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sabato 18 novembre 2023

La mia Recensione: Born Days - My Little Dark


Born Days - My Little Dark

L’oscurità è la compagna preferita del viaggio del tempo, dall’inizio di ogni forma vivente, perché la sua essenza non necessita dello sforzo della luce e riesce ad assorbire più facilmente ogni forza contraria. Quando è l’arte della musica ad approcciarsi a questo contesto, ecco che è possibile nutrirsi di veementi stupori appiccicati, nel frastuono delle oscillazioni sensoriali che non negano la loro soggezione nei confronti dell’argomento. Incontriamo un’artista americana, Melissa Harris, in grado di sondare, di mischiare le elucubrazioni, di trasferire il conosciuto sulla pelle sguaiata dell’inconscio, per attivare circuiti mentali e sonori nel connubio che esporta la bellezza dal piano ipotizzato a quello reale. My Little Dark è un gioiello all’interno di lenti viaggi nello spazio, partendo dai tratti onirici per finire a quelli somatici, avendo in dote l’indiscutibile capacità di fisicizzare il tutto. Focalizza il progetto e si arma di dilatazioni, sperimentazioni, costruendo cornici e dipinti perfettamente oliati nella sua prodigiosa orchestrazione elettronica, vero traduttore delle sue necessità. Si è sgomenti, impauriti, inteneriti, mai perplessi, sempre desiderosi di questa dolcezza che bacia il buio, attraversando lo scorrere del bisogno che conduce a una metamorfosi senza fine. Non sono canzoni, ma strutture di acciaio prive di stridori all’interno delle nostre tempie, nelle quali abita una forma di gentilezza non prevista ma di cui diventa obbligatorio cibarsi. Melissa disegna le traiettorie del suono per erudirli, attinge da oceani di imprevisti per educarli, plasmando e seducendo per quella continuità del lato espressivo che conduce l’ascoltatore a stabilire una verità ineccepibile: se esiste il concept album, questo ne è la dimostrazione perfetta, precisa, avvinghiando il corpo e la mente in una morsa che non lascia graffi. Netta è la sensazione di entrare in un sogno, all’interno di una navicella spaziale, con il silenzio che spinge a rendere muti i nostri pensieri, affidando l’unico nostro spazio libero al compito di sentire questa voce sintetizzare miliardi di assioni, nel gioco di molecole in cerca di una guida. Allora siano i sintetizzatori, i beats, le trame come lame piene di suspense a determinare uno sconvolgimento che sia eterno. La morte pare un appuntamento galante e interessante, non meno dell’esistere: questi brani tolgono travi, schegge, affanni, e regalano pace senza squilli, trasportando l’esistenza sopra il cielo.
Innegabile l’abilità di far nuotare la musica in una coperta elettrica piena di spugna, con i tintinnii che coccolano e ammantano. Naviga questa incredibile creatura nella storia dell’elettronica, da quella puramente giocosa a quella gioiosa, da quella pragmatica a quella sperimentale, per essere poi determinata nell’esporre il risultato al fine di rendere piacevole la paralisi consequenziale.
Si è sicuramente nutrita di studi, di approcci, i maestri del possibile lei sicuramente li conosce, ma, da alunna impenitente, li ha superati, con questo album che dimostra come la matassa sconosciuta, se scoperta, riesce ad abbattere tutte le gioie precedentemente vissute. Sconvolge, per la sua sapiente dose di sale nelle onde magnetiche dei suoi computer, dei suoi synth, per lo zucchero depositato nella sua modalità del cantato, mentre, quando meno te l’aspetti, lei ti ha già reso dipendente dal suo intento…
Quintali di misticismo, chilometri di lenti a contatto per mettere a fuoco l’invisibile, giochi continui tra l’ingenuità e la saggezza, la conducono ad attraversare diversi generi musicali senza redini né controllo, finendo per farci diventare disarticolati ma perfettamenti consoni al suo obiettivo, che pare quello di smembrare le sicurezze e la noia che possono provenire da quello in cui invece noi troviamo risorsa e affinità. Mette la psichedelia, il Dream-Pop, la Coldwave, la Darkwave nel suo imbuto raffinato per farli deperire, con intelligenza e la giusta dose di cattiveria.
Prende i passaggi immaginifici e li francobolla a quelli reali, nella danza distorta di una confusione spettacolare, sempre con il ritmo che non vuole raggiungere la massima velocità: anche per questo motivo il suo è il coraggio di un’anima forte e consapevole, perché non cerca il successo bensì un’espressione educativa, che sappia, forse, anche essere spiazzante.
Il buio copre ogni speranza, ogni sorriso, lasciando che sia il sommerso della mente a guidare le risorse che la sua musica espone con generosità, spaziando e seminando canzoni come rapine in banca senza proiettili o maschere sul volto: lei precipita nel furto consegnando alla paura una risata, lenta, anestetizzandola. Scrive un miracolo per complessivi cinquantuno minuti: la misura, iniziale, della sua infinita classe…

Song by Song

1 - Enemy

Ed è carillon umorale, nella lentezza che accoglie atmosfere sia dolci che tetre, in un loop su cui la voce vola con il suo nemico, per una tristezza che riceve un clamoroso sostegno: applausi!

