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domenica 23 aprile 2023

La mia Recensione: The National Honor Society - To All The Distance Between Us

 The National Honor Society - To All The Distance Between Us


La si ama proprio tanto la band di Seattle: il suo Pop è una carezza romantica, un approccio garbato, una successione di canzoni che spaziano, variano di parecchio, con uno stile che è facile riconoscere.

Si passa da un Indie Pop capace di alte velocità a un Alternative che pare avvolgere senza voler sembrare scortese, ma sempre con la melodia al centro, facendo credere che la città si sia spostata a Birmingham (UK), nella metà degli anni Novanta, avvicinandosi nella zona della Sarah Records con atomi di Dreampop acerbo e spettacolare. Colpisce e affonda la capacità di instaurare un rapporto, con le sue canzoni, nel quale sono proprio i componenti della band a essere sorpresi per primi, per il lavoro di arrangiamenti che le fanno volare nel cielo delle nostre fantasie…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Supino

23 Aprile 2023


https://thenationalhonorsociety.bandcamp.com/album/to-all-the-distance-between-us








My Review: The National Honor Society - To All The Distance Between Us

The National Honor Society - To All The Distance Between Us


You really love this Seattle band: its Pop is a romantic caress, a gentle approach, a succession of songs that range, varying a lot, with a style that is easy to recognise.

It goes from an Indie Pop capable of high speeds to an Alternative that seems to envelope without wanting to sound rude, but always with melody at its core, making one believe that the city has moved to Birmingham (UK), in the mid-nineties, approaching the Sarah Records area with atoms of acerbic and spectacular Dreampop. Striking and sinking is the ability to establish a rapport, with its songs, in which it is the band members themselves who are surprised first, by the arrangement work that makes them soar into the skies of our fantasies...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Supino

23rd April 2023


https://thenationalhonorsociety.bandcamp.com/album/to-all-the-distance-between-us




giovedì 13 aprile 2023

La mia Recensione: Beach Vacation - Lay Low

 Beach Vacation - Lay Low


Quanto è salutare la freschezza dell’Indie Pop che fa il bagno nello Shoegaze: ne viene fuori una danza pulita, profumata, che veicola allegria, un contagio dell’umore che riempie di endorfine e offre nuove energie. Il singolo della band di Seattle è un esempio di come la città della pioggia per eccellenza sappia mettere da parte quella storia che negli ultimi decenni è stata ingiustamente legata al grunge. C’è qualità, propensione alle positività dell’esistenza e con questo brano possiamo immaginare che anche il sole voglia illuminare delle belle anime come quelle di questi ragazzi. È un gioiellino questa Lay Low, non vi sono dubbi: le chitarre sono bilanciate verso un rapimento, le voci sono un bacio delle nuvole, il basso ha un fare Post-Punk senza rabbia e il drumming è umile, solare, comunque potente. Si viaggia nella dolcezza e di questi tempi è un miracolo…


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
13 Aprile 2023




My Review: Beach Vacation - Lay Low

 Beach Vacation - Lay Low


How healthy is the freshness of Indie Pop bathing in shoegaze: the result is a clean, perfumed dance that conveys cheerfulness, a mood contagion that fills with endorphins and offers new energy. The Seattle band's single is an example of how the city of rain par excellence knows how to put aside the history that has been unfairly linked to grunge in recent decades. There is quality, propensity for the positivity of existence, and with this track we can imagine that the sun also wants to shine on beautiful souls like those of these guys. It's a gem this Lay Low, there's no doubt about it: the guitars are balanced towards a rapture, the vocals are a kiss of the clouds, the bass has a Post-Punk feel without anger and the drumming is humble, sunny, yet powerful. It travels in sweetness and in this day and age that's a miracle....


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
13th April 2023






sabato 4 marzo 2023

My Review: Korine - Tear

 Korine - Tear


The old scribe returns to Pennsylvania to certify his adoration for the work of Korine, an amazing line-up from Philadelphia which, in this feverish February, cures our flu symptoms and gladdens our days with its sparkling and clamorous freshness, in a tree-lined avenue of songs that give oxygen and comfort.

