Visualizzazione post con etichetta Ambient folk. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Ambient folk. Mostra tutti i post

domenica 29 gennaio 2023

My Review: NEW DEUTSCHE FOLK MUSIC - Vol 1 Rauhnaschtsweise

NEW DEUTSCHE FOLK MUSIC - Vol 1 Rauhnaschtsweise


Music produce resilience, intentional, representative, avant-garde in any case, in the face of those who will hear things already known.

And yet.

And yet this compilation from the energetic, swaggering, wonderful German label House of Inkantation, is adept at being all that and more. What is shown on this disc is a deep exploration into the woods and its inhabitants, into the symbolic circuits of a relationship with mystery that, through Neo Folk and its currents, succeeds in taking stock of the situation, bringing us awareness, emotion and the immense possibility of opening our eyes and seeing, not just looking.

Then we will realise that we are in front of a map of sound, of genres, of life with its emotional operations, bustle and calm in a partnership that, while on the one hand would seem impossible, on the other hand turns out to be an absolute triumph. 

Neo Folk - Neo Ambient - Death Folk - Black Metal: yes, these are some of the sonic virgins that show their skin, but identity must be found by listening that knows how to go beyond appearances. All bands have left their breath in the grooves, where guitars, especially acoustic ones, are the black angels spying, noting and bringing back to us those worlds that we normally don't consider much. Far from catharsis or emotional explosions: here we are in a place that by revealing itself favours our mutation, a cognitive bow that brings us closer and indoctrinates us towards a different knowledge.

They are ballads, they are bursts, they are lines of earth on our wrinkles, they are harmonies that shift the cognition of time and make us become inhabitants without a roof, naked perennials like those who live in those places where the concept of home does not exist. 

A majestic compilation, which dares to show the sky lowering and exhibiting slow comets, shimmering in the darkness that instead of covering reveal. Many tracks have been created especially for this compilation and others are unreleased, for a result that is shocking: all connected, devoted to what the old scribe tried to imply. What the hell is the point of having the shameless desire to entrust everything to taste is beyond comprehension: it is what happens and what asks to be considered that counts.

Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

29th January 2023

https://houseofinkantation.bandcamp.com/album/neue-deutsche-folksmusik-vol-i-rauhnachtsweisen




La mia Recensione: NEW DEUTSCHE FOLK MUSIC - Vol 1 Rauhnaschtsweise

 NEW DEUTSCHE FOLK MUSIC - Vol 1 Rauhnaschtsweise


Musica come resilienza inevitabile, voluta, rappresentativa, d’avanguardia in ogni caso, alla faccia di chi ci sentirà cose già conosciute.

Eppure.

Eppure questa compilation della energica, spavalda, meravigliosa etichetta tedesca House of Inkantation, è abile nell’essere tutto questo e anche di più. Ciò che viene mostrato in questo disco è una perlustrazione profonda dentro i boschi e i suoi abitanti, nei pressi di circuiti simbolici di un rapporto con il mistero che, attraverso il Neo Folk e le sue correnti, riesce a fare il punto della situazione, portandoci consapevolezza, emozione e l’immensa possibilità di aprire gli occhi e vedere, non solo guardare.

Allora ci renderemo conto di essere davanti a una mappa del suono, dei generi, della vita con le sue operazioni emotive, il trambusto e la calma in un sodalizio che, se da una parte parrebbe impossibile, invece si rivela essere un trionfo assoluto. 

Neo Folk - Neo Ambient - Death Folk - Black Metal: sì, sono alcune delle vergini sonore che mostrano la loro pelle, ma l’identità va trovata con un ascolto che sappia andare oltre le apparenze. Tutte le band hanno lasciato nei solchi il loro respiro, dove sono le chitarre, soprattutto acustiche, gli angeli neri che addentrandosi spiano, annotano e riportano a noi quei mondi che normalmente non si considerano molto. Altro che catarsi o esplosioni emotive: qui siamo in un luogo che rivelandosi favorisce la nostra mutazione, un inchino conoscitivo che avvicina e indottrina verso un sapere diverso.

Sono ballads, sono scoppiettii, sono righe di terra sulle nostre rughe, sono armonie che spostano la cognizione del tempo e ci fanno divenire abitanti senza un tetto, nudi perenni come lo è chi vive in quei luoghi dove il concetto di casa non esiste. 

Una compilation maestosa, che si azzarda a mostrare il cielo che si abbassa e esibisce comete lente, luccicanti nel buio che invece di coprire rivelano. Molti brani sono stati creati apposta per questa compilation e altri sono inediti, per un risultato che sconvolge: tutto connesso, votato a ciò che il vecchio scriba ha cercato di far intendere. Cosa diavolo serva avere lo spudorato desiderio di affidare al gusto tutto non si riesce a intendere: è ciò che accade e che chiede di essere considerato che conta.