2 - My Little Dark

Il volo cresce, in altezza e velocità, sempre però senza affanni né sudori: tutto viene calibrato perfettamente per una torcia elettrica che rende il cielo il figlio di questa carezza che abbraccia, per avanzare una proposta alla morte che qui vive una sfida all’insegna dell'incanto.

3 - Bird Song

Il desiderio di vita Melissa lo mette nelle parole del testo come nella musica: partendo dal cinguettio di una natura ancora vogliosa di presenza, si arriva a una tastiera che tratteggia il cielo, con le corde vocali che si riempiono di tensione elettrica, mentre la melodia è talmente umana da commuovere…

4 - Over Again

“Burn myself over again”: un temporale di intenti trova sede nella spettrale Over Again, una litania laica che invita alla danza ma avendo tutti i sensi all’erta. Una sapiente miscela Darkwave nell’aspetto ma non nel genere musicale specifico, si inoltra nel bacino di una essenziale dreamwave con pennellate di electrowave a definire un brano immenso, sospeso e liturgico…

5 - Dreams

Una passeggiata nel parco rivela particelle di pensieri importanti: viene costruito un cavo elettrico dalla grande tensione, in uno spettacolare setaccio di note versatili e inclini a muoversi nei contorni di un trip-hop che corteggia la neopsichedelia.

6 - How To Disappear

Piovono nuvole nel cuore, con l’impressione che Melissa sappia utilizzare parte della saggezza della musica classica per poi smembrarla e lasciarci un tappeto sonoro quasi semplice, ma che in realtà rivela l’immensa capacità di donare equilibrio tra le varie fasi della canzone.

7 - Ganymede

Forse il momento più solenne dell’album, il sunto delle sue volontà e la manifesta capacità di essere un ago sottile che penetra i sensi. Dopo la parte iniziale onirica arriva l’evoluzione elettronica che offre una drammaticità perfettamente controllata.

8 - Deep Empty (DMT Feelings)

Forse la depressione invade la corsia di questo album: lo fa con parole e musiche giustamente grevi, che paiono figlie di antiche tristezze sfiorate e vissute dai Cure e dai Sound, seppur con differenti attitudini musicali. Ma qui manca, piacevolmente, il fiato…

9 - Destroyer

Il teatro dell’orrore si getta in un testo che scombina i vestiti dei pensieri. Le successioni di un loop energetico e i synth che recitano progressioni pesanti rendono il brano un effervescente inchino in cui la paura sogghigna felice. Clamorosa!

10 - Conscious Conscience

Certi pensieri hanno voci che rivelano verità che sembrano lontane: per concludere l’album l’artista di Chicago percorre minuti come se il lettino di uno psicologo accogliesse la sua più profonda intimità. Si è come avvolti in uno schiaffo lento, ossessivo, con i palmi delle mani che schiacciano lentamente il nostro collo. Mentre la voce sembra liberarsi di tutto e salire tra le braccia delle nuvole…

Un’opera clamorosa che il Vecchio Scriba definisce come il secondo miglior album di questo 2023…

Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
19th November 2023

https://borndays.bandcamp.com/album/my-little-dark


My Review: Born Days - My Little Dark


 

                                                                          Born Days - My Little Dark


Darkness is the favourite companion on the journey of time, from the beginning of every living form, because its essence does not require the effort of light and can more easily absorb any opposing force. When it is the art of music that approaches this context, it is possible to feed on the vehement amazement of the sensory oscillations that do not deny their awe of the subject matter. Let us meet an American artist, Melissa Harris, capable of probing, of mixing lucubrations, of transferring the known onto the fuzzy skin of the unconscious, to activate mental and sound circuits in the union that exports beauty from the hypothesised to the real plane. My Little Dark is a jewel within slow space travels, starting with dreamlike traits and ending with somatic ones, having in its dowry the unquestionable ability to physicalise everything. She focuses the project and arms herself with dilations, experimentations, building frames and paintings perfectly oiled in his prodigious electronic orchestration, the true translator of her needs. One is dismayed, frightened, tenderised, never perplexed, always eager for this sweetness that kisses the darkness, crossing the flow of need that leads to endless metamorphosis. These are not songs, but steel structures free of screeching inside our temples, in which dwells a form of gentleness not foreseen but on which it becomes compulsory to feed. Melissa designs the trajectories of sound to erudite them, she draws from oceans of the unexpected to educate them, shaping and seducing by that continuity of the expressive side that leads the listener to establish an unimpeachable truth: if there is such a thing as a concept album, this is the perfect, precise demonstration of it, gripping body and mind in a grip that leaves no scratches. There is a clear sensation of entering a dream, inside a spaceship, with the silence pushing our thoughts to mute, entrusting our only free space to the task of hearing this voice synthesising billions of hypothetical elementary particle, in the interplay of molecules seeking guidance. Then it is the synthesisers, the beats, the plots like suspenseful blades that determine an upheaval that is eternal. Death seems to be a gallant and interesting date, no less than existence: these tracks remove beams, splinters, and frets, and give peace without ringing, transporting existence above the sky. There is no denying the ability to make music swim in an electric blanket full of sponge, with the tinkles cuddling and cloaking. She navigates this incredible creature through the history of electronics, from the purely playful to the joyful, from the pragmatic to the experimental, and then is determined to expose the result in order to make the consequential paralysis pleasant.

