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giovedì 28 agosto 2025

La mia recensione: Eirēnē, Paris Alexander & The Stave Church - Inner Sanctum


 

Quando un’anima sensibile cerca il contatto con la verità non può che annotare, tramite un faticoso percorso mnemonico, quello che ha scelto, vissuto e subito, tra cui anche una maschera, inevitabile, prima fonte di segreti e di male interpretazioni.

La meravigliosa Eirēnē scrive un testo spaventosamente veritiero per tutti, traduce se stessa e ci fa immergere nella consapevolezza, in un gioco incantevole di rimbalzi e guitti, di manifesta superiorità nei confronti di ciò che era un blocco di cemento per la sua nuova propensione al vero.

Per fare tutto questo crea, insieme al suo partner di vita e musicale Paris Alexander e a Bruce Courtney (meglio conosciuto con il progetto The Stave Church) una canzone che è uno specchio del cielo, una pioggia emozionante di scultoree propensioni al tremito, con il suo range vocale che fluttua e trasporta la musica in un territorio dove l’emisfero cupo si trova, giocoforza, costretto a disegnare tiepidi arcobaleni, che sono la prospettiva di un testo che vuole essere sincero e propositivo.

Una base sonora che ingravida la paura con i suoi flash dark electro e pause ritmiche inconsuete per Paris che qui dà sfogo alla sua creatività, mescolando l’esperienza e la conoscenza per meglio permettere a Eirēnē modalità nuove nel canto, con vibrati, sillabe allungate, in una marcia con i cromosomi ebm perennemente presenti, e al contempo sapendo tradurre l’epicità della musica barocca con un abito elettrico, conseguendo come risultato un incredibile livello di seduzione.

Un brano con due facce in cui è meraviglioso constatare come Bruce sia stato abile a incunearsi, marchiando l’insieme con il suo stile riconoscibile. 

Dopo i primissimi istanti nei quali i Dead Can Dance sembrano dare il via al tutto, arriva una foresta elettrica amniotica, con accordi scheletrici e nuvole nere ipnotizzanti conferiti da un superbo lavoro dei synth. 

Le parole diventano una discarica, un imbuto, una stretta al collo, e i sensi di colpa e la vergogna vengono incastonati in un magnetico flusso che non lascia scampo. Le note si fanno grevi, si danza come ingenuo tentativo di fuga e il progetto prevede lacrime mute incastonate nei bagliori del registro alto della cantante, finendo per assorbirle e inghiottirle.

Essere testimoni di un inchino, di un cammino nei confronti delle scelte, di vita e artistiche, è un onore che dobbiamo saper trasformare: i due artisti inglesi e quello americano lo hanno fatto, con la certezza che nella loro composizione artistica il vero, il falso, il nero e il sogno di tempi migliori siano stati perfettamente connessi a una catarsi inevitabile e voluta, annettendo al piacere di scrittura il dovere di una pulizia dell’anima.

La musica, conseguentemente, è stata una partner perfetta per il lato lirico, facendoci chiudere gli occhi e trasportando la danza negli angoli bui del nostro rifiuto di credere in ciò che siamo.

Una canzone come un ventaglio: rinfresca, ma non ci fa dimenticare le difficoltà della vita. 

Per questo motivo il Vecchio Scriba dichiara che il trio ha scritto un manifesto corale, ha indicato la strada e lo ha fatto in modo accattivante, paralizzando il tempo e dando a tutti una chance per migliorare la qualità delle nostre esistenze.

Ed è decisamente molto più che musica…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

28 Agosto 2025


In uscita domani



My review: Eirēnē, Paris Alexander & The Stave Church - Inner Sanctum

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