Queste band non sono sicuramente tra le vostre amate, perché non si finisce mai di limitare il raggio di azione del percorso cosciente che dovrebbe essere obbligatorio: allora forza! Dai, è proprio in queste composizioni che potrete godere di fortune immense. 

Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

29 Gennaio 2023

https://houseofinkantation.bandcamp.com/album/neue-deutsche-folksmusik-vol-i-rauhnachtsweisen




mercoledì 15 giugno 2022

La mia Recensione: Shearwater - The Great Awakening

 La mia Recensione:


Shearwater - The Great Awakening


L'ampiezza del mondo vista da un infarto: un oceano di luce che ristora, un risorgere prima ancora della morte, per poter volare dentro le necessità.

Cosa produce questi pensieri?

L’ascolto dell’album che più mi ha emozionato negli ultimi tre anni e del quale provo a tracciare una traiettoria razionale, conoscitiva, una esplorazione nel tentativo di seminare l’incredibile scorrere di battiti radiosi nei confronti di queste undici bolle di sapone pronte a esplodere nei vostri cuori.

Da quella palla di fuoco che non si arrende mai, quel Texas sempre più proiettato verso l’isolamento, la band di Jonathan Meiburg è tornata a scrivere canzoni con alcuni membri che hanno ripreso a seguire il leader indiscusso. 

Partito dalle letture di TS Eliot, il dolce comandante supremo ha stabilito le coordinate per fare di alcuni abbozzi di canzoni un disco che navigasse dentro i ragionamenti, le vicende di un mondo in stato di smarrimento. 

The Great Awakening è un visitare i palpiti, una carezza sonora vistosa dove però, ad essere meno evidente, è l’abilità di occuparsi di questo pianeta, non solo descrivendolo.

Ventitré anni di soffi, pennellate, approcci riusciti nel fare della musica un campo da seminare, tutto sembra essere ancora più maestoso, con la capacità di rendere fertile le zone aride della mente.

Shearwater è la poesia del cielo che ci invita a risollevare le nostre armi e a offrirci quegli scatti necessari per fare della vita un disegno creato da un bambino. 

Le storie raccontate sono quelle degli adulti: il capo si flette verso il basso e le lacrime rimbalzano. Ma vi sono bimbi felici che giocano con tutto questo strappando alla fine quel sorriso che velocizza una reazione.

Prodotto magistralmente, da Jonathan e Dan Duszynski, questo insieme di splendori è imbevuto di suoni che raccolgono la bellezza per farla vibrare in volo.

Jonathan ha scritto della speranza, in perenne lotta con le difficoltà, la disperazione, lo stress, senza però perdere la fiducia.

Il decimo album accende una stella definitiva nel firmamento celeste: una clamorosa discesa terreste capace di essere la guida necessaria dentro i territori sconnessi dei nostri comportamenti.

Tutto è raffinato, delicato, quasi fosse un libro di canzoni caricate dentro un pugno a salve: nessuna intenzione di ferire, bensì la ferma volontà di aprirlo in una carezza infinita. Dopo aver scritto un libro, quest’anima indomabile ha incominciato a produrre idee per nuove composizioni musicali non scordando di  inserire anche gli animali, che trovano un grande posto in questo long playing. La convivenza di tutte le creature di questo pianeta veste di armonia le creature sonore, suggerisce bellezza laddove viene messa in pericolo da comportamenti violenti.

E di violenza in questo lavoro vi è traccia solo in parte, è sapientemente accennata ma non descritta.

L’uso degli archi, di tastiere e del pianoforte, strumenti della zona alta e nobile della mente, conferisce una grande lucidità alla scelta delle canzoni, che vengono avvolte da atmosfere sognanti e morbide. 

Si nuota, si passeggia, si vola senza sosta e il tutto lo si fa lentamente, tra le zone brulle, fredde, calde, annacquate di un mondo che ha smesso di sorridere.

Il cantato prende la luce del palco, sta sempre davanti, a contatto diretto con il nostro ascolto, circondato da strumenti timidi, con la giusta voce nei loro movimenti, per essere un’onda che si sposta quasi di nascosto dentro l’ugola di Jonathan, il mago della leggerezza, di quella intimità che deve saper essere capace di sussurrare. 

Se siete in grado di gestire una scorribanda emozionale che sia capace di connettersi ad una lucida razionalità, allora questi solchi si espanderanno dentro di voi.

C’è un angelo scozzese nel cielo che protegge questa band: Scott Hutchinson, il leader dei Frightened Rabbit sorveglia orgoglioso, facendo l’occhiolino a Nick Cave, per rendere chiaro che qui, tra le pieghe di un vestito meraviglioso, la qualità presente può essere accostata ai due appena citati. Ma Niko Case e Nik Drake possono reclamare la loro influenza, anche se Jonathan è assolutamente un maestro nel mostrare la sua genialità, staccandosi abbastanza velocemente da alcune connessioni. 

