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venerdì 18 marzo 2022

La mia Recensione: Dao Strom - Redux

 La mia recensione


Dao Strom - Redux


Un abbraccio quando è circolare prende tutte le zone della mente: se partiamo da questa considerazione il corpo avrà altre sensazioni, afferrerà intuizioni ed il suo perimetro sarà infinito.

Perché dall’unione dei frammenti il risultato non può essere solo numerico ma soprattutto sensoriale.

Ed è qui che l’artista Vietnamita Dao Strom ci porta con il suo ultimo film musicale: a collegare i sensi con gli occhi perennemente chiusi, facendoci toccare e vedere la sua magia nel modo migliore. 

La voce diventa una macchina fotografica, con la messa a fuoco precisa, senza sbavature, tutto all’insegna di una precisione che fa crescere fiori e può immortalare serenamente la poesia delle sue dita su una chitarra che come un’aurora boreale riesce a farci comprendere l’intensità delle particelle che dal sole scendono sulla Terra.

Può essere solo un incanto che ci mette su un tappeto volante per andare a baciarle una ad una.


Le sue parole sono dei “clic”: riprendono i corpi e i pensieri per profumarli di soffice fragranza destinati all’istante che diventa eterno.

Il suo cantato è un “clic”: riprende la spiritualità che vaga nella volta celeste e la porta più vicina, dentro i nostri sensi, per fasciarla di poesia.

Le immagini che usa nei suoi battiti sono “clic” che compiono il cammino della classe coniugata al mistero, per fare di noi bambini davanti al primo stupore.

Per la sua bellezza l’album necessita di consigli per l’ascolto: sarebbe bene mettersi seduti per terra, una candela vicino ai piedi, i testi davanti agli occhi, leggerli prima di ogni singola canzone, farli scivolare per terra, chiudere gli occhi e lasciare la finestra aperta: tutte le pesantezze del vivere prenderanno quella direzione per lasciarvi più leggeri.

E tra quei solchi esistono fila di connessioni che spingono verso una identità che muta per divenire un’esperienza dal beneficio assoluto.

Le atmosfere sono maestose ed epiche senza la presenza di molti strumenti: questa è una delle qualità dell’artista che ormai vive a Portland, ma sembra avere conservato quella spiritualità orientale del suo Paese nativo.

Con Redux Dao abbraccia il mondo per togliere le fiamme esagerate di questo momento agitato al fine di farlo divenire dolce onda gonfia di raggi solari.


Sono tracce che creano contatti tra la parte spirituale che non abbiamo tempo né voglia di conoscere e quella di un silenzioso cammino dei nostri segreti lasciati da soli. Sei come spinto a considerare che certa musica abbia il potere di silenziare la folla degli eventi che albergano in abitudini consolidate ma dannose.

Un disco che offre il riscatto, la morbidezza di una disciplina che nulla ha a che fare con la conoscenza religiosa e la sua fede.

Il beneficio non è immediato: occorre avere pazienza e come per una crema antirughe gli effetti si vedranno con il tempo. Ma la pelle della nostra coscienza, con questo album, troverà quello che la scienza non riesce a rendere fattibile: l’eternità.

Troviamo l’acqua nel deserto e non c’è confusione tra le strade delle città, le spiagge sono calore e aria che giocano a fare l’amore come adulti senza età…

Essere sconvolti da quello che non c’è apre porte abituate a stare chiuse da sempre, lei, non armata ma portatrice sana di proposte, compie il miracolo che forse nemmeno il figlio di Dio ha mai considerato possibile.

Si ascoltano note che svuotano i magazzini armati dei nostri pensieri e ci si accomoda, su quel tappeto, per imparare la calma dell’universo meno buio e meno noto.



Le canzoni



Come una lunga canzone che attraversa le colline del tempo, l’album vive dello scintillio di una chitarra che arpeggiando consente alla voce di Dao di elevarsi a guida spirituale o di divenire  una cantastorie moderna, per mostrarci il suo fotografare la vita lasciandola in movimento… genio assoluto.

Si parte con “Day That We Met” per lasciarci subito incantati tra la chitarra che rimbalza e la voce in approccio etereo.

Con “Only Angel” conosciamo la profondità del cielo e una pellicola scende dalla volta celeste con la sua voce che come un angelo ci protegge, con il cantato che conosce i piani bassi-alti per coccolarci.

Con “Caller of Spirit” tutto si fa intenso e liquido: si scivola nella profondità del tempo e la sua gentilezza prende con sé parole amare con il sorriso… Un’atmosfera malinconica non ci impedisce di vedere emozioni azzurre nel nostro cuore. E la parte elettronica di supporto rende il brano quasi trip-hop.

Se poi si vuole un film di Wenders vecchia maniera, “Jesus Darkness” potrebbe essere il brano guida. Echi di Sinead O’Connor si presentano ed il mondo si fa più piccolo.

La vita è una favola: siamo tutti dei bambini ancora, malgrado tutto, e la divina “Everything That Blows Wrecks Me”, è una ballad senza tempo che diventa la ninnananna per addormentare il male. La chitarra semiacustica che piazza un arpeggio micidiale, voci in mezzo alle nuvole ed una tastiera a rendere il tutto perfetto.

Se poi vuoi fotografare l’anima e le sue corsie intasate ecco “Inside”: se Suzanne Vega dovesse scegliere una nuova musa guarderebbe dentro questo brano: tutto sospeso, tutto vivo, e la delicatezza che soffia dentro queste voci doppiate che abbracciano la paura.

E quando le cose potrebbero essere drammatiche, “Ancestor” avanza negli ascolti perché quelle sue chitarre sono due sberle gentili che si prendono lo spazio per quotare la storia raccontata da Dao, qui Regina della saggezza.

Nuvole grigie avanzano per lasciare lo spazio alle due chitarre che sembrano felici dentro un labirinto con la tastiera che le tiene vicine e amiche. 

Con “Motherbear” siamo dentro ogni tensione che lascia se stessa per divenire un clavicembalo dorato, nella storia della vita che alimenta se stessa.

Se si ha bisogno di uno scatto fotografico del passato sarebbe preferibile tenerlo vivo lasciandogli la porta aperta: “Waking” è tutto ciò; la poesia della saggezza con le voci angeliche come benedizione.

E se ci sono segreti che potrebbero separare le persone, non si può fare a meno di “Innocent” che conclude l’album, lasciando la certezza che nel dialogo vi sia contatto e quindi possibilità di risolvere le cose. Un arpeggio che arriva da lontano, benedetto e prezioso, il folk antico che non perde la sua bellezza.

Tutto finisce per ricominciare: di nuovo foto mobili da fare perché uno scatto che blocca un momento è un assassino. Dao l’ha capito e ha reso possibile un miracolo: è da proteggere…


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

18 Marzo 2022 


https://antiquatedfuture.bandcamp.com/album/redux


https://music.apple.com/gb/album/redux/1612298044


https://open.spotify.com/album/5iCdBWl7jLOmvh1WbXiiut?si=n5Sg_Y6TQMutZbV-rCAF_w







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