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mercoledì 22 novembre 2023

La mia Recensione: JOY/DISASTER - HYPNAGOGY


 JOY/DISASTER - HYPNAGOGIA


Dio mio: quanta bellezza, quanta ricchezza…

Il vento delle mancanze e delle approssimazioni viene spazzato via da una rosa cilindrica contenente undici esplosioni emotive che fanno aggrovigliare lo stomaco e sublimano i sensi, in una corsa dove tutto viene lasciato alle spalle, con il futuro che si appresta a benedire questa fluorescenza piena di artigli e deliziosi pugni in volto. Tutto accade grazie a una formazione che da tempo semina prodezze e che con l’ultimo lavoro HYPNAGOGIA raggiunge la perfezione artistica, senza sbavature, offrendo un campionario artistico di enormi dimensioni, vuoi per il contenuto, vuoi per la forma, perché in entrambe le situazioni il loro ventaglio è solido e allontana ogni dubbio e incertezza in chi potrebbe essere scettico. Invece la freschezza, la possenza della struttura, le diramazioni, la vivacità con la quale il nero e il grigio si approcciano al sole della vita fanno spalancare la bocca: ci sono prodigi che vanno sostenuti ed è questo che bisogna fare. Compie diciotto anni la band di Nancy ed è proprio il caso di dire che con la maggiore età questi uomini, che baciano la vita con in bocca ortiche, rovi e rose blu, hanno conquistato una maturità avvolgente, spiazzante, attraverso un mare agitato di frecce, con i suoni che raccontano ancora prima dei riff e della successione degli accordi e delle trame melodiche.
Sin dal roccioso esordio, nel lontano 2006, con JD, il Vecchio Scriba ha visto espresse le doti di un insieme poliedrico, tagliente, capace di fiondarsi nei terreni della ricerca per poter governare i palpiti di una molteplice necessità di esprimere esigenze che dovevano emergere. Con il successivo Paranoia tutto era chiaro: la calamita era stata depositata per sempre nel nostro cuore. E poi un crescendo senza possibilità di arresto…
Ma veniamo a questo ultimo sussulto, il nuovo lavoro, che rimarrà per sempre nel bacino di ogni desiderio.
Impressiona la profonda partecipazione al delirio umano senza che la band rischi di sporcare l’anima: l’impresa è quella di entrare nella realtà e non di osservarla da lontano, rendendo il tutto credibile, per un gioco sensuale di umori, odori, descrizione della psiche umana che rende esterrefatti. Inclini all’indole Post-Punk sin dagli esordi, indossano la fluida veste di un Guitar Rock che avvolge la sezione ritmica per esaltare, attraverso incastri continui, il loro intuito e desiderio di completare ciò che un unico genere musicale non consente di fare. Ecco, allora, una musica che graffia, assorbe, reclama ascolti attraverso incantevoli fraseggi, peripezie umorali, seminando detriti maniacali intensi, destrutturando la convinzione che si sia già detto tutto. Robusta è l’opposizione da parte loro, ed è un’azione compiuta attraverso un martellamento ritmico e melodico, che inghiotte ogni ritrosia e sviluppa l’oceano di riflessioni che si impastano alle lacrime.
La determinazione nel trovare uno stile ed erudire la nostra ignoranza è un satellite sanguigno, privo di veleni ma denso, come una lingua d’asfalto. Per fare questo, ogni singolo brano favorisce il perfetto abbraccio tra melodie gonfie di spine e ritmi che evidenziano una concreta abilità nel prendere distanze da chi alimenterà paragoni e rimembranze. Loro scartano, con grande orgoglio, questo rischio e tracciano il cielo musicale con traiettorie colme di novità, senza negare un impianto storico che ha suggerito ma non determinato la modalità espressiva.
Il maggior artefice di tutto questo ben di Dio è Nicolas ROHR, un illuminista della gravità pulsionale, il mago francese che incide sul pentagramma con una chiave di violino posizionata sul cuore. E, quando le sillabe escono dalla sua gola, si precipita nel cuore di ogni tensione nervosa… Sebastien MASSUL è il pilota del ritmo, dalle bacchette fosforescenti e le braccia possenti, ma melodiche quando occorre, per dare alla batteria un ruolo poetico e robusto. Simon BONNAFOUS è la seconda chitarra della band, un angelo dal mantello pieno di gocce di sangue che distribuisce pugni gentili. Soupa RUNDSTADLER è un magnete delle quattro corde, capace di rendere la terra un sisma continuo, e i suoi colpi sono frustate che rendono la pelle un brivido continuo.
Come una sala operatoria nella quale l’intervento consiste nell’estirpare il cancro, così i quattro artificieri francesi si accaniscono sul corpo esanime della vita per eliminare quintali di sporcizia: intervengono con la mano ferma, decisa, scartavetrando tutte le impurità, per restituire dignità e sollievo. Queste canzoni sono terapeutiche, rovistano nella storia umana e proiettano i loro talenti dentro le nostre vene. Il cantato, in inglese, è sicuro, i testi scritti bene e la modalità vocale è uno specchio, preciso, di come i pensieri e i sentimenti possano stabilire un’unione perfetta.
Tutto è solidale, convinto, come un matrimonio buio che si inoltra nelle viscere dei comportamenti: le liriche sono spavalde, dirette, concentrano l’esperienza umana dove la paura non è permessa ma la toccano, riuscendo nell’impresa di uscire vincitori. I rapporti umani sono pieni di descrizioni nelle quali sogni e promesse sono un tappeto di guai che loro tendono a compattare verso uno scioglimento liquido, riportando la verità di ogni mediocrità davanti a uno specchio che suda e trema.
L’energia che producono è un regalo divino, che scuote ma al contempo indirizza a utilizzare meglio il tempo che si ha a disposizione, perché sono riusciti a dare una lezione a migliaia di band fossilizzate su pochi, spenti, boriosi schemi, rinfrescando la musica tutta: non disperdete questo miracolo possente. Ora è tempo di navigare dentro queste alghe infettate di bellezza irresistibile…