La scrittura dei testi mette in rilievo una propensione alla narrativa, anche se alcuni passaggi vestono l’unicità della poesia, che sembra più una suggestione che una effettiva presenza. 

Con una maggiore propensione all’elettronica rispetto al passato, la band non si dimentica di disegnare mantelli acustici in odor di tempera, per rimanere comunque legati ad un dna imponente.

La flora e la fauna, i rapporti interpersonali e le ingiustizie vengono amalgamati come un liquido ospitante, in accordo senza alzare la voce: tutto ciò che viene miscelato al suo interno funziona e conquista.

Se si presta attenzione nell’ascolto si avvertono momenti in cui il mistero rivela la sua lenta danza, con l’atmosfera che bussa alle porte del folk per veicolare una tipica bellezza senza però riuscire a bloccare l’inquieta presenza di un tormento interiore, che finisce per dare a questa apparente morbidezza qualche atomo di tristezza. Ecco così che ci rendiamo conto che l’irrequieto Jonathan agisce compensando, fungendo da bilancia preventiva per i suoi fiumi che seppur splendenti non sono privi di qualcosa di torbido. La lunga pausa dal penultimo lavoro ci consegna una band che si è spostata dalla sua pelle morbida e quasi solare per andare verso il sole, ma a testa bassa. Per catturarne i segreti è consigliabile procedere in un ascolto che ripeta una canzone prima di passare alla successiva. Si respira l’evento, nell’avvicendamento di spiragli celesti col vestito da sera, dove l’equilibrio di arrangiamenti perfetti danno un senso di continuità sublime, per approdare nella specificazione di sentimenti imponenti.

Spesso sembra che le canzoni siano contorte, nevrotiche, nascoste da soluzioni che sono capaci di sbigottire e presentano tutta la gamma a loro disposizione per costruire una casa di paglia dentro il deserto.

Non svelano i loro segreti, ma li mostrano come se fosse una rincorsa alla ferita di sfere astratte che cercano l’abbraccio.

Con la necessità di proporre musica che possa far pensare all’art rock e quella barocca, vi è un allontanamento dall’ansia e dall’insicurezza per proporre invece certezze che si oppongano a insicurezze crescenti. 

Baciata dal talento, la band segue l’esempio degli Arab Strap: occorre dare al tempo la possibilità di storicizzarne le malefatte e di trasformare il tutto in una corsa dal passo lento, per trovare un luogo dell’anima nel quale sgorgano gocce alternative e baciare l’incanto. Così facendo si scopre che è stato conferito all’oltraggio un senso piacevole e dinamico, tuffando i propri slanci dentro l’accogliente natura.

Ora siamo pronti: scendiamo nella profondità del loro immenso mare, scoprendo di aver nuotato in modalità Apnea On, e si scoprirà una Atlantide pronta ad essere scorta dai nostri occhi misericordiosi, con la certezza che a volte la musica possa essere un beneficio sensoriale totale.



Song by Song 



Highhate 


Siamo già dentro la fluida gentilezza, un salto nel tempo dove l’umana bellezza viveva tra sussurri e tuoni, si sale nel disagio di un cielo che ci attende.



No Reason


Il basso mostra la sua movenza anticipando Jonathan, pilota di un cantato toccante, con i suoi saliscendi strutturati per cancellare la ragione del pianto.



Xenarthran 


Si rimane nella sospensione dell’oceano, tutto è acqua, dissolvenza, la voce si tuffa nel cuore, mentre archi elettronici placano la tensione, appare Atlantide circondata da un accenno di chitarra e si vola in basso, la chitarra elettrica si affaccia e noi siamo a bocca aperta…



Laguna Seca


L’unica canzone dell’album ad avere una struttura diversa, quasi tribale, giocata su ipotesi celestiale dilatata, inserti continui a stordire, con la base musicale che ricorda Bjork a tratti, un quasi trip hop glaciale, vellutato.



Everyone You Touch


Nick Drake e John Grant stappano champagne, abbracciano Jonathan e piangono sul bagliore intimo che sgorga dall’arpeggio e da questa voce alla quale non si può chiedere nulla di più. Gli archi stregano, come il pianoforte, e si cade nell’intimità più accogliente.



Empty Orchestra


Tutta l’intensità della band si manifesta in questo gioiello, circondato da coriandoli acquei, che fanno vibrare le onde con riferimenti agli anni 90, carichi di scintille elettroniche nascoste. È la voce che ci piega tra lacrime dolcissime, mentre la batteria e il basso circondano il corpo e la chitarra tratteggia poesia.



