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sabato 30 aprile 2022

La mia Recensione: Fields of the Nephilim - Dawnrazor

 La mia Recensione 


Fields Of the Nephilim - Dawnrazor 


Spilli.

Ciglia dormienti.

Sale su ferite rotolate per terra.

La malvagità rantola sulle caviglie di anime in cerca di turbamenti.

Eravamo negli anni 80, tempio del Divino sfacelo che abbracciava la crescente stupidità, annodata al delirio di mode, cambi di rotta insensati e squallidi.

Ma dal nord di Londra si fecero avanti quattro oppositori, vestiti di letture sparse nel buio di rocce umide e fatiscenti.

Liberati dai loro moti di ansia e noia, si sono immersi in campi pieni di flusso sanguigno che hanno colorato di nero. 

Ubriachi fradici di Aleister Crawley e H.P. Lovercraft, si sono buttati sulle rive di comete impazzite, guardando angeli impegnati a cercare donne da ingravidare. Iniziato il viaggio verso l’apocalisse, hanno saccheggiato i respiri, donando polvere per insaccare i polmoni e spegnerli.

Come terremoti senza cuore, hanno stretto un patto con il buio, afferrata la gola della bellezza e generato un percorso di indagini colme di unto, colte come volumi infiniti di libri dai codici scomodi e urticanti. Viandanti sbilenchi con pensieri tossici, hanno anestetizzato la luce per consegnare al Maestro del Buio la loro fedeltà.

Hanno imbracciato strumenti per sparare tossine, farci precipitare nel delirio della confusione che gode quando tutto vaga perduto, privo di senso, di regole, di stupidità dalla coda di topo.

Hanno inventato vascelli mentali che banalmente noi definiamo canzoni: sono urla strappate alla sofferenza per crearne altre, come una perfida giostra che sfinisce.

Hanno fatto della nostra tristezza la loro atomica risata collettiva, brindando sulle nostre paure, sui nostri stomaci arrovellati. E ci hanno sequestrato i palmi che hanno cosparso di antica remissione: senza presa non possiamo che cadere nel vuoto che Santificano e benedicono come loro nettare supremo.

Ma semplifichiamo…

Uscì Dawnrazor e quelli che avevano a cuore la sorte del muro gotico tirarono un sospiro di sollievo: le tenebre erano state allargate con nuovi scrigni da aprire, regalando una ossessione che generava brividi e singhiozzi.

Dopo che il Post-Punk e la Darkwave avevano incominciato a divenire una banale ripetizione di cliché privi di eccitazioni percorribili, ecco che i quattro, ora in cinque, si sono gettati sulle terre sporche, piene di liquami dalla faccia stravolta, per partorire scosse elettriche erudite dalle tenebre più intense e sincere. Canzoni come mappe della perdita, come carni strappate alla inutile corsa verso il piacere. Loro hanno deciso che era giunto il tempo che nuovi predicatori scendessero per cambiare il verbo del nostro credo. 

Un esordio come un funerale: quello delle banalità che davanti a codesta esibizione di follia si sono sentite smarrite e abbattute. Morte su morte per inneggiare al nuovo Re del cielo: Cthulhu.

Come è profondo il mare della paura, senza fondale, senza un confine che non si vede nemmeno con un cannocchiale: tutto si fa lontano, irraggiungibile.

Ma quale musica!

Figuriamoci delle canzoni.

Sono lapidi che vociferano preghiere non afferrabili, fuochi di terra in assalto sui nostri timpani.

Non aspettatevi delucidazioni tecniche, non ora, perché lo scriba sta viaggiando dentro l’impossibile, conoscendo dirottamenti, piangendo al millesimo ascolto di questo tripudio di rovi, senza possibilità di avere cognizioni da scrivere.

Sono ancora perso, ora come allora, nel disastro che ho compiuto quel pomeriggio, decidendo di addentrarmi in un labirinto che da quel momento è un latrato da cui dipendo.