Song by Song

1 - Celebrate

Celebriamo, eccome se lo facciamo, la canzone che apre l’album: su un inizialmente lento e malinconico avvio, i quattro riescono poi a fomentare gli animi e a lanciare, progressivamente (grazie a un basso insanguinato), il tutto dentro un riff ipnotico e il cantato melodico ma baritonale. Il testo è una funzionale invettiva contro un interlocutore che spreca il suo regno, nel tempo del cambiamento che soffoca ogni sogno. L’assolo è ruggine che esplode e il drumming una fucilata…

2 - Fear

Struggente esibizione di una relazione in fase decadente, tutto viene orchestrato per essere un mantra tribale, con la volontà di dare all’indie rock la possibilità di flirtare con il post-punk. Le lacrime raccolte nelle ombre celebrano il coraggio di un brano che esercita una fascinazione continua, con il dualismo energetico di chitarre che spavaldamente rendono queste emozioni come un’anguilla che sfugge alla morte…

3 - Nowhere

La ballad che uccide la verità: quando tutto ciò che si scopre fa affondare l’entusiasmo. Un testo drammatico trova la giusta cornice sonora, per un combo che grattugia ogni velleità, sino a quando la chitarra solista si butta sull’oceano del dolore. Compatta, esibisce una teatralità che rimanda agli umori del primo post-punk, con una scia di morte che spezza gli occhi: siano lacrime preziose…

4 - Sorrow

Si può descrivere un fallimento non proiettando il tutto nel fango della lentezza? I Joy/Disaster ci riescono, con un arpeggio straziante, la ritmica che schiaffeggia i sensi e un ritornello che è una corona di spine. Decadente, elettrizzante, melodica, spoglia ogni capriccio in un pulsare dalle sembianze gotiche, dove però il basso e la batteria ci riportano in un rock che pulsa vita. La canzone che rivela l’ampiezza delle loro abilità.