Milkweed


In questo lavoro l’acqua e gli animali appaiono come i padroni di un mondo che gioca al loro massacro: ecco l’occasione per avvertire la drammaticità di tutto questo in un pezzo strepitoso, al limite di una psichedelia new age, per scomporre la nostra sicurezza. 



Detritivore


La poesia deve essere lenta, mostrare la sua anima solo dopo ripetute letture. Questo accade tra le righe di questa apparente soffice canzone. Se i Radiohead avessero continuato a visitare la leggerezza del suono forse avrebbero scritto loro questa Dèa sonora. È sospensione continua, decadente, ottocentesca nel cuore, moderna nel suo vestito.



Aqaba


Tempo di bussare a casa Sylvian, David è impegnato ma le note del piano sembrano uscire dalla sua dolcezza; poi la tastiera e la chitarra portano il brano ad accenni di World music: chiudiamo gli occhi e vaghiamo, nella resa più piacevole.



There Goes The Sun


Siamo avvolti da una cadenza sensuale, in punta di piedi avviene la magia, la voce si alza in volo e in questa ballata moderna tutto pulsa per raggiungere il vento dei raggi del sole che illuminano la nostra perduta capacità di guardarlo. 



Wind Is Love


L’arrivederci alla prossima volta è magistrale: in un loop strepitoso, secco, breve, vive una voce dalle piume color vento per portarci la pioggia del cuore.

Un album clamoroso doveva presentare l’ultima movenza per creare dipendenza totale. Tra un mood elettronico e la sembianza di una chimera vive la delicata danza di un falsetto sognante: buonanotte mondo, abbiamo ricevuto la favola più bella per poter dormire in pace…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

15 Giugno 2022


https://open.spotify.com/album/2gmKfhM2fBsbVMhVm7D16M?si=ARPmK3GgTgu9fn6jeRKz3A







sabato 26 marzo 2022

My review: Emily Jane White - Alluvion

 My Review 


Emily Jane White - Alluvion


No one loves secrets so much as those who have no intention of keeping them.
(Charles Caleb Colton)


Here I am, as a loyal subject of Charles Colton: telling you a secret, sweet, valid, eloquent and wonderful, that lives inside a beam of orange and cobalt blue light.

Cobalt blue is a colour discovered in 1802 and this music contained in 'Alluvion' often seems to come from far away: an exciting and sensual event that can shock for its beauty and depth.

The girl from Oakland knows how to feed the stars of our dreams, how to be a fist that has knowledge of soft ways to communicate the abundance of her arguments and needs, human and not only artistic.

The content of this work ranges like a space shuttle in perpetual motion, busy because it has so much to give and there are so many places to deposit these enchantments that we banally call songs: it is much more than a collection of songs, much more.

She is a soul that strips itself bare, that investigates, takes note, reports with sounds and words the immensity of her feeling and understanding.

There is an acuity, a refinement, an unusual way of doing things that embraces particles that she colours with harmonious life: it may be her voice (a pure diamond that explodes in the heart) or her music (a continuous gentleness, like a single endless breath) and it may be much more, but here we are inside the mystery which makes us beautiful in each of the forty-four minutes of the album.

And in her seventh seal there is also room for her personal losses, traumas and difficulties, but hers is not a gift which leads us to reject them.

On the contrary: she has transformed everything into harmony and elegance, respecting herself and the listener by giving us her process of transformation.

She started off with folk music, but over the years she has gradually managed to bring together the need to add other elements in her sensitivity and artistic planning. 

And so the electronic part, pop, Dreampop and Shoegaze enter the grooves of "Alluvion".

The delicacy of her electropop is a masterpiece: it allows non-stop imaginative flights and smiles that convince the mind to grow.

What remains intact, as the lowest common denominator of her past, is her ability to be inclined to an intimacy that enables us to notice her, but without hurting her.

Because in Emily, strength and fragility coexist perfectly, like an enchantment that stuns and generates beautiful reactions.

In the record there is also room for death, covid, police violence and murdered women. Since there is also her wisdom and willingness to talk about the dark side of humanity: and he does it perfectly.

Now I am going to describe each of the songs included in this excellent stream of dense songs.

At the moment this is my favourite album of 2022. No doubt about it.






Song by song


Show me the war


It is war, with its streams of blood invading the breaths of those who remain alive, that opens the album: an elegant funeral march, between electronic music and a lump in the throat and vocals that are a beautiful bullet...



Crepuscule 


About the loss of someone, the second song shows how pain can be sung using a short melody, with the guitar capturing the sense of grief in a few notes, and then off to a refrain that opens the arms of solidarity.



Heresy (feat. DARKSHER)


A piano, then chords that get heavier, preceding the view of what is wrong, with a successful attempt to keep the drama in the short chorus. The song is like a gospel without a future, with an alarm siren of our conscience keeping us alert, while outside the cruelty continues and the piano, sadly, fascinates us...



