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domenica 26 novembre 2023

La mia Recensione: HUIR - VITAL


HUIR - VITAL

Nella prateria immaginaria di abilità in costante movimento, qualcuno si inserisce dal mondo reale, debuttando con un invito ad adoperare gli aspetti negativi dell’esistenza, quelli che maggiormente si vorrebbero evitare. Sono due pirati coraggiosi, provenienti da Barcellona (Spagna), attenti a portare la loro profondità di intenti all’interno di un circuito sonoro che sa miscelare ombre e luci riuscendo a farci danzare, visitando generi musicali che sembrano uno solo: un miracolo dolce, potente, astuto, svelando intenzioni impressionanti da parte di chi si trova davanti alla prima pubblicazione. Del tutto integrati nella modalità artistica della loro label (Cold Transmission Music), questo combo pare avere la grazia di scrivere un gioiello che stuzzica la curiosità mentre, al contempo, scatena immediatamente i sensi verso una meravigliosa gioia cupa. Le poche note della chitarra rivelano l’approccio darkwave, l’atmosfera pare visitare un’indole elettronica con spruzzate eleganti di synth-pop che regalano scorrevolezza e una gioia strana, particolare, imbevuta di piccoli artigli. La voce e il cantato di Ana Of The Head è una carezza che ci riporta a quella intimità gotica dei primi anni Ottanta: soffice ma, con le parole che escono dalla sua ugola, è in grado di offrire brividi che scuotono l’anima. Dal canto suo, David Solazo è un ingegnere navale che porta la sua creatura in mezzo alle onde notturne spostando le onde con grande maestria. Semi seminascosti di una coldwave malinconica sembrano salire al cielo soprattutto quando la chitarra si assenta e Ana pare rimanere sola: una interessante congiunzione di stili diversi trovano il modo di aumentare il carico emotivo della scrittura. La produzione è affidata a un mago noto, quel Maurizio Baggio che conosce perfettamente il modo di arricchire le capacità degli artisti per un risultato che è evidente: saper essere soggiogati con infinita classe nei centonovantacinque secondi del brano, mentre si ha l’impressione di trovarsi all’interno di un circuito mentale nel pieno delle sue riflessioni. Il mistero, la luce, il ritmo, le intenzioni volte a un lavoro di seduzione mistica fanno di questa canzone un abbraccio speranzoso verso l’EP in arrivo nel prossimo anno. Riescono nell’intento di farci godere delle nostre esistenze e lo fanno buttandoci dentro la pista a cielo aperto di un oceano che porterà questa fiamma a illuminare una nuova parte di tutti noi. Semplicemente riuscita questa intenzione e possiamo dare il benvenuto a una nuova, seducente e capace, coppia artistica.


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford,

26 Novembre 2023

https://huirbanda.bandcamp.com/track/vital

sabato 8 aprile 2023

La mia Recensione: My Own Burial - Breathing Sorrow

 My Own Burial - Breathing Sorrow


My Own Burial - Breathing Sorrow


Lista della spesa: un chilo di Uruguay e uno di Catalonia.

Ora si vada in cucina e si guardi lievitare questo cibo delizioso impastato con amore e cura da questa band, che sa gravitare nelle curve pruriginose della paura e correre selvaggiamente dentro la mente tremante. Un disco che è una summa, un certificato di salute delle varianti e delle possibilità di cui la scena gotica odierna ha più che mai bisogno. L’elettronica, a giuste dosi, fa da collante a trame Post-Punk e Darkwave, con la sensazione che il Deathrock sia uno spettatore con tanta voglia di partecipare e infarinare pure quei transistors. Il risultato è un frullato di passione cadenzato da ritmi ossessivi e circondati da melodie piene di scheletri felici. Sia riconosciuto il merito al gruppo di mantenere sensato l’amore per questo tipo di musica, perché le undici canzoni dimostrano qualità divenute rare…


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
8 Aprile 2023





mercoledì 22 marzo 2023

La mia Recensione: Caliza - El jardinero (prod. Daniel Van Lion)

 Caliza  - El jardinero (prod. Daniel Van Lion)


Quando una ragazza decide di comporre un brano avendo nella testa di farlo per ringraziare un artista che ama, ha già il consenso dello scriba, specialmente se si considera la difficoltà del progetto nel caso in cui si parli di Brian Eno. Eppure lei ci riesce in un modo spaventoso, con vertici di creatività enormi e dilatati, spaziando nella sua capacità visionaria, proiettando la sua passione per l'ex membro dei Roxy Music e straordinario produttore dentro una canzone dalle mille ramificazioni. Un atto musicale come un mappamondo storico e geografico, dove lo spazio e il tempo generano una pacifica convivenza. Il talento di Madrid ha creato campi magnetici di Avant-Pop che si adattano a un Pop sperimentale, sino ad approdare all'Ambient imbevuto di Elettronica. Non resta che applaudire e fare un inchino.