5 - Whispering to the wall

La fragilità e la pochevolezza umana vengono inchiodate da queste iniziali note suonate da un piano pieno di dolore, poi il brano concede al cantato il palcoscenico per un resoconto amaro ma veritiero. Cupa, tenebrosa, metallica (in quanto tutto ha la parvenza di un uppercut sferrato contro i nostri desideri), la composizione offre il lato migliore di quella lunga fila di band che negli anni Novanta cercavano di riportare la darkwave e il post-punk nel piano della necessità. Qui, i quattro, fanno molto meglio: ossigenano il presente con la loro malinconia e saggezza. Un altro chiodo nella testa…

6 - In the end

Con la stessa classe dei Madrugada, il combo francese scrive un trattato di saggezza, con l’esperienza di dover comparare il reale al sogno, per scrivere un finale diverso. Lenta, capace di essere ossessiva con chitarre quasi nascoste ma che poi, in modo sublime, accompagnano Nicolas in un ritornello che è una scossa elettrica piena di aghi e spine…

7 - Changes

Il tempo, che stagna e non cambia, viene circondato da parole e note musicali che fanno intendere quanto la band sia incline a tenere il piede sull'acceleratore ma con gli occhi attenti. Un sali e scendi, dove il ritmo cambia, rovista tra le nostre gambe, per lanciarci in una danza scomposta, come marionette stordite da cotanta forza in evoluzione…

8 - Wiping tears

Demoni e desideri vivono nello stesso giardino: i quattro alzano il ritmo, riempiono i cannoni e lanciano una bomba, senza aver paura, per sorpassare la mediocrità e scrivere un nuovo, roboante trattato di sudore e verità. Il drumming e il basso sono pistoleri infuocati e desiderosi di fare una strage, le chitarre sono attori dal copione meraviglioso e incandescente e il cantato la ciliegina sulla torta infetta…

9 - Promise

Prendi i Franz Ferdinand e rendili ermetici e trascinanti in una danza piena di spettri: un teatro che si approccia al cabaret, con il ritmo che favorisce il tuffo dentro il vuoto. Semplicemente incantevole, con un corollario gotico che si intravede, per un ascolto che rende le nostre gambe delle ali dorate…

10 - Secrets

Dio mio: quanta bellezza, quanta ricchezza… Tutto dipende dalle decisioni e i Joy/Disaster estendono il discorso in un percorso vitaminico, robusto, lisergico, atomico, rovente, dove alla fine dell’ascolto tutto brucia dentro… Non è presente la negatività, ma l’amarezza dell’esistenza che gonfia le note e rende i nostri occhi fiumi di lacrime in stato gassoso…


11 - Into a dream

L’aspetto onirico ha quasi sempre trovato adesione nelle ballads, in flussi dolci che circondano la poesia. Nell’ultimo brano di questo album pieno di gioielli, invece, si assiste a una esibizione di robusta capacità volta a trasformare il soggetto in un incantevole arpeggio elettrico. Il tutto viene sostenuto da una melodia capace di sbatterci in faccia una serie di parole che, come le note presenti, compattano il bisogno di un addio cosciente di una nuova allucinante dipendenza: come le altre dieci, pure questa canzone sequestra e scarica la sua adrenalina nei nostri inebetiti ascolti…

Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
23 Novembre 2023

https://joy-disaster.bandcamp.com/album/hypnagogia

mercoledì 18 ottobre 2023

La mia Recensione: Gintsugi - The Elephant in the Room

 Gintsugi - The Elephant in the Room


“Non siamo mai così indifesi verso la sofferenza, come nel momento in cui amiamo.”

