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venerdì 22 aprile 2022

La mia Recensione: Olden - Questi anni

 La mia Recensione 


Olden  - Questi Anni


Ciò che non si capisce non si possiede.

Johann Wolfgang Goethe


Anime in giro che non vogliono capire ve ne sono molte: alcune innocenti, altre meno, ma assolutamente interessante è il concetto dell’intendere, del senso di perdita, di quello di conquista, di questo oceano di cose che viaggiano tra i luoghi e i non luoghi.

In Italia l’arte e la cultura si sono sposate perfettamente con Gianni Siviero, oscurato forse già da se stesso, ma sicuramente molto di più da quella parte di un paese che non ne ha saputo riconoscere la grandezza ed il talento.

Abbiamo però un appuntamento con la fortuna avendo un cantautore italiano, di istanza in Spagna, che ha voluto fortemente riprendere il percorso del Maestro Torinese trapiantato a Milano, nel suo penetrare la ricchezza di un campionario di canzoni che reclamavano considerazione, dando accesso anche ad una rivisitazione corposa.

Così facendo le due identità distinte hanno potuto convivere perfettamente.

L’album è solo un meraviglioso atto finale ma occorre studiare, indagare, capire le dinamiche di come questa grandiosa esibizione di bellezza possa essere finita dentro dieci farfalle dorate.

E questi insetti volano nello stomaco in un volo che Gianni e Davide Sellari compiono insieme: sono ali precise che operano nel nostro io interiore distribuendo petali di saggezza e gentilezza umana, senza rinunciare alla introspezione che spesso è scomoda ma necessaria.

Davide ha colto al volo la sua curiosità e talento, li ha messi uno di fronte all’altra e li ha educati in un esercizio che ha avuto come premessa il rispetto per le canzoni di Siviero.

Da lì la sua classe ha incominciato a dare alle composizioni un volto diverso, un pulsare verso altri battiti, un generare un rapporto come propri figli da educare e indirizzare alla vita.

Canzoni come “piccoli regali”, che arrivano ad essere ricchezza che si offre alle nostre anime pigre e “prive di trofei”.

Olden ha preso ago e filo, voce e passione, un senso architettonico nei confronti di quelle travi che Siviero ha rovesciato davanti ai nostri cuori.

Come si possa arrivare a coniugare la fiumana di considerazioni, gemme dalle labbra dorate di Gianni nella sensibilità del giovane cantautore di Barcellona è un glorioso mistero: nel tempo dell’ascolto vi è sempre la certezza che la perfezione esista e sia una vicenda umana.

Da qui l’atto della sorpresa che avanza atto dopo atto, con quella agilità che ci inebria.

Il tutto avviene con una musica soffice, musa di se stessa e graziosa nella sua abbondante propensione alla bellezza, con finezze sciolte nelle trame di coniugazioni sublimi tra gli strumenti appiccicati alla chitarra.

Nella danza del canto e della musica, nei quali i due hanno affittato la stanza della mutua condivisione, emerge anche la produzione eccelsa di Flavio Ferri, con le sue spinte e certezze cha hanno reso Olden libero di conoscere lo slancio che certifica l’unicità e la sicurezza di se stesso.

Ecco tre anime come Api Regine a lavorare insieme, a rendere il miele non un cibo troppo dolce bensì propenso al doveroso gusto amaro, perfettamente appiccicato a testi come artigli avvolti da sorrisi di fate.

Un disco che propone atmosfere sottili, le note che hanno la forza di non patire la grande affascinante corsa di parole davvero figlie di pugni necessari.

Si viaggia con il folk che bacia il rock più propenso a dolcezze che a ruvidi esibizioni di forza.

Ci si ritrova in Africa e in Asia con arrangiamenti suggestivi e benefici in flussi di abbondanza perfettamente collegati.

Canzoni come stagioni di vita, calendari che contemplano la vita e la salutano, una forma di informazioni che scavalca la banalità e la crudeltà di quella dei giornali e delle televisioni.

Qui tutto appare vero e credibile, con la bilancia che non sconfigge nessuno: a vincere è la verità.

Se riuscissimo ad accogliere questo album di Olden diventeremmo anime che hanno saputo dare consequenzialità alla progettazione, perché è nella natura umana costruire sicurezze e in questo nuovo disco ne troviamo molte.

Descrizione sia allora di queste farfalle: prendiamo vetrini e microscopio, serriamo gli occhi e allarghiamo il cuore perché abbiamo cibo prelibato in regalo di cui masticare la qualità per renderlo felice…


Dieci brani inediti di Gianni Siviero, con testi suoi e musiche sue e di Flavio Ferri.

Olden ha messo nella sua voce un arcobaleno interpretativo meraviglioso.

Tutto inizia con NON VOGLIAMO CAPIRE, un “noi” che viene esposto lasciandoci l’amaro in bocca per le verità che entrano dentro i nostri egoismi e limiti. Chitarra acustica, piano, organo e la voce di Gianni che tratteggia e graffia insieme a quella di Davide per stordirci sin dall’inizio.

Giunge PICCOLI REGALI, con la presenza di Rusò Sala, un cammino fatto di semi multipli e aperture “per non trovarmi solo al tramonto sul molo a salutare il sole”. Brano che esce dalla polvere del tempo, una carezza che circonda la nostalgia e la paura, con voci che danzano insieme, poi si alternano, mentre la musica cresce, con un volo che trasporta la nostra famelica voglia di movimenti sensuali perfettamente fissati dentro a questa traccia.