Poisoned


With a folk start in the style of Amy Macdonald, Emily takes note of the pain of her surroundings but, as her great peculiarity, she leaves traces of drama in the music with a slight relief. She doesn't want to fatally wound us, she keeps us alive with a song that apparently seems to live within a vivacity that, given the lyrics, seems a forced act, for a beautiful window.



Body Against The Gun


A neofolk with the mask of a shiny carnival leads us to listen to a song that seems to move very well up to sparks of Heather Nova and Tori Amos, in a view where death shows us cold bodies and the silence is lit by an untiring piano.


The Hands Above Me


If the Cure were still melancholic they would have these guitars, while the doubled vocals tell of a held breath, of betrayals. As if Coldwave could meet sweetness, echoes of Darkwave held down with a pillow, while Emily addresses her America with a voice that is at once trembling and strong, with guitars that take joy away and leave it in the sky.



Mute Swan


Identities that change, questions that suddenly arise and here we are in Mute Swan, a subtle mantra with powerful and deep keyboards, narcotizing the sense of loss, with echoes of electronic music seducing the breath. Emily raises her voice register to the sky, while everything scratches the thoughts which become black boxes that would like to melt. And a knife sticks around with the support of this music like an elegant hypnosis...



Hold Them Alive


A song with bandages, shreds of trust that no longer scream, a walk started by a piano that meets a guitar that, terse and essential, explodes the anger slowly: there is no need for distortions because everything is already deposited in the lyrics. And only Nature remains to console us, to give us morsels of beauty. And this voice which flies in the heart like a pin that stings in a different way. But the end offers flashes of baroque music in a modern dress: here we can see how sadness can become attractive and beautiful!



Hollow Hearth


Micheal Nyman and Lorena McKennitt seem to embrace each other convinced that Emily is the right voice to sing this song, which is a list of generosity with a decadent breath, where the future dies almost immediately, using the softness of a melody that is a witch hidden in the Oakland bay.



I Spent the Years Frozen


The fire descends from the sky as if it were a bundle of violins and harpsichords with a renewed sound to be faced with an icy view in which to experience the daze of the senses. And it is a drama that the music, wisely, seems to conceal with its melodic variations. But you cannot always avoid holding back what is dramatic and so Emily gives her voice the role of opening our eyes.



Battle Call


The last track sounds like a shower to hide the drama of this world, knowing that in modern life there is nothing that can really cleanse the tragedies of this cruel existence. Drums and rich guitars ally themselves to a piano that flexes inside high notes, in a farewell march to the planet that reveals all the despondency that runs through our ignorance. A sumptuous and vehement way to say goodbye.


A definitely gothic album, intense, full of a conscience that frightens those who believe that the world is still a beautiful place and life an easy affair. Emily is a fairy who brings uncomfortable truths and does so with the ability to give music that knows how to mix drama and flowers of poetry. Meanwhile, all around, we are left with 'Everything that I see, life's blood raining down on me, no blind divinity justifies this to me'.

A masterpiece, it really is, travelling alone: let's not abandon it...


Alex Dematteis 

Musicshockworld

Salford

27th March 2022


https://music.apple.com/gb/album/alluvion/1604228785


https://emilyjanewhite.bandcamp.com/album/alluvion


https://open.spotify.com/album/2QiW6mdBWnYY7ygqhAj6wh?si=xCcYflUsRSuyWgTBJiSm5g












La mia Recensione: Emily Jane White - Alluvion

 La mia Recensione 


Emily Jane White - Alluvion


Nessuno ama tanto i segreti quanto chi non ha intenzione di mantenerli.
(Charles Caleb Colton)


Eccomi, come fedele suddito di Charles Colton: vi racconto un segreto, dolcissimo, valido, eloquente e stupendo, che vive dentro un fascio di luce arancione e blu cobalto.

Il blu cobalto è un colore scoperto nel 1802 e questa musica contenuta dentro “Alluvion” pare provenire spesso proprio da molto lontano: una vicenda entusiasmante e sensuale che può scioccare per bellezza e profondità.

La ragazza di Oakland sa come nutrire le stelle dei nostri sogni, come essere un pugno che conosce modi soffici per comunicare l’ampiezza delle sue argomentazioni e necessità, umane e non solo artistiche.

Il contenuto di questo lavoro spazia come navicella in perenne movimento, indaffarata perché ha tanto da donare e moltissimi sono i luoghi dove depositare questi incanti che banalmente chiamiamo canzoni: è tutto molto di più che un insieme di canzoni, molto di più.

Emily è un’anima che si spoglia, che indaga, annota, riporta con suoni e parole l’immensità del suo sentire e capire.