Sigmund Freud


Questo battito, pellegrino, stanco, voglioso, bianco, scende dal suo trono e si schianta sui piani scoscesi della mente, la centrale nucleare di ogni dolore. Storie, vicende, contorsionismi vari, ben assortiti e mal assortiti, si stringono nell’esistenza che cerca appigli. In questo contesto arriva una donna dalla lingua tagliente, dal polso di ferro, dalla disciplina che si posiziona in ogni gesto, pensiero, con la ferocia gentile, per permetterle un ampio raggio di azione. Si chiama Gintsugi, la voce che scioglie le crepe di metallo per appiccicarsi alla dolcezza, con un piano vivace volto a stregare le stelle, il creato, il tempo per unirli a un esercizio che abbaglia: portare l’oscenità del dolore a scuola, insegnarle la vita e gettarla in mezzo a note vergini ma già ferite… Le corsie immaginifiche, le espressioni mai troppo didascaliche lanciano la giovane artista italo-francese con continuità in un confine mai squadrato, dalle lunghe sponde incontrollabili. Si finisce per tremare, piangere, riflettere, con impianti di luce a visitare l’imprevisto del vivere, i suoi arti spesso poco graziosi, per entrare in una lavanda gastrica all’altezza del cuore. Ci si ritrova, sbagliando, con la presunzione che l’intera opera abbia propensioni oniriche: è la realtà, le verità e le menzogne del vivere che Gintsugi ci mostra, in un pentagramma accordato all’autenticità. Si incontrano modalità espressive che variano, ma che senza dubbio fanno dell’art rock il principale punto di riferimento. Non si possono negare altre matrici, impronte classiche e pop oliate, come garanzia di un progetto molto largo nelle intenzioni, sino a creare un clamoroso concept album, pur magari non avendone avuta intenzione. 

Già a partire dal titolo (una frase idiomatica inglese davvero esaustiva e potente) per continuare con la toccante immagine di copertina, tutto si posiziona, sin dall’inizio, sul piano dell’impresa totalizzante, paralizzante, per concludere nello stato di necessità di continui ascolti. Non è un insieme sonoro fuori dal tempo attuale, non si confonda l’assenza di frastuono come un appiglio verso espressioni  più antiche. La freschezza di questo incredibile talento sta nella maturità, per trasformare la clessidra in un doveroso esercizio di intese al fine di non sprecare nulla di ciò che sta accadendo. Quando, oltre al suo strumento principale (il pianoforte), si sentono gli archi, arrivano piccole vibrazioni nei parchi del suo sentire, posizionando perfettamente il concetto di fruibilità, continua e incessante. La sua dolcezza è una sonda che affonda, porta la schiuma alla bocca per essere sputata, con classe, sui tasti del suo pellegrinaggio emotivo, in un dinamico visitare gli animi, spostando accenti, sciogliendo torsioni e paure. Quattro singoli, due brani strumentali, una cover pazzesca, basterebbero per rendere inossidabile questo disco: difficile che possa subire graffi.

Si prenda Lilac Wine: la splendida cover di Elkie Brooks, del 1978, che parla della perdita di un amante con il conforto del vino ricavato da un albero di Lillà, rivela una portentosa attenzione ai colori della sua ugola e viene cantata come se quel dolore le appartenesse, orchestrando il tutto in una miscela di lacrime e speranze.  È proprio questo magnetico bisogno di affrontare quello che è disagevole e contrario a insegnarci molto sul piano umano. Le musiche sono il suo primo vocabolo, il suo nascente nervo, il crescere confrontandosi con suggestioni senza freni, con il fiato infinito, il suo affiancarsi a riflessioni che trovano voce nelle note, perché non si attribuisca solo alle parole il ruolo di comunicare pensieri…

L’elettronica, i timpani, i tamburi, quello  che sembra laterale alla struttura è invece un magnete quasi invisibile che compatta queste cascate espressive, emotive, razionali, che diventano spesso maree struggenti, incontrollabili. Ci si può schiantare davanti questo insieme, occorre essere preparati e molto forti.

