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sabato 23 aprile 2022

La mia Recensione: Unbelievable Truth - Almost Here

 La mia Recensione 


Unbelievable Truth - Almost Here


Sulla strada della memoria si possono trovare atomi di bellezza dai petali quasi pronti alla resa, al cedimento strutturale che significherebbe la loro morte. 

Per esempio un album che da troppo tempo giace nel buio: tremante, deluso, rattristato, perplesso, sconvolto, abbattuto.

Nato e cresciuto nella ricca e fruttuosa Oxford, è un respiro che contiene la dolcezza millenaria che ha saputo trasformarsi in canzoni con le mani piene di candore e leggiadria, con un fare longilineo e strutturato per essere un cuscino che come compagno fedele sostiene il riposo ed i sogni. 

Ma mai sono stato dimentico di quanta squisitezza abbondi al suo interno, del suo sapore antico che conforta e seduce: solo la frenesia mi ha portato per un po’ a lasciarlo ingiustamente tra la polvere.

Almost Here è l’esercizio fattibile di una raccolta sapiente di progressioni di amore, pagine aperte di estro e commozione che camminano sugli artigli della nostra disattenzione. Non più in tempo per essere definito Brit Pop, sembra piuttosto uno scenario Alternative che accoglie il Folk Rock per potersi connettere al romanticismo incline a mettere su qualche muscolo e a un pop decadente.

Si piange, ci si commuove, si cerca affetto vero durante l’ascolto di queste undici deliziose composizioni, col fiato corto e la gioia lunga perché sì, alla fine si è avvolti dalla sensazione che la letizia abiti perennemente qui.

Andy Yorke, fratello di quello più famoso, dei Radiohead, ha dovuto lottare per contrastare i paragoni che la stupidità umana non ha mancato di mostrare, finendo per stroncare il cammino di questo altrettanto talento.

L’album è una collana grigia di canzoni pop con lo sguardo dentro la tristezza, atmosfere che virano verso la malinconia come frutto di un Dna familiare, la necessità di perlustrare da vicino i moti di sofferenza di una quotidianità sempre più deprimente. 

 Non schiaffi ma canzoni che sanno stupire per attitudini diverse, per un campionario finale che può portare a dichiarare che sono pochi i dischi degli anni 90 ad avere un mood così intenso. Dove mancano brani che possano stregare (il che non costituisce necessariamente un difetto o una mancanza) troviamo un climax generale coinvolgente e trascinante, dato dall’aver perfettamente raccolto le acque malate di un mondo con poca poesia…

Ora entriamo in acqua e vediamo le cose attraverso queste undici onde: sia mai che qualcuno di voi impari la bellezza del mare…


Song by Song


Una chitarra che pizzica la pelle apre l’album: si intitola SOLVED ed è una culla melodica accogliente, una nebulosa quasi mistica, delicata e garbata che cattura per la sua spiccata propensione a farci sognare.

Con ANGEL sentiamo quello che la famiglia Yorke sa fare meglio: essere propensi a trattenere il fiato con la gentilezza di immagini sognanti, ritmiche minimaliste, il basso e la batteria che bussano alla porta del cuore per avvolgerci in una stretta romantica.

STONE ricorda l’importanza di Glen Hansard con i suoi The Frames: con poco si può donare molto. La chitarra acustica, in pieno stile folk, rende viva l’atmosfera ed un controcanto dolcissimo smorza la tensione data dal testo. Nel finale le chitarre elettriche spingono verso una zona più robusta per poi dissolversi e lasciare posto a quella acustica.

Quando giunge SAME MISTAKES capisci che certe canzoni potevano nascere solo negli anni 90. Gocce di The Levellers del primo album A Weapon Called The Word, la gentilezza di Heather Nova, il fascio di luce mischiato alle ombre dei primi The Cranberries e poi tanta dolcezza per una montagna russa emotiva davvero notevole.

Il tempo di prendere fiato e FORGET ABOUT ME ci ricorda all’inizio gli Eagles: l’introduzione sembra un attestato di amore per la band di Los Angeles. Poi si entra nello spazio caro a Andy: l’introspezione che dal testo arriva a questo brano che sembra una foglia secca in cerca di ossigeno, mentre il suo volo si fa sempre più triste.

Torna il ritmo ed una melodia più serena: è SETTLE DOWN a intenerirci, ad aprire le persiane con il suo pop, un arpeggio minimo ma efficace, la poesia del basso e la propensione a essere una carezza che dal blu iniziale finisce col sembrare gialla. Finalmente il sole spunta dal cielo di Oxford.

The Divine Comedy di Neil Hannon sembrano disegnare la melodia di questa canzone chiedendo una opinione ai Danesi Saybia per la delicata FINEST LITTLE SPACE: un volo struggente che fa piangere con i giochi di chitarre e tastiera sino a farci fremere. Notevolissima. 

Forse il momento migliore, certamente interessante, arriva con BUILDING, brano che Thom Yorke avrebbe potuto scrivere se non avesse scelto di suonare con i Radiohead. Arcano, lieve, tra la dolcezza e l’urlo che scuote la notte, il brano mostra l’abilità che Adam Duritz con i suoi Counting Crows ha sempre avuto: quella di far assaggiare la bellezza lentamente, sino a mettere un po’ di sale con l’invito al movimento per dare a questa gemma la gioia di fare quattro passi nei nostri cuori.

La canzone che dà il titolo all’album, ALMOST HERE, è semplicemente immensa: siamo negli Usa degli anni 60, una melodia come un sorso d’acqua, la voce come un gospel nascosto e domande che avanzano dentro un uomo che cerca se stesso. Tutto è dipinto, sussurrato, quasi debole, essenziale, senza necessitare fragori. Basta un registro di voce leggermente più alto e tutto scatta in piedi ed il cuore applaude.

I primi Simon & Garfunkel aprono HIGHER THAN REASON: si parte per una piccola corsa pop, successivamente uno stop e la voce che vibra sopra chitarre acustiche, in odor di flamenco, per poi notare chiaramente l’attitudine così cara ai Puressence di dare al ritornello la sensazione di compiere un volo vibrante. Ci si commuove con queste ferite di cui parla il testo e si ringrazia il cielo per aver dato ad Andy la forza di non sprofondare. 

Con BE READY si conclude il nostro ascolto: un Bob Dylan gentile e di buonumore sembra aver scritto la parte iniziale. Si capisce che la musica folk, quando decide di accoppiarsi al pop, può generare bellezza, pura, sognante. Un delicato solo di chitarra conduce verso la fine con archi elettrici a disegnare una melodia che è perfetta per il commiato.


Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford

24 Aprile 2022


https://open.spotify.com/album/5rhxKOGLR6q7Rni9E8jQ9t?si=8_Y9rDObSPWZZDGr8sIG2g






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