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martedì 19 luglio 2022

La mia Recensione: Faust’ò - Suicidio

 Faust’o - Suicidio

1978


Ci sono artisti e album che sono fondamentali, aprono finestre, cambiano le nostre vedute, sono sintonizzati con le nostre inconsce richieste, sono regali fissati nel tempo, destinati a non sparire, un abbraccio che silente o logorroico che sia circonderà per sempre le nostre esistenze.

Nella seconda metà degli anni 70 gli artisti italiani cosiddetti ( e allora davvero erano così ) Alternativi cercavano la loro strada consci o meno che tutto odorava di rischio, intriso di incertezza e di dubbi a volte anche opprimenti.

Poi Faust’o lui, si, davvero era un Artista unico per moltissimi motivi, avvolto nella sua profonda coscienza e conoscenza, con un punto di vista del Sociale e del Personale che non aveva pari in quel momento. Il suo album di esordio ancora oggi suona come un fulmine in un periodo davvero buio; fu un lampo non visto bene, incompreso, una occasione persa per ringraziarlo per un talento compositivo davvero unico, insieme a dei testi che davvero si contrapponevano ad un Sistema che ha avuto vita facile nell’ostacolarlo: Fausto era pericoloso perché diritto, diretto, sincero, una lente di ingrandimento che rendeva  visibile quello che accadeva in Italia, qualcosa che faceva il ben più famoso Giorgio Gaber in uno stile diverso ma con la stessa capacità e volontà di scoperchiare la sporcizia dilagante che nasconde il vero e fa passare per vero il falso.

Suicidio è un album punk nel concetto, post punk e new wave nei suoni e nello stile, sperimentale, che guarda indietro nel tempo solo dove serve, che sa essere al contempo un esempio di freschezza, uno stimolo pazzesco per molti Artisti e non solo Italiani. È un Artista dal talento puro, che ha pagato di tasca propria la sua penna tagliente; non è stato considerato come avrebbe meritato perché scomodo, un urto fastidioso per chi la musica la vedeva come un passatempo che non deve toccare certe zone del Sociale, del Comportamento e del Pensiero comune.

Io semplicemente adoro questo album che è divenuto sin da subito essenziale, il mio album Italiano preferito degli anni 70 senza dubbi.

Purtroppo ancora oggi può dare fastidio, essere una lama nel ventre perché non è poi cambiata molto l’attitudine nel voler conoscere solo ciò che non ci urta, sembra ancora inevitabile che le cose ci debbano solo piacere perché non scomode...

Se volete fare uno scatto verso un luogo nel quale imparare davvero qualcosa che si rivelerà prezioso e credo pure fondamentale allora non esitate, questo album è pronto ad essere ascoltato da quella maggioranza di persone che preferiscono non scottarsi...qui lo stomaco si appiccica al dolore, storie che svelano quello che è preferibile non conoscere, canzoni di solitudine, di tristezza, di sogni marciti e finiti nei rifiuti, un viaggio nella decadenza con lampi di speranza che è tesa, nervosa, insicura.

Io spero dal profondo del mio cuore che prenderete la vostra intelligenza e la renderete più cosciente: non è mai tardi per crescere, grazie Fausto🖤


Intro


L’album inizia con un telefono che squilla ed un pianto di un bambino e poi una risata mistofelica.

Un pianoforte ed un basso a prolungare l’introduzione dell’album, un basso funky con una tastiera che sembra un circo che richiama l’attenzione.


Suicidio


E l’album inizia per davvero con la prima staffilata, una voce sinuosa e sottile arriva quasi a deridere la drammaticità della parola Suicidio. Una canzone dal vestito cabaret ci porta ai bordi della noia e del terremoto, due estremi che tentano una congiunzione. Il primo fuoco artificiale arriva ai nostri occhi sbalorditi, la morte viene presa in giro, si parla addirittura di divertimento, ed il suicidio un luogo che vale la pena di visitare, straordinario.


Godi


Chitarra e basso si affacciano e poi le parole di Fausto arrivano a tarparci le ali, uno sciorinare sentenze, una Società che viene distrutta con arguzia, siamo tutti derisi e colpiti...le bestialità emergono con una musica che sembra scherzosa mentre le parole sono badilate in faccia.


Bastardi


La prima avvisaglia dell’amore per David Bowie e Brian Eno la si può comprendere in questa fotografia che si muove nelle nostre coscienze addormentate. È un dipinto in note che ci fa abbassare la testa, quei Bastardi che viene urlato accompagnato dalla parola Naive la dice lunga sul suo talento nell’associare immagini.


Piccolo Lord


Gli echi del prog arrivano su questa composizione che profuma di primi anni 70. Una chitarra piangente su di un piano che tocca note di dolcezza, per poi ospitare una descrizione perfetta sulla bassa qualità dell’educazione familiare, di come si prenda sotto gamba un aspetto fondamentale della nostra esistenza, di come certi ruoli siano stravolti e di come si difenda anche ciò che è indifendibile giungendo ad avere pezzettini da dover assemblare come un puzzle impazzito.


Eccolo quà


Fausto è inarrestabile, un faro notturno sui mali diurni, un trattato indiscutibile che fa male davvero, ed il posto al sole lo si può solo sperare. Una musica che sembra uscire dalla Boston degli anni 30, sensuale e dinamica che muore del tutto se prestiamo attenzione a parole che sono graffi amari.


Il mio sesso


Eccolo il nuovo quadro che devasta, che con la sua amarezza ci offre una solitudine ed una mancanza di amore, e l’amore diventa solo un resocontare con se stessi, in modo meccanico, come fanno i robot e quella tastiera immensa che dilata la tensione.

Il coraggio di parlare di un qualcosa di cui ancora oggi si fa fatica ad accettare. 

Fausto non ha pietà: non giudica ma apre i nostri occhi del tutto.


C’è un posto caldo


Un falsetto apre la danza, una finestra che rivela un mostro, la nudità che diversamente da 

Il Mio Sesso si rivela totalmente.

Quanto fa male questa storia? Una storia di molti che trova un palco, una visibilità, una sporcizia che corrode e contagia.


Innocenza 


Fausto canta l’amore sempre, con le sue mille sfaccettature, qui in modo più palese. La morte arriva senza un grido ne fantasia, arriva piatta per appiattire e togliere il quotidiano, fatto nella canzone anche di un semplice gesto come la masticazione dei popcorn.

Rintocchi di piano sembrano smorzare questo pianto, questo lamento, questa ricerca di tentare nell’essere vivo.


Benvenuti tra i rifiuti 


L’ultimo capolavoro, un vomito continuo, un depositare in modo inerme le nostre esistenze, una canzone che è una bomba atomica senza ritorno, il sole che non viene a portare luce positiva bensì un rivelatore della merda che ci ha invaso, dove tutto non viene gettato via perché la solitudine non è contemplata da chi vuole avere tutto, da chi non vuole farsi mancare nulla.

La chitarra è moglie e testimone di questa voce che è un grido che squarta, con la realtà che sotterra il sogno.


Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford

20 Luglio 2021

https://open.spotify.com/album/0hL1QZ2GTU2EN9auyN4DcA?si=Y18_buDOSaCxGtpxrpX8OQ








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