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giovedì 12 maggio 2022

La mia Recensione: Garbo - Come il vetro

 La Mia Recensione:


Garbo - Come il vetro


“Si usa uno specchio di vetro per guardare il viso e si usano le opere d’arte per guardare la propria anima”

George Bernard Shaw


Il percorso del tempo apre angoli, strade, percezioni, decisioni, baci, eventi e attese, come un fiume che attraversa le generazioni.

Si può racchiudere in uno scenario che comprenda e sviluppi tutto questo, maggiorando il tutto con un respiro sapiente sino a farlo divenire un concetto transitorio?

Se ti chiami Renato Garbo sì. E farlo maledettamente bene, aggiungerei.

Come completamento del percorso dei due album che l’hanno preceduto (Blu e Gialloelettrico), Renato sfodera la potenza pregna di saggezza che sente il bisogno di uscire, di attraversare la propria fisicità e trovare la dimensione nell’aria mettendola a disposizione di note che tra fragilità e armonie vestono i nostri ascolti di un uomo perfettamente bilanciato. 

In questo lavoro muoiono i colori per far entrare un colore unico, innaturale, sconosciuto, intenso, difficilmente visibile: la trasparenza.

Ritroviamo una colonna sonora della nostra giovinezza come un ragioniere che con gli anni non ha smesso di fare calcoli, di valutare, di farsi seguire se siamo attenti ai suoi guizzi che sospendono il percorso dei giorni. No, non è Dorian Grey: il suo volto non nega la vecchiaia che velenosa accende le sue rughe, ma riesce a fare dell’anima una vergine che spezza il tempo.

Eccoci, dunque, con testi descrittivi che lo mettono a disposizione dei nostri occhi, che devono impegnarsi per poterlo vedere. Storie come indagini, come abiti neutri a proteggere la trasparenza perché, apparentemente fragile, in realtà la sua forza potrebbe fare di noi persone completamente autentiche in quanto dove c’è lei può esistere solo la realtà.

Musicalmente COME IL VETRO è invece un arcobaleno elettronico, dal grigio dall’umore ballerino al giallo coraggio, al nero spaesato, al marrone pesante come un mattone in volo.

Si danza, con gli anni suoi fatti di estese ricerche e sperimentazioni. Si suda con i suoni che attraversano le ultime quattro decadi dove troverete i Japan che corrono, David Bowie che ferma il tempo, i Kraftwerk che giocano a nascondino alla faccia della trasparenza, i Jesus and Mary Chain con la parrucca e molti altri, tutti messi in fila dalla classe di Garbo che sa ancora incidere solchi propri nei nostri cuori con la sua strabordante propensione a fare del particolare una piccola roccia, dentro la schiena di una montagna.

Cerca l’amore e lo trova: gli serve per salvarlo dal tempo che spesso cancella il percorso perché si chiude in se stesso, facendo in modo che risulti irraggiungibile l’analisi e il conforto di chi è stato giovane. Colora le stagioni, cerca i rumori, i volti, esplicita i desideri che ancora non si piegano ed elimina i filtri della paura e della malinconia. 

Si fa visibile come non mai, nudo e attaccabile ma anche disposto a farsi accarezzare: sta a noi decidere come viverlo, se e come portarlo dentro noi; abbiamo la possibilità di vedere la sua anima sorriderci, i suoi impulsi che trasmettono creatività e che hanno saputo vincere quella sponda del successo di cui gli hanno tolto le chiavi quasi sin da subito, negli anni 80, tanto, tanto tempo fa.

Scrive un album che ha la forza misteriosa che la nuova generazione non conosce, esprime concetti che si possono contestare con la sua forza trasparente che forse noi non abbiamo più. È riuscito a non distanziarsi dal suo stile: è ancora riconoscibile ma in questo insieme di canzoni, in modo definitivo, riesce ad essere quello che immaginavamo sarebbe divenuto un giorno. Ebbene: l’ha fatto ma stupendo con i suoi pezzi colorati che si sono trovati la pelle lucida, privi del loro dna per avere il colore del vetro. 

Canta “non voglio più guardare indietro” e, nell’insieme di quest’opera, con le sue autocitazioni, demarca perfettamente tutto ciò che gli è rimasto, che ha tolto del suo passato, per rilasciare riflessa per sempre l’immagine della sua maturità, che dal fiume è arrivata alla radio con il clima di giornate di pioggia dentro i raggi di sole.



