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domenica 24 settembre 2023

La mia Recensione: The Kinks - You Really Got Me

The Kinks -  You Really Got Me


“L’amore a prima vista è come vivere un secolo in un secondo”

 François Truffaut


Le cose viste dall’alto sortiscono il medesimo effetto di un ricordo: si ha sempre l’impressione che quella distanza non sia raggiungibile.

Londra. Primi anni Sessanta.

Una officina di sensi liberati, il servizio militare obbligatorio abolito, la volontà di procreare senza il timore di una nuova guerra liberavano le anime di migliaia di famiglie e la Middle Class conosceva uno splendore e uno sviluppo mai vissuto prima. Di lì a poco sarebbe nata la Swinging London, il motore della sicurezza emotiva, economica, alla conquista del mondo. Un agglomerato urbano attratto dalla forma espressiva delle arti in genere, sentenziando un dominio totale nei confronti delle altre città inglesi. Ma un pesante limite adombrava quei movimenti in eccitamento continuo: le fortune, le attenzioni erano concentrate nel nord, tempio di una intimità anomala in grado però di accentrare gli interessi.

Nella musica c’erano i Beatles.

Le robuste inclinazioni a differenziare quello stereotipo (mi riferisco ovviamente alla musica) furono rese manifeste da una band di minorenni, intenti a suonare principalmente cover e con due soli loro pezzi in repertorio. Si chiamavano The Kinks, l’autentica e vera scintilla in grado di illuminare e spegnere, al contempo, il futuro della capitale inglese e i fasti di città come Liverpool, Newcastle e Manchester.

Una ventata di pazzia geniale, inconsapevole, sotto pressione da parte di una casa discografica che aveva fretta di incassare in quanto il tempo, tra il 1962 e il 1964, era misurato in base alla capacità di riempire le casseforti di banche che erano le prime a essere interessate.

Qui arriva il  miracolo: una festa, la band che suona e una ragazza, senza nome, mai più rivista dal cantante, che fa vivere l’adrenalina del giovane sino a condurlo a una vera e propria sbandata. 

Tutto inutile: l’amore non si concretizzò, bensì nacque uno dei riff di chitarra più famosi della storia.

Potrebbe bastare? Neanche per scherzo.

La pressione della Pye Records, la ragazza scomparsa nel nulla, nuove band che emergevano, avevano creato una fulgida esplosione contenuta e fu un rasoio da barba a cambiare la faccia e la storia del rock. Che, seppur non nacque con la canzone di cui vi sto parlando, da qui innalzò il tiro, divenne strategica, contemplativa, una libellula dalla pelle ruvida, lanciata a modificare le impalcature sia del suono che della forma espressiva.

Già, il suono: quel rasoio che tagliò il rivestimento dell’amplificatore ne rivelò uno mai udito prima. Nello studio di registrazione si fece di tutto per riprodurlo e ci riuscirono. Pochi accordi, il testo, circolare, ripetitivo, dal concetto semplice: il tutto divenne la prima bomba benigna della musica degli anni Sessanta. Un pezzo  con l’incredibile capacità di fare di tutto una locomotiva dalla presa rapida, veloce e scattante, con una forza notevole che, giunta a uno straordinario solo di chitarra sbilenco, sconclusionato, imperfetto, ma in grado di rapire i sensi per farli esplodere, definiva per sempre un via libera alla creazione di note robuste, che in poco tempo entrarono prima nella psichedelia e poi nel rock, per toccare le caviglie del punk.

Londra non credette ai suoi occhi e soprattutto alle sue orecchie: un brano solo aveva fornito l’ulteriore scusa per accentrare gli interessi e tutto si illuminò, spingendo nuove formazioni musicali a seguire quel sentire semplice ma in grado di dare le stesse emozioni forti del blues e del rock ‘n’ roll.

Lo stile dell’esecuzione non trova che pochi precedenti ma privi della dissacrazione che quell’amplificatore mutilato aveva conferito, per regalare alla Storia un esempio mastodontico. 

Influente, rilevante e generosa, un regalo del fato che nella durezza è stato gentile con quei giovani ragazzi vicini alla depressione: quando la rabbia diventa preziosa i risultati non possono mancare.

Interessante è invece la genesi, i primi accordi, con un marcato bisogno di approcciarsi a Fats Domino, vero idolo della band. Poi il fattaccio e ora siamo qui a gridare al miracolo… 

Le voci, quando si raddoppiano sin prima del ritornello, diventano l’onda che dalla Manica arriva agli Usa, spiazzando la nutrita e potente unione di formazioni musicali che giocavano con il blues più robusto, ma che ancora non sapevano che nuovi generi  erano in un ventre che doveva ancora partorire una novità poderosa. 

