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lunedì 6 febbraio 2023

La mia Recensione: AIMABLE - A l'etouffoir!

 AIMABLE - A l’etouffoir! 


Gli inarrestabili Francesi: decadenti, fuori dal mondo e sempre così tanto nazionalisti. C’è un gioco di forze nel loro DNA che continua a stupire il vecchio scriba, una fascinazione che, musicalmente, lo lega a quel paese da sempre. Ecco in arrivo questo lavoro maestoso, perfetto, inebriante e trascinante. C’era una volta la Coldwave e aveva tra le sue pieghe quella del paese di Platini, Chirac eccetera. I ragazzi di Dijon con queste 10 tracce ne mantengono le caratteristiche, sapendo di possedere il segreto del tempo che mantiene inalterato tutto. Non sempre esiste ed è doveroso lo sviluppo, la crescita delle cose: alcune si rivelano preziose se rimangono le stesse, nei secoli dei secoli. Il ritmo, costantemente veloce, i synth che con poco dicono tutto, il basso che cova l’eleganza con grappoli di note maestose, danno tutti insieme un quadro che se non arriva al Louvre è solo per colpa di chi non vuole accogliere la vera bellezza. Si sente molto bene che vive una gioia dentro la prigione di ogni limitazione, che sa trovare una esplosione: qui la trasforma in musica, che si manifesta in una catena dentro un frigorifero vuoto, sono le canzoni l’unico cibo masticabile. Se cercate rimandi ve ne saranno moltissimi ma aggiungete anche un aspetto straordinario: un disco che sembra nato nel 1981 e che suona perfettamente nel 2023 è già motivo di stupore…

Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

7 Febbraio 2023

https://aimable-idiophone.bandcamp.com/album/a-l-touffoir



My review: AIMABLE - A l'etouffoir!

 AIMABLE - A l'etouffoir! 


The unstoppable French: decadent, out-of-touch and ever so nationalistic. There is a play of forces in their DNA that continues to amaze the old scribe, a fascination that, musically, has always linked him to that country. Here comes this majestic, perfect, intoxicating and enthralling work. Once upon a time there was Coldwave and it had the country of Platini, Chirac and so on in its folds. The boys from Dijon with these 10 tracks maintain the characteristics, knowing that they possess the secret of time that keeps everything intact. There is not always development, the growth of things: some things are valuable if they remain the same, through the ages. The rhythm, constantly fast, the synths that say it all with little effort, the bass that broods elegance with clusters of majestic notes, all together give a picture that if it does not reach the Louvre, it is only because of those who do not want to embrace true beauty. You can hear very well that he lives a joy inside the prison of every limitation, that he knows how to find an explosion: here he turns it into music, which manifests itself in a chain inside an empty fridge, songs are the only chewable food. If you're looking for references, there will be plenty of them, but also add an extraordinary aspect: a record that sounds like it was born in 1981 and sounds perfect in 2023 is already cause for amazement…

Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

7th February 2023

https://aimable-idiophone.bandcamp.com/album/a-l-touffoir




giovedì 12 gennaio 2023

My Review: Blood Moon Wedding - Spell

Blood Moon Wedding - Spell


There are miracles of heaven that show their face by sticking inside a song, as a gesture of absolute value, because music can still be a message from the gods. And they have chosen two souls who live physically distant but absolutely intimate artistically, prompting them to write an intense, truthful song, pregnant with conscious particles to let us know that there is much to be done for those who want to inhabit life and its places. Mia Dean and Steve Lake's awareness swims with bitter lyrics and heavy music kept afloat by the melody of the American artist's singing that is truly sublime and light, almost close to the clouds, but then Zounds' leader, with his vocal part, brings the song back into our stomachs. 

Something magical and cloudy sticks to our ears: these are sensory oscillations that seduce and penetrate the mind. This duo launch a determined attack on our weaknesses, but perhaps a song can actually be useful to understand our surroundings and to lead us to growth. 

It is interesting to note that defining what you hear can certainly be of little use, but an attempt must be made.

Rock is dressed in the guitars of The Blue Aeroplanes of Jacket's Hangs with the roar of New Model Army, with the addition of a guitar solo that brings a post-punk modality capable of giving warm chills.

A back-and-forth between the two voices, between the two protagonists, and the story unfolds with this tense atmosphere that clings to us and refreshes the mind: we have a chance to listen to what will shape our thinking and it is one of the most beautiful gifts at the beginning of the year!

Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

13th January 2023

https://bloodmoonwedding.bandcamp.com/track/spell

https://www.youtube.com/watch?v=0eKp3v_ihdI&t=49s













La mia Recensione: Blood Moon Wedding - Spell

Blood Moon Wedding - Spell


Ci sono miracoli del cielo che mostrano il loro volto conficcandosi all’interno di una canzone, come gesto di assoluto valore, perché la musica può ancora essere un messaggio degli Dei. E loro hanno scelto due anime che vivono fisicamente lontane, ma assolutamente intime artisticamente, spingendole a scrivere un brano intenso, verace, gravido di particelle coscienti per farci sapere che c’è molto da fare per chi vuole abitare la vita e i suoi luoghi. La consapevolezza di Mia Dean e di Steve Lake nuota con un testo amaro e una musica greve tenuta a galla da una melodia del canto dell’artista americana davvero sublime e leggero, quasi vicino alle nuvole, ma poi il leader degli Zounds, con la sua parte vocale, riporta il brano dentro il nostro stomaco. 

Qualcosa di magico e torbido rimane appiccicato alle orecchie: sono oscillazioni sensoriali che seducono e penetrano la mente. Questo duo sferra un deciso attacco alle nostre debolezze, ma forse una canzone può davvero risultare utile per capire il circostante e condurci alla crescita. 

Interessante notare che definire ciò che si sente può risultare sicuramente poco utile, ma un tentativo occorre farlo.

Il rock si veste delle chitarre dei The Blue Aeroplanes di Jacket’s Hangs con il fragore dei New Model Army, con in aggiunta un solo di chitarra che apporta una modalità Post-punk in grado di regalare brividi caldi.

Un botta e risposta tra le due voci, tra i due protagonisti, e la storia si sviluppa con questa atmosfera tesa che avvinghia e ristora la mente: abbiamo l’occasione per poter ascoltare ciò che ci formerà il pensiero ed è uno dei più bei regali di inizio anno!


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

13 Gennaio 2023

https://bloodmoonwedding.bandcamp.com/track/spell

https://www.youtube.com/watch?v=WSmCoT4rgMo





La mia Recensione: Cerulean Veins - Love Won't Save Us Now

 Cerulean Veins - Love Won’t Save Us Now


San Diego è un fantasma adorabile, che si sposta di notte dentro i corridoi della mente di una coppia capace di scrivere e stampare il mistero dell’esistenza all’interno di fasci musicali, dove tutto appare come un rito salvifico e conseguentemente importante nella sua efficacia.

Dieci anni dopo l’inizio di una traversata negli oceani delle tenebre, Cerulean Veins torna con un singolo e a breve un nuovo album: certe ricorrenze si devono celebrare bene e loro lo fanno egregiamente.