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

22 Marzo 2023


https://caliza.bandcamp.com/track/el-jardinero-prod-daniel-van-lion








giovedì 28 aprile 2022

La mia Recensione: Flavio Ferri / Alex Dematteis - Speakdown

 La mia Recensione 


Flavio Ferri / Alex Dematteis - Speakdown


Un fiume nero scorre nelle vene di chi crede di averlo ancora rosso: un’incoscienza colpevole che addormenta i sensi, la ragione, camuffa e distorce la verità per finire dentro la zona della comodità, la nemica numero uno della saggezza, del benessere, del buonsenso e della verità che costruisce le basi di un miglioramento prima personale e poi collettivo.

Esiste un colpevole: l’ingannatore egoista.

Esso ha sodomizzato lo scorrere del tempo che aveva dei limiti ma ragionevolezze varie.

Flavio Ferri e Alex Dematteis l’hanno trovato e affrontato: atto disumano, crudele, ingiusto, violento e così non si deve fare, speriamo che abbiano scherzato.

Il loro lavoro si chiama Speakdown, tre angoscianti e dissacratorie cavalcate con spade tratte e lucidissime dentro questo cattivo che si nasconde e mostra solo il presunto benessere che contagia la civiltà moderna.

Non hanno fotografato la realtà perché le immagini sono fatte per essere dimenticate, servono a poco se non coniugate ad una ragione che scatta in piedi per reagire e agire, se è il caso di farlo.

Tutto quello che hanno prodotto è una dura lotta, centimetro per centimetro dentro il Capitalismo e il Mercato, fratelli siamesi di una esistenza anestetizzata e resa volgare. I due hanno pianificato un delirio, un contrasto pieno zeppo di frammenti indigesti atti a grattugiare l’apparato uditivo prima e la coscienza dopo.

Missili su crateri colmi di pece, dove non esistono barlumi di lucidità che possano confortare ed essere spunti propositivi.

Si sono dati il ruolo di distruttori di ciò che era già annientato di per sé, creando scenari apocalittici, cancellando la gradevolezza dell’ascolto della musica, che è divenuta magma, scintille di catrame, nebulosa, devastazione sonora, annullando e schiacciando la noiosa e inutile forma canzone.

Coraggioso e combattivo oltre ogni limite accettabile, Flavio Ferri ha operato scientemente non interessandosi al consenso (altro elemento catastrofico del Mercato) e ha costruito invece un micidiale marchingegno nel quale tutta la sua vorace combattività ha generato stridori come conseguenza del rapporto tra il concetto ed il mezzo utilizzato.

Facendo così l’artista milanese ha avuto modo di liberare l’espressività, la precisione, ha mirato e fatto fuoco con il suo ordigno, ha voltato le spalle alla comodità per farci sgranare gli occhi: rimane solo l’indifferenza a tutta questa follia. Per lui sarebbe la manifestazione evidente che il Mercato e soci vari sono scontati e in tal modo paleserebbe la sua vittoria, consapevole che in tutto questo la felicità non troverebbe luogo.

Purtroppo.

Dal canto suo Dematteis, su incarico di Ferri, ha scritto storie, scorticato la ragione dell’egoismo, inveito, arrossato il respiro e pianificato un insieme di pensieri che potessero resocontare il fallimento.

Ha insistito a descrivere la tossicità umana e vivisezionando lo squallore di una comunicazione massiccia, ma priva di un messaggio colto ed elevato, ha deciso di filmare con le parole amare gocce di veleno e micce di pensieri insoluti e di difficile  codificazione.

I rapporti, gli egoismi, il senso del possesso degli oggetti, la gravità di silenzi umani a favore del caos del consumo sono stati la scintilla creativa dei due per fare un disco pesante, ostico, indigesto, ma non scontato. Sono stati determinati e consapevoli e hanno portato l’arte nel luogo dove appare più assente: quello della volontà di fare dei disastri un punto di partenza, come un invito ad un senso collettivo che possa cambiare le carte.

Ma falliranno: il mondo ha troppe follie piatte per accettare questa che è lucida e iperdinamica.