Sentirsi una pergamena presa a calci da cani infedeli è sconvolgente: non c’è un solo momento in Dawnrazor nel quale tu possa pensare che sia solo un delirio con un timer. Te ne accorgi quando la musica tace. Perché tu continui a bestemmiare, inveire, supplicare un perdono che i cinque non concederanno. 

Mi chiedo perché si debba essere così ingenui e al contempo così privi di mancanza di rispetto per gli altri andando a scrivere una recensione su questi diavoli sordi: ma certo, che idiota che sono, è colpa loro, mi hanno portato dalla loro parte, neutralizzando la ragione che avevo sino a quel pomeriggio.

Dunque: mi conviene parlare della loro immortalità, dei loro mantelli sui quali troviamo la loro Bibbia, l’urgente bisogno di renderci ubbidienti e apostoli di una nuova religione.

Allora non puoi che adorare le chitarre come scimitarre arrugginite, il basso come il castigo delle rocce, la batteria come il fiato dello scorrere della nostra ignoranza: questa è la prima colpa da espiare.

La seconda è il moto perpetuo di difese scardinate: niente può fermare la malsana scrittura, la voce con cristalli scoppiettanti verso la rupe impregnata di fango di Carl McCoy.

Ed è stratosfera accecante, grumi nell’ugola per parole che come una genuflessione senza sconti sbuccia la pelle. Delirio su delirio infinito, come vulcano inceppato senza possibilità di fermare la lava.

Un album che sentenzia la separazione tra ciò che deve far male e quelle band affamate di imitazioni. Si è perso tempo nel definirli i fratellini dei Sisters of Mercy: sarebbe ora di fare chiarezza, di saper ascoltare e di capire che non vi è finzione nell’arte dei FOTN, il che costituisce il primo tassello per affermare la loro differenza. Dawnrazor è il fulmine che separa la massificazione mediocre di un gothic rock che aveva perso smalto rispetto alla vivida scissione nucleare dei cavalieri di Stevenage, che hanno scartato ciò che anime vuote avevano spacciato per utile.

L’ascolto di questo esordio rivela maestria, scaltrezza, coraggio, acume. E modalità di scrittura come nessuno prima e nessuno dopo: hanno fermato le nuvole e le hanno riempite di stratagemmi irripetibili e in quanto tali eterni.

Proverò a descrivere ciò che è indescrivibile, mi annienterò per darvi i loro graffi, cercherò una terapia che mi aiuti a trovare il coraggio che manca a chi si sente indegno, perché questi tredici uragani ci aspettano nella loro tana per congelarci con la paura ed il mistero senza più cielo.


Song by Song


Intro (The Armonica Man)


Prendi una lama insanguinata, vai a scovare Morricone con la sua eleganza e mettigli del sale: tutto sarà più tetro e catastrofico. 

Le chitarre creano uno scenario horror da capogiro ed è subito caos con un drumming che abbassa il Pianeta Terra: si va negli inferi.


Slow Kill


Epica, esoterica, cilindrica e sconvolgente, la seconda traccia è un sorriso scaduto, putrefatto, veloce per portarci davanti a un nuovo Messia, senza possibilità di scelta, per naufragare dentro i vortici ellittici di chitarre velenose.


Laura II


Quando il basso pulsa come il respiro atroce della gramigna soffocante. Ed è una nuova corsa per una canzone rivisitata, corretta, resa la Regina del regno vocale di Carl, Signore del racconto malsano. Le chitarre si incrociano, ci portano ad avvilupparci al goth senza però rischiare la noia. Il giro della morte passa di qui, rapisce, saccheggia il cuore e saluta. Nel finale, dove troviamo un cambio di ritmo e di atmosfera, sembra che il cielo si apra per donarci un sorriso: sia mai, è solamente un raggiro meraviglioso…


Preacher Man


Non è Morricone qui ma Giuliano Gemma nel film “ARIZONA COLT/MAN FROM NOWHERE” di Michele Lupo, a donarci la polvere di pistole dentro un deserto dove la morte spara i suoi proiettili. Ed è il regno della confusione, di mantra obliqui, del senso di morte che ai cinque serve per eliminare il senso del bello per sostituirlo con l’alienazione e la madre dell’inferno: la paura. Mentre le città dormono loro iniettano veleno a raffica.