Quella cavità era in mano ai Kinks, con una canzone sola, per  dare al futuro un ventaglio di accessi, possibilità, squilibrando il Beat, il Pop, per creare un nucleo distante e accessibile.

Breve, come consuetudine dei tempi, ha avuto il merito di divenire lunghissima con il passare degli anni perché da quei bagliori un universo parallelo scese sul pianeta Terra. I Byrds, i Cream, Jimi Hendrix, i Led Zeppelin sino ai Deep Purple, avevano solo da accendere un cero all'interno dei loro circuiti compositivi e riconoscere ai Kinks un merito che dura sino a oggi… 


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

24 Settembre 2023


https://youtu.be/fTTsY-oz6Go?si=y5FQXu5YwQRr3GU2







My Review: The Kinks - You Really Got Me

The Kinks - You Really Got Me


"Love at first sight is like living a century in a second"

 François Truffaut


Things seen from above have the same effect as a memory: one always has the impression that that distance cannot be reached.

London. Early 1960s.

A workshop of liberated senses, compulsory military service abolished, the will to procreate without the fear of a new war liberated the souls of thousands of families and the Middle Class experienced a splendour and development never experienced before. Soon Swinging London would be born, the engine of emotional, economic security, conquering the world. An urban agglomeration attracted by the expressive form of the arts in general, ruling total dominance over other English cities. But a heavy constraint overshadowed those movements in continuous excitement: fortunes, attentions were concentrated in the north, the temple of an anomalous intimacy capable, however, of centralising interests.

In music there were the Beatles.

The robust inclinations to differentiate that stereotype (I am of course referring to music) were made manifest by a band of minors, intent on playing mainly covers and with only two of their songs in their repertoire. They were called The Kinks, the real and true spark that could simultaneously light up and extinguish the future of the English capital and the glories of cities like Liverpool, Newcastle and Manchester.

A flurry of genius madness, unaware, under pressure from a record company that was in a hurry to cash in as time, between 1962 and 1964, was measured by the ability to fill the safes of banks that were the first to be interested.

Here comes the miracle: a party, the band playing, and a girl, unnamed, never seen again by the singer, who brings the young man's adrenalin to life to the point of leading him into a full-blown crush. 

All in vain: love did not materialise, but one of the most famous guitar riffs in history was born.

Would that be enough? Not by a long shot.

The pressure of Pye Records, the girl who disappeared into thin air, new bands emerging, had created a contained explosion and it was a razor shaving that changed the face and history of rock. Which, although it was not born with the song I'm telling you about, raised its pitch from there, became strategic, contemplative, a rough-skinned dragonfly, launched to change the scaffolding of both sound and expressive form.

Yes, sound: that razor that cut through the amplifier casing revealed one never heard before. In the recording studio everything was done to reproduce it and they succeeded. A few chords, the lyrics, circular, repetitive, simple in concept: the whole thing became the first benign bombshell of 1960s music. A piece with the incredible ability to make everything a fast-moving, snappy, snappy locomotive, with a remarkable force that, when it reached an extraordinary lopsided, rambling, imperfect guitar solo, but capable of rapturing the senses and making them explode, defined forever a green light for the creation of robust notes, which in a short time entered first psychedelia and then rock, to touch the ankles of punk.

London did not believe its eyes and above all its ears: a single song had provided yet another excuse to centralise interest and everything lit up, prompting new musical formations to follow that simple yet capable of giving the same strong emotions as blues and rock 'n' roll.

The style of performance found only a few precedents but lacked the desecration that that mutilated amplifier had bestowed, to give history a mammoth example. 

Influential, relevantly generous, a gift of fate that in its harshness was kind to those young boys close to depression: when anger becomes precious, the results cannot be missed.


What is interesting is the genesis, the first chords, with a marked need to approach Fats Domino, the band's true idol. Then the big deal, and now we are here crying out for a miracle... 

The vocals, when they double up just before the refrain, become the wave that reaches the USA from the English Channel, displacing the powerful union of musical formations that were playing with the most robust blues, but did not yet know that new musical genres were in a womb that had yet to give birth to a mighty novelty. 

That cavity was in the hands of the Kinks, with one song, to give the future a range of access, possibilities, unbalancing Beat, Pop, to create a distant and accessible core.

Short, as was the custom of the times, it had the merit of becoming very long as the years went by, because from those flashes a parallel universe descended to planet Earth. The Byrds, Cream, Jimi Hendrix, Led Zeppelin up to Deep Purple, had only to light a candle within their own compositional circuits and acknowledge to the Kinks a merit that lasts to this day...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

24th September 2023


https://youtu.be/fTTsY-oz6Go?si=y5FQXu5YwQRr3GU2










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