Canzone per Canzone


Come il vetro


Iniziamo a guardare dentro e oltre noi stessi, con la canzone che dà il titolo all’album: basso e chitarra si uniscono in un inizio teso e poi giunge a grancassa della batteria, per arrivare velocemente al ritornello dove l’elettronica comanda e si ha la percezione che la sua voce sia a disposizione di una lucida malinconia. 

È un gioco di ritmi incalzanti che si stoppano ma tutto sembra avere il proprio, con il cantato in inglese che regala l’internazionalità che musicalmente aveva già.


Chi sei 


Riconosciamo il Garbo di cui ci siamo innamorati avendo ben presente che tutta la sua domanda è frutto di un bisogno radicale. La tastiera disegna una prateria leggera, la voce scava ed un respiro femminile entra dentro la strofa sino ad arrivare ad accompagnare nel canto Renato. La sensazione è che musicalmente la situazione sia gravida di antiche passioni sonore con un abito moderno ma non alla moda, perché Garbo ha sempre cavalcato l’intelligenza che non si sposa con la massa.


Voglio morire giovane


La chitarra iniziale sembra un tributo ai Cure fine anni 80, ma poi il tutto si sposta e l’analisi di chi vuole scoprire le cose e mostrarle continua. Una miscela mista di dolcezza e calore visita le note di un brano che raccoglie l’eredità del suo primo album. E poi i Jesus and the Mary Chain si affacciano con il loro riff a far compagnia.


Lei


Tornano i Cure nei primi secondi: questa volta il brano sembra figlio di Cold. Poi il piano e la tastiera prendono il tutto e diventa mistero volatile, che ansima di elettronica seducente. La luce diviene il mezzo con il quale si può guardare in faccia ai desideri e tutto conduce verso un vertice elettronico, di una sensualità innegabile.


Più avanti


Prendi la lounge music e rendila capace di accogliere particelle di Donna Summer, intarsi Jazz nell’assolo, ma con la voce di Garbo scorgi gli incroci più strani mentre, straordinariamente, ti accorgi di essere di fronte a un treno pieno di raggi solari che lo fanno spostare sulle rotaie. 


Ciao


L’inizio conduce ai Depeche Mode di Home e la vicenda mi turba, ma poi la musica è capace di dimostrare ancora una volta che Renato è sempre stato in grado di essere più originale della band inglese. E il cantato è una spruzzata di luce con la classe che fa vincere senza dubbi.

L’autore milanese diventa il pittore di una modella assente, ma che dalle strade si materializzerà. E la canzone scalda l’identità che prende corpo.


Voglio tutto 


Ecco ciò che non ti aspetti e che invece sa sedurre lo stupore per farlo girare dentro l’accoglienza più piena.

Due voci come alleate tranquille sulla scia di suoni a rendere lo spazio un dolce sogno. Un crooning che interroga e che rivela come il rumore sia parte della nostra identità.


Anni


Sorella, nel climax, della canzone precedente, la voce sale in cattedra, il piano vola e fa volare tutti noi dentro i circuiti dei pensieri. La linea melodica si fa più cupa ma al contempo sognante. Viene voglia di piangere, le note proseguendo sembrano attirare i nostri occhi verso l’umidità di una nebbia che avanza. 


Baby I love you 


Tolti gli archi della versione originale dei Ramones all’inizio del brano (per inserirli in corsa), Garbo ci mette le chitarre che non c’erano, ma tutto si dimostra un miscela fresca e imprevedibile.

Forse un pezzo decontestualizzato nell’album, ma valido nella sua essenza.


No


Ritmo e enfasi, tracce di Human League e Ultravox che si specchiano: poteva essere altrimenti? Garbo sospende il tempo all’anno 1986 e 36 anni dopo ne sentiamo ancora tutto il profumo. Dal fiume le anguille escono e corrono veloci su onde magnetiche capaci di dare al basso pulsante la miglior compagnia possibile.


La mia finestra


Un brano breve, figlio del Battiato etereo e ondivago tra la ricerca e la spiritualità.

Portatore sano di silenzio e pioggia, Renato si tuffa dentro gli sguardi per portare a termine il suo nuovo passaporto mentale, riuscendoci benissimo. Ed è il “Noi” a chiudere il percorso insieme all’“Io”, dimostrando ancora una volta la sua grande maturità.


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

12 Maggio 2022


https://open.spotify.com/album/2igZkVvcb41Gq8yFM9wqxz?si=ffnsHYQUQxuUosPMtdigtg








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