Joy arrives, lightness imbued with awareness, with rhythms that induce dancing, and it is a levitating in the air to see the world with smiles, forgetting the blackness that overpowers it, like a generous display of dreams that overcome the impossible.

The 90s show the need for heirs within that crowded crossroads of Alternative, Synthpop, Indie Pop, Post-Punk, Pop and waves of Electronics: the band succeeds perfectly in their intent, like an absurd that wakes up and makes us witness a miracle. This happens in the ten episodes and the listening is repeated, one longs for it, one has found a new friend who doesn't break the bank, but rather entertains us in a way we haven't witnessed in a long time: music as mood elevation and the conquest of serenity. The album is the victory of research, of good taste, of the attitude to caress our days with a soundtrack that shows the film of their art: class and infinite vitality…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

4th March 2023


https://korine.bandcamp.com/album/tear




La mia Recensione: Korine - Tear

 Korine - Tear


Il vecchio scriba torna in Pennsylvania per certificare l’adorazione per il lavoro dei Korine, strepitosa formazione di Philadelphia che in questo febbricitante Febbraio ci cura i sintomi dell’influenza e allieta le nostre giornate con la sua sfavillante e clamorosa freschezza, in un viale alberato di canzoni che donano ossigeno e confortano.

Arriva la gioia, la leggerezza intrisa di consapevolezza, con ritmi che inducono a ballare, ed è un levitare nell’aria per vedere il mondo con sorrisi, dimenticando il nero che lo sovrasta, come un’esibizione generosa di sogni che vincono sull’impossibile.

Gli anni ’90 mostrano la necessità di avere degli eredi all’interno di quel crocevia affollato di Alternative, Synthpop, Indie Pop, Post-Punk, Pop e di ondate di Elettronica: la band riesce perfettamente nell’intento, come un assurdo che si sveglia e ci rende testimoni di un miracolo. Questo accade nei dieci episodi e l’ascolto si ripete, lo si desidera, si è trovato un nuovo amico che non rompe le scatole, bensì ci fa divertire come non lo facevamo da tempo: la musica come elevazione dell’umore e la conquista della serenità. L’album è la vittoria della ricerca, del buon gusto, dell’attitudine ad accarezzare i nostri giorni con una colonna sonora che mostra il film della loro arte: classe e vitalità infinita…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

4 Marzo 2023


https://korine.bandcamp.com/album/tear




lunedì 21 novembre 2022

La mia Recensione: Phomea - Me and my army

 Phomea - Me and my army


Come è bello avere modo di accedere alla profondità di un’anima dotata di classe e stile.

Stiamo perdendo la vista, non ho dubbi, guardiamo nei luoghi e nelle cose sbagliate e, purtroppo, lo facciamo anche per la musica.

Non dobbiamo però disperare o cedere ascoltando brutta musica (sì, esiste), perché un nuovo album è pronto per essere accolto.

Quello riguardo il quale voglio scrivere è un lavoro profondo, onesto, con gemme che vanno approcciate con garbo e riconoscenza: Phomea ha dato alla luce canzoni illuminanti, calde, di sana e robusta costituzione, dove la dolcezza e modi gentili si affacciano per lubrificare la nostra sete di calore. Ed è un mondo che proviene dal folk, dall’alternative, da una spiccata sequenza di melodie che si conficcano nella testa e, grazie a una voce che accarezza l’ascolto, con una sensibilità che coinvolge e sorprende.

La scelta della lingua del cantato è perfetta: l’inglese si adagia con armonia e genera un’attrazione molto piacevole e profonda. 