Incalzante, nevrotica, è polvere di muffa ad avvolgerci, con radiazioni e contaminazioni…


Volcano (Mr. Jealousy Has Returned)


Chi detiene il destino mostra il suo ghigno dentro il cuore di una donna, per farla bruciare nel suo vulcano malefico: è una devastazione psichedelica di chitarre irritanti e malate a marcare il terreno della follia. I FOTN mostrano muscoli che si incollano con il gothic rock supremo e vincono la partita del dolore, della sopraffazione. 


Vet for the Insane


Tutto prende il fiato necessario per resistere all’oppressione e cosa è meglio di un inganno lento? I sacerdoti rallentano il ritmo, ma facendolo sferrano un attacco che, attraverso un fare onirico, spezza le gambe e dichiara il loro potere assoluto.

Il suono affoga per paralizzare i fiori di una cucina devastata. Non c’è più la casa, tutto è sommerso nella delicata presa in giro di un finto basso delicato, come le sue chitarre, che come gemelle cruenti adoperano una melodia ingannevole per far saltare in aria la nostra abitazione: ciò che era saldo in noi muore. Fine.


Secrets 


I sacerdoti reclamano un percorso nel quale li si segua con pura ubbidienza. Lo si fa per perdersi del tutto, con il perdono a celebrare il loro trono. È la vittoria di chitarre in piena forma, serpenti che si incrociano con il basso che detta legge mentre la batteria scuote la polvere delle nostre ossessioni. Maestoso esempio di come il loro desiderio si compia staccandosi dai limiti di quel genere musicale, trovando la giusta via di fuga per determinare la strategia della complessità.


Dust


Un cervello nuota in una piscina per conoscere l’affollamento del nulla: Dust è la bomba atomica Londinese che distrugge il nemico. I FOTN mangiano il sangue e bevono l’aria cristallina della polvere cadaverica. Una marcia militare dove gli ordini sono dati da un basso che rimbalza nel cervello, la voce ansima esplodendo in toni bassi camuffati e rauchi: sia dato spazio agli eroi muti e mutilati che la batteria scuote e invita all’attacco. 


Reanimator


Una donna viene aiutata, sul letto di morte, con poche chances. Cristalli liquidi danzano dentro a quel paio di sei corde semplicemente connesse in arpeggi sublimi e incantevoli. Si trasformano, questi angeli neri, come cattivi Samaritani, per donare illusioni, conficcando la loro lama e usandola come grovigli sonici complessi ma esaustivi. 

E quando accade che il ritmo ci scuoti in questo modo rimane la pelle sudata ad accertare il nostro tremore.


Power 


Ciò che conquista sequestra la libertà: i FOTN compiono furti con parole sibilline e chitarre che si addentrano in un blues che vive in un saloon: sornione, amaro, ma devastante. È un treno che sbuffa, il suo carbone annerito inquina il cielo, mentre scende sotto la pelle della terra per renderci sognatori devastati. Un raro solo di chitarra sorprende e confonde per poi consegnare alla sezione ritmica il potere di incendiare i sogni.


The Tower


Quanto è adorabile la corona di lacrime che Carl depone sul capo di questa donna sfortunata?

Una storia fatta di ortiche che lentamente salgono nel cielo per creare il ritmo e divenire il martello disperato che schiaccia ogni resistenza. È il post-punk che si congeda e lascia la scena al gothic-rock per una catarsi sanguinolenta. Un su e giù ritmico che sembra un elettrocardiogramma a determinare il cortocircuito di quella donna esangue.


Dawnrazor


Ed ecco morsi cruenti attaccare la resistenza dei sogni: lotta all’ultima goccia di sangue. Le chitarre sferrano l’attacco, la batteria rotola sui respiri, il basso spinge la cenere a impolverare la scena. 

