The Kinks - You Really Got Me
“L’amore a prima vista è come vivere un secolo in un secondo”
François Truffaut
Le cose viste dall’alto sortiscono il medesimo effetto di un ricordo: si ha sempre l’impressione che quella distanza non sia raggiungibile.
Londra. Primi anni Sessanta.
Una officina di sensi liberati, il servizio militare obbligatorio abolito, la volontà di procreare senza il timore di una nuova guerra liberavano le anime di migliaia di famiglie e la Middle Class conosceva uno splendore e uno sviluppo mai vissuto prima. Di lì a poco sarebbe nata la Swinging London, il motore della sicurezza emotiva, economica, alla conquista del mondo. Un agglomerato urbano attratto dalla forma espressiva delle arti in genere, sentenziando un dominio totale nei confronti delle altre città inglesi. Ma un pesante limite adombrava quei movimenti in eccitamento continuo: le fortune, le attenzioni erano concentrate nel nord, tempio di una intimità anomala in grado però di accentrare gli interessi.
Nella musica c’erano i Beatles.
Le robuste inclinazioni a differenziare quello stereotipo (mi riferisco ovviamente alla musica) furono rese manifeste da una band di minorenni, intenti a suonare principalmente cover e con due soli loro pezzi in repertorio. Si chiamavano The Kinks, l’autentica e vera scintilla in grado di illuminare e spegnere, al contempo, il futuro della capitale inglese e i fasti di città come Liverpool, Newcastle e Manchester.
Una ventata di pazzia geniale, inconsapevole, sotto pressione da parte di una casa discografica che aveva fretta di incassare in quanto il tempo, tra il 1962 e il 1964, era misurato in base alla capacità di riempire le casseforti di banche che erano le prime a essere interessate.
Qui arriva il miracolo: una festa, la band che suona e una ragazza, senza nome, mai più rivista dal cantante, che fa vivere l’adrenalina del giovane sino a condurlo a una vera e propria sbandata.
Tutto inutile: l’amore non si concretizzò, bensì nacque uno dei riff di chitarra più famosi della storia.
Potrebbe bastare? Neanche per scherzo.
La pressione della Pye Records, la ragazza scomparsa nel nulla, nuove band che emergevano, avevano creato una fulgida esplosione contenuta e fu un rasoio da barba a cambiare la faccia e la storia del rock. Che, seppur non nacque con la canzone di cui vi sto parlando, da qui innalzò il tiro, divenne strategica, contemplativa, una libellula dalla pelle ruvida, lanciata a modificare le impalcature sia del suono che della forma espressiva.
Già, il suono: quel rasoio che tagliò il rivestimento dell’amplificatore ne rivelò uno mai udito prima. Nello studio di registrazione si fece di tutto per riprodurlo e ci riuscirono. Pochi accordi, il testo, circolare, ripetitivo, dal concetto semplice: il tutto divenne la prima bomba benigna della musica degli anni Sessanta. Un pezzo con l’incredibile capacità di fare di tutto una locomotiva dalla presa rapida, veloce e scattante, con una forza notevole che, giunta a uno straordinario solo di chitarra sbilenco, sconclusionato, imperfetto, ma in grado di rapire i sensi per farli esplodere, definiva per sempre un via libera alla creazione di note robuste, che in poco tempo entrarono prima nella psichedelia e poi nel rock, per toccare le caviglie del punk.
Londra non credette ai suoi occhi e soprattutto alle sue orecchie: un brano solo aveva fornito l’ulteriore scusa per accentrare gli interessi e tutto si illuminò, spingendo nuove formazioni musicali a seguire quel sentire semplice ma in grado di dare le stesse emozioni forti del blues e del rock ‘n’ roll.
Lo stile dell’esecuzione non trova che pochi precedenti ma privi della dissacrazione che quell’amplificatore mutilato aveva conferito, per regalare alla Storia un esempio mastodontico.
Influente, rilevante e generosa, un regalo del fato che nella durezza è stato gentile con quei giovani ragazzi vicini alla depressione: quando la rabbia diventa preziosa i risultati non possono mancare.
Interessante è invece la genesi, i primi accordi, con un marcato bisogno di approcciarsi a Fats Domino, vero idolo della band. Poi il fattaccio e ora siamo qui a gridare al miracolo…
Le voci, quando si raddoppiano sin prima del ritornello, diventano l’onda che dalla Manica arriva agli Usa, spiazzando la nutrita e potente unione di formazioni musicali che giocavano con il blues più robusto, ma che ancora non sapevano che nuovi generi erano in un ventre che doveva ancora partorire una novità poderosa.
Quella cavità era in mano ai Kinks, con una canzone sola, per dare al futuro un ventaglio di accessi, possibilità, squilibrando il Beat, il Pop, per creare un nucleo distante e accessibile.
Breve, come consuetudine dei tempi, ha avuto il merito di divenire lunghissima con il passare degli anni perché da quei bagliori un universo parallelo scese sul pianeta Terra. I Byrds, i Cream, Jimi Hendrix, i Led Zeppelin sino ai Deep Purple, avevano solo da accendere un cero all'interno dei loro circuiti compositivi e riconoscere ai Kinks un merito che dura sino a oggi…
Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
24 Settembre 2023
https://youtu.be/fTTsY-oz6Go?si=y5FQXu5YwQRr3GU2