Spero (sarebbe un segnale di grande intelligenza e di una lezione veramente appresa a fondo) che questo lavoro non risulti come una somma di riferimenti, di artisti e canzoni, miscelati tutti insieme perché la sensibilità e la raffinatezza presenti marcano un’unicità che merita riconoscimento e sostegno. Come un amo che pesca dall’acqua musicale più pura, c’è un approccio successivo di purificazione e valutazione nel quale l’aspetto primario è l’inserimento di uno stile creato e sviluppato all’insegna di una variabilità che si sganci da quei semi che quell’acqua sa lasciare.

Il Pistoiese Fabio Pocci è una carezza sulla mente, con la maturità di eccellere grazie alla sua scrittura epidermica, sottile, in grado di far germogliare le radici di un approccio anni ’90 verso questa attualità, finendo per risultare un angelo con il respiro protettivo nei confronti delle nostre anime.

C’è odore di una forte progettualità: un'acuta osservazione dell’umanità vista da un satellite immaginario nel quale provare a scindere il reale dalla sua proiezione, un libro scrivente sui movimenti di una realtà che non arresta la sua volontà di essere sfuggente e di assentarsi per curarsi su un piano finto, vuoto, virtuale. Arriva lo stratagemma, immagini e algoritmi connessi per condurre lo sguardo alla verità. Per fare questo Phoema sposa la duttilità di generi musicali che siano cerchi di grano, passeggiate solitarie con il taccuino in mano. Non fotografo del reale, ma scrittore di immagini che consentano all’autenticità di rimanere salva, di non emettere giudizi negativi. Ci si sposta nella musica folk (figlia del sistema cantastorie), per immergerla in una elettronica ragionata, che compare a spruzzi perfettamente razionalizzati, in quell’alternative rock che lascia la pelle dei pensieri sempre morbida. Conquista l’assenza di distorsioni, di rumori inutili, per semplificare il tutto. Non vi sono tragedie da raccontare, bensì l’impressione che l’artista toscano sappia trovare bellezza nel disastro comportamentale. 

Un disco ematico: porta proprio, e molto bene, il sangue al cervello per poter ragionare meglio, mettendolo in condizione di soffiare via la solitudine, dicendole di spostarsi, di assentarsi, di rimanere fuori dai nostri già numerosi sfaceli. Tutto ciò rivela quanto Me And My Army sia salutare, solare e profondo: finalmente si torna a fare cultura attraverso la musica e anche solo per questo motivo merita un supporto caloroso e un abbraccio fraterno. I brani sono capitani dell’intelligenza con un cappello saldo sul capo, senza esitazioni, per pilotare il viaggio cosciente con grande maestria e attenzioni. I ritmi presenti sviluppano, nell’ascolto, un’onda leggera, dove il coinvolgimento è più mentale che fisico, conferendole unicità, con il bisogno di linee melodiche che accolgono quelle incursioni vibranti fatte di chitarre sagge, con il basso che visita generi musicali senza vincoli e dove la batteria è un termometro degli istinti umani. Disco che più che sommare canzoni è una corsa di violino che si allunga trovando la nota corretta per un’analisi che si precisa perfettamente. Accenni psichedelici connettono l’elasticità musicale alla perfezione. Esiste la perfezione? Sì: nell’abilità di scrivere la verità di un disastro umano senza urlare, dove non c’è la poesia ma una sensibilità forse addirittura superiore.

Un album come compagno di identità, come professore, come studente, nel quale non è la confidenza che ci può legare ma la convinzione che nella solitudine esista una possibilità di crescita infinita…


Song by Song


1 Take Control

La prima immagine è una scintilla di consapevolezza che parte dolcemente: la voce e la chitarra compagne di cielo e poi un crescendo minimalista per un brano che libera i respiri, avendo lasciato la gabbia del controllo.


2 Me and My Army


Ed è stupore perché le rive che si intravedono sono gemme malinconiche, tra chitarra semiacustica e il pianoforte a iniziare lo scatto di un nuovo luogo, soprattutto mentale. La voce sale delicatamente su un registro che ammanta e ci porta la colpa negli occhi, in passaggio…


3 Unplease Me


I limiti umani sbocciano dentro la chitarra gothic-folk, con rimandi che affascinano, ma poi la tendenza è quella di rendere la canzone la pace di un respiro elettrico che la definisce, con le sue pause, mentre la batteria è intraprendente, il risultato ci offre un ritornello pieno di acqua al bordo degli occhi.