She has certainly nourished herself with studies, with approaches, the masters of the possible she surely knows, but, as an unrepentant pupil, she has surpassed them, with this album that demonstrates how the unknown skein, if discovered, can break down all previously experienced joys. It shocks, for its wise dose of salt in the magnetic waves of her computers, her synths, for the sugar deposited in her singing mode, while, when you least expect it, she has already made you addicted to her intent... Quintals of mysticism, kilometres of contact lenses to focus on the invisible, continuous games between naivety and wisdom, lead her to cross different musical genres without reins or control, ending up making us disjointed but perfectly in tune with her objective, which seems to be to dismember the certainties and boredom that can come from that in which we instead find resource and affinity. She puts psychedelia, Dream-Pop, Coldwave, Darkwave into her refined funnel to perish them, with intelligence and just the right amount of nastiness.
She takes the imaginative passages and stamps them to the real ones, in the distorted dance of a spectacular confusion, always with a rhythm that does not want to reach maximum speed: for this reason, too, her is the courage of a strong and aware soul, because she does not seek success but an educational expression, one that can, perhaps, also be disorienting. Darkness covers every hope, every smile, leaving it to the submerged of the mind to guide the resources that her music generously exposes, ranging and sowing songs like bank robberies without bullets or masks on the face: she plunges into the robbery, delivering a slow, anaesthetising laugh to fear. She writes a miracle for a total of fifty-one minutes: the initial measure of her infinite class...  


Song by Song

1 - Enemy

And it is moody carillon, in the slowness that welcomes atmospheres both sweet and gloomy, in a loop on which the voice flies with its enemy, for a sadness that receives resounding support: applause!

2 - My Little Dark

The flight grows, in height and speed, but always without pain or sweat: everything is calibrated perfectly for a torch that makes the sky the child of this caress that embraces, to make a proposal to death that here lives a challenge under the banner of enchantment.

3 - Bird Song

Melissa's desire for life is as much in the words of the lyrics as in the music: starting with the chirping of a nature that still wants to be present, we arrive at a keyboard that sketches the sky, with vocal chords that are filled with electric tension, while the melody is so human that it moves us... 4 - Over Again

"Burn myself over again": a thunderstorm of intentions finds a home in the spectral Over Again, a secular litany that invites one to dance but with all senses alert. A skilful darkwave blend in appearance but not in the specific musical genre, it drifts into the basin of an essential dreamwave with electrowave brushstrokes to define an immense, suspended and liturgical track

5 - Dreams

A walk in the park reveals particles of important thoughts: an electric cable of great tension is constructed, in a spectacular sieve of versatile notes prone to move in the contours of a trip-hop that courts neo-psychedelia.

6 - How To Disappear

It rains clouds in your heart, with the impression that Melissa knows how to use some of the wisdom of classical music and then dismember it to leave us with a sound carpet that is almost simple, but in reality reveals an immense ability to give balance between the various phases of the song. 7 - Ganymede

Perhaps the album's most solemn moment, the summary of its will and manifest ability to be a subtle needle that penetrates the senses. After the initial dreamy part comes the electronic evolution that offers a perfectly controlled drama.

8 - Deep Empty (DMT Feelings)

Perhaps depression invades the lane of this album: it does so with words and music that are justifiably grievous, that seem to be the daughters of ancient sadnesses brushed over and experienced by the Cure and the Sound, albeit with different musical attitudes. But here there is a pleasant lack of breath...


 9 - Destroyer

The theatre of horror throws itself into a lyric that messes up the clothes of thoughts. Energetic loop successions and synth reciting heavy progressions make the track an effervescent bow in which fear grins happily. Clamorous!

10 - Conscious Conscience

Certain thoughts have voices that reveal truths that seem far away: to conclude the album, the Chicago artist spends minutes as if a psychologist's couch were welcoming her deepest intimacy. One is as if enveloped in a slow, obsessive slap, with the palms of the hands slowly crushing our necks. While the voice seems to free itself of everything and ascend into the arms of the clouds...

A resounding work that the Old Scribe describes as the second best album of this 2023...

Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
19th November 2023

https://borndays.bandcamp.com/album/my-little-dark

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