Qualcosa di inebriante, imprevisto, al confine tra l’attesa egoista e lo stupore candido di un bambino che guarda il cielo, accade con questa  canzone. Dirompente nella ritmica, con le oscillazioni della chitarra che graffiano la pelle, e la solita, imponente, meravigliosa voce di Dustin Frelich a rendere l’ascolto un piacere dalle lacrime danzanti. Quando la strofa e il ritornello convivono come conseguenza legittima di un flirt focoso e appassionato, ciò che ne consegue è un benessere cupo che conduce al vertice del godimento inarrestabile. Lui e sua moglie Amanda Ashley Toombs pilotano e dirigono questa band verso territori dove gli sguardi coscienti si appiccicano al bisogno di organizzare il tempo in una bolla in cui custodire il respiro. Accade allora di impattare nella storia del fallimento dell’amore, che non salverà, non proteggerà più le persone, e per convincerci di tutto questo lo fanno scrivendo una canzone che, spingendoci a muoverci muovere senza sosta nei nostri spazi vitali, ci toglierà un po’ di dolore ma non la consapevolezza.

Ed è un sentire primitivo che entra e esce dal cuore rotto, trasportato da fiammate Darkwave e da un Postpunk aggiornato mentre medita su dove poter morire senza la fiducia. Questa si conficca prepotentemente nella testa per depositare le sue tossine, ci convince della sua storia e dell’affermazione facendoci sedere senza forze sul pavimento, dove i liquidi dell’oceano Pacifico ci fanno lasciare la California per portarci nei fondali della tristezza. 

Ed è una addizione semplice: nuvole più cuore infranto uguale la pioggia infinita di un perdersi inevitabile, ma almeno il brano insegna cosa sia la felicità decadente che, se non conforta, almeno regala gocce di sudore inebrianti.

Occorre organizzare una stanza vuota, silenziosa, le candele come tappeto sul quale ci si libererà completamente per ore e ore ascoltando questo fardello cosciente, che scaverà una fossa piena di rose nere.

Dovremmo indossare il richiamo di urla graffiate e ringraziare questa band per aver sviluppato e perfezionato uno stile che ora può definirsi potente e sostanzioso, un vascello nero che ci trasporta nella musica che adoriamo e che loro sanno rendere perfetta. Il play torna attivo per prendere piacevoli sberle in questo oceano, dove questa canzone salda il bisogno di qualcosa di orecchiabile ma non per questo banale: il Pop oggi potrà imparare quanta creatività vive nel profondo di anime intense…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

13 Gennaio 2023

https://youtu.be/1ElLAgkdQEk



My Review: Cerulean Veins - Love Won't Save Us Now

 Cerulean Veins - Love Won't Save Us Now


San Diego is an adorable ghost, moving at night within the corridors of a couple's mind, capable of writing and printing the mystery of existence within musical bundles, where everything appears as a salvific rite and consequently important in its effectiveness.

Ten years after the beginning of a voyage into the oceans of darkness, Cerulean Veins is back with a single and a new album soon to be released: certain anniversaries should be celebrated well and they do it brilliantly.

Something exciting, unexpected, on the border between selfish anticipation and the candid wonderment of a child gazing at the sky, happens with this song. Disruptive in rhythm, with skin-scratching guitar swings, and Dustin Frelich's usual, commanding, marvellous voice making listening a delight with dancing tears. When verse and refrain coexist as a legitimate consequence of a fiery, passionate flirtation, what ensues is a gloomy well-being that leads to the pinnacle of unstoppable enjoyment. He and his wife Amanda Ashley Toombs pilot and direct this band into territories where conscious glances cling to the need to organise time in a bubble in which to hold one's breath. It happens, then, to impact on the story of the failure of love, which will not save, will no longer protect people, and to convince us of this they do so by writing a song that, urging us to move relentlessly in our living spaces, will take away some of the pain but not the awareness.

And it is a primitive feeling that goes in and out of the broken heart, carried by darkwave flames and an updated postpunk as it ponders where to die without trust. It thrusts itself overbearingly into our heads to deposit its toxins, convincing us of its history and affirmation by making us sit down without strength on the floor, where the liquids of the Pacific Ocean push us to leave California and take us to the depths of sadness. 

And it's a simple addition: clouds plus a broken heart equals the endless rain of an inevitable loss, but at least this composition teaches us what decadent happiness is, which, if it doesn't comfort, at least gives intoxicating drops of sweat.

We need to organise an empty, silent room, with candles as a carpet on which we will free ourselves for hours listening to this conscious burden, which will dig a pit full of black roses.

We should wear the call of scratchy screams and thank this band for having developed and perfected a style that can now be described as powerful and substantial, a black vessel that transports us to the music we adore and that they know how to make perfect. You press play again to take pleasant slaps in this ocean, where this song welds the need for something catchy but not trivial: Pop today can learn how much creativity lives deep inside intense souls...

Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
13th January 2023



mercoledì 11 gennaio 2023

My Review: Graal - Angelfell

 Graal - Angelfell


From Ohio we get electricity so we can see the rubbish, gravestones talking to worms and other foolishness: there are no silly things, let alone light things, in this amazing album, in which shreds of the Middle Ages have endured and relied on a modern pessimistic feeling, between romance with a broken smile and Gothic Rock as an official controlling the souls of a troubled world.

This is a work that is to be blessed and held in our heart: if there are cracks he will show you his beautiful ones, in a game of pain that will appear completely compact. We have to befriend it, the atmospheres are charged with glacial propensities towards the North Pole, albeit without Coldwave elements, but it is really cold in these grooves: fear, despair, loneliness make it a black enchantment that will fly, low, into our craters.


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

12th January 2023

https://graalofficial.bandcamp.com/album/angelfell







La mia Recensione: Graal - Angelfell

Graal - Angelfell


Dall’Ohio ci arriva la corrente elettrica per poter vedere i rifiuti, le lapidi che parlano con i vermi e altre sciocchezze: non ci sono cose stupide e tantomeno leggere in questo strepitoso album, nel quale brandelli di medioevo hanno resistito e si sono affidati a un sentimento pessimista moderno, tra il romanticismo con il sorriso spezzato e il Gothic Rock come ufficiale che controlla gli animi di un mondo agitato.

Lavoro che è da benedire e da tenere nel cuore: se ci sono delle crepe lui vi mostrerà le sue, bellissime, in un gioco del dolore che renderà il tutto compatto. Da farselo amico, le atmosfere sono cariche di glaciali propensioni verso il polo nord seppur privo di elementi Coldwave, ma fa davvero freddo in questi solchi: la paura, la disperazione, la solitudine lo fanno divenire un incanto nero che volerà, basso, nei nostri crateri.


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

12 Gennaio 2023

https://graalofficial.bandcamp.com/album/angelfell



martedì 10 gennaio 2023

La mia Recensione: UV POP - Sound of Silence

 UV POP - Sound of Silence


La tristezza, madre e figlia di quello che è reale e indiscutibile minimo comun denominatore degli eventi terrestri, alberga come Dea con lo scettro stretto, dentro tutti: le eccezioni sono falsità a prescindere.

In questo panorama che lascia al sorriso una ipotesi suicida, arriva un album bilingue: da una parte la modalità descrittiva, appunto, della tristezza, dall’altro quella di un volo subacqueo in cerca di luce ingannevole, utilizzando musica che non sia troppo precipitosa.

