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giovedì 28 aprile 2022

La mia Recensione: Flavio Ferri / Alex Dematteis - Speakdown

 La mia Recensione 


Flavio Ferri / Alex Dematteis - Speakdown


Un fiume nero scorre nelle vene di chi crede di averlo ancora rosso: un’incoscienza colpevole che addormenta i sensi, la ragione, camuffa e distorce la verità per finire dentro la zona della comodità, la nemica numero uno della saggezza, del benessere, del buonsenso e della verità che costruisce le basi di un miglioramento prima personale e poi collettivo.

Esiste un colpevole: l’ingannatore egoista.

Esso ha sodomizzato lo scorrere del tempo che aveva dei limiti ma ragionevolezze varie.

Flavio Ferri e Alex Dematteis l’hanno trovato e affrontato: atto disumano, crudele, ingiusto, violento e così non si deve fare, speriamo che abbiano scherzato.

Il loro lavoro si chiama Speakdown, tre angoscianti e dissacratorie cavalcate con spade tratte e lucidissime dentro questo cattivo che si nasconde e mostra solo il presunto benessere che contagia la civiltà moderna.

Non hanno fotografato la realtà perché le immagini sono fatte per essere dimenticate, servono a poco se non coniugate ad una ragione che scatta in piedi per reagire e agire, se è il caso di farlo.

Tutto quello che hanno prodotto è una dura lotta, centimetro per centimetro dentro il Capitalismo e il Mercato, fratelli siamesi di una esistenza anestetizzata e resa volgare. I due hanno pianificato un delirio, un contrasto pieno zeppo di frammenti indigesti atti a grattugiare l’apparato uditivo prima e la coscienza dopo.

Missili su crateri colmi di pece, dove non esistono barlumi di lucidità che possano confortare ed essere spunti propositivi.

Si sono dati il ruolo di distruttori di ciò che era già annientato di per sé, creando scenari apocalittici, cancellando la gradevolezza dell’ascolto della musica, che è divenuta magma, scintille di catrame, nebulosa, devastazione sonora, annullando e schiacciando la noiosa e inutile forma canzone.

Coraggioso e combattivo oltre ogni limite accettabile, Flavio Ferri ha operato scientemente non interessandosi al consenso (altro elemento catastrofico del Mercato) e ha costruito invece un micidiale marchingegno nel quale tutta la sua vorace combattività ha generato stridori come conseguenza del rapporto tra il concetto ed il mezzo utilizzato.

Facendo così l’artista milanese ha avuto modo di liberare l’espressività, la precisione, ha mirato e fatto fuoco con il suo ordigno, ha voltato le spalle alla comodità per farci sgranare gli occhi: rimane solo l’indifferenza a tutta questa follia. Per lui sarebbe la manifestazione evidente che il Mercato e soci vari sono scontati e in tal modo paleserebbe la sua vittoria, consapevole che in tutto questo la felicità non troverebbe luogo.

Purtroppo.

Dal canto suo Dematteis, su incarico di Ferri, ha scritto storie, scorticato la ragione dell’egoismo, inveito, arrossato il respiro e pianificato un insieme di pensieri che potessero resocontare il fallimento.

Ha insistito a descrivere la tossicità umana e vivisezionando lo squallore di una comunicazione massiccia, ma priva di un messaggio colto ed elevato, ha deciso di filmare con le parole amare gocce di veleno e micce di pensieri insoluti e di difficile  codificazione.

I rapporti, gli egoismi, il senso del possesso degli oggetti, la gravità di silenzi umani a favore del caos del consumo sono stati la scintilla creativa dei due per fare un disco pesante, ostico, indigesto, ma non scontato. Sono stati determinati e consapevoli e hanno portato l’arte nel luogo dove appare più assente: quello della volontà di fare dei disastri un punto di partenza, come un invito ad un senso collettivo che possa cambiare le carte.

Ma falliranno: il mondo ha troppe follie piatte per accettare questa che è lucida e iperdinamica.



Canzone per Canzone 



Daily Snapshot n.1


La luce del dopo nucleare comportamentale si apre su un tappeto elettronico e giunge la voce della Borsa a segnalare l’orrore di ciò che sopravviverà: la fame di speculazione, del guadagno. Ferri cammina lento con la processione analogica che rappresenta il tremore, la precarietà, la banalità che lotta per vincere. Suoni, come distruzione accesa e confermata, che si affacciano sino a quando un giro di basso pesante si accorda con un vibrato paranoico ed ossessivo. Da quel momento è un susseguirsi senza sosta di detriti fuori ritmo a sentenziare il vuoto che ha stravinto sul sistema umano di alienazione. Diciassette minuti di strazio e vertigine, con segni di terrore e al contempo di rassegnazione: la catastrofe è appena incominciata.


Fuck the Style


Dematteis e Ferri iniziano subito con la rappresentazione teatrale del vuoto che si compiace, la fiumana di sciocchezze che entra nell’illusione di una solitudine che pensa di trovare nella tecnologia l’unica modalità per valorizzare la comunicazione, divenuta proprio per questa ragione inesistente. Flavio crea angoscia, film muti con onde psichedeliche e industriali, beats e strati sonori ad alta densità termica: tutto viene congelato, quasi polverizzato da flussi catastrofici a ciclo perpetuo. Alex esamina il disastro umano e l’ignoranza con la sua assenza, seguendo Flavio per avanzare drammaticamente in una processione violenta: non rimane che quella modalità per mostrare l’imbecillità umana. Quasi sedici minuti di tortura sonora sconvolgente per divenire l’atterraggio sulla pelle della morte e per celebrare e definire la fine di tutto. Senza repliche. 



Understress 


Il balletto degli illusi, gli incubi che diventano un grido infinito trovano sede definitiva nell’atmosfera plumbea e agghiacciante delle rovine a battito impreciso di Ferri, che crea una simil danza allucinata, a tratti sensuale, con accenni melodici che illudono, come illude la realtà che inganna se stessa. Un mantra sidereo smette di gravitare nella volta celeste e plana su un mondo incattivito e sotto stress. Sono aghi le parole di Dematteis come lo sono i circuiti tetri di Ferri: uniti nel certificare il Mercato che, compatto, schiaccia i cervelli. Mantra bellici e astuti graffiano le orecchie con l’opposizione al senso ritmico, tutto si spezza, si interrompe e riprende come scatti inevitabili, sino a sconquassare la resistenza dell’ascolto. Parole come vermi contagiosi esplorano e sentenziano e la musica non è tale bensì un fungo allucinogeno che deturpa la lucidità. È un cataclisma a flussi, violenza perpetrata che su una elettronica bastarda, saccheggia tutto ciò che rimane della nullità umana…



Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

29 Aprile 2022


https://www.vrec.it/prodotto/ff01/




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