Canzone per Canzone 



Daily Snapshot n.1


La luce del dopo nucleare comportamentale si apre su un tappeto elettronico e giunge la voce della Borsa a segnalare l’orrore di ciò che sopravviverà: la fame di speculazione, del guadagno. Ferri cammina lento con la processione analogica che rappresenta il tremore, la precarietà, la banalità che lotta per vincere. Suoni, come distruzione accesa e confermata, che si affacciano sino a quando un giro di basso pesante si accorda con un vibrato paranoico ed ossessivo. Da quel momento è un susseguirsi senza sosta di detriti fuori ritmo a sentenziare il vuoto che ha stravinto sul sistema umano di alienazione. Diciassette minuti di strazio e vertigine, con segni di terrore e al contempo di rassegnazione: la catastrofe è appena incominciata.


Fuck the Style


Dematteis e Ferri iniziano subito con la rappresentazione teatrale del vuoto che si compiace, la fiumana di sciocchezze che entra nell’illusione di una solitudine che pensa di trovare nella tecnologia l’unica modalità per valorizzare la comunicazione, divenuta proprio per questa ragione inesistente. Flavio crea angoscia, film muti con onde psichedeliche e industriali, beats e strati sonori ad alta densità termica: tutto viene congelato, quasi polverizzato da flussi catastrofici a ciclo perpetuo. Alex esamina il disastro umano e l’ignoranza con la sua assenza, seguendo Flavio per avanzare drammaticamente in una processione violenta: non rimane che quella modalità per mostrare l’imbecillità umana. Quasi sedici minuti di tortura sonora sconvolgente per divenire l’atterraggio sulla pelle della morte e per celebrare e definire la fine di tutto. Senza repliche. 



Understress 


Il balletto degli illusi, gli incubi che diventano un grido infinito trovano sede definitiva nell’atmosfera plumbea e agghiacciante delle rovine a battito impreciso di Ferri, che crea una simil danza allucinata, a tratti sensuale, con accenni melodici che illudono, come illude la realtà che inganna se stessa. Un mantra sidereo smette di gravitare nella volta celeste e plana su un mondo incattivito e sotto stress. Sono aghi le parole di Dematteis come lo sono i circuiti tetri di Ferri: uniti nel certificare il Mercato che, compatto, schiaccia i cervelli. Mantra bellici e astuti graffiano le orecchie con l’opposizione al senso ritmico, tutto si spezza, si interrompe e riprende come scatti inevitabili, sino a sconquassare la resistenza dell’ascolto. Parole come vermi contagiosi esplorano e sentenziano e la musica non è tale bensì un fungo allucinogeno che deturpa la lucidità. È un cataclisma a flussi, violenza perpetrata che su una elettronica bastarda, saccheggia tutto ciò che rimane della nullità umana…



Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

29 Aprile 2022


https://www.vrec.it/prodotto/ff01/




venerdì 22 aprile 2022

La mia Recensione: Olden - Questi anni

 La mia Recensione 


Olden  - Questi Anni


Ciò che non si capisce non si possiede.

Johann Wolfgang Goethe


Anime in giro che non vogliono capire ve ne sono molte: alcune innocenti, altre meno, ma assolutamente interessante è il concetto dell’intendere, del senso di perdita, di quello di conquista, di questo oceano di cose che viaggiano tra i luoghi e i non luoghi.

In Italia l’arte e la cultura si sono sposate perfettamente con Gianni Siviero, oscurato forse già da se stesso, ma sicuramente molto di più da quella parte di un paese che non ne ha saputo riconoscere la grandezza ed il talento.

Abbiamo però un appuntamento con la fortuna avendo un cantautore italiano, di istanza in Spagna, che ha voluto fortemente riprendere il percorso del Maestro Torinese trapiantato a Milano, nel suo penetrare la ricchezza di un campionario di canzoni che reclamavano considerazione, dando accesso anche ad una rivisitazione corposa.

Così facendo le due identità distinte hanno potuto convivere perfettamente.

L’album è solo un meraviglioso atto finale ma occorre studiare, indagare, capire le dinamiche di come questa grandiosa esibizione di bellezza possa essere finita dentro dieci farfalle dorate.

E questi insetti volano nello stomaco in un volo che Gianni e Davide Sellari compiono insieme: sono ali precise che operano nel nostro io interiore distribuendo petali di saggezza e gentilezza umana, senza rinunciare alla introspezione che spesso è scomoda ma necessaria.