4 Lover


Si esce fuori, a bruciare il mondo, e lo si fa con un richiamo a Nick Drake, ed è un gran bel modo per partire. Ci si ritrova nel ritmo che abbandona la morbidezza e scivola via felice prendendoci con sé. Un bell’assolo, nel confine di una melodia seduttiva, ci convince: andiamo pure noi a sorridere al fuoco, facendo attenzione alla ferita che probabilmente è in arrivo.


5 Ruins of Gold


La solitudine appartiene a tutti e questo brano ce ne mostra il lato che ci interroga, dal testo a una musica capace di abbracciare il folk e l’elettronica in modo delizioso. La voce tremante, tra echi e chitarre che sembrano mandolini con la febbre, riesce a essere il centro di controllo del nostro percepire. Si viaggia negli anni ’90 che, sentendosi emarginati, chiedono a Phomea un abbraccio.


6 J.B. 


Arriva un interludio musicale, con uno spoken word che ci tempesta di domande, dentro oscillazioni cacofoniche che paiono il lamento di un’anima tesa.


7 What About Us


Si entra nella natura, nei frutti della terra, nella forzata coesistenza, e il canto si fa mistero, sussurri invadono le note ed è un calore naturale, che attraversa le maschere, i comportamenti che si fanno dubbiosi. E un tappeto elettronico concede spazio a schitarrate gonfie di veleno.


8 Run


Echi Nordici (Saybia, la fantastica band Danese su tutti) assorbono il pathos di un brano che sa grattare la polvere e per farlo passa da una lentezza accennata a una forma alternative rock vogliosa di offrire grandi spazi visivi. Ed è un gioco di melodie che pare provenire dagli anni ’70, sino a elevare il bisogno di dimenticare e correre via…


9 The Swarm


Pizzicare la pelle di una gabbia e farla accoppiare con una chitarra dallo sguardo malinconico, attendere la voce e un cantato che fa sedere e addormentare la stanchezza. Un brano che sale nel cielo dei nostri sogni malgrado le parole abbiano quintali di piombo addosso, ma è proprio qui che si capisce il valore di un miracolo. A completare il tutto ci pensa il senso estetico sonoro di un grandioso Flavio Ferri, che appiccica alla canzone il senso di infinito.


10 Perfect Stone


Phomea fotografa il tempo e le sue creature, con la voce che cerca di mettere le impronte in una vocalità baritonale. Ma poi fugge piacevolmente da sé e la porta dolcemente in un libero volo, tra romanticismo e dolore. La melodia cresce, si svincola, spinge verso un alternative dalla veste dorata, con una attenzione meticolosa nel non far cadere la tensione emotiva.


11 Dark 


Una cena con Joseph Arthur non si rifiuta, come con Tom McRae: si dia voce all’intimità, tra giochi di libellule in volo dentro parole sottili come respiri. Phomea rivela le stigmate del fuoriclasse che si beve il buio per completare la sua identità. La chitarra sembra picchiare l’insicurezza sino a consentire agli archi e all’organo di saldare il sogno e l’eternità. Struggente dimostrazione di classe fertile. 


12 Look At You


Neil Young si affaccia, con Tim Buckley e Michael Stipe a suggerire immagini da sistemare ai bordi dell’acqua. La voce come rabdomante: deve trovarla per lavare gli sguardi e la trova con una canzone che chiude il cerchio, dove la chitarra è un carillon della luce che si fa preda in fase di cedimento. Il pizzichio delle corde è già calore, poi gli accordi fanno il resto, e la voce è il francobollo che ci fa partire per una nuova cella senza catene…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

21 Novembre 2022


https://phomea.bandcamp.com/album/me-and-my-army


https://open.spotify.com/album/0x4t3nPGOzND6GMom1RmPr?si=qmTMOFjwRRi1pdt2jMtwWA

















mercoledì 19 ottobre 2022

La mia Recensione: Roller Derby * Starry- Eyed



Roller Derby * Starry-Eyed


Amburgo è una bolla sanguigna: sparge liquidi con l’appoggio di venti muti, cercando di tornare a incidere nella Germania perfezionista e seriosa.