Carl prende la voce e la getta nel cratere infernale: il suo guanto diviene lametta e il suo canto è preghiera volgare, tumefazione in corso, in attesa che il flusso maligno smetta di imperversare. La curva gotica esplode con l’applauso delle creature macabre che si inchinano, devote.


The Sequel


L’album finisce con la morte che torna: terrore, brividi, lacrime inutili a illuminare un volto smarrito. Tripudio, la vittoria del male, la successione dei fatti accaduti in questo album determinano il senso di dipendenza dal fragore, dalla resa che era messa in preventivo. La formazione inglese è un corsaro dall’incubo allenato ad infierire, per vincere sempre. Ci si ritrova con il brano che è l’unico che può chiudere questo percorso: bisognava creare l’apoteosi concettuale, con un testo ed un attacco musicale pieno di lapidi gioiose. Certificata la nostra sconfitta, cantiamo inni rivolti a Cthulhu. Lo spirito di Howard Phillips Lovecraft vaga tra le bolle infuocate: The Sequel è l’altare dove si mostrano i sensi arresi e il martellare del drumming è la celebrazione di un vanto esplosivo. 


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

1 Maggio 2022


  • Carl McCoy– vocals
  • Peter Yates – guitar
  • Paul Wright – guitar
  • Tony Pettitt – bass
  • Alexander Wright – drums




My Review: Fields of the Nephilim - Dawnrazor

 My Review 


Fields Of the Nephilim - Dawnrazor 


Pins.

Sleeping eyelashes.

Salt on wounds rolling on the ground.

Wickedness wheezes on the ankles of souls in search of disturbances.

It was the 1980s, a temple of divine decay embracing growing stupidity, knotted to the frenzy of fashions, to senseless and bleak changes of direction.

But from north London four opponents came forward, dressed in scattered readings in the darkness of damp, crumbling rocks.

Freed from their motions of anxiety and boredom, they plunged into fields full of blood flow which they coloured black. 

Drunk from Aleister Crawley and H.P. Lovercraft, they threw themselves on the shores of comets gone mad, watching angels busy looking for women to impregnate. As the journey towards the apocalypse began, they plundered the breaths, donating dust to bag our lungs and extinguish them.

Like heartless earthquakes, they have made a pact with the dark, grabbed the throat of beauty and generated a path of investigations full of oil stain,   cultured like endless volumes of books with uncomfortable and stinging codes. Lopsided wanderers with toxic thoughts, they anaesthetised the light to deliver their loyalty to the Master of Darkness.

They have taken up instruments to shoot toxins, to plunge us into the frenzy of confusion that is satisfied when all wanders lost, devoid of sense, of rules, of rat-tailed stupidity.

They have invented mental vessels that we banally call songs: they are screams snatched from suffering to create new ones, like a wicked merry-go-round that wears us out.

They have made our sadness their atomic collective laughter, toasting our fears, our troubled stomachs. And they have seized our palms, sprinkling them with ancient remission: without grip we can only fall into the void that they sanctify and bless as their supreme nectar.

But let us simplify...

Dawnrazor was released and those who cared about the fate of the gothic wall breathed a sigh of relief: the darkness had been enlarged with new chests to open, giving an obsession able to generate shivers and sobs.

After Post-Punk and Darkwave had begun to become a banal repetition of clichés devoid of possible excitement, the four guys, now five in number, threw themselves on the dirty territories, full of slurry with a twisted face, to give birth to electric shocks erudite by the most intense and sincere darkness. Songs like maps of loss, like flesh snatched from the useless race towards pleasure. They decided it was time for new preachers to come down to change the word of our creed. 

A debut like a funeral: that of the banalities that in front of this exhibition of madness felt lost and dejected. Death after death to praise the new King of Heaven: Cthulhu.

How deep is the sea of fear, without a backdrop, without a border that cannot be seen even with a telescope: everything becomes distant, unreachable.