John K. White è un folletto romantico, abita i cassetti dei sogni delle anime silenziose, lo fa da quarant’anni, musicalmente parlando, ed è tornato proprio per celebrare il quarantennale della nascita della sua band con geometriche esposizioni concettuali all’insegna di un umore tendente al malinconico: il dna non mente mai. Il tempo scorre per marcare i passi stantii e i respiri incerti, ma John riesce a rendere ogni cosa visibile con le note musicali, come una magia a cielo aperto, a cui solo lui ha accesso per verificare il tutto. Ed è ironico il fatto che lui sia un essere umano che vive a luci spente nel sistema musicale, ma che sappia illuminare meglio di chiunque altro queste scoscese e impervie sollecitazioni emotive e comportamentali. Un alieno, forse, potrebbe fare lo stesso. Bravissimo però a sistemare qua e là vertigini di colori per non assembrare tutto verso il piombo che mostrerebbe poteri devastanti. Allora si possono constatare matrimoni stilistici eccelsi, per una tavolozza dove i colori si affacciano con carattere. Il Post-punk e l’elettronica diventano conviventi, stabilendo contratti e sogni per un divenire che dura per sessantuno splendidi minuti.

Scatteranno, come sempre gli è capitato, paragoni con la sua voce che sembrerebbe essere figlia di quella di David Bowie. Il vecchio scriba, tuttavia, non perde tempo con queste sciocchezze e, come un sacerdote sordo davanti ai suoi fedeli, prosegue integerrimo verso i birilli, le lastre, le lande, i sensi, i riflessi di canzoni che sono un manto spettacolare, il risultato di alchimie davanti a uno specchio: gran parte di questo lavoro potrebbe appartenere a ognuno di noi, ma alla fine lo specchio si scioglie dentro la sua anima, lasciandoci favorevolmente poveri. 

I ritmi sono quasi sempre lenti, ma molto sembra correre, in questa slavina emotiva, dove le pendenze vengono percorse solo apparentemente in salita. Le atmosfere sono spesso rarefatte attraverso i giochi di prestigio tra le chitarre e un synth a cui basta a volte un solo dito e una sola nota per fare di noi degli schiavi inebetiti, per rendere il tutto una fragorosa risultanza di benefici da intendere: nulla deve negare il mistero, padre e padrone di queste tracce sublimi. La poesia non è appannaggio solo dei poeti: appartiene soprattutto al sole e alla luna, alla volta celeste che John ridipinge con alcune varianti. Si pratica la confidenza ma non è possibile provare amicizia per queste composizioni: rimane impressa, traccia dopo traccia, una sola possibilità di manovra che si definisce in sguardi ammirati e devoti.

Quando si ascolta questo album, scattano in piedi i ricordi di un tempo nel quale la musica era raffinata esposizione del desiderio di ripetere quella esperienza, di essere circondati dall’obliquo desiderio di abbandonarsi al silenzio. A una band che ha avuto a che fare con i mastodontici In The Nursery, con la Sacerdotessa dello sbando comportamentale Nico, con i devastanti Cabaret Voltaire, nulla può impedire di attraversare generi e umori che sono elastici di una fisica estensione verso una follia non caotica ma programmata allo stile più puro. 

Soluzioni tecniche sempre verso nessun compromesso nei confronti di situazioni storiche della scena Post-punk conducono come conseguenza a nasconderlo, per favorire giochi di atmosfere con un grigio Gainsboro che seduce e riduce il desiderio di altre modalità espressive: bastano e avanzano quelle che l’uomo dello Yorkshire del sud ha deciso di rendere indelebili, valide, senza necessitare di niente altro. 

Non perdiamo tempo, passiamo a toccare questi raggi lunari, come segno di un destino che ci regalerà magnificenze ordinate e capaci di fare dell’ascolto una tavola bandita di cibo che presenta gusti e profumi per rendere l’autunno divino e perfetto…




Song by Song


1 - No Songs Tomorrow


Il brano di apertura è un fascio acustico/elettronico con un cantato decadente che supporta un piano sonoro nebuloso, che dà perfettamente spazio alle inclinazioni di John.


2 - Portrait (Extended)


Richiami Gothic Rock ma dalla pelle ricoperta di squame Darkwave, con la voce che si avvicina a schemi di cui un altro John, Fox, fu Maestro. Rimane la chitarra semiacustica a tracciare la melodia, ma le suggestioni entrano prepotentemente nella zona buia, conferendo all’atmosfera un perfetto ponte con le soluzioni Post-punk inglesi dei primi anni ’80.


3 - Some Win This


Ed è notte, artigli piegati che chinano la testa: la voce prende il comando, cori efficaci trascinano, i Death In June appaiono quasi nascosti, ma poi tracce di Adrian Borland risultano visibili e si cade nella trappola della bellezza oscena…


4 - See You


Ecco la Divina, una delle tante, che mostra la sua semplicità nell’essere liquido in espansione, per manifestare la propria nervatura colma di tensione. Si rimane connessi a due chitarre, opposte, una ritmica e una che scava nella pietra. Finendo per stabilire l’intesa con una volontà di sedurre con pochi elementi ma ripetuti, sino all’ossessione. Ed è annessione alla terra degli UV POP.


5 - I.C.


Le cose cambiano, si entra nel lato Post-punk che richiede attenzione perché impuro, assediato da un’anima Neofolk che vuole partecipare alla festa triste in atto. Un ibrido funzionante e capace di crescere con uno scatto magnifico dato dalla chitarra elettrica che lentamente sale sulla cattedra e vomita tensioni assortite.


6 - Psalm


Nulla vale se non ha capacità di attraccare all’emozione: eccoci con una perla che oscilla tra diademi elettronici e cospirazioni religiose a trasportare il tutto verso una intenzione psichedelica senza averne i connotati musicali. Straripante e dotata di seduzione lenta.


7 - Sleep Don’t Talk


Delirio, estasi, liberazione, salto verticale dentro i Cabaret Voltaire con il vestito autunnale, per questa sciabolata isterica che vi avvolgerà senza esitazione. 


8 - Commitment 


Il cerchio del dolore trova schianti elettronici e vampiri assetati di mistero: come prendere i semi malati dell’elettronica inglese della metà degli anni ’70 e renderli fedeli a un basso che tramortisce senza sconti.


9 - Arcade Fun


I Wall of Voodoo che piangono insieme ai Death in June di Heaven Street: ed è incanto trucido e perverso. La chitarra, isterica e ferita, si porta dietro la voce di John, per un insieme di piume bagnate dalla perfezione.


10 - Hafunkkiddies


Una corda si aggira tra la tastiera sanguigna: ed è rapimento, rifugio delle anime stordite, un esempio di come la chitarra che accenna a rovistare tra i sentimenti sia capace di lasciare i propri graffi. Una processione nervosa che cresce, gli strumenti si aggiungono e inondano gli altri, e si è storditi da un impianto sonoro così vicino al cabaret elettronico.


11 - Four Minute Warning


Dai ai Kraftwerk una zona mentale su cui stravolgere gli eventi, fai conoscere loro gli UV POP e sarà un grappolo tossico di incandescenti propulsioni elettroniche, dalla bava colante…


12 - Superstition (Bonus Track)


Lo scriba è contrario alle bonus track, ma qui vale la pena compiere una eccezione. Si inizia con questa bolla magnetica, con intarsi di sax su un crooning dalla grande sensualità, in un incastro che unisce decadi e attitudini di assenza della forma canzone per poter fare della sperimentazione una frustata necessaria. 