Se pensiamo al suo passato basterebbe citare Xmal-Deutschland per sorridere e ringraziare per quel momento unico, in cui bellezza e qualità abitavano nello stesso respiro.

Se ci aggiorniamo, se rimaniamo curiosi, ecco allora tre ragazzi con i sogni ancora da aprire nei confronti di un mondo indaffarato a riempire ogni spazio possibile.

Loro però entreranno nel cuore perché hanno la grazia di un’unicità di cui quell’organo abbisogna.

Nel loro gravitare tra armonie spensierate e l’attitudine a rendere il grigio un colore interessante, ecco giungere il loro settimo singolo, fiamma Indie Pop dalla pelle Dreampop, che farà breccia nei vostri pomeriggi in cerca di stelle con il desiderio di abbracciarvi.

Sono canzoni come queste che dimensionano i confini, gli stili, mettendoci nella centrifuga la necessità di un play continuo.

Sarà la voce di Philine Meyer che pare giunga da una cometa alla ricerca di  battiti capaci di darle spazio, o le chitarre dai giri concentrici, rapaci ma sinuosi, di celestiale propensione, e molto altro ancora, a suscitare questa bellezza nell’ascolto.

Canzone assolutamente in grado di mettervi in contatto con la voglia di un dolce, di un caffè, e di una danza tra pareti piene di sogni da accendere…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

19 Ottobre 2022





My Review: Roller Derby * Starry- Eyed


Roller Derby * Starry-Eyed

Hamburg is a sanguine bubble: spilling liquid with the support of silent winds, looking to make a comeback in perfectionist and serious Germany.

If we think of its past, it would be enough to mention Xmal-Deutschland to smile and give thanks for that unique moment when beauty and quality lived in the same breath.

If we stay up-to-date, if we remain curious, then here come three guys with dreams yet to be opened up to a world busy filling every possible space.

They will, however, enter our heart because they have the grace of uniqueness that organ needs.

In their gravitating between carefree harmonies and an aptitude for making grey an interesting colour, here comes their seventh single, a Indie Pop flame with an Dreampop skin, which will make its way into your afternoons in pursuit of stars with the desire to embrace you.

It's songs like these that size up boundaries, styles, putting the need for a constant play in the centrifuge.

It will be Philine Meyer's voice, which seems to come from a comet in search of beats capable of giving it space, or the guitars with their concentric, rapacious yet sinuous riffs with a celestial propensity, and much more, that will arouse this beauty in your listening.

A composition absolutely capable of putting you in touch with the desire for a dessert, a coffee, and a dance amongst walls full of dreams to be lit...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

19th October 2022







domenica 12 giugno 2022

La mia Recensione: Beach House - Once Twice Melody

 La mia Recensione:


Beach House - Once Twice Melody


Un flusso abbondante di sollecitazioni può avere la pelle morbida, appoggiata sui sogni verso il vuoto, senza paure, seguendo la propria identità con quella leggerezza che conquista soprattutto se stesso. Quando tutto questo avviene si presenta la magia a battere le mani, soddisfatta, per poi concedere un abbraccio tenero, tenerissimo.

Tutto ciò accade con un album che è entrato nella mente dello scriba senza esitazioni. Due ragazzi americani, Victoria Legrand e Alex Scally, capitani della bellezza, abitano da tempo nelle strade dei sogni, del soffio, di maglioni di cashmere su note altrettanto morbide, trasportando dentro i loro solchi tutta la volontà di dare alla musica ancora un’impronta senza macchie scure sulla sua superficie. Once Twice Melody è un respiro dentro le scorribande di onde che vogliono trovare una sosta. I due le fermano e danno da mangiare alle loro melodie: è un incontro tra follia e la semplicità questo disco, una risorsa per l’anima che aspetta carburante buono e non polveri sottili, che inquinano ingannando.