Davide ha colto al volo la sua curiosità e talento, li ha messi uno di fronte all’altra e li ha educati in un esercizio che ha avuto come premessa il rispetto per le canzoni di Siviero.

Da lì la sua classe ha incominciato a dare alle composizioni un volto diverso, un pulsare verso altri battiti, un generare un rapporto come propri figli da educare e indirizzare alla vita.

Canzoni come “piccoli regali”, che arrivano ad essere ricchezza che si offre alle nostre anime pigre e “prive di trofei”.

Olden ha preso ago e filo, voce e passione, un senso architettonico nei confronti di quelle travi che Siviero ha rovesciato davanti ai nostri cuori.

Come si possa arrivare a coniugare la fiumana di considerazioni, gemme dalle labbra dorate di Gianni nella sensibilità del giovane cantautore di Barcellona è un glorioso mistero: nel tempo dell’ascolto vi è sempre la certezza che la perfezione esista e sia una vicenda umana.

Da qui l’atto della sorpresa che avanza atto dopo atto, con quella agilità che ci inebria.

Il tutto avviene con una musica soffice, musa di se stessa e graziosa nella sua abbondante propensione alla bellezza, con finezze sciolte nelle trame di coniugazioni sublimi tra gli strumenti appiccicati alla chitarra.

Nella danza del canto e della musica, nei quali i due hanno affittato la stanza della mutua condivisione, emerge anche la produzione eccelsa di Flavio Ferri, con le sue spinte e certezze cha hanno reso Olden libero di conoscere lo slancio che certifica l’unicità e la sicurezza di se stesso.

Ecco tre anime come Api Regine a lavorare insieme, a rendere il miele non un cibo troppo dolce bensì propenso al doveroso gusto amaro, perfettamente appiccicato a testi come artigli avvolti da sorrisi di fate.

Un disco che propone atmosfere sottili, le note che hanno la forza di non patire la grande affascinante corsa di parole davvero figlie di pugni necessari.

Si viaggia con il folk che bacia il rock più propenso a dolcezze che a ruvidi esibizioni di forza.

Ci si ritrova in Africa e in Asia con arrangiamenti suggestivi e benefici in flussi di abbondanza perfettamente collegati.

Canzoni come stagioni di vita, calendari che contemplano la vita e la salutano, una forma di informazioni che scavalca la banalità e la crudeltà di quella dei giornali e delle televisioni.

Qui tutto appare vero e credibile, con la bilancia che non sconfigge nessuno: a vincere è la verità.

Se riuscissimo ad accogliere questo album di Olden diventeremmo anime che hanno saputo dare consequenzialità alla progettazione, perché è nella natura umana costruire sicurezze e in questo nuovo disco ne troviamo molte.

Descrizione sia allora di queste farfalle: prendiamo vetrini e microscopio, serriamo gli occhi e allarghiamo il cuore perché abbiamo cibo prelibato in regalo di cui masticare la qualità per renderlo felice…


Dieci brani inediti di Gianni Siviero, con testi suoi e musiche sue e di Flavio Ferri.

Olden ha messo nella sua voce un arcobaleno interpretativo meraviglioso.

Tutto inizia con NON VOGLIAMO CAPIRE, un “noi” che viene esposto lasciandoci l’amaro in bocca per le verità che entrano dentro i nostri egoismi e limiti. Chitarra acustica, piano, organo e la voce di Gianni che tratteggia e graffia insieme a quella di Davide per stordirci sin dall’inizio.

Giunge PICCOLI REGALI, con la presenza di Rusò Sala, un cammino fatto di semi multipli e aperture “per non trovarmi solo al tramonto sul molo a salutare il sole”. Brano che esce dalla polvere del tempo, una carezza che circonda la nostalgia e la paura, con voci che danzano insieme, poi si alternano, mentre la musica cresce, con un volo che trasporta la nostra famelica voglia di movimenti sensuali perfettamente fissati dentro a questa traccia.

Con TROPPE COSE i due affondano, ci strapazzano con una storia cruda che le voci sembrano materializzare perfettamente confezionando un groppo in gola enorme. Olden canta come non mai: un signore dell’emozione che stordisce e ammalia. 

La mano sapiente di Flavio Ferri si sente: la sua coperta sonora avvolge perfettamente la chitarra mentre la voce di Davide è una folata di vento piena di lame e spine, quasi vibrante, che cade in piedi, fiera, sul nostro cuore.