13 - Hafunkkiddies (Original Version)


Pare lontana parente della canzone numero dieci dell’album, eppure capace di rivelare le possibilità, gli squarci, le evoluzioni sonore che rendono questa band estremamente importante. E il terremoto del basso unisce la chitarra verso i Bauhaus più magnetici.


14 - Amsterdam (Bonus Track)


Si lascia sempre alla fine la chicca che inchioda l’anima. Tornano gli Ultravox di John Fox nello stile del cantato di John K. White, e questa semi-ballad è la tragedia che scende per rendere muti i pensieri e miti i satelliti evocativi. Chiosa meravigliosa, la perfezione raggiunta ci fa riprendere l’ascolto, come atto di infedeltà alla concretezza unita alla bellezza…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

10 Gennaio 2023

https://uvpop.bandcamp.com/album/sound-of-silence

https://open.spotify.com/album/513qLLdVABTQMmh2S3KdY4?si=hqeULFqBQLC-BtF7l2PCQQ




domenica 8 gennaio 2023

My Review: The Secret French Postcards - Life Got Claws

 The Secret French Postcards - Life Got Claws


Two countries shake hands, for an artistic union that sows urban fragments and is constantly devoted to dark and radioactive dance.

The Swedes TSFP and the German label Cold Transmission Music strike  a deal to make the earthly path truthful and credible, an account of the daily spasms with elegance in the sounds, filled with Darkwave stabs and contemplating the support of that Coldwave that knows how to become as warm as a kiss from Lucifer.

What we are going to listen to is something powerful, transversal and oblique, representative of needs and propensities that have been trying to enhance consensus for decades, like a spokesman of manifest adhesions to musical fascinations born between Belgium and England, which then landed in the Slavic countries and Eastern Europe. Music that generates introspection and abandonment, dreams cloaked in essential propaedeutic attitudes. The Portuguese Pedro Code, undisputed priest of the prodigious IAMTHESHADOW, here steps into the control room as a producer and head of mixing, giving the Swedes a deserved and necessary added value.

One has deep admiration for this work that condenses messages and qualities into an expanse of rumbles and fragrances that stun, a unicum that is only considered as such if one has the intention of studying in depth what the massive musical production offers. Here we find ourselves in the presence of champions, mastiffs and thoroughbred horses that bite and run through the territories of sadness with growing capacity...

Something essentially necessary comes out of the amplifiers of these seemingly glacial souls, to contour and perturb our mental palaces: the Swedes play seriously with brushes, reducing the palette at their disposal, but perfectly outlining the areas they are interested in for a set of songs that can also be the ideal frame to look at on days when thought struggles to be precise. But the tracks are sonic and emotional investigations, conductors of thinking dances, analytical sessions that reveal truths we often wish to deny.

From The Cure to Ultravox to Echo & The Bunnymen, via Sheffield and Belgrade, everything piles up and makes visible the origin of magic that does not melt. But then these enchanters decide that it is necessary to sow their own mark and therefore all the compositions come to expand, to convince them to have a strong personality without too many debts with the past.

Feelings appear as a long list, as numerous are the stylistic fascinations, perfectly compacted, almost hidden but recognisable with careful listening. And it is a green light for a grey, conscious and constructive joy. It is music of multiple capacities, assorted identities absorbed in a momentum that leads to dance steps that show reality.

The voice is never emphasised, almost kept hidden, yet it is able to arouse emotion, aspects that join with the sound, a leaden but effective viaduct in keeping us company, in revealing itself as one of us, in the embrace between creator and host. Let us move on to kiss these songs, for a marriage that I wish you to celebrate within yourselves…


Song by Song 


1 - The Way You Move


We enter the room of moves, of life, of strategies, of the necessities of life, of observation, with Olli Ohlander's voice putting itself on the same level as the music: the volume, the mixing makes everything compact, for this guitar that moves with black-grey trajectories. The initial bass will be the basis of a Post-punk belonging that will find during the track the game of alternations which make it perfect to start the album.


2 - Parasite


We dance again, more and more bent into the early 80s, with guitar and synth as an ancient couple who know themselves well and produce oiled and working beams of sadness. Coldwave echoes, in the decadent direction of a sick and delicious seduction towards a musical language that defines validity and depth.


3 Sad Like You


A new One Hundred Years, but only in the very first few seconds and lightened up, immediately finds a way to move away from the uncomfortable comparison to find its own soul with amazing vocals. At the synth comes the wizard of IAMTHESHADOW to give the track an effective cloud full of crows and scratches on the skin. Poignant, remarkable, it produces pleasant pain. 


4 - Strain 


We find again the hypothesis of The Cure to caress suggestions that seem to be heading towards 1981, in southern England. But then Strain becomes a glacial, delicate and murky meteorite.


5 - Don't Fear Me


Here we are at the diamond point, at the eclipse, at a change of mode and stylistic perspective, at the point of contact with their past that nevertheless contemplates a leap forward: the band's future starts from this gem, from the darkness that is traversed with a singing-recitation of enchanting beauty. And the music is a walk through anxieties and tensions, with the melodic piano held together by a style that needs no comparison: it is to them that all the credit goes.


6 - Dreaming At Last


After the diamond, the masterpiece of this record: all the richness of a dreamlike compression finds accommodation in the interplay of dynamics that are perfect. Darkwave bites its teeth, Coldwave defends itself, resulting in the splendour of the only human victory: dreams. And no better dream than a musical one can travel between night and dawn.


7 - Sides


Sides is the song with the most melodic weight on this album: a ride through the streets of musical genres that embrace each other and then Olli's voice that is a melancholic chill that lightly burrows into the skin, but ultimately reaches the centre of our hearts. Almost on the verge of Gothic pop, the song has all the characteristics to light up dance floors.


8 - Complete Confusion


It's hard to believe that TSFP can be fierce and dramatic, but here we are in front of a mirror with multiple pieces of glass that make everything clear, in spite of the title: a song that produces addiction and clarity, because in the muffled sense of the instruments a radioactive power emerges, perfect and necessary. And the refrain is essential frenzy.


9 - Go Away


Haunting, like ravenous weeds, like a rock climbing towards the sky, Go Away is the lightning bolt that the old scribe recommends everyone to listen to: forty years of splendid attitudes summed up in 93 seconds. It is jubilation and we all walk away satisfied by these sounds and the muffled circle of light.


10 - A Searching Kiss


We come to the conclusion with a song that slows down the rhythms, but which is able to give tons of suggestions thanks to a rotating guitar and a drum machine that thickens the Coldwave soul of a fairy tale which kisses desires and shows the romantic side, although throughout the album the Swedes have not spared themselves, also showing love petals. But if the need to open our eyes to hostile reality was evident, here we kiss and dream ...


Alex Dematteis

Musicahockworld

Salford 

8th January 2023

https://thesecretfrenchpostcards.bandcamp.com/album/life-got-claws




La mia Recensione: The Secret French Postcards - Life Got Claws

 The Secret French Postcards - Life Got Claws


Due paesi si stringono la mano, per un connubio artistico che semina frammenti urbani e costantemente votato alla danza cupa e radioattiva.