Con TROPPE COSE i due affondano, ci strapazzano con una storia cruda che le voci sembrano materializzare perfettamente confezionando un groppo in gola enorme. Olden canta come non mai: un signore dell’emozione che stordisce e ammalia. 

La mano sapiente di Flavio Ferri si sente: la sua coperta sonora avvolge perfettamente la chitarra mentre la voce di Davide è una folata di vento piena di lame e spine, quasi vibrante, che cade in piedi, fiera, sul nostro cuore.

QUESTI ANNI, con la presenza di Sighanda, ci conduce in una sospensione carica di consapevolezza ed energia al contempo, i pensieri si allineano ad una musica struggente, con rimembranze di Gianmaria Testa che corrono nella mente. Pennata di chitarra come ruggito, e la voce di lei che è pepe nero, e tutto si trasforma in un groviglio di lacrime e tensioni. E Olden diventa il fulmine che è caduto per mostrarci la sua intensità.

Arriva una parte della Storia Italiana che ancora brucia e le parole di Siviero sono una bomba che stavolta colpisce la nostra arrendevolezza: con ITALIANI VERI l’impegno sociale e la musica si uniscono in un cammino denso e profondo. Si sta fermi a inghiottire i nostri torti con questo brano che musicalmente è un amaro carillon del dolore, un necessario pugno dolce dentro la nostra mente addormentata.

Tocca a MILLE E NON PIÙ MILLE: il brano, che è un capolavoro di riassunto di abilità libere senza confini, è un film arabo, un vento che dal Sahara ci porta un rock quasi Stoner, ma sempre con quella sensualità nord africana a inchiodarci al muro. Gianni e Olden insieme sono una valanga di sabbia, donandoci l’immensità di una risposta mancante.

Una sciabolata di luce arriva con SERA DI LUGLIO (con la presenza di Claudia Crabuzza), con Gianni che diventa un geometra che disegna sogni e realtà. Ed è proprio la voce di Claudia a sposarsi perfettamente con la musica che inizialmente è un gatto sornione che gioca, poi Olden arriva e capiamo quanti passi la sua classe stia facendo: tocca a noi mettere i nostri passi nei suoi.

Arriva Wayne Scott per la stratosferica IN CERCA DI UN RAGIONAMENTO: quando un piano ed una chitarra aprono il cielo per divenire poi uno squarcio e tutto diventa una poesia nera a guardarci con i suoi ritorni al lato acustico per poi ricominciare ad essere fragoroso. Flavio qui mostra il suo lato imbattibile come produttore perché conferisce al brano la perfezione che merita, in un gioco di piani che si spostano dal basso verso l’alto e viceversa con perfetta abilità, spingendo Olden ad una meravigliosa esibizione vocale.

DIMMI GIORGIO è un incantevole dialogo con l’aldilà con un procedere che, partendo da echi di world music e l’attitudine al suono di Phil Spector senza dover essere devastante, rivela come il trio Siviero - Olden - Ferri sia predisposto all’essenziale, senza dispersioni. In due minuti e mezzo abbiamo in mano il contatto con il mistero ed il bisogno, con questa atmosfera musicale che è una culla del tempo e con i due che cantano come piovre che danzano nel cielo. 

Stiamo ancora nella volta celeste con l’ultimo brano che si chiama CHE BELLA LUNA.

Il vero ed il falso che rimangono a duellare nella mente mentre la musica ci porta il Tom Waits più oscuro, con una tensione che vuole afferrare la speranza per poi trovarsi in un lento chaos pieno di verità. Olden e Siviero recitano lo spettacolo affamato di una esistenza egoista che di fronte a sé di vero ha solo la luna. Ed è un terremoto musicale avvolto nella sua lentezza e amarezza, per un brano che sembra donarci un Franco Battiato in una escursione lunare più che mai necessario.


Olden ha dimostrato riconoscenza per la profondità e la bellezza immensa di Siviero e ha messo tutta la sua crescita artistica in questo album che merita luci costanti e applausi scroscianti. 

Un applauso va anche ai due compagni di bellezza che sono Ulrich Sandner (sua l’abilità di chitarre magnetiche e sensuali) e ad Alex Carmina per averci dato la possibilità di capire una volta di più che la batteria e le percussioni possono essere voli magnifici.


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford





Testi Gianni Siviero

Musica Gianni Siviero, Flavio Ferri 

Voce: Olden

con la partecipazione straordinaria di: Gianni Siviero, Rusó Sala (Piccoli regali), Sighanda (Questi anni), Claudia Crabuzza (Sera di luglio),

Wayne Scott (In cerca di un ragionamento)

Ulrich Sandner: chitarre acustiche ed elettriche Olden: chitarra acustica

Alex Carmina: batterie e percussioni

Flavio Ferri: basso, tastiere

Arrangiamento e produzione artistica: Flavio Ferri Produzione esecutiva: Cose di Amilcare

Registrato, mixato e masterizzato presso Republica Recordings, Barcelona, da Flavio Ferri.


L'album si può acquistare qui:


https://www.squilibri.it/catalogo/crinali/olden-questi-anni.html





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