Sono composizioni che rivelano impeti, capogiri, pianificazioni tenuti insieme da un arco equilibrato che sa scagliare frecce nel cielo di ogni imprevedibile bisogno. Gintsugi è una direttrice d’orchestra di un tutto che ci arriva addosso, adoperando momenti più accessibili ad altri nei quali ci si sente gettati violentemente a terra. Le sue peculiarità vengono, facilmente direi, riassunte da una voce e dalla modalità del canto che oscilla, come un’altalena mistica, nel tempo, per spostarsi, avendo grandi punti di riferimento, artisti che hanno fatto la storia dell’interpretazione. Doti naturali, innegabili, però si consideri anche che in questo album non possono sfuggire studi profondi, accurati e intensi: tutto doveva profumare di un odore prossimo alla perfezione. Quando i suoni dell’ugola si assentano (dopo aver procurato intensi traumi), la parte musicale fa altrettanto: non c’è competizione, bensì un acclimatarsi nell’unica direzione voluta che è quella di non essere solo performanti ma soprattutto efficaci. Si riscontrano momenti di grandi fragori (l’iniziale Mon Coeur e Hex), per poi sentire il fruscio delle nuvole accarezzare i nostri capelli, sino a penetrare il cranio e ad arrivare al cervello. In quel luogo, grazie a questi sfavillanti terremoti sonori, tutto si fa argilla, in uno stato febbrile. Si sfiorano attimi in cui la tensione pare prossima all’horror, dove le nuvole degli accadimenti umani sembrano schiantarsi e cadere sino a raggiungere il ventre del pianeta terra. Altri, invece, in cui le canzoni sembrano respiri invisibili, imprendibili, che veicolano colori pieni di vita. La sofferenza, in questo innegabile capolavoro, non è un impedimento: direi invece una occasione per imparare, trasformare il nero in un atto di vincita. Esiste lo spazio per i sogni, possono essere visti, coccolati, vissuti in queste tracce? Assolutamente no, ed è proprio in questo aspetto che si deve esaltare la grandezza di una donna che cammina a testa alta con il vento della contrarietà che l’affronta, uscendone a pezzi: Gintsugi ha una serie di armi dolci e potenti per vivere il presente come una volontà e attitudine. Il Vecchio Scriba scriverà presto una recensione sui testi: altri miracoli che rendono questo ascolto un beneficio doveroso e piacevole, soprattutto istruttivo. In un brano specifico vediamo emergere la sensazione che lei abbia imparato ad attingere da una fonte preziosa: il brano è To Grace, figlio splendido delle assurde capacità visionarie di Tori Amos. Molte sono le frequentazioni del suo potente background, ma nessuna poi così decisiva: il suo più grande merito è quello di possedere uno stile proprio, intrigante, strabordante, capace di una identità personale indiscutibile. Prodotto da lei stessa e dalla Beautiful Losers di Andrea Liuzza (anch’esso presente nell’album), questo vascello di piume risulta compatto, in uno slancio che pare portare dietro di sé scie di lacrime sorridenti in un giorno in cui tutto sembra essere sottoposto al duro giudizio di un cielo pieno di lampi. Nove esplosioni con le redini, dove tutto ciò possa andare all’interno di una pellicola per posizionare il proprio destino: un esordio così potente sarà una delle meraviglie che rimarranno nella sfera temporale per la durata dell’infinito.

Non scriverò la recensione canzone per canzone, perché non puoi entrare dentro il vento e perché per vedere una rosa sbocciare non puoi mettere le dita al suo interno…

Rimane la convinzione che questo sia il primo vero CAPOLAVORO dopo tanti anni, e per farlo rimanere tale bisogna essere discreti: lo si ami, lo si ascolti, lo si porti nel centro del nostro bisogno, ma si tenga sempre una distanza che si chiama rispetto, in quanto Gintsugi lo merita più di tanti altri…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

19 Ottobre 2023


In uscita il 20 Ottobre 2023


https://gintsugi.bandcamp.com/album/the-elephant-in-the-room-2




sabato 17 giugno 2023

La mia Recensione: Catalogue - Modern Delusion

Catalogue - Modern Delusion


Il terzo album della band di Marsiglia è un caotico viaggio negli anni ’80, per mettere zizzania dentro le nostre convinzioni, per creare dubbi, per farci vivere la nostalgia ma massacrando il tutto con la loro devastante ironia. Il Post-Punk, quello più sporco, si infetta con il Noise, come un divertimento che possa spiazzarci, ma poi si intuisce subito la loro metodologia, pungente e completa, per condurci a valutare bene che cosa è rimasto di quella decade. Ed ecco allora come si salti in avanti e indietro, dentro e fuori i riferimenti che sono multipli ma mai capaci di farci capire quanto sia per loro la vera base di partenza. Questo aspetto li rende meravigliosamente e dannatamente interessanti: il delirio di un fervore necessario abita in queste canzoni, c’è una consapevolezza che urta e insegna, in continuazione. Ecco, quindi, che veniamo manomessi dalla loro arte, senza un rifugio, perché loro ci fanno ballare sotto le stelle, senza la necessità di un futuro, se non quella di farci accompagnare dalla loro incredibile maestria nell’essere dei leoni che ruggiscono sui nostri cervelli annoiati…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