QUESTI ANNI, con la presenza di Sighanda, ci conduce in una sospensione carica di consapevolezza ed energia al contempo, i pensieri si allineano ad una musica struggente, con rimembranze di Gianmaria Testa che corrono nella mente. Pennata di chitarra come ruggito, e la voce di lei che è pepe nero, e tutto si trasforma in un groviglio di lacrime e tensioni. E Olden diventa il fulmine che è caduto per mostrarci la sua intensità.

Arriva una parte della Storia Italiana che ancora brucia e le parole di Siviero sono una bomba che stavolta colpisce la nostra arrendevolezza: con ITALIANI VERI l’impegno sociale e la musica si uniscono in un cammino denso e profondo. Si sta fermi a inghiottire i nostri torti con questo brano che musicalmente è un amaro carillon del dolore, un necessario pugno dolce dentro la nostra mente addormentata.

Tocca a MILLE E NON PIÙ MILLE: il brano, che è un capolavoro di riassunto di abilità libere senza confini, è un film arabo, un vento che dal Sahara ci porta un rock quasi Stoner, ma sempre con quella sensualità nord africana a inchiodarci al muro. Gianni e Olden insieme sono una valanga di sabbia, donandoci l’immensità di una risposta mancante.

Una sciabolata di luce arriva con SERA DI LUGLIO (con la presenza di Claudia Crabuzza), con Gianni che diventa un geometra che disegna sogni e realtà. Ed è proprio la voce di Claudia a sposarsi perfettamente con la musica che inizialmente è un gatto sornione che gioca, poi Olden arriva e capiamo quanti passi la sua classe stia facendo: tocca a noi mettere i nostri passi nei suoi.

Arriva Wayne Scott per la stratosferica IN CERCA DI UN RAGIONAMENTO: quando un piano ed una chitarra aprono il cielo per divenire poi uno squarcio e tutto diventa una poesia nera a guardarci con i suoi ritorni al lato acustico per poi ricominciare ad essere fragoroso. Flavio qui mostra il suo lato imbattibile come produttore perché conferisce al brano la perfezione che merita, in un gioco di piani che si spostano dal basso verso l’alto e viceversa con perfetta abilità, spingendo Olden ad una meravigliosa esibizione vocale.

DIMMI GIORGIO è un incantevole dialogo con l’aldilà con un procedere che, partendo da echi di world music e l’attitudine al suono di Phil Spector senza dover essere devastante, rivela come il trio Siviero - Olden - Ferri sia predisposto all’essenziale, senza dispersioni. In due minuti e mezzo abbiamo in mano il contatto con il mistero ed il bisogno, con questa atmosfera musicale che è una culla del tempo e con i due che cantano come piovre che danzano nel cielo. 

Stiamo ancora nella volta celeste con l’ultimo brano che si chiama CHE BELLA LUNA.

Il vero ed il falso che rimangono a duellare nella mente mentre la musica ci porta il Tom Waits più oscuro, con una tensione che vuole afferrare la speranza per poi trovarsi in un lento chaos pieno di verità. Olden e Siviero recitano lo spettacolo affamato di una esistenza egoista che di fronte a sé di vero ha solo la luna. Ed è un terremoto musicale avvolto nella sua lentezza e amarezza, per un brano che sembra donarci un Franco Battiato in una escursione lunare più che mai necessario.


Olden ha dimostrato riconoscenza per la profondità e la bellezza immensa di Siviero e ha messo tutta la sua crescita artistica in questo album che merita luci costanti e applausi scroscianti. 

Un applauso va anche ai due compagni di bellezza che sono Ulrich Sandner (sua l’abilità di chitarre magnetiche e sensuali) e ad Alex Carmina per averci dato la possibilità di capire una volta di più che la batteria e le percussioni possono essere voli magnifici.


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford





Testi Gianni Siviero

Musica Gianni Siviero, Flavio Ferri 

Voce: Olden

con la partecipazione straordinaria di: Gianni Siviero, Rusó Sala (Piccoli regali), Sighanda (Questi anni), Claudia Crabuzza (Sera di luglio),

Wayne Scott (In cerca di un ragionamento)

Ulrich Sandner: chitarre acustiche ed elettriche Olden: chitarra acustica

Alex Carmina: batterie e percussioni

Flavio Ferri: basso, tastiere

Arrangiamento e produzione artistica: Flavio Ferri Produzione esecutiva: Cose di Amilcare

Registrato, mixato e masterizzato presso Republica Recordings, Barcelona, da Flavio Ferri.


L'album si può acquistare qui:


https://www.squilibri.it/catalogo/crinali/olden-questi-anni.html





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