Here it cannot be said that we are talking about music!

Let alone songs.

They are tombstones vociferating ungraspable prayers, earthly fires assaulting our eardrums.

Don't expect technical explanations, not now, because the scribe is travelling inside impossible, experiencing hijackings, weeping at the thousandth listening to this riot of brambles, with no chance of having any knowledge to write about.

I am still lost, now as then, in the disaster I made that afternoon, deciding to enter a labyrinth that from that moment is a howl on which I depend.

Feeling like a parchment being kicked around by faithless dogs is unsettling: there's not a moment in Dawnrazor when you can think it's just a delirium with a timer. You realise this when the music falls silent. Because you keep swearing, railing, begging for forgiveness that the five of them won't grant. 

I wonder why you have to be so naive and at the same time so lacking in respect for others writing a review about these deaf devils: of course, what an idiot I am, it's their fault, they brought me to their side, neutralising the reason I had until that afternoon.

So: I'd better talk about their immortality, their cloaks on which we find their Bible, the urgent need to make us obedient and apostles of a new religion.

Then you can't help but adore the guitars as rusty scimitars, the bass as the chastisement of rocks, the drums as the breath of the flow of our ignorance: this is the first guilt to be expiated.

The second is the perpetual motion of unhinged defences: nothing can stop the unhealthy writing, the voice with crystals crackling towards Carl McCoy's cliff full of mud.

And it is blinding stratosphere, lumps in the uvula for words that like a genuflection with no discounts are capable of peeling the skin. Delirium after infinite delirium, like a jammed volcano with no possibility of stopping the lava.

An album that sentences the separation between what must hurt and those bands hungry for imitations. Time has been wasted in calling them the little brothers of The Sisters of Mercy: it would be time to clarify, to listen and to understand that there is no fiction in the art of FOTN, which is the first step to affirm their difference. Dawnrazor is the lightning bolt that separates the mediocre massification of a gothic rock that had lost its edge compared to the vivid nuclear split of the knights of Stevenage, who discarded what empty souls had passed off as useful.

Listening to this debut reveals mastery, cunning, courage, insight. And writing methods like no one before and no one after: they stopped the clouds and filled them with unrepeatable stratagems and as such eternal.

I will try to describe what is indescribable, I will annihilate myself to give you their scratches, I will seek therapy to help me find the bravery that those who feel unworthy lack, because these thirteen hurricanes are waiting for us in their den to freeze us with fear and mystery with no sky left.



Song by Song


Intro (The Harmonica Man)


Take a bloody blade, go find Morricone with his elegance and add salt: everything will be more gloomy and catastrophic. 

The guitars create a dizzying horror scenario and it's chaos immediately with a drumming that brings down Planet Earth: we go in the underworld.


Slow Kill


Epic, esoteric, cylindrical and upsetting, the second track is an expired, putrefied smile, fast to bring us in front of a new Messiah, with no choice, to wreck inside the elliptic vortices of poisonous guitars.


Laura II


When the bass pulses like the atrocious breath of the suffocating Bermuda grass. And it's a new run for a song which is revisited, corrected, made the Queen of the vocal kingdom of Carl, Lord of the unhealthy tale. The guitars cross, leading us to wrap ourselves in goth without risking boredom. The tour of death passes by, ravishes, plunders the heart and says goodbye. In the end, where we find a change of rhythm and atmosphere, it seems that the sky opens up to give us a smile: heaven forbid, it is only a wonderful deception...


Preacher Man


There is not Morricone here, but Giuliano Gemma in the film "ARIZONA COLT/MAN FROM NOWHERE" by Michele Lupo, who gives us the dust of guns in a desert where death fires its bullets. And it is the kingdom of confusion, of oblique mantras, of the sense of death that the five guys need to eliminate the sense of beauty in order to replace it with alienation and the mother of hell: fear. While the cities sleep they inject poison in bursts.

Incessant, neurotic, it is mould dust which envelops us, with radiation and contamination...