17 Giugno 2023


https://catalogue.bandcamp.com/album/modern-delusion








giovedì 8 giugno 2023

La mia Recensione: Rise and Fall of a Decadence - You or Sydney

Rise and Fall of a Decadence - You or Sydney

Sono passati quasi trent'anni, ma spesso il vecchio scriba sfoglia il libro delle meraviglie Parigine ed è sempre un bellissimo tuffo nel cuore imbattersi in queste composizioni agrodolci, pillole di un tempo intriso di tristezza sopraffina per una condizione umana che ingrossa ogni anno di più. Il mood pare raccogliere un andamento melodico antico, un visitare epoche che sembrano rinascere per via di queste tecniche che prendono gli strumenti e li fanno esibire nel cortile di un Re, che gioca come un bambino mentre tutto conosce lo sfacelo. Canzoni come fiori che si oppongono alla gioia illuminando l’ascolto che diventa una giovane ruga. Chitarre Folk si riempiono le vene di synth sinuosi, dove il ritmo conosce tamburi e le mani degli Dei che applaudono felici. Due voci gonfiano i nostri petti, con le lacrime pensanti di Mistake, la festa del perdono, con i suoi controcanti e il ritmo che diventa un ballo vistoso dentro il nostro dolore. I Death in June aprono le danze di First, nella quale le parole raccontano una solitudine che porta un’esistenza al congedo: la maturità di questa band si vede nella maestosità del brano, in questi accenni che finiscono nelle sfere territoriali di un Neo-Folk straripante.
Ascolti Strange Way, il Re si ritrova nelle orecchie una storia sofferente e i Synth raccolgono l’idea di archi che tra la realtà consapevole di una fine non possono che essere tuono e vento.
Poi come mancare all’appuntamento con la punta della montagna della sensibilità con Sweet Pills? Scende l’inverno su Parigi e il regnante non può che stabilire che conoscere la realtà sia l’unico impegno di quella che è l’unica vera stagione dell’esistenza e lo fa con melodie accese di pioggia e abbracci di un Neo Folk romantico.
Ma tutte le canzoni sono un’esperienza per un struggente contatto con la poesia che non può rimanere viva in questo tempo che vuole distruggere tutto: tra le mani avete un album da portare in un'isola deserta…

https://open.spotify.com/album/0OiYORRfYTVJrvF7Q39ufH?si=PkIELbW0TJevJ954dLjCdg

Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
8 Giugno 2023



giovedì 4 maggio 2023

La mia Recensione: Gintsugi - Mon Coeur

 Gintsugi - Mon Coeur 


Scrivere tra le lacrime a volte è un grazie senza confine: capita quando la magia, la profondità, l'intensità stabiliscono un forte contatto tra chi crea e chi gode di questo.

Di lei, l'incantevole Luna Paese (in arte Gintsugi), il Vecchio Scriba ha già parlato e torna a farlo perché sta uscendo una canzone spettacolare, una di quelle che farà parte dell’album (The Elephant in the Room) in uscita a Ottobre.