Tra queste diciotto tracce non vi sono falsità, ma sincere propensioni all’avvolgimento, tra un aperitivo e carezze che escono da note rassicuranti.

Come una serie di range dinamici, i due hanno istruito le canzoni a essere navicelle spaziali con il compito di estrarre da ogni buio imperante scintille di luce, per poterle inserire dentro i palmi di questi artisti, maghi del sospiro sonoro, e dipingere sorrisi per poter dipendere da loro.

Tutto diventa uno sguardo contemporaneo, dove non manca nulla: nebbia, tinte chiaroscure, sole stanco, appetiti mentali, storie dalla trama color grigio, onde e delfini nel gioco complice e molto altro ancora. 

Afflussi intuitivi, dinamiche architettoniche notevoli sono spalmati con intelligenza per raggiungere i sensi, dove la possibilità di danzare con gli occhi chiusi conosce grande dimensioni, specialmente domestiche, nel proprio salone, nella propria stanza da letto. Offerta la possibilità di dare alla musica nuovamente un consumo soprattutto personale, viene anche concesso il modo di fare di questo album un abbraccio che esce da quei confini.

Il mood sonoro è chiaro, visita l’incanto dei luoghi umani, quelli interiori, con una spiritualità che si incrocia con una forma elettronica ben distribuita, fiumi delicati ci portano queste onde sonore con precisione e una cura nella produzione di altissima qualità.

Vince un senso equilibrato di reminiscenze mainstream ma mai banali, dove si possono scorgere elementi di contatto con uscite discografiche di due/tre decenni fa, perfettamente assorbite e rielaborate con quegli spruzzi di alcune scelte geniali.

I due ci portano semi di luce senza interruttori, con quella gentilezza che li contraddistingue, angeli educati in luoghi e tempi che non lo sono di certo, conferendo a tutto questo già una medaglia al valore dell’intenzione: essere veicoli di bellezza.

Sono canzoni che escono dal tempo, dalla contemporaneità senza essere una fuga: vi sono elementi di contatto con la realtà ma con una grazia che essa ha solo in piccole dosi, facendo sì che siano brani come miracoli, da benedire e conservare, gelosamente. È un percorso fatto di trasformazioni, di punti di avvicinamento tra le melodie e le buoni vibrazioni, per sentire un abbandono dentro note abilmente messe in condizione di generare raggi solari, morbidezza, per portare lo sguardo verso l’alto con l’impressione di stipulare un patto con l’assenza di gravità, al fine di assentarsi per davvero dalle strutture terresti, così propense alla pesantezza che genera a sua volta oscurità e sporcizia. Questo è un insieme di brani dove trionfa l’attitudine a coinvolgere le singole prelibatezze affinché diventino custodi eterni. I secondi volano, le paure non smettono di vivere, ma all’interno di Once Twice Melody non trovano residenza, rendendo il tutto capace di resistere alle storture quotidiane. Tra compendi vari esiste la certezza di un lavoro che ci fa vivere il passato come possibilità, quasi assurda, di poterlo cambiare perché questa è la magia, l’atto più sconvolgente di composizioni dal tessuto di lino, leggere e svolazzanti, per raggiungere tempi lontani.

La freschezza di quest’opera conduce a territori musicali sempre più intrecciati con eleganza, non dimenticando quell’attitudine pop/shoegaze, sapientemente cucita su synth per farci scoprire connessioni davvero interessanti. Si esce dall’inverno per nutrire la primavera di una nuova luce, il sapore della leggerezza si impossessa di questa coppia di anime per poter farci sognare.