C’è un acume, una raffinatezza, un fare inusuale che ingloba particelle che lei colora di vita armoniosa: sarà la sua voce (diamante puro che esplode nel cuore) o la sua musica (una gentilezza continua, come un soffio unico senza fine), e sarà sicuramente anche molto altro, ma qui siamo dentro il mistero che ci fa belli in ognuno dei quarantaquattro minuti dell’album.

E nel suo settimo sigillo c’è spazio anche per le sue perdite personali, traumi e difficoltà, ma non è un regalo il suo che ci conduce a rifiutarli.

Al contrario: lei ha trasformato tutto in armonia ed eleganza, rispettando se stessa e l’ascoltatore dandoci il suo processo di trasformazione.

Partita dal folk, mano a mano col passare degli anni ha saputo far confluire nella sua sensibilità e progettualità artistica il bisogno di aggiungere altri elementi. 

Ed ecco che la parte elettronica, il pop, il Dreampop e lo Shoegaze entrano nei solchi di “Alluvion”.

La delicatezza del suo electropop è un capolavoro: consente voli fantasiosi senza sosta e sorrisi che convincono la mente a crescere.

Rimane intatta, come minimo comune denominatore del suo passato, la sua capacità di essere propensa a una intimità che ci permette di notarla, senza farle però del male.

Perché in Emily convivono perfettamente la forza e la fragilità, come un incanto che stordisce e genera reazioni bellissime.

E nel disco trovano spazio anche la morte, il covid, la violenza della Polizia, le donne ammazzate. Perché esiste anche la sua saggezza e volontà di parlare del lato oscuro umano: e lo fa perfettamente.

Ora mi accingo a descrivere ognuna delle canzoni comprese in questo eccellente fiume di dense canzoni.

E al momento questo è il mio album preferito del 2022. Senza dubbi.



Song by song


Show me the war


È la guerra con i suoi flussi di sangue che invade i respiri di chi rimane in vita ad aprire l’album: una marcia funebre elegante, tra elettronica e groppo in gola ed un cantato che è una pallottola bellissima…



Crepuscule 


E sulla perdita di qualcuno la seconda canzone mostra come si possa cantare il dolore utilizzando una melodia breve, con la chitarra che con poche note cattura il senso del lutto e poi via per un ritornello che apre le braccia della solidarietà.



Heresy (feat. DARKSHER)


Un pianoforte, poi accordi che si appesantiscono, precedono lo sguardo di ciò che è sbagliato, con il tentativo riuscito di mantenere il dramma nel breve ritornello. La canzone è come un gospel senza futuro, con una sirena d’allarme della nostra coscienza a tenerci vigili, mentre fuori la crudeltà continua ed il piano, tristemente, ci affascina…



Poisoned


Con un attacco folk alla Amy Macdonald, Emily annota il dolore del circostante, ma come sua grande peculiarità lascia alla musica tracce di dramma con un leggero sollievo, non vuole ferirci a morte, ci tiene in vita con una canzone che apparentemente sembra vivere dentro una vivacità che, visto il testo, pare un atto forzato, per una finestra bellissima.



Body Against The Gun


Un neofolk con la maschera del carnevale più lucido conduce all’ascolto di un brano che sembra muoversi così bene fino a regalarci scintille di Heather Nova e Tori Amos, in uno scenario dove la morte ci mostra corpi freddi ed il silenzio è acceso da un pianoforte instancabile.



The Hands Above Me


Se i Cure fossero ancora malinconici avrebbero queste chitarre, mentre le voci raddoppiate raccontano di un fiato trattenuto, di tradimenti. Come se la Coldwave potesse incontrare la dolcezza, echi di Darkwave tenuta ferma con il cuscino, mentre Emily si rivolge alla sua America con voce tremante e forte al contempo, con le chitarre che portano via la gioia e la lasciano nel cielo.



Mute Swan


Identità che cambiano, domande che nascono all’improvviso ed eccoci dentro Mute Swan, un mantra sottile dalla tastiera possente e profonda, a narcotizzare il senso di smarrimento, con echi di elettronica a sedurre il respiro. Emily fa salire il suo registro di voce verso il cielo, mentre tutto graffia i pensieri che diventano scatole nere che vorrebbero sciogliersi. Ed un coltello rimane nei paraggi con il supporto di questa musica come una ipnosi elegante…



Hold Them Alive


Una canzone con le bende, brandelli di fiducia che non urlano più, una passeggiata iniziata da un piano che incontra una chitarra che secca ed essenziale fa esplodere la rabbia lentamente: non c’è bisogno di distorsioni perché è già tutto depositato nel testo. E non rimane che la Natura a consolarci, a donarci briciole di bellezza. E questa voce che vola nel cuore come uno spillo che sa pungere in modo diverso. Ma il finale regala lampi di musica barocca con un vestito moderno: quando la tristezza può divenire attraente e bellissima!