Gli svedesi TSFP e la label tedesca Cold Transmission Music stringono un patto per rendere veritiero e credibile il percorso terreno, un resocontare gli spasmi quotidiani con eleganza nei suoni, colmi di stilettate Darkwave e contemplando il supporto di quella Coldwave che sa divenire calorosa come un bacio di Lucifero.

Quello che si va ad ascoltare è qualcosa di potente, trasversale e obliquo, rappresentativo di necessità e propensioni che stanno da decenni cercando di nutrire consensi, come portavoce di manifeste adesioni a fascinazioni musicali nate tra il Belgio e l’Inghilterra, approdate poi nei paesi slavi e dell’Europa dell’Est. Musica che genera introspezioni e abbandoni, sogni ammantati di essenziali atteggiamenti propedeutici. Il portoghese Pedro Code, sacerdote indiscusso dei prodigiosi IAMTHESHADOW, qui sale in cabina di regia come produttore e responsabile del mixaggio, conferendo agli svedesi un valore aggiunto, meritevole e necessario.

Si nutre ammirazione profonda per questo lavoro che condensa messaggi e qualità, in una distesa di rimbombi e fragranze che stordiscono, un unicum che viene ritenuto tale solo se si ha intenzione di studiare approfonditamente quello che la massiccia produzione musicale propone. Qui ci troviamo davanti a dei fuoriclasse, mastini e cavalli purosangue che mordono e corrono nei territori della tristezza con capacità in estensione…

Qualcosa di essenzialmente necessario esce dagli amplificatori di queste anime apparentemente glaciali, per contornare e conturbare i nostri palazzi mentali: gli svedesi giocano seriamente con i pennelli riducendo la tavolozza a disposizione, ma tratteggiando perfettamente le zone alle quali sono interessati per un insieme di brani che sanno essere anche la cornice ideale da guardare nei giorni in cui il pensiero fatica a precisarsi. Ma le canzoni sono indagini sonore ed emotive, dei conduttori di danze pensanti, sedute analitiche che rivelano la verità che spesso vorremmo negare.

Dai Cure agli Ultravox, agli Eco & The Bunnymen, passando per Sheffield e Belgrado, tutto si ammassa e rende visibile la provenienza di magie che non si sciolgono. Ma poi questi incantatori decidono che occorre seminare la propria impronta e allora tutte le composizioni arrivano a dilatarsi, a convincerli ad avere una forte personalità senza troppi debiti col passato.

I sentimenti appaiono come una lunga lista, come numerose sono le fascinazioni stilistiche, perfettamente compattate, quasi nascoste ma riconoscibili con un ascolto attento. Ed è via libera per una gioia grigia, consapevole e costruttiva. È musica dalle multiple capacità, identità assortite e assorbite in uno slancio che conduce a passi di danza che mostrano la realtà.

La voce non viene mai messa in risalto, quasi tenuta nascosta, eppure è in grado di suscitare commozione, aspetti che si uniscono al suono, un viadotto plumbeo ma efficace nel farci compagnia, nel rivelarsi una di noi, nell’abbraccio tra chi crea e chi ospita. Passiamo a baciare queste canzoni, per un matrimonio che vi auguro possiate celebrare dentro di voi…


Song by Song 


1 - The Way You Move


Entriamo nella stanza delle mosse, della vita, delle strategie, delle necessità della vita, dell’osservazione  con la voce di Olli Ohlander a mettersi sullo stesso livello della musica: il volume, il mixaggio rende tutto compatto, per questa chitarra che si muove con traiettorie nero-grigie. Il basso iniziale sarà la base di una appartenenza Post-punk che troverà durante il brano il gioco delle alternanze a renderlo perfetto per iniziare l’album.


2 - Parasite


Si danza ancora, sempre più curvi dentro i primi anni ’80, con la chitarra e il synth come una antica coppia che conosce bene se stessa e produce fasci di tristezza oliati e funzionanti. Echi Coldwave, nella decadente direzione di una malata e deliziosa seduzione verso un linguaggio musicale che definisce validità e spessore.


3 Sad Like You


Una nuova One Hundred Years, ma solo nei primissimi secondi e alleggerita, trova subito modo di spostarsi dallo scomodo paragone per trovare una sua anima con uno strepitoso cantato. Al synth arriva il mago degli IAMTHESHADOW per dare al pezzo una efficace nube piena di corvi e graffi sulla pelle. Struggente, notevole, produce piacevole dolore. 


4 - Strain 


Torna l’ipotesi dei Cure ad accarezzare suggestioni che sembrano dirigersi nei pressi del 1981, Inghilterra del sud. Ma poi Strain è un meteorite, glaciale, delicato e torbido. 


5 - Don’t Fear Me


Siamo alla punta di diamante, all’eclissi, a un cambio di modalità e di prospettiva stilistica, al punto di contatto con il loro passato che contempla però un balzo in avanti: il futuro della band parte da questa gemma, dalla tenebra che viene attraversata con un cantato-recitato, di incantevole bellezza. E la musica è una camminata tra ansie e tensioni, con il piano melodico tenuto insieme da uno stile che non abbisogna affatto di comparazioni: tutta farina del loro ricco sacco.


6 - Dreaming At Last


Dopo il diamante, il capolavoro di questo disco: tutta la ricchezza di una compressione onirica trova sistemazione nel gioco dei richiami di dinamiche che sono perfette. La Darkwave morde i denti, la Coldwave si difende, dando come risultato lo splendore dell’unica vittoria umana: i sogni. E nessun sogno migliore di uno musicale può viaggiare tra la notte e l’alba.


7 - Sides


Sides è la canzone con il maggior peso melodico di questo album: una cavalcata dentro le strade di generi musicali che si abbracciano e poi la voce di Olli che è un brivido malinconico che scava la pelle con leggerezza, ma arrivando alla fine al centro dei nostri cuori. Quasi nei pressi di un pop Gotico, la canzone ha tutte le caratteristiche per  illuminare le dance floor.


8 - Complete Confusion


Difficile credere che i TSFP possano essere feroci e drammatici e invece qui siamo davanti a uno specchio dai molteplici pezzi di vetro che rendono tutto chiaro, a discapito del titolo: brano che produce dipendenza e chiarezza, perché nel senso ovattato degli strumenti emerge una potenza radioattiva, perfetta e necessaria. E il ritornello è delirio essenziale.


9 - Go Away


Ossessiva, come gramigna famelica, come una roccia che si arrampica verso il cielo, Go Away è il lampo che il vecchio scriba consiglia a tutti di ascoltare: quarant’anni di attitudini splendide riassunte in 93 secondi. È tripudio e ce ne andiamo tutti via soddisfatti da questi suoni e dal circolo di luce ovattato.