Non vi resta che ubriacarvi con lentezza, traccia dopo traccia, con gli occhi chiusi e i sogni aperti…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

12 Giugno 2022


https://open.spotify.com/album/2eTxZYoqIv4MoLqwh73qvo?si=U4kq70g2S7WVB0Ue9Gt93Q








My Review: Beach House - Once Twice Melody

 My Review:


Beach House - Once Twice Melody


An abundant flow of solicitations can have a soft skin, leaning on dreams toward emptiness, without fear, following its identity with that lightness that conquers above all itself. When all this happens magic appears to clap its hands, satisfied, later granting a tender, very tender embrace.

Everything occurs with an album that entered the scribe's mind without hesitation. Two American youngsters, Victoria Legrand and Alex Scally, captains of beauty, have long dwelt in the streets of dreams, of the inspiration, of cashmere sweaters on equally soft notes, carrying within their grooves all the will to still give music an imprint without dark spots on its surface. Once Twice Melody is a breath within the incursions of waves that want to find a pause. The two stop them and feed their melodies: this record is a meeting between madness and simplicity, a resource for the soul that waits for good fuel and not fine dust, which pollutes by deceiving.

Among these eighteen tracks there are no falsehoods, but sincere propensities for envelopment, between an aperitif and caresses coming out of soothing notes.

Like a series of dynamic ranges, the two have instructed the songs to be spaceships with the task of extracting sparks of light from any prevailing darkness, in order to be able to place them inside the palms of these artists, wizards of sonic sighing, and to paint smiles so that we can depend on them.

Everything becomes a contemporary gaze, where nothing is missing: fog, light and dark shades, a tired sun, mental appetites, stories with gray textures, waves and dolphins in a complicit play, and much more. 

Intuitive flows, remarkable architectural dynamics are intelligently spread to reach the senses, where the possibility of dancing with eyes closed knows great dimensions, especially domestic, in one's living room, in one's bedroom. Granted the opportunity to give music again a primarily personal fruition, the possibility is also offered to make this album an embrace that goes outside those boundaries.

The sonic mood is clear, visiting the fascination of human places, the inner ones, with a spirituality intersecting with a well-distributed electronic form, gentle rivers bring us these sound waves with precision and care in the production of the highest quality.

A balanced sense of mainstream but never trivial reminiscences wins, where one can discern elements of contact with record releases of two/three decades ago, perfectly absorbed and reworked with those splashes of some brilliant choices.

The two bring us seeds of light without switches, with that kindness that distinguishes them, polite angels in places and times that certainly are not, giving all this a medal to the value of the intention: to be vehicles of beauty.

These are songs that come out of time, out of contemporaneity without being an escape: there are elements of contact with reality but with a grace that it has only in small doses, making them tracks like miracles, to be blessed and preserved, jealously. It is a path made of transformations, of  points of approach between melodies and good vibrations, with a view to feel an abandonment within notes skillfully put in a condition to generate sunbeams, softness, to bring the gaze upward with the impression of entering into a pact with the absence of gravity, in order to absent oneself for real from earthly structures, so inclined to heaviness that in turn generates darkness and dirt. This is a work in which the attitude of engaging individual delicacies so that they become eternal custodians triumphs. Seconds fly by, fears do not cease to live, but within Once Twice Melody they find no residence, making the whole capable of withstanding everyday distortions. Among various compendia there is the certainty of a work that makes us experience the past as a possibility, almost absurd, to be able to change it because this is the magic, the most unsettling act of compositions with a linen texture, light and fluttering, to reach far-off times.

The freshness of this record leads to more and more elegantly woven musical territories, not forgetting that pop/shoegaze attitude, masterfully sewn on synths to make us discover really interesting connections. It comes out of winter to feed spring with a new light, the flavor of lightness takes possession of this pair of souls in order to make us dream.

You just have to get slowly drunk, track by track, with your eyes closed and your dreams open....


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

12th June 2022


https://open.spotify.com/album/2eTxZYoqIv4MoLqwh73qvo?si=U4kq70g2S7WVB0Ue9Gt93Q







La mia Recensione: L’appel Du Vide - Metro

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