Hollow Hearth


Micheal Nyman e Lorena McKennitt sembrano abbracciarsi convinti che Emily sia la voce giusta per cantare questo brano,  che è un elenco di generosità con il respiro decadente, dove il futuro muore quasi subito, utilizzando la morbidezza di una melodia che è una strega nascosta nella baia di Oakland.



I Spent the Years Frozen


Il fuoco scende dal cielo come se fosse un fascio di violìni e clavicembali con un suono rinnovato per trovarsi di fronte uno scenario ghiacciato nel quale vivere lo stordimento dei sensi. Ed è un dramma che la musica, saggiamente, pare nascondere, con le sue variazioni melodiche. Però ciò che è drammatico non puoi evitare sempre di trattenerlo e allora ecco che Emily dà alla sua voce il ruolo di aprirci gli occhi.



Battle Call


Ed ecco che l’ultimo brano sembra una doccia per nascondere il dramma di questo mondo, sapendo che nella vita moderna non c’è nulla che possa purificare davvero le tragedie di queste esistenza crudele. Tamburi e chitarre grasse si alleano ad un pianoforte che si flette dentro note alte, in una marcia di addio al pianeta che rivela tutto lo sconforto che attraversa la nostra ignoranza. Un modo sontuoso e veemente per congedarsi.


Un album decisamente gotico, intenso, pregno di una coscienza che spaventa chi crede che il mondo sia ancora un luogo bello e la vita una vicenda facile. Emily è una fata che porta verità scomode e lo fa con la capacità di regalare musiche che sanno miscelare drammaticità e fiori di poesia. Intanto, attorno, noi ci ritroviamo con “Everything that I see, life’s blood raining down on me, no blind divinity justifies this to me”.

Un Capolavoro, lo è per davvero, che viaggia da solo: non abbandoniamolo…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

27 Marzo 2022


https://emilyjanewhite.bandcamp.com/album/alluvion


https://open.spotify.com/album/2QiW6mdBWnYY7ygqhAj6wh?si=57O3DbAaQBayBARPV1_NTg




venerdì 18 marzo 2022

La mia Recensione: Dao Strom - Redux

 La mia recensione


Dao Strom - Redux


Un abbraccio quando è circolare prende tutte le zone della mente: se partiamo da questa considerazione il corpo avrà altre sensazioni, afferrerà intuizioni ed il suo perimetro sarà infinito.

Perché dall’unione dei frammenti il risultato non può essere solo numerico ma soprattutto sensoriale.

Ed è qui che l’artista Vietnamita Dao Strom ci porta con il suo ultimo film musicale: a collegare i sensi con gli occhi perennemente chiusi, facendoci toccare e vedere la sua magia nel modo migliore. 

La voce diventa una macchina fotografica, con la messa a fuoco precisa, senza sbavature, tutto all’insegna di una precisione che fa crescere fiori e può immortalare serenamente la poesia delle sue dita su una chitarra che come un’aurora boreale riesce a farci comprendere l’intensità delle particelle che dal sole scendono sulla Terra.

Può essere solo un incanto che ci mette su un tappeto volante per andare a baciarle una ad una.


Le sue parole sono dei “clic”: riprendono i corpi e i pensieri per profumarli di soffice fragranza destinati all’istante che diventa eterno.

Il suo cantato è un “clic”: riprende la spiritualità che vaga nella volta celeste e la porta più vicina, dentro i nostri sensi, per fasciarla di poesia.

Le immagini che usa nei suoi battiti sono “clic” che compiono il cammino della classe coniugata al mistero, per fare di noi bambini davanti al primo stupore.

Per la sua bellezza l’album necessita di consigli per l’ascolto: sarebbe bene mettersi seduti per terra, una candela vicino ai piedi, i testi davanti agli occhi, leggerli prima di ogni singola canzone, farli scivolare per terra, chiudere gli occhi e lasciare la finestra aperta: tutte le pesantezze del vivere prenderanno quella direzione per lasciarvi più leggeri.

E tra quei solchi esistono fila di connessioni che spingono verso una identità che muta per divenire un’esperienza dal beneficio assoluto.

Le atmosfere sono maestose ed epiche senza la presenza di molti strumenti: questa è una delle qualità dell’artista che ormai vive a Portland, ma sembra avere conservato quella spiritualità orientale del suo Paese nativo.

Con Redux Dao abbraccia il mondo per togliere le fiamme esagerate di questo momento agitato al fine di farlo divenire dolce onda gonfia di raggi solari.