Volcano (Mr. Jealousy Has Returned)


The one who holds the destiny shows his grin inside the heart of a woman, to make her burn in his evil volcano: it is a psychedelic devastation of irritating and sick guitars to mark the ground of madness. FOTN show muscles that stick to supreme gothic rock and win the game of pain, of overpowering. 



Vet for the Insane


Everything takes the breath it needs to resist oppression and what is better than slow deception? The priests slow the pace, but in doing so they launch an attack that, through dreamlike manner, breaks the legs and declares their absolute power.

The sound drowns to paralyse the flowers of a devastated kitchen. There is no more house, everything is submerged in the delicate teasing of a delicate fake bass, like its guitars, which as bloody twins use a deceptive melody to blow up our home: what was firm in us dies. The end.


Secrets 


The priests demand a path in which you follow them with pure obedience. You do it to lose yourself completely, with forgiveness celebrating their throne. It is the victory of guitars in great shape, snakes that cross with the bass that lays down the law while the drums shake the dust of our obsessions. Majestic example of how their desire is fulfilled by detaching from the limits of that musical genre, finding the right escape route to determine the strategy of complexity.


Dust


A brain swims in a pool to know the crowding of nothingness: Dust is the London atomic bomb which destroys the enemy. FOTN eat blood and drink the crystalline air of cadaveric dust. A military march where the orders are given by a bass that bounces in the brain, the voice wheezes exploding in camouflaged and hoarse low tones: let there be space for the mute and mutilated heroes that the drums shake and invite to attack. 


Reanimator


A woman is helped, on her deathbed, with little chance. Liquid crystals dance within that pair of simply connected six-strings in sublime and enchanting arpeggios. They transform, these black angels, like bad Samaritans, to give illusions, sticking their blade and using it as complex but exhaustive sonic tangles. 

And when the rhythm shakes us in this way, the sweaty skin remains to ascertain our trembling.


Power 


That which conquers entraps freedom: FOTN make robberies with sibylline words and guitars that delve into a blues which lives in a saloon: sly, bitter, but devastating. It's a puffing train, its blackened coal polluting the sky as it descends under the skin of the earth to make us devastated dreamers. A rare guitar solo surprises and confuses and then hands over to the rhythm section the power to ignite dreams.


The Tower


How adorable is the crown of tears Carl places on the head of this unfortunate woman?

A story of nettles slowly rising into the sky to create the rhythm and become the desperate hammer that crushes all resistance. It is post-punk that says farewell and leaves the scene to gothic-rock for a bloody catharsis. A rhythmic up and down that sounds like an electrocardiogram to determine the short circuit of that bloodless woman.


Dawnrazor


And here are cruel bites attacking the resistance of dreams: a fight to the last drop of blood. The guitars launch the attack, the drums roll on the breaths, the bass pushes the ashes to dust the scene. 

Carl takes his voice and throws it into the infernal crater: his glove becomes a razor blade and his song is a vulgar prayer, swelling in progress, waiting for the vicious flow to stop raging. The gothic curve explodes with the applause of the macabre creatures who bow down in devotion.


The Sequel


The album ends with death returning: terror, shivers, useless tears illuminating a lost face. Triumph, the victory of evil, the succession of events in this album determine the sense of addiction to the roar, the surrender that was anticipated. The English band is a nightmarish privateer trained to act cruelly, to always win. We end up with the song that is the only one that can close this path: it was necessary to create the conceptual apotheosis, with lyrics and a musical start full of joyful tombstones. Having certified our defeat, we sing hymns to Cthulhu. The spirit of Howard Phillips Lovecraft wanders among the fiery bubbles: The Sequel is the altar where surrendered senses show themselves and the pounding drumming is a celebration of explosive boasting. 


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

1st may 2022


  • Carl McCoy – vocals
  • Peter Yates – guitar
  • Paul Wright – guitar
  • Tony Pettitt – bass
  • Alexander Wright – drums




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