10 - A Searching Kiss


Arriviamo alla conclusione con una canzone che rallenta i ritmi, ma che è in grado di regalare tonnellate di suggestioni grazie a una chitarra rotante e a una drum machine che ispessisce l’anima Coldwave di una favola che bacia i desideri e mostra il lato romantico, sebbene in tutto l’album gli svedesi non abbiano risparmiato se stessi, mostrando anche petali d’amore. Ma se era evidente il bisogno di farci aprire gli occhi davanti alla realtà ostile, qui si bacia e si sogna …


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

8 Gennaio 2023

https://thesecretfrenchpostcards.bandcamp.com/album/life-got-claws




sabato 7 gennaio 2023

La mia Recensione: This Social Coil - Octatabylus

  This Social Coil - Octatabylus


Ritrovarsi bambini, estasiati, mentre si corre dentro le note di un album struggente, colmo di poesia ipnotica, inseminata di deflagrazioni trattenute, con la propensione ad arricchire il pianto umano con disarmante intensità e capacità. Il settimo lavoro è planato tra circumnavigazioni multiple, in un crescendo di descrizioni plurime delle quali non si possono trattenere l’ampiezza e la capacità di portarci nel gelido e nel calore dell’anima: un matrimonio di cui queste canzoni tratteggiano la forma, con l’intenzione di diventare eterne. Portare la loro ricerca filosofica al cospetto delle nostre inadeguate capacità di apprendimento rende i membri di questa band perfetti, distanti e unici. Da sempre desiderosi di avvicinare gli estremi stilistici del post-punk e del post-rock, come da ordine divino inseriscono anche elementi shoegaze per ampliare la gittata delle loro fascinazioni, decisamente meticolose e ben specificate, in un alveare sonoro che rimbalza tra i palpiti della nostra gioia vestita di grigio.

Non si riesce a credere a quanta continuità stilistica approdi nei fiumi del loro cratere artistico: un buco che spinge le loro attrazioni verso la lentezza, come se il suono fosse una piuma al cui interno inserire un sasso. Operazione difficilissima, ma a loro riesce, ed è un miracolo di cui necessitiamo la ripetizione, finendo per ascoltare le dodici fluorescenze musicali con stordimento.

Canzoni come dialogo interno, le bocche votate al silenzio, le mani a toccare gli strumenti con decadente attitudine per portarle alla resa ma renderli capaci di far uscire gocce di pioggia autunnale. Ed è magia dentro l’emisfero inebetito di sensi sparpagliati, consumati e afflitti da sensi di colpa, sebbene la melodia sembri far resuscitare spesso il loro martirio. Però, se l’ascolto è impegnato nella ricerca dei segreti più intimi, allora non vi è dubbio che Octatabylus sarà il primo afflato magnetico di questo 2023.

Si aprono gli inutili accostamenti stilistici solo per chi considera la musica un gioco, un blasfemo indovinello: date retta al vecchio scriba e fate assentare la stupidità, perché in questo album vi è personalità e cifra stilistica propria tanto da non dover sprecare il vostro tempo. Si consiglia la visione di un film di Luis Buñuel, di prepararsi con la lettura di un libro (perfetto sarebbe Georg Wilhelm Friedrich Hegel) e poi barricarsi con le cuffie e una bevanda calda: riti propiziatori per poter afferrare le onde che i tedeschi generano e che vi condurranno in un luogo potente. Siatene certi, non lo troverete nella carta toponomastica…

Sentirsi privilegiati dal fatto di poter ascoltare cotanta rarefatta dinamica percettiva è un evento raro: gli incroci di viali alberati tra note magiche e quelle che hanno il nero stampato sulla pelle rende tutto un insieme di fasci di luci in contemplazione, dove il risultato è un urlo con l’eco pieno di riverbero nella nostra mente.

Cosa volete che si scriva innanzi alla certezza che siamo beneficiari di una ricerca psicologica che riesce perfettamente a entrare dentro l’arte musicale? Si potrebbe dire che non è la prima volta, ma la fattura di questo lavoro è incandescente tra i blocchi ghiacciati delle nostre lande cerebrali sempre meno attratte dal voler capire. Sì, è musica per riflettere, dentro l’abbandono continuo che ci rende silenti, obbedienti, storditi e tumefatti, perché la vera bellezza fa male alla pelle dei nostri egoismi.

Le chitarre sono grappoli di anidride carbonica che attaccano la storia dello shoegaze: mutano e non vogliono essere definite, diventano nomadi viaggiando verso il post-punk insieme a tastiere semplicemente beffarde. Il basso in tutto l’album è una preghiera che si rende visibile sopra i tetti dei nostri sguardi, nel cielo che, insieme alla potente batteria, delinea la potenza che si rende ferita per tutto questo disco. È un inghippo, una sfida, una pazzia cercare di separarsi da questo ascolto che non ci rende stremati ma devoti: la prima forma di fedeltà è nata a inizio anno ed è il segno evidente che gli Dei dell’Olimpo ancora si fidano di noi umani…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

7 Gennaio 2023


https://thissocialcoil.bandcamp.com/album/octatabylus









sabato 24 dicembre 2022

La mia Recensione: Tricor - Last Christmas

 

La mia Recensione:


Tricor - Last Christmas


Scendere nel passato, salire nel futuro: ecco un’immagine esplicativa di una modalità che riguarda molti, dalla quale non potersi discostare.

Poi esistono altri sistemi: basterebbe, nella densa foresta musicale, incontrare per un whiskey i cavalieri teutonici Tricor e una nuova magia allargherebbe le chance di attitudini diverse.

Siamo nei pressi di un ibrido che si rende fattibile e oscillante, tra consensi e forse anche perplessità ipotizzate da chi non ha la mente aperta. 

Esce però un singolo illuminante, devastante per ciò che riesce a dimostrare, e che rischia l’emarginazione, perché chi è avanti alla fine rimane da solo, dal momento che chi è coraggioso spesso incontra l’esclusione…

Il problema è lo status della versione originale, in quanto una nuvola di persone contrarie potrebbero gridare lo sconcerto più convinto e il rifiuto più profondo.

Una canzone che è entrata nella storia della musica pop, ben lontana dalle mie corde, è stata ripresa e mostrata sotto una luce diversa, quella perfetta per lo scriba che, riconoscente, apprezza e propone, per rendere le menti capaci di fare lo stesso percorso della band tedesca: trovare un abito perfetto per la propria pelle.

Ed è decadenza leggera, non invasiva, quasi consolante e del tutto accettabile, per rimanere perfettamente liberi di stare a metà tra qualcosa che si apprezzava nascostamente e la sensazione perfetta che questa versione sia molto più accessibile.

Confortante e consolante vedere la Darkwave rendersi leggera per consentire allo Shoegaze di fare lo stesso, in un gioco delle parti eccitante e catatonico, deviante e programmato per generare nuove forme di seguaci sotto l’albero di Natale. L’approccio del combo germanico è rispettoso proprio perché non c’è festa senza tristezza, anche nascostamente, ma reale.

Il cantato è sciamanico nel tempo della modernità, con suoni lontani da quelli delle tribù ma in grado di generare la stessa obbedienza. 

Le chitarre e il basso sono volenterosi nel gioco di ruoli diversi ma obbligati a generare un senso di complicità che alla fine risulta essere perfetto. Il ritmo, lontano parente di quello dei Wham!, è la calamita danzante che potrebbe rivelarsi, alla fine, la chiave di un innamoramento, perché questa versione consente l’incontro che forse, sotto sotto, avremmo sempre voluto poter vivere con il brano. 

Le parole del testo qui trovano più credibilità ed efficacia e questo aspetto genera una grande gioia, perché finalmente si può ascoltarle con un atteggiamento migliore.