Sono tracce che creano contatti tra la parte spirituale che non abbiamo tempo né voglia di conoscere e quella di un silenzioso cammino dei nostri segreti lasciati da soli. Sei come spinto a considerare che certa musica abbia il potere di silenziare la folla degli eventi che albergano in abitudini consolidate ma dannose.

Un disco che offre il riscatto, la morbidezza di una disciplina che nulla ha a che fare con la conoscenza religiosa e la sua fede.

Il beneficio non è immediato: occorre avere pazienza e come per una crema antirughe gli effetti si vedranno con il tempo. Ma la pelle della nostra coscienza, con questo album, troverà quello che la scienza non riesce a rendere fattibile: l’eternità.

Troviamo l’acqua nel deserto e non c’è confusione tra le strade delle città, le spiagge sono calore e aria che giocano a fare l’amore come adulti senza età…

Essere sconvolti da quello che non c’è apre porte abituate a stare chiuse da sempre, lei, non armata ma portatrice sana di proposte, compie il miracolo che forse nemmeno il figlio di Dio ha mai considerato possibile.

Si ascoltano note che svuotano i magazzini armati dei nostri pensieri e ci si accomoda, su quel tappeto, per imparare la calma dell’universo meno buio e meno noto.



Le canzoni



Come una lunga canzone che attraversa le colline del tempo, l’album vive dello scintillio di una chitarra che arpeggiando consente alla voce di Dao di elevarsi a guida spirituale o di divenire  una cantastorie moderna, per mostrarci il suo fotografare la vita lasciandola in movimento… genio assoluto.

Si parte con “Day That We Met” per lasciarci subito incantati tra la chitarra che rimbalza e la voce in approccio etereo.

Con “Only Angel” conosciamo la profondità del cielo e una pellicola scende dalla volta celeste con la sua voce che come un angelo ci protegge, con il cantato che conosce i piani bassi-alti per coccolarci.

Con “Caller of Spirit” tutto si fa intenso e liquido: si scivola nella profondità del tempo e la sua gentilezza prende con sé parole amare con il sorriso… Un’atmosfera malinconica non ci impedisce di vedere emozioni azzurre nel nostro cuore. E la parte elettronica di supporto rende il brano quasi trip-hop.

Se poi si vuole un film di Wenders vecchia maniera, “Jesus Darkness” potrebbe essere il brano guida. Echi di Sinead O’Connor si presentano ed il mondo si fa più piccolo.

La vita è una favola: siamo tutti dei bambini ancora, malgrado tutto, e la divina “Everything That Blows Wrecks Me”, è una ballad senza tempo che diventa la ninnananna per addormentare il male. La chitarra semiacustica che piazza un arpeggio micidiale, voci in mezzo alle nuvole ed una tastiera a rendere il tutto perfetto.

Se poi vuoi fotografare l’anima e le sue corsie intasate ecco “Inside”: se Suzanne Vega dovesse scegliere una nuova musa guarderebbe dentro questo brano: tutto sospeso, tutto vivo, e la delicatezza che soffia dentro queste voci doppiate che abbracciano la paura.

E quando le cose potrebbero essere drammatiche, “Ancestor” avanza negli ascolti perché quelle sue chitarre sono due sberle gentili che si prendono lo spazio per quotare la storia raccontata da Dao, qui Regina della saggezza.

Nuvole grigie avanzano per lasciare lo spazio alle due chitarre che sembrano felici dentro un labirinto con la tastiera che le tiene vicine e amiche. 

Con “Motherbear” siamo dentro ogni tensione che lascia se stessa per divenire un clavicembalo dorato, nella storia della vita che alimenta se stessa.

Se si ha bisogno di uno scatto fotografico del passato sarebbe preferibile tenerlo vivo lasciandogli la porta aperta: “Waking” è tutto ciò; la poesia della saggezza con le voci angeliche come benedizione.

E se ci sono segreti che potrebbero separare le persone, non si può fare a meno di “Innocent” che conclude l’album, lasciando la certezza che nel dialogo vi sia contatto e quindi possibilità di risolvere le cose. Un arpeggio che arriva da lontano, benedetto e prezioso, il folk antico che non perde la sua bellezza.

Tutto finisce per ricominciare: di nuovo foto mobili da fare perché uno scatto che blocca un momento è un assassino. Dao l’ha capito e ha reso possibile un miracolo: è da proteggere…


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

18 Marzo 2022 


https://antiquatedfuture.bandcamp.com/album/redux


https://music.apple.com/gb/album/redux/1612298044


https://open.spotify.com/album/5iCdBWl7jLOmvh1WbXiiut?si=n5Sg_Y6TQMutZbV-rCAF_w







La mia Recensione: Sinéad O’Connor - The Lion and the Cobra

  Sinéad O'Connor - The Lion and the Cobra In un mondo che cerca la perfezione, i capolavori, lo stupore garantito senza dover fare fati...