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mercoledì 19 marzo 2025

La mia recensione: HA : ZE - Healers


 

HA : ZE - Healers


Partiamo abbordando un’amica, l’immaginazione, e mettendola al centro di una chiacchera, intensa, insieme alla storia, per poi ribaltare il tutto nella capitale della Lettonia, Riga, entrando nelle stanze, mentali prima e fisiche poi, di un musicista e produttore, figlio quasi incosciente di quella città che ha trafficato con la vita in modo davvero difficile durante la seconda guerra mondiale, con migliaia di ebrei condannati a una morte ingiusta.

In questo secondo album a nome HA : ZE, Tomass Bekeris continua il viaggio iniziato nel 2018 mediante l’esordio con quel Passage che tanto aveva colpito il Vecchio Scriba.

Però è bene sapere che l’artista in questione ha un lungo percorso nel campo dell’heavy metal per poi maturare, come un big bang improvviso, una dilatazione multipla e sorprendente.

Qui, in queste mastodontiche nove tracce, ci ritroviamo nel vapore acqueo di umore in cerca di un attimo di tregua, con la premura di entrare in generi musicali abituati solo a sfiorarsi. Si presentano in questo modo l’elettronica, l’hip hop, il post punk, il post rock, l’ambient, con una chitarra spesso midi a contornare il cielo di questo maremoto, incredibilmente lento, ma denso, come una tempesta che gioca ad avvicinarsi quasi di soppiatto. Lo spazio della ricerca si concentra nell’assimilazione delle distanze, delle rotte pianificate dai luoghi e dalle persone, per escludere totalmente la voce, come atto spirituale necessario per non macchiare queste proiezioni sonore.

Tomass, al fine di giungere al nucleo di una realtà balbuziente, rallenta l’apoteosi dei ritmi, così diseducativi, per iniettarvi dentro trame sonore che arrivano a sedimentare, sedurre, sventrare il superfluo e ricaricare l’anima di una nuova luce.

Si è sicuramente in quel lato del mondo dove l’ipnosi giunge dai luoghi impervi, dalla durezza del vivere contro una natura che non si piega. Ed è in quella stanza, in cui nulla è minuscolo, che le note di questo fuoriclasse compositivo trovano la perfetta simbiosi con i paesaggi non lontani dalla sua città: tutto è conversione, contatto, moto a luogo continuo. I loop, le dinamiche non fanno altro che portare l’intuizione della trama in una apertura obbligatoria, con arrangiamenti roventi ma tenuti a bada con classe e sapienza.

La varietà, che comprende dolcezza e spremute elettriche al limite della sopportazione (per chi non ama le chitarre anche solo leggermente pesanti), è al servizio di un prodigioso rigore: a vincere non è il ritmo, l’armonia e molto altro (compito soprattutto della forma canzone e della musica Pop), quanto piuttosto l’ascolto precedente a quei singoli attimi qui compressi, raggruppati e poi disseminati nelle multiple variazioni, per rendere l’ascolto un viaggio onirico ma all’interno di una attenta attività cerebrale. L’elettronica non è mai la pelle e tantomeno le ossa di questa architettura musicale bensì la colla che, dalla bassa temperatura a quella alta, riesce a mantenere connesse situazioni che riempiono il cielo della confusione il luogo perfetto per avvertire la drammaticità di queste composizioni.

Ed è caos. Petali industriali che perlustrano. Disagio che inquieta. Terrore fondente. Schizzi di luce e buio in avanzamento.

Il basso è lo strumento atto a rendere inospitale per i deboli di cuore l’ascolto in quanto rovista il ventre, mentre i sintetizzatori fanno da riassunto, con le chitarre a dipingere i fianchi del dolore.

L’orizzonte diventa la stagione del coraggio: chi ascolta Healer si mette al sicuro, nel rifugio antiatomico di queste pillole nervose in cerca di dolcezza, come colonna sonora inevitabile di smottamenti interiori.

Tomass Bekeris non dimentica l’effervescenza metal del suo passato ma la trasferisce, smussando la durezza e l’impeto, per portare il tutto anche in un quasi invisibile strato progressive, per amicarsi gli angeli delle note, che qui, in questo marchingegno ipnotico, trovano spesso momenti di calma e serenità. Ma assistiamo a degli splendidi imprevisti, a delle perversioni amare miracolose e miracolanti, che danneggiano, in modo straordinario, la sicurezza che l’ascolto potrebbe creare. Si spiegano così i mille inserti, minuscoli e sensuali, che seducono e rendono ibride le note che sembrano essere quelle “principali”.

Per arrivare a tutto ciò il musicista lettone chiama a sé otto artisti, ognuno di loro a rendere un cuneo, un sasso, un nervo che si appesantisce solo per provare a vibrare nello spazio vulnerabile della fantasia. Non ospiti, ma ulteriori architetti che ispessiscono il progetto iniziale.

Ci ritroviamo, dunque, davanti a bordate minimali e poi oggettive, con i transistor che si appiccano al suono, vero Re di questo incredibile progetto: non a sua immagine, tantomeno somiglianza, bensì un fuggitivo, un atleta fondista che scappa da quelle terre per trovare altre dimensioni.

Un impulso primitivo governa l’aspetto e l’assetto elettronico: tastiere ed effetti che spaziano nei secondi, mentre ricercano la ridondanza del delay per generare polvere e liquidi amniotici, con il risultato di assistere a un parto lungo nove brani e non nove mesi…

L’amarezza, l’indisciplina, l’onestà e il suo contrario brillano infelici in queste chitarre che riassumono ciò che il dream pop degli esordi faceva. Ma non poteva rimanere puro.

Il segreto della bellezza e, soprattutto, della ricchezza di questo effluvio sonoro è proprio da precisarsi nella volontà di mischiare le carte, i decenni musicali, di specificare la necessità di abbracci anche forzati ma sensati, per far divenire l’insieme un prefabbricato di cui abitare con meno paura l’interno…

Non si può che risultare viaggiatori, magari per molti perplessi e insoddisfatti, ma almeno il Vecchio Scriba è assolutamente convinto che ciò che si è esplorato sia un mistero geografico, storico, pieno di pulviscoli, di diademi, di strategie, di ingenuità in cerca di un'adozione, per finire, stremati, in una coccola infinita, piena di lividi…


Album of the year 2025


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

19 Marzo 2025


https://haze.bandcamp.com/album/healer

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