Ed è abbandono epocale, il ribaltamento del senso originale con questo, dove si può rendere possibile un abbraccio a questa fenomenale cover…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

24 Dicembre 2022


https://tricor.bandcamp.com/track/last-christmas

https://www.youtube.com/watch?v=dKoP2-K8UU0




martedì 20 dicembre 2022

La mia Recensione: Left for Pleasure - Human Contract


 La mia Recensione:


Left For Pleasure - Human Contract


Germania 


Synthwave - Darkwave - Postpunk 


C’era una volta l’abbondanza di generi musicali, un via vai continuo di nuove scoperte, che creavano come conseguenza stupore, assimilazione e gioia, per poi tramutarsi in genitori capaci di generare parti plurigemellari.

Ma ciò che fa più male al vecchio scriba è la mancanza della ricerca del suono, il suo sviluppo e una precisa collocazione stilistica.

Tutto è appiattito, uguale e noioso: il digitale, l’ignoranza musicale e il disinteresse nei confronti di un approccio serio e professionale hanno un fatto il resto.

Ci sono eccezioni e una di queste è rappresentata da questa band tedesca (toh, guarda caso, che casualità vero?), che arriva dopo quattro singoli all’esordio sulla lunga distanza.

Ed è alba, primavera, gioia, seduzione circolare, all’interno di atmosfere cariche di tristezza, agitazione controllata, spargimenti di lacrime a presa rapida.

Questi suoni poi: sia data alla felicità una porzione di cielo e a noi il compito di un rispettoso inchino. 

Andiamo a vedere un po’ meglio da dove vengono e cosa fa di loro una band così interessante.

Halle è una città dalla storia tormentata, difficile e di cui si parla poco anche musicalmente: sembrerebbe costretta a chiudersi in se stessa perché luoghi troppo importanti e famosi le stanno vicino (Berlino, Dresda, Lipsia), togliendole forse quella visibilità che meriterebbe.

Con una cattedrale gotica che è bene visitare come l’autore della recensione fece nel 1997, questo posto ha creato lavoro con l’industria chimica. 

Ed è proprio quest’ultima ad aver generato paura, desolazione, resa, frustrazione come i due tedeschi sono riusciti a dimostrare con questo sublime esercizio musicale.

Siamo di fronte a strutture che vagano tra spazi sonori concepiti con precisione, riferimenti stimolanti e ingressi verso circuiti di polvere di amianto che cade dentro movimenti robusti, paradisi desolati, abbandonati, per precisare la vivacità della mediocrità umana.

Le menti del duo diventano laboratori di immagini, ostinazioni, scariche voluminose di fiori appassiti, dove tutto si rende necessariamente in grado di ingravidare la tetraggine, per condurla, spalle al muro, alla conseguente fucilazione.

I Sintetizzatori dominano, nel volo torbido dell’affanno che qui viene posizionato come l’ultimo ostacolo prima del decesso.

Le voci provengono da entrambi i membri della band, capaci di stimolare suggestioni maliarde, nel doveroso esercizio deprimente, che esalta la qualità di musiche avvolgenti, rigide, robotiche e in grado di condurci verso danze che piegano gli arti. 

Le arterie si riempiono di una certificata abilità di propagandare un delirio artistico con il suono che domina la struttura delle composizioni: si viaggia continuamente avanti e indietro nel tempo, un falò che viene congelato dalle impronte Coldwave sapientemente quasi nascoste, come per certi frammenti Ebm. 

Si riscontra l’immensa attitudine a cambiare ritmi, dando alla preposta sezione un notevole raggio di azione, rendendo più semplice alle trame melodiche il compito di infierire sui nostri rapiti ascolti. Ed è un matrimonio perfetto per associazioni di necessità che mettono radice canzone dopo canzone: solo nella splendida Germania musicale poteva nascere un album così intenso e deflagrante. Non c’è bisogno di distorsioni per sentirsi crollare il cielo addosso: i due lo prendono con le loro dita nere e lo abbassano, generando frastuoni e lampi nei nostri cuori frementi.

Le atmosfere sembrano greggi multipli in un’adunata a fine esistenza: qualcosa di profondamente sacro sgorga dalle composizioni per certificare l’assenza di una via di fuga. Ed è un funerale celebrato in un anticipo così lontano. Ma noi, commettendo l’imperdonabile errore di danzare, crediamo di metterci al sicuro senza voler concedere spazio a testi apocalittici, tenebrosi, dove il disincanto diviene il sovrano assoluto. 

Ne pagheremo il prezzo il giorno in cui, invece, i nostri occhi si chineranno su queste parole pesanti come lastre di marmo.

Pazienza: al tempo sia concesso il potere di punirci.

 Se vogliamo essere un minimo attenti allora diamo almeno spazio all’osservazione, nell’economia degli strumenti, di come il basso sia determinante, con la sua propensione a fare del Postpunk il suo maestro, punto di riferimento e attore eccelso nella recitazione di tutto il suo campionario. 

E la chitarra? Compare molto meno, ma sa farlo come se al futuro volesse concedere un ricordo minimo ma straordinario.

Al synth ho già accennato ed è bene non dimenticare gli arrangiamenti, come comete sbrigative in attesa dello schianto nel vuoto.

Questo disco riesce a suscitare entusiasmo dentro una nube tossica ed è ora di descriverlo, canzone per canzone.


Song by Song 


1 Vortex


Ed è tuono iniziale, il tremore e la profezia che si annusano, un ipotetico luogo che viene mostrato tra fumi infreddoliti e la voce intensa di una donna che soffia, balza con toni suadenti all'interno di questo ritmo lento e sincopato.


2 Rainy


Selvatica esibizione di suoni lucidi ma cupi, la danza acquatica scende dal cielo per allarmare i nostri occhi, con una chitarra periferica che circonda il respiro. Ed è Darkwave e Postpunk in congiunzione perfetta, per annebbiare i sensi dentro le polveri dilatate di una musica che resiste all’attacco del tempo.


3 Blue Eyes


Basso e chitarra in entusiasta parata aprono la danza di occhi blu solo in apparenza: la malinconia vince il duello e si posiziona, convinta, sul viso, mentre un synth straziante bacia note come tergicristalli attivati perché bisogna far scomparire le lacrime.


4 Vase


Giunge una voce con un riverbero maligno, nella marcia che avanza ipnotica, lenta. Il cantato sequestra le forze e piazza un attacco vincente. Ed è terremoto al rallenty, glaciale.


5 Feel


La voce maschile arriva dopo pochi secondi ed è stupore. Una liturgia ritmica ci fa danzare come marionette stravaganti e inebetite, tutto si fa cupo e drammatico, il cantato opprime, abbatte la resistenza per lasciare spazio al gioco erotico della chitarra e del synth in stato di grazia.


6 Banish Sorrows


Nuova chicca balistica: il duo crea un altro edificio dai suoni perfetti, equilibrati, per venire a contatto con uno splendido crescente, un loop che solo la tastiera può generare. Ed è rincorsa nei corridori delle paure.


7 Angeldust


Gli anni ’80, ripuliti, disinfettati, aggiornati e corretti, trovano pace in questo brano, dominatore assoluto, capace di farci abbreviare il fiato. Come un rimbombo apocalittico, la voce accarezza atomi di secondi col suo registro alto ed è pura follia sensoriale.


8 Your Skin Turns Blue


L’inganno dei primi secondi sembrerebbe portarci verso le atmosfere drammatiche dei Joy Division. Poi, però, si va altrove, con in dono uno strazio simile a quello della band Mancuniana. Caos e visibilio si baciano.