La bocca si spalanca, lo shock avanza nella stanza dello stupore, con una grande difficoltà nel sentirsi degno di questo vascello dai legni medievali che scorre nel sangue. Un pianoforte traccia la rotta, per dita che sanno bene dove quelle note debbono planare: ben dentro lo stomaco del Tempo, e ci riescono in quanto hanno deciso di farci inclinare verso l’immaginazione, con costumi e usanze di qualche secolo addietro. E, come una lampada a olio, arriva il cantato dell’artista Italo-Francese, che è un manto erboso che si stende sulla tastiera del suo strumento e crea una storia nella quale il dolore, dato dall'impossibilità di un amore tra due uomini, incendia la coscienza, utilizzando un registro di voce che danza tra i piani bassi e quelli alti, per dare credibilità a un giglio che nasce nel cuore mentre si ascolta questa delizia assassina. Si sente la sua mano anche negli arrangiamenti: l’utilizzo armonico e melodico è clamorosamente perfetto, magistralmente supportato da una precisa linea elettronica che unisce la distanza del tempo e rende tutto credibile. Drammatica ma snella, morbida e in grado di mostrare lati ruvidi, la composizione è un attestato di forza che rende questa artista capace di guardare negli occhi le sue colleghe. No, non si facciano accostamenti, non si sprechino energie, non si cerchino fughe: Gintsugi ha il suo stile, la sua sensibilità, una penna e una forza che meritano una profondità nell’ascolto. Un brano che ha nella melodia evocativa la sua onda magnetica, un trionfo di sale gettato sugli sbagli, la coscienza di una donna che si schiera e si adopera a difendere i diritti umani, in questo caso quelli connessi all’amore. E inventa una storia nella quale trova le soluzioni. Si constata anche il lavoro sublime di un arrangiamento e di una produzione (in coabitazione con Andrea Liuzza, titolare della casa discografica Beautiful Losers) che stabiliscono che i dettagli di questo incredibile incanto sono stati resi possibili dalla grande idea iniziale. Quelle mani, quelle note, quella voce: il cielo che accoglie una preghiera laica che rispetta il diritto all’amore. La canzone ne è un chiaro emblema, portando a sé attenzioni, riflessioni e slanci, come un profondo contributo al rispetto.

Accade, quindi, di viverla come un atto di spostamento, di partecipazione, dove le disuguaglianze e le differenze vengono circondate dalla saggezza del brano, un motore che vive con scioltezza il proprio momento anche se crea suggestioni antiche. Memorabile, denso, non potrà che entrare nel vostro stupore come è accaduto al Vecchio Scriba: se esiste una contaminazione, che sia almeno per qualcosa di bello e sano e Mon Coeur lo è di sicuro…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Supino

4 Maggio 2023


Uscirà domani 5 Maggio 2023


https://gintsugi.bandcamp.com/track/mon-coeur










lunedì 24 aprile 2023

La mia Recensione: Art Decade - Urban Line

 Art Decade - Urban Line


Francia, 1991: per una volta possiamo celebrare una ristampa che può permettere a molti di mostrare l’incanto della formazione di Lione. Il trio aveva stabilito la possibilità di sorvolare il conosciuto, di portarci nella zona immensa di novità affamate e di non escludere a priori ciò che si conosceva già. Una valanga di giochi dalla meccanica precisa per allargare il proprio genio verso nuove formazioni che avevano intuito, a quel tempo, quanta ricchezza fosse depositata in questo fulmine dal colore mutante. Toni cupi, elastici di seta dentro chitarre che molto debbono ai Cure, ma nell’insieme sono altre le suggestioni possibili. Gravitano, nelle canzoni, esigenze di esplorazioni che si rendono bene evidenti: si fluttua, non esistono divagazioni, ma solo immense qualità che offrono il loro volto. Dal Post-Punk, al Progressive più misterioso e quasi nascosto, dalla Darkwave evidentemente bisognosa di contaminazione e non di purezza, tutto si dà appuntamento in questo miscelatore perennemente acceso, per consentire a questi marchingegni strepitosamente folli di emergere per generare il nostro delirio soddisfatto: si è amati da questo album, chiudete a chiave la giornata e abbandonatevi al suo circolo venereo…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Supino

24 Aprile 2023


https://artdecade69.bandcamp.com/album/urban-line




domenica 23 aprile 2023

La mia Recensione: Callière - Freefall Into Heaven

 Callière - Freefall Into Heaven


Una colata di colori giungono dal bravissimo artista Francese Andrey Rose, che con il suo nuovo album spalanca le proprie capacità su un dirigibile: farà il giro del mondo, sperando di poter atterrare nei cuori di chi sta cercando la dolcezza e la poesia di note istruite a celebrare la vita. Capace di traiettorie che fanno dello Shoegaze lo scheletro di questo mezzo di trasporto e del Dreampop la scia, il dotatissimo musicista sposta l’asse terrestre con le sue trame, battiti lenti e intensi, dove il suono è la chiave di violino della nostra fortuna, immensa. Dieci atterraggi sul pianeta melodico: come un architetto che progetta in uno sgabuzzino, fa volare via tutto il suo traffico emotivo, partendo da un luogo piccolo, che è la sua timidezza e forma di rispetto, per poi trascinare gli ascoltatori nel suo arcobaleno.

