quality of this band born to be worshipped, while the soul writhes with yearning but without being abandoned: The Slow Readers Club are the custodians of a beauty that wanders the deconsecrated corridors of other people's inattention, putting things back in their rightful place.

A crazy, voluminous track will cover our disasters...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

10th October 2024


https://open.spotify.com/track/6CIrj2Av1omuZonMOxhQX2?si=F23ImOH9RtaY_tklRb5jKw&context=spotify%3Aalbum%3A74S1PUTNT3ytS3tWQlmkCE

La mia Recensione: The Cure - Songs Of A Lost World

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