9 Hinter Schweren Gedanken


Echi dei primi bagliori ebm dei Pankow paiono volenterosi di ribadire lo stupore, l’amore per il presente disco. Poi si corre con gli anfibi dentro l’acqua fredda di questa musica che si fa emblematicamente ancora più gelida.


10 Phantom


Il respiro sprofonda sotto la cupola di Phantom, il crocefisso che cade lentamente dentro il nostro sentore che non vi è più il tempo per sognare. Il congedo di questo strategico e stratosferico album avviene con un cantato decadente, come il pianto di una sirena ferita. E le note musicali sono il luogo di ogni scioglimento, il crollo totale, l’addio perfetto.


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

21 Dicembre 2022


https://detritirecords.bandcamp.com/album/left-for-pleasure-human-contract


https://open.spotify.com/album/1KYEQvojuIn6ufSjNpDuv0?si=7IVnATqRTbypkmzgcmW8hw







My Review: Left for Pleasure - Human Contract

 My Review:


Left For Pleasure - Human Contract


Germany 


Synthwave - Darkwave - Postpunk 


Once upon a time there was an abundance of musical genres, a constant bustle of new discoveries, which created astonishment, assimilation and joy as a consequence, and then turned into parents capable of generating multiple births.

But what hurts the old scribe most is the lack of sound research, its development and a precise stylistic position.

Everything is flattened, equal and boring: digital, musical ignorance and disinterest in a serious and professional approach has done the rest.

There are exceptions, and one of them is this German band (look, what a coincidence, right?), which arrives after four singles on its long-distance debut.

And it is dawn, spring, joy, circular seduction, within atmospheres laden with sadness, controlled agitation, shedding of quick-setting tears.

Then these sounds: let happiness be given a portion of the sky and us the task of a respectful bow. 

Let's take a closer look at where they come from and what makes them such an interesting band.

Halle is a city with a troubled, difficult history that is also little talked about musically: it would seem to be forced to turn in on itself because places that are too important and famous are close to it (Berlin, Dresden, Leipzig), perhaps taking away the visibility it deserves.

With a Gothic cathedral that is well worth visiting as the reviewer did in 1997, this town has created jobs with the chemical industry. 

And it is the latter that has generated fear, desolation, surrender, frustration as the two Germans have managed to demonstrate with this sublime musical exercise.

We are faced with structures that wander through precisely conceived sonic spaces, stimulating references and entrances to circuits of asbestos dust which falls within robust movements, desolate, abandoned heavens to specify the vividness of human mediocrity.

The duo's minds become laboratories of images, obstinacies, voluminous discharges of wilted flowers, where everything necessarily makes itself capable of impregnating bleakness, to lead it, back to the wall, to the consequent shooting.

Synthesizers dominate, in the turbid flight of shortness of breath that is positioned here as the last obstacle before death.

Vocals come from both members of the band, capable of stimulating seductive suggestions, in the dutifully depressing exercise which enhances the quality of music that is enveloping, rigid, robotic and able to lead us to limb-bending dances. 

Arteries are filled with a certified ability to propagate an artistic frenzy with sound dominating the structure of the compositions: one continually travels back and forth in time, a bonfire that is frozen by Coldwave imprints which are cleverly almost hidden, as with certain Ebm fragments. 

One finds the immense aptitude to change rhythms, giving the preposed section considerable range, making it easier for the melodic textures to rage on our enraptured listening. And it is a perfect marriage by associations of necessity that take root song after song: only in splendid musical Germany such an intense and deflagrating album could be born. There is no need for distortion to feel the sky crashing down on us: the two take it with their black fingers and bring it down, generating din and lightning in our quivering hearts.

The atmospheres sound like multiple flocks in a gathering at the end of existence: something deeply sacred gushes from the compositions to certify the absence of an escape route. And it is a funeral celebrated in such distant anticipation. But we, by making the unforgivable mistake of dancing, believe we are securing ourselves without wanting to give space to apocalyptic and gloomy lyrics, where disillusionment becomes the absolute ruler. 

We will pay the price on the day when, instead, our eyes will bend over these words as heavy as slabs of marble.

Oh well: may time be granted the power to punish us.

 If we want to be a bit attentive then we have at least to give space to the observation, in the economy of the instruments, of how the bass is decisive, with its propensity to make Postpunk its master, point of reference and sublime actor in the recitation of its entire collection of samples. 

And the guitar? It appears much less, but it knows how to do it as if to grant the future a minimal but extraordinary memory.

I have already mentioned synth and it is good not to forget  arrangements, like hasty comets waiting for the crash into the void.

This record manages to arouse enthusiasm within a toxic cloud and it is time to describe it, song by song.


Song by Song 


1 Vortex


And it is initial thunder, tremor and prophecy sniffing each other, a hypothetical place being shown amid chilled fumes and a woman's intense voice blowing, leaping in persuasive tones within this slow, syncopated rhythm.


2 Rainy


A wild display of lucid but somber sounds, the watery dance comes down from the sky to alarm our eyes, with a peripheral guitar surrounding the breath. And it is Darkwave and Postpunk in perfect conjunction, to cloud the senses within the dilated dust of a music that resists the onslaught of time.


3 Blue Eyes


Bass and guitar in enthusiastic parade open the dance of blue eyes only in appearance: melancholy wins the duel and sits, victorious, on the face, while a heartbreaking synth kisses notes like windshield wipers activated because tears must be wiped away.


4 Vase


A voice with a malevolent reverberation comes, in the march that advances hypnotic, slowly. Vocals seize the forces and place a successful attack. And we have an earthquake in slow motion, glacial.


5 Feel


The male voice arrives after a few seconds and it is astonishment. A rhythmic liturgy makes us dance like extravagant, inebriated puppets, everything becomes dark and dramatic, vocals are able to oppress, breaking down resistance to leave room for the erotic play of guitar and synth in a state of grace.


6 Banish Sorrows


New ballistic gem: the duo creates another edifice of perfect and  balanced sounds to come into contact with a splendid crescendo, a loop that only keyboards can generate. And it is a chase in the hallways of fears.


7 Angeldust


The 80s, cleaned up, sanitized, updated and corrected, find peace in this track, absolute dominator, able to make us shorten our breath. Like an apocalyptic rumble, the voice caresses atoms of seconds with its high register and it is pure sensory madness.


8 Your Skin Turns Blue


The deception of the first few seconds would seem to take us towards the dramatic atmospheres of Joy Division. Then, however, it goes elsewhere, with an agony similar to that of the Mancunian band as its gift. Chaos and rapture kiss each other.


9 Hinter Schweren Gedanken.


Echoes of Pankow's early ebm flashes seem willing to reiterate the awe, the love of the present record. Then one runs with combat boots into the cold water of this music that becomes emblematically even colder.


10 Phantom


The breath sinks under the dome of Phantom, the crucifix slowly falling inside our feeling that there is no more time to dream. The end of this strategic and stratospheric album comes with a decadent singing, like the cry of a wounded siren. And the musical notes are the place of all dissolution, the total collapse, the perfect farewell.


Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford

21st December 2022


https://detritirecords.bandcamp.com/album/left-for-pleasure-human-contract


https://open.spotify.com/album/1KYEQvojuIn6ufSjNpDuv0?si=otbNk95CR9SUL1mud-yGFg







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