Vi si augura di spendere bene il tempo Freefall Into Heaven, sperando che queste canzoni diventino semi dorati nel vostro petto…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Supino

23 Aprile 2023


https://calliere.bandcamp.com/album/freefall-into-heaven




venerdì 21 aprile 2023

La mia Recensione: Any Version Of Me - Summer After All

 Any Version Of Me - Summer After All


Bisognerebbe scrivere un libro sul Pop Barocco, soprattutto quello Francese, quello che non si presta a troppe contaminazioni, che sta chiuso dentro il suo ombrello. Ne abbiamo un lucido esempio ascoltando questo lavoro, una pillola che crea dipendenza con la gioia, per via di ritmiche e melodie così perfettamente allineate alla positività. Non crediate di sentire un disco proveniente dagli anni Sessanta: studiate bene perché tutto è più antico, è solo il suono che vi può ingannare, ma il vecchio scriba ha fiducia in voi. Quindi: ci sono dosi di propensioni risalenti al passato che sono arrivate in questo progetto, come un lungo raggio di sole pieno di buona volontà. Si sogna, si balla, si gira in un cerchio fatto di richiami Alternative a rate, senza esagerazioni, per fare dell’ascolto un prezioso atto d’amore, senza ansie, problemi, in cui le vicissitudini terrene consentono ancora di aprire le finestre e di godere del panorama…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Supino

 21 Aprile 2023


https://anyversionofme.bandcamp.com/album/summer-after-all






giovedì 20 aprile 2023

La mia Recensione: NLIGHT - The Kiss Of Death

 NLIGHT - The Kiss Of Death


Come è oscena la ricerca della bellezza: da millenni si compie lo stesso errore, non si esamina lo sbaglio delle nostre attitudini sbilenche e ci si concede al gusto.

Prendete il progetto solista di questo artista Francese, capace e volenteroso di prendere una spada piena di rovi e di tracciare nell’aria note che sembrano cariche di colpe, di gravità che non si possono cancellare. Scrive un brano che ci fa immergere nell’ebbrezza di una verità che ci ucciderà, ma non possiamo che accondiscendere al tutto, perché siamo stati messi in condizione di ricevere un dono che spalanca la storia. Quasi muta, misteriosa, gotica fino al suo midollo osseo, scava e lubrifica la storia umana con saggezza inesplorata. Vive un bacio nel testo, vive un abbraccio funereo nella musica, e vive la consapevolezza che il genere, lo stile musicale (multipli e vari) siano solo uno dei mezzi per esprimere una concettualità che ci arricchisce, mentre il fiato si congeda, non prima di avere ringraziato questo miracolo delirante…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Supino

20 Aprile 2023


https://nlight.bandcamp.com/track/the-kiss-of-death




mercoledì 19 aprile 2023

La mia Recensione: Leroy Se Meurt - La Chute

 Leroy Se Meurt - La Chute


Sono passati quasi tre anni da questo Ep: non è perdonabile indugiare oltre per farne una descrizione. Siamo dentro un corollario nevrotico di Electro Punk in attesa dei vostri passi danzanti, che finiranno per essere una lava di sudore in genuflessione. Vibranti, effervescenti, i quattro brani sono realmente in grado di mostrare la Parigi che snobba gli snob, e si dà da fare per produrre magneti dalla faccia cupa. Il risultato è un esaurimento nervoso sublime, reale, escogitato da esseri umani corrotti giustamente dal fatto di esagerare in qualità: sono incontenibili, prendono l’ebm e la spolpano, per iniettare i suoi cromosomi in questa elettronica esagitata, perfetta.

Il cantato è una serie di urla educate, frustate di classe su note ammaestrate a fare di voi uno straccio: chapeau! 


Alex Dematteis
Musicshockworld
Supino
19 Aprile 2023





La mia Recensione: Sinéad O’Connor - The Lion and the Cobra

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